tag:blogger.com,1999:blog-225534272024-02-19T03:35:33.751+01:00L'Europa e le sue radici cristianeLe radici della civiltà dell'Occidente Europeo sono greco-romane e cristiane. La rinnovata contrapposizione con il mondo islamico non può essere l’occasione di cercare un’unità nella pseudo-cultura modernista o nei diritti dell’uomo che si fa Dio; ma in ciò che ci è proprio e che ha fatto la nostra forza: nella fedeltà alla tradizione della Chiesa Romana, la nostra vera Tradizione, che ha origine da Dio e dal suo Cristo.Unknownnoreply@blogger.comBlogger537125tag:blogger.com,1999:blog-22553427.post-52187459232747467182022-10-02T11:12:00.005+02:002022-10-02T12:35:23.145+02:00La ricreazione è finita<div class="separator" style="clear: both;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhh77eOQzTmswxOU385VypqGmTzjmFScJdcDpkhDNtu3h2DsU7af_g2Jg-B_RP8p3cREjDqpY_9cECE_oL1zLDlVskkpbciKlieVr0qxIp03bfQE1LTu6Dl6RXM1MHndm3fSeIRkHDpXXY_z-WmKhCB7WR2lpqul_oq6eZfoukU3NNh7jPSu0o/s323/matriosche.jpeg" style="clear: right; display: block; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em; padding: 1em 0px; text-align: center;"><img alt="" border="0" data-original-height="156" data-original-width="323" height="139" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhh77eOQzTmswxOU385VypqGmTzjmFScJdcDpkhDNtu3h2DsU7af_g2Jg-B_RP8p3cREjDqpY_9cECE_oL1zLDlVskkpbciKlieVr0qxIp03bfQE1LTu6Dl6RXM1MHndm3fSeIRkHDpXXY_z-WmKhCB7WR2lpqul_oq6eZfoukU3NNh7jPSu0o/w287-h139/matriosche.jpeg" width="287" /></a></div><div style="text-align: justify;">Finita l’ora d’aria elettorale per il popolo italiano, si torna alla realtà dei poteri dominanti e dei percorsi prestabiliti. Il voto nelle democrazie è una gita fuori porta, una scampagnata con relativo pic nic politico; ma finita la gita, consumato lo spuntino, si torna all’ovile. La ricreazione è finita. È stato bello avere l’impressione che tutto sarebbe cambiato col voto, secondo quel che raccontavano i protagonisti dello <i>show</i> elettorale o secondo le aspettative diffuse della gente. Era bello figurarsi che tutto era nelle mani dell’elettore sovrano e che la politica avrebbe assunto la forma indicata dalla libera volontà dei cittadini. Era bello ballare con le stelle, illudersi che il mondo è come ci appare, come ci viene raccontato dai leader e dai loro <i>spin doctor</i>, frutto della nostra volontà e della loro, incrociate in un rapporto nuziale che si chiama patto elettorale.<span><a name='more'></a></span></div><div style="text-align: justify;">In realtà sappiamo ormai da anni che qualunque sia l’esito del voto, lo spazio assegnato alla politica si restringe ogni giorno di più, insieme con lo spazio del giudizio popolare. Si cominciò a invocare il primato della politica quando già mancava il terreno sotto i piedi; ora sarebbe una barzelletta o una fiaba elettorale. La possibilità di influenzare i processi decisionali e di modificare gli assetti di potere, l’inespugnabile <i>Establishment </i>e la sua emanazione diffusa, il <i>Mainstream</i>, e le sue fabbriche di controllo, sorveglianza e consenso, è minima, se non trascurabile. L’esito del voto il giorno in cui viene registrato va a consegnarsi dentro una geometria di poteri, che non è semplicemente quella, auspicabile, della divisione dei poteri tra esecutivo, legislativo e giudiziario. Ma quella di poteri sovrastanti, non eletti, non controllabili, non revocabili. E da quell’impalcatura non si può sgarrare. Il politico va a costituirsi alla corte sovrana che decide in ultima istanza e che è impermeabile ai verdetti elettorali, a volte riesce pure a determinarli. Se non vi riesce prima, lo fa dopo, a urne chiuse.</div><div style="text-align: justify;">Quasi tutte le decisioni importanti sono prese all’interno di un quadro, tenendo conto delle direttive, dei protocolli, delle indicazioni, più la discrezione delle oligarchie se far pesare o meno, e quanto far pesare, il debito sovrano degli stati, la loro esposizione ai prestiti che si fanno debiti, e ai piani di sostegno che solo in apparenza sono a fondo perduto. Ancora più ferrea è la dinamica dei rapporti internazionali, di chi considerare nazioni amiche, nazioni nemiche o nazioni alleate ma dannate. La sovranità delle linee di politica estera è interdetta ai governi che devono sottostare a una più ineffabile ma più decisiva “governance” che non risponde ai popoli e ai cittadini.</div><div style="text-align: justify;">La competizione elettorale mette in gioco solo lo spazio più piccolo benché più vistoso del potere. Tutto il resto è sotto tutela, in un sistema di scatole cinesi in cui di fatto la sovranità è svuotata e il potere decisionale è praticamente interdetto, almeno sulle questioni che si definiscono appunto “decisive”. Il meglio e il minimo che si possa dire è che saranno frutto di negoziazione e compromesso; ma i margini di manovra per chi governa sono esigui, soprattutto per i <i>parvenu</i>.</div><div style="text-align: justify;">Allora cosa siamo andati a votare domenica scorsa, cosa abbiamo davvero deciso con la nostra scheda elettorale? Abbiamo votato per eleggere la bambolina più piccola della matrioska del potere.</div><div style="text-align: justify;">La bambolina politica, se va bene si fa bambolina di governo, ma starà dentro la bambola degli apparati e delle istituzioni, che ha la faccia di Mattarella e i tentacoli dei poteri giudiziari, contabili, burocratici; a sua volta la bambola con la faccia dei poteri istituzionali starà dentro la bambola europea con la faccia di Ursula von der Leyen, che in realtà è un’icona per indicare tutti i poteri europei, non solo la Commissione ma la Banca centrale europea, la Corte europea, gli eurocrati e il ferreo reticolo di direttive, protocolli e sentenze. E la bambola europea è dentro la bambola atlantica, con la faccia di Stoltenberg, che comprende tutti i vincoli atlantici, l’apparato militare della Nato, l’allineamento allo schieramento; e le relative reti di influenza, di pressione, di monitoraggio, di controllo, di propaganda. E tutto questo carosello di bambole sarà ancora dentro la Bambolona Globale, senza volto o multifacciale, la cupola dei poteri transnazionali, costituita da un intreccio di interessi economico-finanziari alla massima potenza, supremi consorzi di potere, costellazione di potentati mondiali. Il complesso della matrioska viene definito Nuovo Ordine Globale, anche se poi è ristretto all’Occidente e alle sue periferie.</div><div style="text-align: justify;">La bambola del governo è la più piccola, la più vulnerabile dentro quella matrioska: credete che chi forma un governo abbia grandi possibilità di manovra? La matrioska dei poteri ha un interesse primario: che le urne non diano mai responsi netti, maggioranze schiaccianti, soprattutto se non sono omogenee alle bambole più grandi. Se nessuno vince, nascono le coalizioni intorno ai commissari della matrioska. Se il verdetto invece è chiaro, nonostante la volontà della matrioska, allora parte il pressing, tramite ricatti, allarmi procurati e minacce che faranno rientrare la bambolina neonata dentro la famiglia della Matrioska; sarà piegata e plagiata, se non è accaduto già prima.</div><div style="text-align: justify;">Poi con l’autunno i nodi verranno al pettine, sono annunciati disastri e tregende, non si può più giocare con la politica, è come scherzare col fuoco.</div><div style="text-align: justify;">Ma la democrazia? Risponde Virgilio: “Non ti crucciare, vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare”.</div>
(<a href="http://www.marcelloveneziani.com/articoli/la-ricreazione-e-finita/" target="_blank">Marcello Veneziani</a>- Panorama n.40) michttp://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-22553427.post-91410749741504000262022-09-02T12:07:00.002+02:002022-09-02T12:07:26.596+02:00Devianti o popolo alla riscossa<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgAoTBcJ-UwAPWxz83_fpthd--5DL0a9_reyDO_bRqlOCdyRDaXa5QoDBQiRAijm8xVe-kmtU-zB3ZZtcMY6YPhF1d4wZ-IwX3VI_EpSYgmnN2TquOkpZoQNyjGTtmneQVh_sNwhdqOFSTJjaDHZmhJaAPbf0xlz4Rnd8ZB44oFZS_Nqqru1NE/s299/letta-devianze.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="169" data-original-width="299" height="153" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgAoTBcJ-UwAPWxz83_fpthd--5DL0a9_reyDO_bRqlOCdyRDaXa5QoDBQiRAijm8xVe-kmtU-zB3ZZtcMY6YPhF1d4wZ-IwX3VI_EpSYgmnN2TquOkpZoQNyjGTtmneQVh_sNwhdqOFSTJjaDHZmhJaAPbf0xlz4Rnd8ZB44oFZS_Nqqru1NE/w271-h153/letta-devianze.jpeg" width="271" /></a></div>L’affermazione più infelice nel primo scorcio di campagna elettorale l’ha pronunciata Enrico Letta, che pure è così prudente e misurato: “Io lo penso e lo dico: viva le devianze”, ha esultato in un tweet il leader dei dem per polemizzare con Giorgia Meloni che invece proponeva di fronteggiare le devianze che ulcerano il nostro paese, e in particolare i più giovani. Si può essere o meno d’accordo sui rimedi proposti dalla leader della destra, si può preferire un approccio più indulgente e comprensivo verso le devianze, almeno alcune, e si può distinguere tra devianze vere e presunte. Ma è davvero una semplificazione dissennata inneggiare alle devianze, senza specificare quali.
