mercoledì 22 febbraio 2006

Più che scontro, vuoto di civiltà

Da quanto si muove nel mondo musulmano emerge l'idea che l’Occidente è il nemico che cerca di aggredire il mondo islamico, il quale si sente vittima dell’Occidente: a causa del potere dell’Occidente, a causa di tutto ciò che viviamo dall’11 settembre in poi, ma anche prima c’era questo. E questo è un punto grave perché, da una parte l’Occidente per un kamikaze generalizza e dice “i musulmani”, e il mondo musulmano, per un fatto privato, come la recente pubbliazione delle vignette, dice “l’Occidente”. E questo innesca rischi di conflitti gravi a livello internazionale, e perciò si deve arrivare ad una percezione più esatta e consapevole della realtà. Il punto fondamentale è, da entrambe le parti, imparare a distinguere tra il privato e il pubblico, la religione e la politica.

Conosco e riconosco molti valori dell'Islàm; ma credo che tutti temiamo che prevalgano i fondamentalismi sulla moderazione. In ogni caso non entra in campo solo il fondamentalismo islamico, ma anche quello di quelle forze di pensiero e di potere occidentali, che hanno deciso di voler combattere il male con la guerra; altre forme di fondamentalismo, con implicazioni di contrapposizione imprevedibili, potrebbero svilupparsi nella malaugurata ipotesi dovesse ingenerarsi uno scontro di religioni o di civiltà. Non nascondo la mia paura di fronte all'odio che c'è dietro e continua ad alimentarsi attraverso tutte le odierne forme di contrapposizione di cui purtroppo è teatro la nostra realtà a livello planetario. Mi sostiene tuttavia la speranza, che è attesa piena di impegno e di fiducia.

Proseguendo nell'analisi, noto che lo sfaldamento dell’Occidente, in una emancipazione che tende a cancellare i valori fondanti di un vivere ed un convivere umano e umanizzante prima ancora che civile, rischia di prestare il fianco all’imporsi di un tipo di Islam, che non è un monolite ed ha tante sfaccettature, portatore di valori senza emancipazione.

È pur vero che la laicità impostasi nel nostro Occidente, ormai quasi completamente secolarizzato, portando fino alle estreme conseguenze la separazione tra religione e politica, tende a far scomparire la dimensione trascendente dalla vita pubblica. Il fatto è che in molti si sentono in diritto di rifiutare questa dimensione; il che è comunque possibile per effetto della libertà che tutti abbiamo ricevuto da Dio. Sembra trattarsi di una sorta di accecamento determinato dai disvalori innescati da un secolarismo portato alle estreme conseguenze; ma se ne stanno vedendo i frutti: vuoto, smarrimento, sfaldamento dei principi fondanti di un autentico umanesimo, foriero di emancipazione e crescita individuale e collettiva, ma nell'orizzonte della responsabilità.

Ed è quando si perde l'aggancio alla trascendenza che può farsi strada il disprezzo per la libertà e la dignità umane, che degenerano in licenza e manipolazione. Tuttavia, per uno Stato laico, la sfida consiste nell'essere davvero aperto al Trascendente: cioè fondarsi su una visione della persona umana creata a immagine di Dio e portatrice dunque di diritti inalienabili ed universali. Esistono infatti alcuni diritti che sono universali, perché sono radicati nella natura della persona umana, piuttosto che sulle particolarità di una cultura o di una religione.

L'unica soluzione positiva è quella di promuovere e realizzare un vero dialogo ed un impegno comune sui problemi veramente importanti del nostro tempo, possibile solo se c'è conoscenza e rispetto reciproci, riconoscendo e accettando anche le differenze, senza volerle abolire perché sono ineliminabili, ma proprio nel dialogo si trasformano in arricchimento reciproco.

Se il dialogo è l'unica soluzione praticabile, bisogna tuttavia essere consapevoli che esso, quando è autentico, nasce da identità mature: solo la forza della nostra identità può permetterci di aprirci all'altro senza paura, ed eventualmente cambiare insieme, arricchendoci di altre visioni del mondo senza buttare a mare le nostre. Per dialogare, però, oltre a riconoscere e rispettare l'altro, c'è bisogno di essere riconosciuti e rispettati a nostra volta.

Ma siamo ed abbiamo interlocutori davvero così maturi?

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