Un segno di nervosismo nella migliore delle ipotesi, di perdita di lucidità e di rispetto della vita reale e della gente comune.<span><a name='more'></a></span></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ma di cosa stiamo parlando, quando diciamo “devianze”? Intendiamoci innanzitutto sulle parole. La devianza, lo dicono i dizionari, è un atto o un comportamento individuale o di gruppo che viola le norme pubbliche e sociali. Ci possono essere devianze gravi, punibili a norma di legge, e altre meno gravi, che sono oggetto di disapprovazione nel giudizio pubblico. Le prime sconfinano nei reati e nei delitti, le seconde confinano con le difformità e le stravaganze. Naturalmente le devianze gravi sono criminali: la mafia, il terrorismo, lo stupro e la pedofilia, per citare le più efferate forme di delinquenza. Ma devianze sono pure la prostituzione e lo sfruttamento del sesso, il gioco d’azzardo, l’uso e lo spaccio di stupefacenti, l’alcolismo, la violenza, il bullismo, le bande e il vasto terreno delle devianze minorili.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Più controverso è parlare di devianza a proposito di comportamenti che sconfinano nella patologia, come l’obesità da bulimia e l’anoressia, a cui ha accennato Giorgia Meloni. Ancora più controverso sarebbe parlare di devianza a proposito di comportamenti sessuali e scelte transessuali, come invece si faceva correntemente fino a pochi anni fa.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ma Letta, senza fare distinzioni, e tralasciando il significato corrente di devianza, si è lanciato in uno sperticato elogio di ogni devianza, anzi della devianza in sé, a prescindere. Anche l’attenuante, che si trattava di una reazione a quel che aveva detto la Meloni, diventa invece un’aggravante, perché da un verso regala all’avversario la difesa della società e della gente comune dai comportamenti violenti e antisociali, distruttivi e autodistruttivi. Con lo spaventoso aumento della delinquenza, attestato anche sul piano delle statistiche, è davvero un segno di insensibilità e di scarsa intelligenza precipitarsi a difendere genericamente “le devianze”. E dall’altro è un autogol perché la Meloni invocava come antidoto alle devianze non il manganello e la galera ma lo sport e l’educazione, che mi sembrano rimedi civili, salutari, benefici per tutti. Si può magari discutere sulla loro piena efficacia per fronteggiare il largo e tormentoso campo delle devianze, ma non si possono ridurre quei rimedi – come ha fatto la vasta stampa che affianca i Dem – a un ritorno al fascismo, alla società retriva e reazionaria e ai metodi autoritari del passato. Non capire la funzione sociale, pedagogica e culturale, oltre che terapeutica, dell’attività sportiva, significa squalificare la funzione e la missione dello sport e fare un gratuito sfregio a chi pratica lo sport. Peraltro “mens sana in corpore sano” non è uno slogan fascista e nemmeno degli oratori cattolici di una volta; ma è più antico, risale a Giovenale, alla prima civiltà del diritto, la società romana e al mondo greco che la precede e che sposò, non solo a Olimpia, le attività sportive. Anche Platone era convinto della necessità di imprimere un’educazione sportiva ai giovani, non solo per prevenire le devianze ma per formare lo spirito di cittadinanza.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Peraltro, nella sua accezione generale e generica, devianza potrebbe intendersi anche il razzismo, l’omofobia, il sessismo: Letta difende pure quelle devianze?</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Per salvare Letta dalla sua infelice uscita, c’è chi ha tradotto le devianze con diversità: Letta, dicono, intendeva difendere le diversità – etniche, sessuali, omosessuali, e via dicendo. Ma se si accetta la traduzione automatica di devianza con diversità, il discorso assume pieghe paradossali. Anche chi si oppone al Politically correct, al conformismo e alle “normalizzazioni” coatte dei linguaggi e dei comportamenti, della storia e della cultura, reclama il diritto alla differenza, alla divergenza e alla diversità: anche lui sarebbe per Letta un deviato da proteggere? Non direi proprio, a giudicare dal forte impianto correttivo e illibertario di quel canone progressista a cui i Dem sono devotamente abbarbicati.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Mi rendo conto che le scorciatoie demagogiche, le semplificazioni brutali, siano una tentazione molto forte nella politica, soprattutto nei giorni concitati delle campagne elettorali: per essere più diretti ed efficaci degli avversari si arrivano a sposare a rovescio le tesi degli antagonisti con risultati a volte assurdi e dannosi, anche per la propria parte. Meno male che nelle campagne elettorali volano parole a raffica, senza alcun riscontro reale e alcuna conseguenza effettiva; come accade pure con le promesse e le buone intenzioni. Perché se dovessimo prendere sul serio affermazioni sconsiderate come questa, e se dovessimo davvero stabilire un nesso tra il dire e il fare, dovremmo seriamente preoccuparci e concludere: la sinistra elogia e incentiva le devianze, e dunque tocca alla destra proteggere la “normalità” della gente comune. Per fortuna i leader politici sono inconcludenti, inefficaci e alla fine incapaci pure di nuocere, almeno si spera…</div>
(Marcello Veneziani - Panorama n.37)michttp://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-22553427.post-88335970541097613192022-07-26T07:30:00.001+02:002022-07-26T11:19:55.460+02:00La cupola vuole fermare Meloni. Accadrà di tutto prima del voto. L’analisi di VenezianiIntervista di Alberto Maggi.<hr />
<b><div style="text-align: justify;"><b><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh9aRK9FmcBfKnZ5yOtv6toRetYMxFmWdKMdYnNrCa9euXcG6CZF3EIedQrMdNsX1ARpBBveP5c4JfdC1HPCRwky4Y8jwaQQdGcki1yEiKWEdndYWpSljdmoA57xy_c5gZfEp8TDIW6YipJjhpote15aFHnb5oV40ZrRAuWHu2E6O-VKRWvjgc/s310/Meloni-cupola.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="163" data-original-width="310" height="139" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh9aRK9FmcBfKnZ5yOtv6toRetYMxFmWdKMdYnNrCa9euXcG6CZF3EIedQrMdNsX1ARpBBveP5c4JfdC1HPCRwky4Y8jwaQQdGcki1yEiKWEdndYWpSljdmoA57xy_c5gZfEp8TDIW6YipJjhpote15aFHnb5oV40ZrRAuWHu2E6O-VKRWvjgc/w265-h139/Meloni-cupola.jpeg" width="265" /></a></div>In caso di elezioni anticipate dopo l’estate, il Centrodestra è favorito con Fratelli d’Italia primo partito. Lei vede Giorgia Meloni premier?</b></div></b><div style="text-align: justify;">“Non lo so, probabilmente potrebbe essere colei che indica il premier più che lei stessa presidente del Consiglio. Le ipotesi sono ancora tutte aperte, anche perché non sappiamo i termini della vittoria, netta o stentata? È prematura fare previsioni”.</div><br /><div style="text-align: justify;"><b>Tremonti, Crosetto, Nordio… Chi premier se non Meloni?</b></div>
<div style="text-align: justify;">“Tremonti è sicuramente un nome possibile, anche se è abbastanza autonomo e non so fino a che punto sarebbe il candidato di Meloni o di altri. Penso a una candidatura comunque di prestigio come figure istituzionali oggi non così in vista. Ripeto, è presto per azzardare previsioni. La domanda da porsi è la seguente: vogliamo che la politica torni ad avere un ruolo con la sovranità che appartiene al polo come dice la Costituzione? Votiamo e accettiamo tutti i rischi, altrimenti consegniamoci definitivamente ai tecnici e liquidiamo questa pagliacciata della presunta democrazia parlamentare”.<span><a name='more'></a></span></div><br />
<b>Lega e Forza Italia saranno leali a Meloni?</b><br /><div style="text-align: justify;">“Credo che abbiano ormai accettato il principio che chi prende più voti guida la coalizione, però da qui ad accettare che sia lei premier ce ne corre. La soluzione di mediazione, il compromesso, potrebbe essere quella che Meloni ha maggior voce in capitolo di Salvini e Berlusconi nella scelta del premier”.</div><br /><div style="text-align: justify;"><b>L’establishment non sarà felice di vedere Meloni premier o comunque in ruolo dominante nel prossimo governo…</b></div>
<div style="text-align: justify;">“Non ci sono dubbi. Sono assolutamente convinto che verrà fuori di tutto, ad esempio svastiche su monumenti ebrei o dei caduti della Resistenza. Verrà fuori di tutto. L’establishment non accetta i verdetti elettorali dal 2011 in poi, dalla caduta di Berlusconi. Da allora la presa sull’esito politico-elettorale è forte e useranno ogni mezzo di dissuasione. Prima il mostro era Salvini, oggi sta diventando Meloni e ci sono già le avvisaglie. Sarà una dura battaglia”.</div><br />
<b>Meloni ha la forza per reggere?</b><br /><div style="text-align: justify;">“Come leader ha grandi qualità, anche se io resto dell’idea che non abbia una classe dirigente all’altezza. Non resta che vederla all’opera. Ha iniziato a fare prove tecniche di accettazione da parte dell’establishment con la posizione filo Usa e filo Nato sulla guerra in Ucraina e cercherà di farsi accettare, purtroppo penso che la cupola la combatterà”.</div><br />
<b>Chi fa parte della cupola? L’Europa?</b><br /><div style="text-align: justify;">“Quella cappa di conformismo che ormai governa l’Occidente ed espelle chi non è allineato. La stessa cupola che applaude con entusiasmo ed euforia per la caduta di Johnson e poi prega e scongiura che Draghi resti. Eppure in entrambi i casi c’è l’emergenza guerra, Covid e crisi. chiaro che le cancellerie europee sarebbero contro Meloni. Ecco perché penso a un premier terzo e di mediazione”.</div><br />
<b>Quale sarà il rapporto Meloni-Mattarella?</b><br /><div style="text-align: justify;">“Chiaramente non gradirebbe l’elezione o comunque la leadership di Meloni. Dovrebbe farci i conti come Napolitano e Scalfaro (per poco) con Berlusconi. Accadrà di tutto prima del voto e faranno di tutto per sbarrare la strada alla leader di Fratelli d’Italia”. - <a href="http://www.marcelloveneziani.com/lo-scrittore/interviste/la-cupola-vuole-fermare-meloni-accadra-di-tutto-prima-del-voto-lanalisi-di-marcello-veneziani/" target="_blank">Fonte</a></div>michttp://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-22553427.post-38397136127631657112022-07-23T09:11:00.001+02:002022-07-26T11:24:14.894+02:00Nessuna via d’uscita se non la guerra<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjyHhSN9A_GrdaTR69z9wbZP5IMAliIEiBryrpkK5wOJ98hAkNQc9N5ttuYZbSKLANlBjNAFRxp4j1jtGuz1I3cYYqveE0yfmPk8U6MacljTcjFS23srRFUJrq7mErByMG9HGHq5HFzi708lTYjqf7m3Zioo4jhH8MGkSOU7zWNTfqHbBq4Pe0/s300/john-w-tomac-optimized-maxW550-VietnamProtest_May68_Joanie-300x300.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="300" data-original-width="300" height="188" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjyHhSN9A_GrdaTR69z9wbZP5IMAliIEiBryrpkK5wOJ98hAkNQc9N5ttuYZbSKLANlBjNAFRxp4j1jtGuz1I3cYYqveE0yfmPk8U6MacljTcjFS23srRFUJrq7mErByMG9HGHq5HFzi708lTYjqf7m3Zioo4jhH8MGkSOU7zWNTfqHbBq4Pe0/w188-h188/john-w-tomac-optimized-maxW550-VietnamProtest_May68_Joanie-300x300.jpg" width="188" /></a></div>Gli Stati Uniti, dove due settimane fa il Congresso ha votato quasi unanime $ 40 miliardi di aiuti all'Ucraina, sono intrappolati nella spirale mortale di un militarismo inarrestabile e fuori controllo.</div><p style="text-align: justify;">Negli USA non ci sono treni ad alta velocità e gli aerei delle compagnie nazionali sono obsoleti e malmessi; non esiste assistenza sanitaria universale e nemmeno piani finanziari di soccorso pubblico in caso di emergenza sanitaria; non ci sono programmi infrastrutturali per riparare strade e ponti fatiscenti (ci sono 43.586 ponti con difetti strutturali che necessitano esattamente di $ 41,8 miliardi per essere resi sicuri). Non ci sono soldi per condonare i debiti degli studenti; mancano politiche redistributive del reddito, pur essendoci 17 milioni di bambini che crescono in assoluta povertà. Non esistono programmi educativi di contrasto dell’uso delle armi, nonostante l’ondata di violenze nichiliste e sparatorie di strada; e nemmeno programmi di sostegno per i 100.000 americani che muoiono annualmente per overdose. Non esiste legge che fissi il salario minimo almeno a 15 dollari l'ora, nonostante la stagnazione salariale da 44 anni.<span></span></p><a name='more'></a><p></p><p style="text-align: justify;">L’economia militare domina la spesa pubblica a partire dalla Seconda guerra mondiale, distrugge l’economia sana e avvicina alla bancarotta la nazione americana, che ha un debito di $ 30 mila miliardi che costa $ 300 miliardi all'anno di interessi. La spesa militare degli USA è $ 813 miliardi (per l'anno fiscale 2023) ed è maggiore a quella dei nove paesi successivi messi insieme, tra cui Cina e Russia. I contribuenti americani pagano un pesantissimo prezzo sociale per la supremazia militare del paese. Washington osserva passivamente come la società civile stia marcendo moralmente, economicamente e fisicamente, mentre i paesi emergenti (e non solo quelli emergenti) annunciano di volersi sganciare dal vincolo del dollaro e del rispettivo sistema operativo Swift, ma una volta che il dollaro USA cesserà di essere la valuta di riserva mondiale, il collasso economico interno sarà inesorabile. Fra i pochi effetti positivi, la contrazione economica porterà alla chiusura della maggior parte delle quasi 800 basi militari all'estero. Ma le élite americane saranno pronte ad accettare la fine del Secolo Americano?</p><p style="text-align: justify;">La guerra, d’altronde, ha dato senso all’esistenza sia al partito democratico che al partito repubblicano, per cui qualsiasi spesa militare, anche quella piu stravagante, viene giustificata nel nome della "sicurezza nazionale": un concetto di cui si può fare sempre un buon abuso, anche quando si tratta di intervenire in un paese come l' Ucraina che dista circa 8 mila km dai confini americani. In realtà, la maggior parte dell’aiuto deliberato dal Congresso va nelle mani di produttori di armi come Raytheon Technologies, General Dynamics, Northrop Grumman, BAE Systems, Lockheed Martini e Boeing. Gli strateghi militari affermano che la guerra durerà a lungo perché si tratta di affrontare minacce esistenziali, e che il sostegno all’Ukraina va fatto, perché le conseguenze saranno ben peggiori se l’Ukraina dovesse perdere. Di negoziati di pace non se ne parla e all’improvviso pandemie ed emergenze climatiche sono diventate l’ultima preoccupazione. Tutto ciò che conta è la guerra - la formula perfetta per il suicidio collettivo.</p><p style="text-align: justify;">Nel Congresso USA, chi fa opposizione alla guerra è una scarsissima minoranza. Una volta questo ruolo veniva rivestito dall’ala progressista del partito democratico, oggi totalmente assuefatto all’ideologia militarista. Come opposizione conterebbe maggiormente il vincolo dei media e del mondo accademico indipendente, quindi giornalisti, studiosi e scrittori di letteratura divulgativa che cercano di tenere vigile l’opinione pubblica. Ci sarebbe anche il vincolo dei leader religiosi e di gruppi di protesta organizzata come quello degli studenti del SDS, ma anche messe insieme, queste forze di opposizione non riusciranno mai a capovolgere l'economia militare permanente, ne a frenarne gli eccessi. Entrambi i partiti promuovono il lobbying militare, in qualche modo è come se fossero delle società acquisite dai contractors. La stampa è anemica e subordinata all'industria militare, che finanzia generosamente i think tank dell’ideologia interventista, fra cui diversi ex funzionari dell'esercito e dell'intelligence, che vengono intervistati come esperti militari. Il 13 di maggio, i funzionari del Center for New American Security (CNAS) hanno presentato una simulazione di una possibile guerra con la Cina per Taiwan. La co-fondatrice del centro, la dem Michelle Flurnoy, ex funzionaria del Pentagono sotto Obama, membro del cerchio di Aspen, ha dichiarato che gli Stati Uniti devono sviluppare "la capacità di minacciare in modo credibile la Cina, dimostrando come entro 72 ore tutte le sue navi da guerra, sottomarini e mercantili potrebbero essere affondate nel Mar Cinese Meridionale".</p><p style="text-align: justify;">Qualora dovesse sorgere qualche voce anti-militarista e critica della politica estera, come Noam Chomsky a sinistra e Ron Paul a destra, questa viene dichiarata “persona non grata” dai media di regime, dove domina il politicamente corretto che si occupa di temi che cancellano il passato e la realtà. Durante la guerra all'Iraq, almeno nella prima fase ci furono proteste di massa. L’Ukraina invece è vista come l'ultima crociata per la libertà e la democrazia contro il nuovo Hitler e la minaccia autoritaria. Ci sono poche speranze di tornare sui propri passi e limitare i disastri organizzati a livello nazionale e globale. Neo-conservatori e interventisti liberali cantano all'unisono alla guerra. Questi istigatori deliranti, il cui atteggiamento non cambierebbe nemmeno di fronte a una escalation nucleare, sono stati nominati da Biden a dirigere il Pentagono, il Consiglio di sicurezza nazionale e il Dipartimento di Stato. </p><p style="text-align: justify;">La logica di queste persone è che se tutto ciò che conta è la guerra, tutte le soluzioni che si possono offrire sono militari. Una politica di avventurismo militare che sta accelerando il declino del paese, che non è stato capace di prendere una via diversa dopo la sconfitta in Vietnam e lo sperpero di trilioni di dollari in guerre inutili in Medio Oriente. Ora si ritiene che la guerra e le sanzioni faranno paralizzare la Russia e che la guerra, o la minaccia di guerra, arresterebbe la crescente influenza economica e militare della Cina. Più che strategie, sono fantasie folli e pericolose di una classe dirigente che ha perso la connessione con la realtà. Incapace di salvare la propria società ed economia, e di offrire un progetto di sviluppo più equo, cerca di neutralizzare e distruggere i suoi rivali globali. Dopo aver paralizzato la Russia, gli interventisti hanno in programma di concentrare le loro azioni militari nella regione indo-pacifica per prendere il dominio su quello che Hillary Clinton aveva chiamato il "Mare americano", riferendosi al Pacifico.</p><p style="text-align: justify;">Secondo il Center for Economic and Business Research (CEBR) del Regno Unito, Washington sta cercando disperatamente di costruire alleanze militari ed economiche per contrastare la crescita della Cina, la cui economia dovrebbe superare quella degli Stati Uniti entro il 2028. La Casa Bianca ha affermato che l'attuale visita di Biden in Asia mirava a inviare un "messaggio potente" a Pechino e ad altri paesi su come potrebbe essere il mondo se le democrazie "si unissero per plasmare le regole del mondo". L'amministrazione Biden ha invitato la Corea del Sud e il Giappone a partecipare a un vertice della NATO a Madrid. Tuttavia, sempre meno nazioni, anche tra gli alleati europei, accettano di essere controllate dagli Stati Uniti. La retorica di Washington sulla democrazia e il presunto rispetto dei diritti umani e delle libertà civili è così riparatoria e finta da non far più presa su nessuno. La crisi economica, che è anche crisi della pianificazione produttiva, è irreversibile. Storicamente, la guerra è stata sempre l'ultimo disperato tentativo che gli imperi morenti hanno utilizzato per ritardare la propria dissoluzione. E’ la lezione paradigmatica di Tucidide su Atene e la paura che in essa instillò la giovane e fiorente Sparta.</p><p style="text-align: justify;">L’esercito americano è costituito su base volontaria e questo è stato un modo per mantenere lo stato militare permanente. Senza costringere i sudditi a una leva obbligatoria, la scelta di arruolarsi ricade sui ceti più bassi, i figli delle famiglie povere. Questo permette ai ceti medio-alti e alti di sostenere le politiche di guerra, tirandosene fuori. L’estrazione sociale omologata protegge l'esercito da rivolte interne, come quelle durante la guerra in Vietnam, e garantisce l’unità interna. Il servizio su base volontaria non vuol dire però sufficiente disponibilità di soldati, ecco il perché della politica di estendere arbitrariamente i contratti di servizio militare e di aumentare gli appaltatori militari privati, o i mercenari, che però costituiscono una modesta percentuale. Un esercito più numeroso sarebbe stato decisivo per vincere le guerre in Iraq e in Afghanistan?</p><p style="text-align: justify;">Davanti a Washington si pone sempre più insistente il problema di “troppe guerre e troppi pochi soldati", scrive il professore di storia di Boston University, ex ufficiale dell'esercito, Andrew Bacevich. Ma a questo punto, fino a che questo divario non sarà superato tecnologicamente, gli Stati Uniti dispongono dei mezzi militari per obbligare i loro rivali geopolitici ad accettarli come l’unico egemone e come una nazione indispensabile per la storia dell’umanità?- si chiede lo storico. E se la risposta è “no”, perché allora Washington non dovrebbe mostrare buon senso e ammorbidire le proprie ambizioni? Porre questo quesito alle istituzioni politiche è "eretico", sottolinea Bacevich. Gli strateghi militari presumono che le guerre imminenti non saranno come quelle passate. Investono in teorie immaginarie di guerre future, ignorando le lezioni del passato e preparando un fiasco ancora più sbalorditivo.</p><p style="text-align: justify;">La classe politica inganna se stessa più di quanto lo facciano i generali. Si rifiuta ad accettare l'emergere di un mondo multipolare e il declino tangibile della potenza americana. Essa usa ancora il linguaggio obsoleto dell'esclusività e del trionfalismo americani, credendo di avere il diritto di imporre la sua volontà come leader del "mondo libero". Nel suo memorandum della Guida alla pianificazione della difesa del 1992, il vicesegretario alla Difesa Paul Wolfowitz ha affermato che gli Stati Uniti devono garantire che mai una superpotenza rivale possa riemergere. Gli USA devono progettare la loro forza militare per dominare per sempre il mondo unipolare. Il 19 febbraio 1998, al Today Show della NBC, il Segretario di Stato Madeleine Albright ha fornito una versione ‘democratica’ della dottrina dell'unipolarità: "Se dobbiamo usare la forza, è perché siamo americani; siamo la nazione insostituibile… Siamo in alto e vediamo il futuro più lontano dagli altri paesi".</p><p style="text-align: justify;">Questa folle visione dell'impareggiabile supremazia globale dell'America è stata accolta sia da repubblicani che da democratici. I colpi di stato militari, usati senza pensarci troppo per stabilire la dottrina dell'unipolarità, specialmente in Medio Oriente, hanno scatenato rapidamente il terrorismo jihadista che ha fatto impantanare le guerre. L'imperialismo poteva essere tollerato dall’opinione pubblica fino a quando era in grado di proiettare il proprio potere all’esterno e aumentare il tenore di vita all’interno, oppure fino a quando si limitava a interventi segreti e colpi di Stato nei paesi ‘nemici’. Le sconfitte militari degli ultimi decenni però sono state accompagnate da un costante declino del tenore di vita, stagnazione salariale, infrastrutture fatiscenti e, infine, una serie di politiche economiche e accordi commerciali organizzati dalla stessa classe dirigente che aveva de-industrializzato e impoverito il paese.</p><p style="text-align: justify;">Gli oligarchi dell'establishment, ora uniti nel Partito Democratico, non si fidano di Donald Trump. Forse perché è stato l’unico a permettersi l’eresia di mettere in discussione la santità dell'Impero americano, ridicolizzando l'invasione dell'Iraq e definendola un "grande, grosso errore". Candidandosi a presidente, Trump aveva promesso agli americani di “proteggerli da una guerra senza fine". Ultimamente Noam Chomsky è stato attaccato per aver giustamente sottolineato che Trump è stato "l'unico statista" ad aver avanzato una proposta "ragionevole" per risolvere la crisi Russia-Ucraina. La soluzione proposta includeva il facilitare dei negoziati di pace, invece di provocare la Russia, e muoversi verso una sorta di adeguamento in Europa, un adeguamento reciproco fra gli USA e l’UE, senza alleanze militari. </p><p style="text-align: justify;">Durante la sua presidenza, Trump ha fatto degli errori, come le sanzioni contro Cuba e Iran, e la guerra economica alla Venezuela, ma aveva messo nell’agenda il ritiro delle truppe americane da Siria, Sudan ed Afganistan. Aveva aumentato il budget al Pentagono, filtrando con quelli che riteneva propri sostenitori, ma la sua visione di guerra era piuttosto ‘ricreativa’, come quella di fare un attacco missilistico sul Messico per “distruggere i laboratori di droga”. Trump è stato troppo volubile per essere preso sul serio, ma forse tale atteggiamento è la copertura necessaria per poter dichiarare liberamente il proprio odio verso i democratici e verso tutti i burocrati compiacenti che si gettano da una guerra all’altra.</p><p style="text-align: justify;">Anche alla votazione degli aiuti all’Ukraina, i repubblicani trumpiani sono stati gli unici a votare contro: 57 alla Camera e 11 al Senato. Sembrano gli unici capaci ancora di ragionare, nonché a difendere la legalità e a fornire prove su finanziamenti illeciti e riciclaggio di denaro legati all’Ukraina, ma sono dichiarati eretici, da alcuni etichettati come proto-fascisti, e perfino accusati da democratici come Jamie Raskin di essere agenti della propaganda di Putin. Il mondo potrà sempre contare su un cambiamento qualitativo dopo le elezioni di midterm a novembre, che potrebbero mettere a rischio la maggioranza dem al Congresso. Ma possiamo essere sicuri che, in una circostanza particolarmente disperata per l’establishment americano come questa, le elezioni non saranno un nuovo burlesque? </p><p>Zory Petzova</p><p>(nel testo sono stati usati appunti del giornalista Cris Hedges, esperto di Medio Oriente, ex corrispondente di <i>New York Times</i>, premio Pulitzer 2005)</p>michttp://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-22553427.post-12421305321290300022022-05-27T15:24:00.004+02:002022-05-27T15:24:49.601+02:00Contro ritratto di De MitaDue esempi, del passato e del presente, che rappresentano bene la mediocrità della classe politica italiana.<hr /><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgw6jd641NccaANwXtNgKCRxfN0VtFptEKhZu9pGiXKXf0qXzPEzAb0hGGSAH71ml4c9kmhOPFa-PDlc1gI7S83HAS-qq_lPzKIg__aT1xdJdJy5paBpRA2gJ_6vc8y6YLUkpW1ua4KnTLhH3vqc7KYzjeG1_9YDYyV0AwSxUfRkAxMsK_QUMw/s656/de-mita.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="492" data-original-width="656" height="172" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgw6jd641NccaANwXtNgKCRxfN0VtFptEKhZu9pGiXKXf0qXzPEzAb0hGGSAH71ml4c9kmhOPFa-PDlc1gI7S83HAS-qq_lPzKIg__aT1xdJdJy5paBpRA2gJ_6vc8y6YLUkpW1ua4KnTLhH3vqc7KYzjeG1_9YDYyV0AwSxUfRkAxMsK_QUMw/w229-h172/de-mita.jpg" width="229" /></a></div>Fu istruttivo, a tratti divertente, lo scontro televisivo tra Matteo Renzi e Ciriaco De Mita. Due mondi erano a confronto, e non erano il Bene e il Male o il Moderno e l'Antico. Era un derby tra arroganza e presunzione, tra fuffa del fare contro fuffa del pensare, tra nonnismo e nepotismo. Arbitro in campo Mentana, arbitro a latere Mattarella, debitore ad ambedue per la sua carriera.</div><p style="text-align: justify;">È lui l'anello di congiunzione tra il prode Matteo e il fumoso e a tratti fumante Ciriaco. Il tirannosauro De Mita è apparso tutt'altro che mite e ringoglionito, per dirla col suo gergo. Ha cercato di umiliare Renzi allora premier in carica e in parte c'è riuscito. A Renzi fumavano le orecchie da Star-trek mentre il Patriarca di Nusco gliele tirava a scena aperta.<span></span></p><a name='more'></a><p></p><p style="text-align: justify;">Renzi era in difficoltà contro i rancori del Vecchio Ciriaco, blindati dal rispetto che si deve ai Vegliardi e dalla patina di nostalgia che accompagna il mondo di ieri. E De Mita, in gran forma, ha dimostrato, tirando fuori la sua antica permalosità e supponenza, di essere poco democristiano nell'indole. La Dc era rotonda, lui è spigoloso, la Dc mediava, lui invece ieri separava; la Dc era corale, duttile e pragmatica, lui invece si considera un pensatore della politica al di sopra del volgo. I vecchi dc, a cominciare da Andreotti, simulavano umiltà, lui invece ostenta presunzione. “Intellettuale della Magna Grecia”, lo definì con qualche ironia Agnelli. Come Aldo Moro, ma Moro a un livello più alto.</p><p style="text-align: justify;">Renzi giocava al suo ruolo di nuovo, alternando in modo meccanico riverenza e insolenza nei confronti del Capo Corrente del Capo dello Stato (l'allievo ora presiede la Repubblica mentre il suo maestro è solo sindaco di Nusco).</p><p style="text-align: justify;">De Mita ha ironizzato più volte sul “fiorentino”, come se Renzi dovesse vergognarsi di essere tale. E Renzi si è trattenuto dall'ironizzare sull'irpino e sul suo gergo, sofisticato nei concetti quanto aborigeno nelle inflessioni.</p><p style="text-align: justify;">De Mita non aveva torto a rinfacciare al ragazzo fiorentino che la storia non comincia con lui e non finirà con lui. E Renzi non aveva torto a rinfacciare al Notabile nuschese e ai suoi sodali, di averci lasciato un grandioso debito pubblico e tanti aborti di riforme fallite. Lo scontro era tra uno che pensò le riforme senza farle e uno che vuol farle ma senza pensarle. Difficile dire chi sia peggio. Però il dibattito è stato istruttivo perché ci ha descritto nel giro di un'ora la parabola della Repubblica italiana. De Mita concorse ad affossare la prima repubblica, fondata sul bipolarismo imperfetto, come Renzi sta affossando la seconda, fondata sul bipolarismo alternato. De Mita affossò la Dc, Renzi sta affossando il Pd, per farne un partito personale. Con De Mita cominciò il declino della Dc, anche elettorale, la sua perdita di ruolo, anche perché il suo vero antagonista non era Berlinguer o il Pci ma Craxi e il suo Psi, ossia l'alleato principale di governo. Craxi ebbe gravi difetti ma più grandi virtù che segnarono l'Italia degli anni ottanta ben più dell'opera di De Mita. Da una parte ci fu con Craxi un governo di lunga durata, per quei tempi, con forte capacità decisionale, forte ruolo internazionale, vera voglia di grande riforma, superamento dell'arco costituzionale. E l'Italia quinta potenza industriale. Dall'altra col demitismo ci fu la palude del politichese, la perdita del radicamento popolare democristiano, la seconda fase, calante, del compromesso storico, l'arco costituzionale, la pessima gestione del terremoto dell'Irpinia. Il lascito di De Mita all'Italia è quello. De Mita non ha lasciato opere cospicue, né da premier né da pensatore della politica. Nessuno può negargli intelligenza e sottigliezza di analisi, ma non si va oltre. Anche la sbandierata passione ideale per la politica o il maggiore spessore morale, non apparvero certo nel suo tempo, così segnato dal malaffare, dal clientelismo, dagli sperperi e dalla spartizione del potere. Con De Mita si persero pure le ultime tracce dell'ispirazione cristiana e popolare della Dc; perfino la cultura cattolica con lui, pensatore politico, se la passo male. Ne seppe qualcosa, tra gli altri, il grande Augusto del Noce, di cui ricordo gli spietati giudizi su De Mita. E non dimentichiamo che la fuoruscita rancorosa di De Mita dal Pd avvenne solo dopo la sua mancata, ennesima ricandidatura. Altro che sdegnarsi per la volgare insinuazione di Renzi...</p><p style="text-align: justify;">L'apice della presunzione De Mita l'ha toccato quando ha detto in tv che lui ha fatto i conti col marxismo ma il marxismo non ha fatto i conti con lui. Neanche il più grande filosofo del Novecento si azzarderebbe a dire una sciocchezza simile. Un caso di demitomania...So che tanti odiatori di Renzi, a sinistra in particolare, hanno goduto a vedere come il Vecchio Satrapo, che non ha più nulla da perdere, maltrattava il giovanotto. Ma nessuno rimpiange l'era di De Mita, credo a ragione…Anzi, da quel degrado contorto della politica nacquero poi i fantasmi della seconda repubblica, i suoi tutori giudiziari, i leader populisti, il deserto dei partiti. Alla fine dei quali, dopo la monarchia berlusconiana, apparve Renzi come erede del Berlusconi-premier e Grillo come erede del Berlusconi-antipolitico. Ma il vuoto della politica risaliva all'era geologica demitiana (non solo a lui, ovviamente).</p><p style="text-align: justify;">A voler essere salomonici e positivi diremo che Renzi aveva ragione a porre al centro della politica la decisione fattiva e De Mita aveva ragione a sostenere che la politica va pensata prima di farla. Poi, su come e cosa decida il primo e come e cosa pensi il secondo, meglio stendere un velo pietoso. Nel match tra il Vecchio e il Nuovo, tra l'Illusionista fiorentino e il Catapano bizantino, ci sentivamo neutrali, non rappresentati né dall'uno né dall'altro. Ma tra i due litiganti noi terzi non godevamo, almeno a pensare all'Italia nelle loro mani, ieri e oggi. </p><p>(Marcello Veneziani, 29.10.2016, Il Tempo)</p>michttp://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-22553427.post-28139528545356447122022-05-27T11:30:00.001+02:002022-05-27T15:19:19.372+02:00Dico la mia sulla “carriera alias” (che fino a ieri non sapevo neanche cosa fosse).<div style="text-align: justify;">Sono tanti gli elementi che ci sfuggono nei cambiamenti epocali a raffica in una realtà complessa. <a href="https://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2021/09/indice-articoli-su-transumanesimo-e.html" target="_blank">Indice</a> degli articoli sulla realtà distopica e correlati.</div><hr />
<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgt4ylH0zv3SNHJ9alGnCe2YBYUyDNWPMDfeleTfw99wUZKompU4YWec3Grox9OSe_mKv8j0T123sHwzSEbg7euJyDHc_tOBo9QqbVENy2tX_eInMzX-gvZiAqhvI2bJ1rkL4jb577XIC-Z524ouLol70Z5rW3HCtC1SWrsRqGlJnBe8T1cUVsyDzZHTQ/s848/alias5.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="174" data-original-width="848" height="59" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgt4ylH0zv3SNHJ9alGnCe2YBYUyDNWPMDfeleTfw99wUZKompU4YWec3Grox9OSe_mKv8j0T123sHwzSEbg7euJyDHc_tOBo9QqbVENy2tX_eInMzX-gvZiAqhvI2bJ1rkL4jb577XIC-Z524ouLol70Z5rW3HCtC1SWrsRqGlJnBe8T1cUVsyDzZHTQ/w287-h59/alias5.jpg" width="287" /></a></div>Ricevo sul telefonino la pagina di oggi di un quotidiano locale, tutta dedicata al “problema” della cosiddetta “<i>carriera alias</i>”<sup>1</sup> che, a quanto apprendo, qualche istituto scolastico della mia regione ha introdotto e altri stanno ipotizzando di introdurre. Con questa improbabile denominazione (vabbé, ormai i nomi alle cose vengono dati sempre più <i>ad mentulam canis</i>), ho inteso che si indichi la possibilità che uno studente o una studentessa a scuola siano registrati non con il nome (e il sesso) anagrafico, ma con un altro di loro scelta.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Nella pagina del giornale che ho letto, sono riportati i pareri di quattro brave presidi della nostra cittadina: una è apertamente favorevole, due cercano di dire il meno possibile, solo una avanza delle riserve. Tutte cercano di essere molto prudenti, e le capisco perché, non essendo ormai più tutelata nel nostro paese la libera manifestazione del pensiero (con tanti saluti all’art. 21 della defunta costituzione repubblicana), bisogna stare attenti a come si parla, soprattutto se si riveste un ruolo pubblico, e possibilmente non parlare affatto.<span><a name='more'></a></span></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Nella mia fortunata condizione di anziano ἰδιώτης ho meno difficoltà a dire chiaro e tondo che cosa ne penso. Anche perché si fa presto. Delle due l’una: o questa “carriera alias” è una cosa seria o non lo è. Se è una cosa seria, il cambio di nome e di sesso nei registri della scuola e in tutti i documenti relativi agli atti che essa compie dovrebbe essere produttivo di effetti giuridici. Il che però significa, per esempio, che se colui che allo stato civile è, poniamo, “Leonardo” viene iscritto a scuola come “Vanessa” e così denominato in tutti i documenti ufficiali, il titolo di studio alla fine sarà lei a conseguirlo mentre lui resterà senza diploma, posto che la scuola, ovviamente, non ha alcun potere di intervento sulla sua identità anagrafica.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Mi pare evidente, quindi, che non si tratta di una cosa seria, ma di una cosa, non dico per finta ma “per modo di dire”: tu resti Leonardo nelle carte che contano ma, se vuoi, facciamo che qui ti chiamiamo Vanessa. Ci sarà, immagino, un doppio registro, una doppia pagella, un doppio diploma, quello vero e quello finto: un gioco, praticamente. Ora domando: è serio, tutto questo? È rispettoso delle persone e delle delicate problematiche di cui, a parole, si dichiarano così preoccupati i promotori di tali iniziative? Aiuta veramente qualcuno? Serve a qualcosa?</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Si obietterà che, però, se non è una cosa seria almeno sarà innocua. Male non farà: dunque perché opporsi? Invece sono convinto che del danno possa farne, e molto. La questione di come una persona viene chiamata, infatti, al di là degli aspetti giuridici attiene alla sfera delle relazioni sociali e dunque chiama in causa la libertà e la responsabilità degli altri soggetti che hanno rapporto con lei. I motivi per cui qualcuno può sentirsi a disagio con il proprio nome (o il proprio cognome) sono tanti (non c’è solo quello a cui pensano i fautori di questa dissennata proposta) e, mentre è riservato esclusivamente alla legge dello stato (e non certo alla delibera di un consiglio di istituto o di un dirigente scolastico!) regolare gli aspetti giuridici della questione, la pratica dell’uso spetta primariamente alla regolazione autonoma dei rapporti interpersonali, all’interno degli ambiti in cui il soggetto vive. Uno può benissimo chiedere (o far capire) agli altri di non voler essere chiamato con il proprio nome ufficiale ma di preferirne un altro e in questo modo pone loro un problema che devono affrontare responsabilmente, giocando ciascuno la propria libertà: <i>è una questione di rapporti tra persone</i>. La finzione di una pseudo-norma che, per via burocratica, impone una linea di condotta è invece, nel suo piccolo, un altro tassello di quella deleteria opera di devitalizzazione della società, in corso ormai da tempo, che deresponsabilizza gli individui e sostituisce l’esercizio della libertà con l’esecuzione di protocolli comportamentali fissati dalle istituzioni. (Leonardo Lugaresi - <a href="https://leonardolugaresi.wordpress.com/2022/05/22/dico-la-mia-sulla-carriera-alias-che-fino-a-ieri-non-sapevo-neanche-cosa-fosse/" target="_blank">Fonte</a>)</div><div style="text-align: justify;">__________________________<br /><i>Nota di L'Europa e le sue radici cristiane</i><br />E così apprendiamo anche noi che: "In Italia, per la legge 164/1982, chiunque voglia richiedere la rettifica dei propri dati anagrafici deve sottoporsi alla riassegnazione chirurgica del sesso (RCS). <br />Recentemente i tribunali italiani hanno però iniziato a concedere la modifica del sesso anagrafico anche senza RCS.
Il tempo che intercorre tra la richiesta e l’effettiva modifica dei documenti va però da 1 a 3 anni. Un’attesa troppo lunga per chi deve continuare a vivere la propria vita sotto un’identità alla quale non sente di appartenere. <br />
La Carriera Alias consiste nella creazione, da parte di scuole e Università, di un’identità alternativa temporanea, che permette di sostituire il nome anagrafico con quello adottato, fino alla rettifica anagrafica ufficiale. Il badge e l’indirizzo di posta elettronica universitaria vengono rettificati con il nome di adozione.
La Carriera Alias non ha però valore legale al di fuori dell’ateneo. Non è quindi estendibile a documenti ufficiali come l’attestato di Laurea o l’iscrizione a programmi Erasmus e tirocini.
Diverso dalla Carriera Alias è il doppio libretto, il quale affianca alla documentazione anagrafica il nome d’elezione. <a href="https://www.universitynetwork.it/carriera-alias-cose-e-come-si-ottiene/" target="_blank">Fonte</a></div>michttp://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-22553427.post-68921721763835544802022-05-23T17:11:00.003+02:002022-05-23T17:11:50.216+02:00Che dire di un'esercitazione del marzo 2021 che simula una pandemia globale coinvolgente un ceppo insolito di 'monkeypox'?<blockquote class="twitter-tweet"><p dir="ltr" lang="en">NEW - In March 2021, NTI partnered with the Munich Security Conference to conduct a tabletop exercise simulating a global pandemic involving an unusual strain of <a href="https://twitter.com/hashtag/monkeypox?src=hash&ref_src=twsrc%5Etfw">#monkeypox</a> caused by a terrorist attack using a pathogen engineered in a laboratory.<a href="https://t.co/Yj4C8GUJuW">https://t.co/Yj4C8GUJuW</a> <a href="https://t.co/Z7KRvTgSfB">pic.twitter.com/Z7KRvTgSfB</a></p>— Disclose.tv (@disclosetv) <a href="https://twitter.com/disclosetv/status/1527574636631928832?ref_src=twsrc%5Etfw">May 20, 2022</a></blockquote> <script async="" charset="utf-8" src="https://platform.twitter.com/widgets.js"></script><div>
NOVITÀ – Nel marzo 2021, NTI ha collaborato con la Conferenza sulla sicurezza di Monaco per condurre un’esercitazione da tavolo che simula una pandemia globale che coinvolge un ceppo insolito di #monkeypox causato da un attacco terroristico utilizzando un agente patogeno ingegnerizzato in un laboratorio.
“La Nuclear Threat Initiative e la Munich Security hanno organizzato congiuntamente un’esercitazione di guerra pandemica durante il Covid nel 2021 che ha coinvolto un attacco localizzato di armi biologiche con il vaiolo delle scimmie geneticamente modificato. Solo una coincidenza, senza dubbio.”<br />
(Fonte: NTI, (https://www.nti.org/news/nti-bio-munich-security-conference-convene-global-leaders-annual-tabletop-exercise-reducing-high-consequence-biological-threats/) via Dr. Aaron Kheriaty (https://t.me/AaronKheriaty/154)</div>michttp://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-22553427.post-18883493065244873402022-05-23T14:00:00.005+02:002022-05-23T15:16:00.168+02:00Finalmente c'è chi reagisce alle incivili discriminazioni!<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgySYsst1-xdNhtAlR9zoZmUsp6Z8mAcA7LfJcgGe6S6RrPgCSCdFcdX8eB1gjZB5Y8Jh0tpBpv9wjM_Mq44R_r6CDTEM0daiJO53qnpGRGP_LUiORvyFrErH7RoA331AxN4AQJWpmfFhnIsf30jv3-D15nFheyWxqUqVW926XHodFTd6W26yw/s300/FVG%20Orchestra.jpeg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="168" data-original-width="300" height="168" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgySYsst1-xdNhtAlR9zoZmUsp6Z8mAcA7LfJcgGe6S6RrPgCSCdFcdX8eB1gjZB5Y8Jh0tpBpv9wjM_Mq44R_r6CDTEM0daiJO53qnpGRGP_LUiORvyFrErH7RoA331AxN4AQJWpmfFhnIsf30jv3-D15nFheyWxqUqVW926XHodFTd6W26yw/s1600/FVG%20Orchestra.jpeg" width="300" /></a></div><div style="text-align: justify;">FVG Orchestra non prenderà parte al Concorso Internazionale di violino Rodolfo Lipizer. In accordo con quanto già espresso dall’amministrazione comunale di Gorizia, la decisione della sinfonica regionale è stata presa in seguito alla decisione dell’Associazione Lipizer di escludere tre violiniste russe dalla prossima edizione del Concorso. </div><div style="text-align: justify;"> “<i>Ci dispiace molto interrompere la tradizione per cui era proprio la FVG Orchestra ad accompagnare i musicisti internazionali durante la competizione</i> – commenta il presidente Paolo Petiziol – <i>ma non possiamo non reagire in modo coeso e determinato ad una decisione che ci sembra del tutto ingiusta. La cultura è una delle poche armi che abbiamo per sanare ferite, per riavvicinare le persone e i popoli, creando coesione invece di divisioni e rancore. Questa esclusione, invece, va nella direzione diametralmente opposta</i>”. - <a href="https://www.ilgiornalediudine.com/cronaca/fvg-orchestra-non-partecipera-al-concorso-lipizer-di-gorizia-dopo-lesclusione-delle-3-violiniste-russe/" target="_blank">Fonte</a></div>michttp://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-22553427.post-7291054550271584652022-05-20T10:14:00.000+02:002022-05-20T10:14:04.042+02:00Come modellare la realtà attraverso i media<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh48eyv5d-x6lVl0ElE5DKf4gic_-SpsovCINmHNBaI1xoVls7qQim-yOVAJkKG-Tyq2kb4pPD6wJQl7B8rq_tq7aiQCEAjtj_02k2aU897Y1ZXZ0KZltYyzJdDJT3fz47wU3giP9TdcOtFHiG8Z1IR8LgeVuPIaopN3XlkwyOKsnUeywU8fzA/s500/safe_image.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="261" data-original-width="500" height="140" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh48eyv5d-x6lVl0ElE5DKf4gic_-SpsovCINmHNBaI1xoVls7qQim-yOVAJkKG-Tyq2kb4pPD6wJQl7B8rq_tq7aiQCEAjtj_02k2aU897Y1ZXZ0KZltYyzJdDJT3fz47wU3giP9TdcOtFHiG8Z1IR8LgeVuPIaopN3XlkwyOKsnUeywU8fzA/w268-h140/safe_image.jpeg" width="268" /></a></div><div style="text-align: justify;">In Israele si chiama "modellare la realtà". Significa che presenti la realtà dei tuoi sogni come già sta accadendo. Quando vuoi che qualcosa diventi reale, semplicemente inizi a pubblicare media che già ci sono, così la gente si sente come se ci vivesse già. Hanno fatto lo stesso con la pandemia. È un dispositivo mostruoso. Il più delle volte funziona perché il pubblico occidentale vede la realtà come un mucchio di narrazioni da fonti autorizzate, non crede più a nessuna verità oggettiva. </div><div style="text-align: justify;">Dicono "al giorno d'oggi non sai di chi fidarti" e si fidano di imbroglioni e ingannatori come Harari. </div><div style="text-align: justify;">"Il 28 febbraio, ad appena quattro giorni dall'inizio dell'operazione militare russa in Ucraina, Yuval Noah Harari ha pubblicato <a href="https://www.theguardian.com/commentisfree/2022/feb/28/vladimir-putin-war-russia-ukraine" target="_blank">un articolo sul Guardian</a> in cui, tra diffamazioni propagandistiche a favore del regime ucraino e della manipolazione della storia, sosteneva che "la guerra sarà lunga, durerà anni." Poiché non credo che Harari sia in possesso di una sfera di cristallo, resta la domanda sul perché abbia fatto di tutto per fare queste dichiarazioni all'inizio delle ostilità militari quando la situazione sul campo era difficile da comprendere e anche gli esperti di strategie militari non avventuravano pronostici sulla durata della guerra. Ricordo che Harari si trova a suo agio tra le élite globaliste che espongono i loro disegni distopici per l'umanità al <i>World Economic Forum</i> di Davos. È lì che fanno il tifo per una "lunga guerra" e applaudono gli utili ukronazisti che sognano il Valhalla come i terroristi dell'ISIS sognano il paradiso con le 72 vergini a disposizione perpetua? " (Lena Bloch)</div>michttp://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-22553427.post-80831715553537295362022-05-16T11:24:00.005+02:002022-05-20T10:17:37.511+02:00nemici dell’Europa stanno a Bruxelles e Strasburgo<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh6XmPWZ-y9WInQ3129APk7-W4QMXCFuHFzZhYQAr0tC4j7y9ly7HYtxxqK2N1IcSyGs0iIno-PumbhH2motR7De_HdkapiHq9rLtOht7OVsKuyMYHnMouDdHHKOfNridPRWj7bm6PKfJku7lSCcZPehM9kkLuA5_MBt6-q1Ql2pHemn35KJDI/s291/download.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="173" data-original-width="291" height="155" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh6XmPWZ-y9WInQ3129APk7-W4QMXCFuHFzZhYQAr0tC4j7y9ly7HYtxxqK2N1IcSyGs0iIno-PumbhH2motR7De_HdkapiHq9rLtOht7OVsKuyMYHnMouDdHHKOfNridPRWj7bm6PKfJku7lSCcZPehM9kkLuA5_MBt6-q1Ql2pHemn35KJDI/w261-h155/download.jpeg" width="261" /></a></div>Ma chi è il nemico principale dell’Europa? Non cercatelo fuori d’Europa e nemmeno al suo interno, tra i nazionalismi e i populismi. L’antieuropeismo è a Bruxelles, a Strasburgo, nel cuore dell’Unione europea, nei suoi palazzi e nelle sue istituzioni. È tempo di avviare un processo politico che parta dalla realtà e non dall’ideologia, e non abbia timore di toccare i poteri dell’eurocrazia.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Con la guerra in Ucraina, l’Unione europea ha chiaramente e nettamente dimostrato di non avere a cuore il ruolo, la sovranità, gli interessi e i valori europei, e di adottare scelte decisamente contrarie ai bisogni dei popoli europei. Poteva avere un ruolo autonomo e sovrano importante, come soggetto terzo rispetto al conflitto tra Russia e Stati Uniti e poteva diventare l’asse di equilibrio per trovare un compromesso, un punto di mediazione. Invece ha scelto di schierarsi all’ombra degli Stati Uniti, sotto la cappa della Nato, pagando un costo spropositato sul piano economico, energetico e politico. Ha perfino accettato la finzione che gli Stati Uniti e la Nato siano scesi in campo per difendere l’Europa. E ha perfino gridato che la Russia di Putin aveva dichiarato guerra all’Europa e stava cominciando a invaderla a partire dall’Ucraina. Anche ad attribuire le peggiori intenzioni all’autocrate russo, il suo scopo era quello di riprendere quello spazio che per secoli fu l’Impero zarista e poi sovietico, riportando la Crimea e magari il Donbass nell’alveo russo. Ma Putin non ha mai pensato né dichiarato di minacciare l’Europa e fagocitarla in un disegno di espansione e d’impero. Ma non solo: ritenendoci attaccati e invasi, l’Europa ha di fatto dichiarato di essere belligerante nel conflitto contro la Russia, precludendosi ogni negoziato in cui porsi come un soggetto terzo, autonomo, indipendente, punto d’equilibrio tra le pretese egemoniche della Russia e l’egemonia planetaria degli Stati Uniti.<span><a name='more'></a></span></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">L’UE ha accettato di tornare a essere un satellite, una propaggine degli Stati Uniti, totalmente e servilmente allineati, sposando peraltro la linea di Johnson che è uscito dall’Europa e ha ripristinato l’asse atlantico con l’America del nord.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">E dire che l’Unione europea fu possibile solo quando, alla caduta dell’Unione sovietica, del Muro di Berlino e del Patto di Varsavia, potemmo finalmente sganciarci dalla tutela americana e dall’ombrello della Nato. Non erano stati infatti i nazionalismi a impedire, come invece falsamente si racconta, l’unificazione europea; ma la divisione del mondo in due blocchi ci impediva di uscire di casa e di avere le chiavi di casa; ci impediva di unificarci. Solo quando si rese inutile il ruolo della Nato e non più necessaria la patria potestà statunitense, fu possibile portare a compimento nel 1992 l’Unione europea.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ora abbiamo di fatto abdicato alla sovranità e all’indipendenza dell’Europa e abbiamo accettato di emettere sanzioni che oltre a compromettere ogni relazione con la Russia si ritorcono contro gli interessi primari dell’Europa, a partire dai suoi paesi più grandi come la Germania, la Francia e l’Italia stessa.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Per compiere questo passaggio abbiamo accettato la riduzione dell’Europa all’Occidente, che sottintende il primato americano e la strategia Nato, e abbiamo finto di ritenere che l’Occidente fosse il mondo intero. Mentre è ormai evidente che la globalizzazione non è più l’occidentalizzazione del mondo ma è un processo controverso e polimorfo dove il maggiore soggetto globale è la Cina, insieme al sud est asiatico. L’Occidente come noi l’intendiamo non comprende nemmeno la sua parte più popolosa che è l’America Latina ma l’Europa, gli Stati Uniti e il Canada, che sono i paesi con il più alto tasso di denatalità e una popolazione anziana e sovrappeso che arriva a malapena alla decima parte del pianeta.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ma poi è evidente ormai da anni che i nostri interessi reali, economici, strategici e geopolitici divergono nettamente da quelli degli Usa. Non sono un fautore dell’Eurasia, ma credo che sia interesse primario dell’Europa trattare con la Russia e con l’Oriente senza il permesso dei genitori americani. Di questo se ne accorgono le singole nazioni come la Francia, la Germania, l’Ungheria; l’Unione europea no.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Volendo risalire alle origini di questo antieuropeismo in seno all’Unione europea, credo che il rifiuto delle radici europee sin dall’atto costitutivo e la ripetuta negazione della nostra civiltà cristiana, greca e romana, ne siano state le premesse ideali. Poi l’Europa dette priorità ai tecnici e alla finanza e fu disegnata a contrario, non come una realtà differenziata al suo interno e unita all’esterno ma l’opposto: l’Unione Europea comprime e deprime le identità nazionali che la costituiscono, tiranneggia i popoli, mortifica le differenze economiche al suo interno e la sovranità degli Stati nazionali, impone norme e strettoie. E invece appare imbelle, disarmata rispetto al mondo esterno, incapace di una sua linea politica, strategica e militare autonoma, incapace di tutelare i suoi confini, di fronteggiare in modo unito la concorrenza asiatica, i flussi migratori, l’invasione commerciale cinese. A fronte della tenaglia che oggi ci stringe, ovvero la dominazione degli Stati Uniti e l’espansione cinese, eleviamo a nemico principale dell’Europa la Russia di Putin, che certamente è un’autocrazia che ha invaso l’Ucraina, ma a differenza di Usa e Cina non ha pretese egemoniche sull’Europa né ci invade coi suoi prodotti e i suoi modelli.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Per questo se cercate dove si annidano i nemici dell’Europa li trovate alla guida della Commissione Europea, tra i suoi alti commissari, ai vertici e nella maggioranza dell’Europarlamento, nelle corti di Strasburgo, tra gli eurocrati e i zelanti funzionari euro-atlantici, come ce ne sono anche da noi, alla guida dell’Italia… L’Europa cova serpi nel suo seno.</div>
Marcello Veneziani - <a href="https://www.marcelloveneziani.com/articoli/i-nemici-delleuropa-stanno-a-bruxelles-e-strasburgo/" target="_blank">Fonte</a>michttp://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-22553427.post-36377350998124308782022-04-22T22:48:00.003+02:002022-04-22T23:05:59.777+02:00«Partire partirò, partir bisogna, dove comanderà nostro sovrano …»<p> «PARTIRE PARTIRÒ, PARTIR BISOGNA, DOVE COMANDERÀ NOSTRO SOVRANO…»</p><p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjo7ZV3fYKt8M_cZjSELzyUy1hfMNtcFI-UnrWrpgz9u9hNW5sbwmd_gCpLoCHd4uikqByzg3TVpHW2YVi5UkXLfiuk6yrTRbYKXMtsc5EgT5XA3xpFv-_A8z3Q4HZTuaCj-nUKOFqmpO8d52BgvzwqNLZRLDnwo5lOEZbedXd5MiE_Xr1aAW8/s1079/soliani-anpi-1079x768.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="768" data-original-width="1079" height="165" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjo7ZV3fYKt8M_cZjSELzyUy1hfMNtcFI-UnrWrpgz9u9hNW5sbwmd_gCpLoCHd4uikqByzg3TVpHW2YVi5UkXLfiuk6yrTRbYKXMtsc5EgT5XA3xpFv-_A8z3Q4HZTuaCj-nUKOFqmpO8d52BgvzwqNLZRLDnwo5lOEZbedXd5MiE_Xr1aAW8/w232-h165/soliani-anpi-1079x768.jpg" width="232" /></a></div><div style="text-align: justify;">Se la situazione fosse meno grave verrebbe proprio da dire: chi è causa del suo male pianga se stesso. Così il povero Gianfranco Pagliarulo si trova ora a subire lo stesso meccanismo perverso in base al quale la sua Anpi, in piena sintonia con la sinistra liberista, ha affibbiato l’infamia di fascista a chiunque osasse non tanto esaltare il fascismo storico o richiamarsi a esso ma soltanto smarcarsi dai dogmi declamati dai cantori del politicamente corretto in salsa progressista. Apoteosi “antifascista” che raggiungeva il suo apice con il libercolo di Michela Murgia sulla definizione del buon fascista del terzo millennio. </div><p></p><p style="text-align: justify;">Ultimamente il presidente dell’Anpi si trova a subire il tiro incrociato degli scatenati benpensanti in quota Pd, che non tollerano che ora Pagliarulo faccia del vero antifascismo rifiutandosi di patrocinare la causa della “resistenza” ucraina (la quale si mostra con simboli e pratica addirittura nazisti) e quindi appoggiare l’invio di armi in Ucraina. Ecco, ora che i nostri sinistri avrebbero potuto davvero dare mostra di antifascismo li vediamo accusare il presidente dell’Anpi di essere, come ha detto Staino, una ridotta di un manipolo di estremisti comunisti. Scrive bene il bravo Francesco Borgonovo sulla “Verità” di oggi: «Il conflitto ucraino ha fornito l’occasione per uno stupefacente disvelamento. Oggi il Fascista è – deve essere – Putin, anche se la sua retorica occhieggia talvolta all’Urss e alla Russia imperiale. Dunque non importa che sul fronte ucraino ci sia chi esibisce svastiche e rune: conta il fascismo immaginario, mica quello (eventualmente) vero». (Inserisco l’articolo di Borgonovo tra i commenti).<span></span></p><a name='more'></a><p></p><p style="text-align: justify;">Gli stessi che appoggiano la “resistenza” ucraina e danno addosso al povero Pagliarulo fingono di ignorare l’uccisione, la scomparsa e l’arresto di giornalisti che provano a fare il proprio lavoro da parte delle autorità ucraine. Nessuna attenzione infatti per il blogger ucraino Valery Kuleshov, che da anni raccontava la guerra in Donbass e le sofferenze dei civili, freddato mentre era ancora in macchina davanti casa sua; come nessuna attenzione per il blogger Gleb Lyashenko, arrestato per «alto tradimento» dai servizi ucraini solo perché favorevole alla negoziazione con la Russia (in passato Lyashenko aveva criticato l’ex presidente Poroshenko e l’attuale Zelensky, parlando della deriva nazista e russofoba avviata dal 2014. Ora rischia 15 anni di carcere). </p><p style="text-align: justify;">Oggi, sulla “Verità” possiamo leggere un vero articolo di controinformazione sulla repressione in Ucraina delle voci dissidenti (da segnalare a tal proposito l’ampio servizio di ieri sera al tg di Byoblu, canale 262). E veniamo a sapere dell’inquietante sito web ucraino in cui si schedano i presunti «nemici della nazione». Un sito accessibile a tutti, che si chiama “<i>Myrotvorets</i>” (<i>Pacificatore</i> in italiano). Sito sponsorizzato dai servizi segreti ucraini e patrocinato dal ministro degli Affari interni. L’articolo della “Verità” fa notare che, curiosamente, sopra all’indirizzo mail, appare scritto “Langley, Virginia, Usa”. La cittadina americana dove ha sede il quartier generale della Cia. <i>Myrotvorets</i> è un sito governativo, nato nel 2014, che raccoglie e pubblica i dati sensibili di chiunque venga considerato un nemico dal governo ucraino. Identità, indirizzo, foto, numeri di telefono, link dei profili social possono essere consultati in ogni momento. Le informazioni sui «nemici dell’Ucraina» vengono caricate grazie ai dati raccolti dai servizi segreti e persino tramite le segnalazioni fornite dai civili privatamente. Una vera e propria lista di proscrizione. Dai risultati tragici. Per esempio, nel 2015 furono inseriti anche gli indirizzi di casa dello scrittore e giornalista filorusso ucraino Oles Buzina e dell’ex parlamentare Oleh Kalašnikov, entrambi uccisi pochi giorni dopo. In questo data base sono inseriti oltre 4.000 giornalisti, da tutto il mondo. Tra questi, il fotoreporter italiano Andrea Rocchelli, ucciso il 24 maggio 2014 nel Donbass in circostanze mai chiarite. Sulla foto del defunto Rocchelli inserita su <i>Myrotvorets</i> appare la macabra scritta rossa «liquidato». Tra gli schedati «nemici dell’Ucraina» e ad alto rischio di rappresaglie ci sono anche il corrispondente Vittorio Nicola Rangeloni e il fotoreporter Giorgio Bianchi, da anni impegnati a raccontare il conflitto nelle zone del Donbass. Giorgio Bianchi, come riferisce alla “Verità”, è classificato in <i>Myrotvorets</i> come «complice dei crimini di guerra russi». Conviene leggere tutto l’articolo, che posto tra i commenti.</p><p style="text-align: justify;">Chiaro chi stiamo finanziando, armando e sostenendo? Chiaro quale sia la natura della “resistenza” ucraina? Ma che volete che sia, mamma America ha chiamato alla guerra, e alla guerra bisogna andare. “Partire partirò, partir bisogna, dove comanderà nostro sovrano…” diceva una bella e amara canzone popolare di fine Settecento. (<span style="text-align: left;">Antonio Catalano)</span></p>michttp://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-22553427.post-50884175313108346052022-04-21T10:43:00.004+02:002022-04-21T15:16:38.968+02:00Si sta mettendo in moto la catena delle conseguenze sprigionate dalla guerra in Ucraina<p style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-large;">Potrebbe piovere…</span></p><p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5dJ59fPZj_OL88GEqqZOB30Ln2LblAjFnTJbSXS9yWYt5TOhtujFNC3k0KJd-4EbPQStxoo72hoQLI6EbUxr1S-gTexwewjkxYPPQRxxrlnaTWIHVNyybGrr19UomRo12xUegZoYWYKYnS6tP5FNUCTT6lO5gFN0Yx-f1gwkzKI67TSPWIUo/s1024/ucraina-mondo-arabo.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="682" data-original-width="1024" height="213" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg5dJ59fPZj_OL88GEqqZOB30Ln2LblAjFnTJbSXS9yWYt5TOhtujFNC3k0KJd-4EbPQStxoo72hoQLI6EbUxr1S-gTexwewjkxYPPQRxxrlnaTWIHVNyybGrr19UomRo12xUegZoYWYKYnS6tP5FNUCTT6lO5gFN0Yx-f1gwkzKI67TSPWIUo/s320/ucraina-mondo-arabo.jpg" width="320" /></a></div><div style="text-align: justify;">Si sta mettendo in moto la catena delle conseguenze sprigionate dalla guerra in Ucraina, a vari livelli, in vario modo. Sappiamo qualcosa dei russi e degli ucraini, degli americani e degli europei, dei cinesi e degli indiani, ma cosa fanno gli “arabi”? </div><p></p><p style="text-align: justify;">Gli arabi son circa un sesto/quinto dell’islam mentre i più pensano che i due insiemi siano del tutto sovrapposti. In più, magari qualcuno poco incline allo studio del mondo, pensa che gli “arabi” siano un unico sistema omogeneo. Niente di meno vero. Come saprete ci sono sciti e sunniti, ma invero nel mondo propriamente arabo, gli sciti sono pochi (Yemen del nord, Bahrein a livello popolare e non di governo). Ci sono arabi mediorientali ed arabi nordafricani, di almeno quattro scuole giuridiche che diversamente interpretano le disposizioni coraniche della sharia. Alcuni sono repubbliche altre monarchie. Le repubbliche hanno in genere una forte componente militare poiché, ai tempi delle colonie europee, far carriera nella struttura militare era l’unica possibilità di emancipazione sociale. Le monarchie sono problematiche, in teoria, poiché il Corano prevede unicamente un unico popolo di Dio nel format popolo-Dio. <span></span></p><a name='more'></a><p></p><p style="text-align: justify;">Le monarchie, quindi, sono un doppio problema. Il primo è che il Corano, col concetto di <i>umma</i>, non prevede partizioni stato-nazionali che è un concetto europeo sovraimposto al mondo arabo quando questo era colonizzato da francesi ed inglesi, soprattutto. Il secondo è che il monarca si pone non al livello del popolo e quindi rompe il format. Tuttavia, nel tempo, alcuni hanno pensato che le monarchie marocchina e soprattutto giordana, fossero legittime in quanto derivate (quanto poi derivate è un altro problema) dal lignaggio Banu Hashim della tribù meccana di cui era originario Maometto, i Quraysh. Né il Corano, né Maometto hanno mai avanzato il concetto di discendenza legittima, anche perché altrimenti avrebbero ragione gli sciti vs i sunniti. Quando gli europei tagliarono il <i>continuum</i> arabo in stati, alcuni tagli erano diciamo abbastanza storici come l’Egitto o la Siria, altri del tutto improbabili con la Libia o l’Iraq o la penisola arabica. Gli arabi hanno buoni indici di riproduzione, quindi sono per lo più nella fascia anagrafica giovane.</p><p style="text-align: justify;">Nella seconda metà del Novecento, dall’Egitto soprattutto ed in buona parte anche in Pakistan che però non è mondo arabo, si venne a formare un complesso ideologico a fini esplicitamente politici. Tale ideologia, essendo dentro il mondo islamico, non poteva far a meno di ricondursi ad una della quattro scuole giuridiche storiche. Scelse la scuola minoritaria, quella <i>hanbalita</i>. Mentre le altre tre, le cui differenze interne per altro non sono molto vistose, si dividono più o meno a pari più di tre terzi del totale, la scuola hanbalita pesa molto poco ed è un fenomeno prettamente saudita dove prende la declinazione <i>wahhabita</i> (per quanto molti hanbaliti non riconoscono i wahhabiti come associati di diritto). È una storia molto complessa e molto poco chiara per poterla esporre qui in breve. </p><p style="text-align: justify;">Segnaliamo solo che questo complesso ideologico politico detto “<i>salafita</i>” è l’ambito da cui sono nati, pur con diversa ispirazione e strategia, i Fratelli Musulmani, al Qaida e l’Isis. Il fine politico di queste organizzazioni è prendere il potere nazionale in vari contesti, contro le élite laiche militari o contro le monarchie usurpatrici. Ma poiché le élite di questi vari contesti sono in genere in relazioni di interesse con le potenze occidentali, tra cui quelle europee, il loro nemico è sì locale ma per derivata poi anche esterno, cioè “noi” in senso più ampio. Naturalmente perché siamo cristiani e materialisti, ma più prosaicamente perché proteggiamo le élite contro le quali essi si battono. Questo mondo salafita, oltre a non esser affatto compatto ed univoco, “pesa” davvero poco all’interno delle società arabe o meglio, pesa poco in sé per sé, ma poiché spesso è l’unica alternativa radicale allo stato di cose, gode di simpatie maggiori dei suoi effettivi appartenenti. Venne a lungo "coltivato" apposta per tagliare le gambe alle correnti socialiste e raccogliere così in forma coranica la vocazione all'emancipazione. </p><p style="text-align: justify;">Qui in Occidente, tutta questa storia non è nota ed è molto confusa. A partire dalla domanda più semplice ovvero come fanno ad esistere organizzazioni come al Qaida e soprattutto l’Isis? In particolare, l’Isis perché mentre al Qaida è una organizzazione vaga ed informale, sebbene ben finanziata, l’Isis ha mostrato capacità operative che presuppongono livelli di organizzazione, anche logistiche, molto sofisticate. Qui la faccenda si fa molto arzigogolata ma non è tema del post. </p><p style="text-align: justify;">Tema del post voleva essere solo segnalare il farsi vivo del portavoce dell’Isis che ha chiamato alla ripresa della guerra santa contro gli europei, visto che “i crociati si combattono tra loro”. Una nuova stagione di attentati, “in modo da causare dolore e terrorizzare”.<br />https://www.repubblica.it/esteri/2022/04/18/news/isis_appello_sfruttate_guerra_ucraina_per_attacchi_europa-345932189/</p><p style="text-align: justify;">È chiaro che la rottura delle simmetrie su cui si è fondato il dopoguerra ovvero gli ultimi sette decenni, offre grandi opportunità a chi vuole cambiare lo stato delle cose. Ed è chiaro che gli europei segnano un pericoloso tracollo delle loro intenzioni geopolitiche visto che si stanno dimostrando niente più che furieri della forza militare i cui generali e decisori ultimi sono americani. </p><p style="text-align: justify;">Grande è il disordine sotto il cielo. Gli spagnoli si sono schierati col Marocco a quindi sono diventati nemici degli algerini. Gli algerini sono diventati sempre più alleati di Mosca per quanto corteggiati dagli italiani in cerca di fornitori alternativi. La Tunisia è già in subbuglio e la prossima crisi alimentare sappiamo già come andrà a finire. Sulla Libia penso ci sia poco da sottolineare in chiave caotica. L’Egitto, quanto a crisi alimentare, cadrà in un vero e proprio buco nero a partire da settembre e nessuno sa come farvi fronte. Dei siriani saprete e così degli iracheni dove la vicinanza iranica complica le cose. Forse saprete che la televisione saudita ha mandato in onda una presa in giro molto audace contro la senilità di Biden e saprete del divorzio pronunciato tra il complesso petro-arabo e gli Stati Uniti. I petro-arabi sono inorriditi dalla disinvolta svolta diplomatica di Washington in cerca di energia per gli europei che li sta portando a sdoganare addirittura l'Iran. Poi c’è il quasi colpo di stato in Pakistan che non è arabo ma che è molto influente per via indiretta su certe dinamiche soprattutto militari. La Francia è in vistosa ritirata dall’Africa, la Russia e la Cina (ma anche l’India e le monarchie del Golfo) si stanno allargando. Quindi tutto si muove e dove c’è movimento, per progetti radicali c’è speranza. </p><p style="text-align: justify;">Quindi tranquilli, la situazione è schifosa ma potrebbe anche andar peggio. (Pierluigi Fagan)</p>michttp://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-22553427.post-50243712899900714592022-04-18T07:00:00.003+02:002022-04-18T07:00:00.186+02:00Verso l’abolizione della proprietà privata<div style="text-align: justify;">Non solo gender. L'abolizione della famiglia passa attraverso l'abolizione (capitalista) della proprietà privata. Prendere nota.</div><hr /><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj5ofwEjKfDh7CRbM2YSmWUDyKrlTDe7cyKcHWJ3Ga4cQtSKxNm3j3QtLaIaKCyz69LqWHzGNiWtAdmmiiFRlxifvn4izO5Uu2xaXzrWdzzKHid2TRN10tWtZ_skHIEmUktKZEtXtCUdqnNM3kwWmmz952fxa_viWSBL9tOyq5eLhnznWIFbbQ/s1200/hong-kong-case-popolari-ansa.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="1200" height="161" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj5ofwEjKfDh7CRbM2YSmWUDyKrlTDe7cyKcHWJ3Ga4cQtSKxNm3j3QtLaIaKCyz69LqWHzGNiWtAdmmiiFRlxifvn4izO5Uu2xaXzrWdzzKHid2TRN10tWtZ_skHIEmUktKZEtXtCUdqnNM3kwWmmz952fxa_viWSBL9tOyq5eLhnznWIFbbQ/w242-h161/hong-kong-case-popolari-ansa.jpg" width="242" /></a></div>Ieri riflettevo sul futuro della proprietà privata in un paese come l’Italia dove il debito pubblico è pari al 159 per cento del Prodotto interno lordo e il governo si è messo in testa di spendere evidentemente a deficit altri 13 miliardi di euro all’anno per la Difesa, in aggiunta ai 25 che già si spendono. Calcolati pro capite, i nostri attuali 2.700 miliardi di euro di debito pubblico equivalgono a 45 mila euro per ogni cittadino, neonato o ultranovantenne che sia. E che non risulti fuori luogo attirare l’attenzione su questo particolare lo conferma il fatto che governi stranieri, stampa economica, enti internazionali da tempo suggeriscono agli esecutivi italiani di provvedere nel modo più ovvio (secondo loro) e semplice al problema del crescente debito pubblico: espropriare attraverso aumenti di pressione fiscale la grande ricchezza privata degli italiani. I quali sono sì indebitati anche come privati, ma molto meno degli altri grandi paesi: da noi il debito privato non arriva al 44 per cento del Pil, mentre in Francia è il 67,3 per cento, negli Stati Uniti è il 78,5 per cento e in Gran Bretagna è l’87,7 per cento.<span><a name='more'></a></span></div><br /><span style="font-size: large;">
«Non possederai niente. E sarai felice»</span><br /><div style="text-align: justify;">Qualche anno fa fece sensazione un documento del <i>World Economic Forum</i> di Davos nel quale si prevedeva la scomparsa della proprietà privata dei beni entro nientemeno che il 2030. Non la proprietà privata dei mezzi di produzione, storico obiettivo dei programmi comunisti, ma la proprietà dei beni personali e di famiglia; cose come la casa, l’automobile, il computer, ecc. Sostituite da “servizi” a pagamento o gratuiti. Le reazioni furono furibonde, il Wef fu accusato di voler consegnare le proprietà di noi tutti alla grande finanza e alle multinazionali con la complicità degli stati, per trasformarci tutti in servi del capitale, interamente da lui dipendenti.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Il forum di Davos smentì di avere fra i suoi obiettivi l’abolizione della proprietà privata tout court, e spiegò che si trattava solo di uno scenario ipotetico formulato da una relatrice ai lavori del 2016, l’ex ministro danese per l’ambiente Ida Auken. In realtà non è così: esiste un video targato <i>World Economic Forum</i> intitolato “<i>8 predictions for the world in 2030</i>” nel quale il testo sovraimpresso della predizione numero 1 recita: “You’ll own nothing. And you’ll be happy”, cioè non “Non possederai niente. E sarai felice”.</div><br /><span style="font-size: large;">
L’<i>Economist</i> contro la casa di proprietà</span><br /><div style="text-align: justify;">A rincarare la dose è poi arrivato un editoriale (a introduzione di un lungo servizio sulle politiche della casa nel mondo) dell’Economist nel gennaio 2020 che individuava niente meno che nella proprietà dell’abitazione domestica la causa di tutti i problemi di equità sociale e di mancata crescita economica di molti paesi. Sotto il titolo “<i>Home ownership is the West’s biggest economic-policy mistake</i>” (“La proprietà della casa è il più grande errore di politica economica dell’Occidente”) e il sottotitolo “<i>It is an obsession that undermines growth, fairness and public faith in capitalism</i>” (“È un’ossessione che mina la crescita, l’equità e la fede pubblica nel capitalismo”) si spiegava che era colpa della “infatuazione” per la proprietà privata della casa se il mondo subiva i contraccolpi finanziari del fallimento dei mutui sub-prime, se i costruttori non potevano edificare i grattacieli di cui c’era tanto bisogno e se… acquistare una casa costava troppo! L’articolo sentenziava che la proprietà della casa è “un feticcio” e che “è meglio possedere azioni che una casa”.</div><div style="text-align: justify;">Ovviamente quando a proporre l’abolizione della proprietà privata sono i forum e i giornali dei capitalisti che possiedono abbondanza sia di mezzi di produzione che di beni personali che di asset finanziari, la reazione a base di ingiurie e maledizioni da parte della gente comune è il minimo che ci si può aspettare. Il buonsenso porta a sospettare che dietro alla proposta – formulata per la felicità dei meno abbienti, naturalmente – ci siano gli spiriti animali del capitalismo che esigono la realizzazione di profitti sempre maggiori. Questi ultimi si possono ottenere rendendo le persone sempre più dipendenti dal sistema economico per tutte le loro esigenze, e la casa di proprietà è un baluardo di indipendenza che il grande capitalismo finanziario intende espugnare.</div><br /><span style="font-size: large;">
La riduzione della persona a individuo</span><br /><div style="text-align: justify;">Ma se permettete c’è qualcosa di più profondo che mi affligge quando prendo atto di queste utopie pseudoe-cologiste e pseudoprogressiste. È la consapevolezza che dietro queste possibili evoluzioni delle nostre società ci sta la programmatica riduzione della persona a individuo, cioè a ente isolato; ci sta la volontà di recidere tutti i legami che fanno dell’essere umano un essere che vive di rapporti affettivi con altri esseri umani, rapporti affettivi che iniziano nella famiglia in cui si nasce. Perché tali legami ostacolano la crescita economica e la realizzazione di profitti.</div><div style="text-align: justify;">La famiglia è trasmissione: trasmissione della vita, della lingua, di valori, di beni patrimoniali. Annientare la trasmissione dei beni patrimoniali – la casa prima di tutto – attraverso l’abolizione della proprietà privata equivale ad abbattere uno dei pilastri della realtà familiare. Con essa – e forse questo i capitalisti post-umani di Davos e dell’<i>Economist</i> non l’hanno ancora intuito – viene meno anche la voglia di trasmettere la vita, cioè di mettere al mondo figli. Che senso ha mettere al mondo dei figli se non abbiamo nulla da trasmettere loro, né spiritualmente né materialmente?</div><br /><span style="font-size: large;">
Il crollo della natalità</span><br /><div style="text-align: justify;">C’è una pagina de Le particelle elementari di Michel Houellebecq che rende perfettamente l’idea: «(…) i figli erano la trasmissione di uno stato, di regole e di un patrimonio. E questo principalmente nell’ambito dell’aristocrazia, ma non solo: anche tra i commercianti, i contadini, gli artigiani, in pratica in tutte le classi sociali. Oggi tutto ciò non esiste più: io sono un impiegato, cosa dovrei trasmettere a mio figlio? Non ho nessun mestiere da insegnargli, neppure so cosa potrà fare da grande; e, comunque, per lui le regole che ho conosciuto io non saranno più valide, vivrà in un altro universo. Accettare l’ideologia del cambiamento continuo significa accettare che la vita di un uomo sia strettamente ridotta alla sua esistenza individuale, e che le generazioni passate e future non abbiano più alcuna importanza ai suoi occhi. È così che viviamo; e oggi per un uomo avere un figlio non ha più alcun senso» (ed. La Nave di Teseo, Milano 2021, p. 203).</div><br /><div style="text-align: justify;">Abolite pure la proprietà privata invocando truffe ideologiche come gli imperativi dell’ecologia e della giustizia sociale: otterrete il crollo definitivo della natalità. E non ci saranno più clienti disposti a pagare il canone dei vostri servizi e dei vostri affitti. Ve la siete voluta. - <a href="https://www.tempi.it/blog/abolizione-della-proprieta-privata/" target="_blank">Fonte</a> </div>michttp://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-22553427.post-53836977628313885092022-04-16T15:28:00.002+02:002022-04-17T19:23:03.796+02:00Francia. La somma non fa il totale <div style="text-align: justify;">Che bella la globalizzazione, dove tutto può circolare liberamente… le armi, la droga, i rifiuti tossici, la prostituzione, il gender, la pedofilia, gli organi, il suicidio assistito, il denaro sporco, il potere delle oligarchie... Tutto, ad eccezione dei diritti umani, quelli autentici perché rispecchiano i valori etici fondati sulla logica aletica. Di seguito un'analisi della situazione francese interessante soprattutto per le dinamiche che ci accomunano.</div><hr /><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhaXkQ8e-q6btXo66A34uj515PwcfRx1A8ejzj0VLK7aGK4nMCC9cutVrR3IC4nyoijb8EWGl7aI7j_oM4XvlGvGv25Vyhvesqhh9xdt9kHZDPnXKbvNJO9rrXCfUQhYsoWqKFmfNkFFzhf6WshMeuCp7XnUjHFBDIiJZYyrWVDd94uNlblYKg/s284/Macron-Le-Pen.jpeg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="177" data-original-width="284" height="129" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhaXkQ8e-q6btXo66A34uj515PwcfRx1A8ejzj0VLK7aGK4nMCC9cutVrR3IC4nyoijb8EWGl7aI7j_oM4XvlGvGv25Vyhvesqhh9xdt9kHZDPnXKbvNJO9rrXCfUQhYsoWqKFmfNkFFzhf6WshMeuCp7XnUjHFBDIiJZYyrWVDd94uNlblYKg/w207-h129/Macron-Le-Pen.jpeg" width="207" /></a></div>Il primo turno delle elezioni presidenziali francesi evoca una battuta di Totò: è la somma che fa il totale. Nella fattispecie, in negativo; la somma non fa il totale, poiché si è manifestata una volta di più un’anomalia delle sedicenti democrazie liberali: la maggioranza dei cittadini ha votato contro il sistema, ma il sistema ha vinto. Il 24 aprile questa verità sarà confermata dal ballottaggio tra Emmanuel Macron, il presidente in carica, giovin signore della scuderia Rothschild prestato alla politica e Marine Le Pen, la sua avversaria, definita esponente dell’estrema destra.<span><a name='more'></a></span></div><div style="text-align: justify;">Lo schema è lo stesso delle precedenti elezioni e uguale sarà il risultato, benché sia certo che lo scarto di voti tra l’uomo dell’oligarchia e la donna dell’opposizione sarà assai più contenuto rispetto al 2017, quando funzionò alla perfezione lo schema classico della politica – non solo francese – , ovvero la <i>conventio ad excludendum</i>, il cordone sanitario contro la Le Pen, già sperimentato nei confronti del padre Jean Marie.<span><!--more--></span></div><div style="text-align: justify;">Uno sguardo ai numeri: Macron ha ottenuto poco più del 27 per cento, la Le Pen ha superato il 23, distanziando di circa mezzo milione di voti il terzo arrivato, Jean Luc Mélenchon, campione della sinistra sociale. Devastante la sconfitta delle sigle politiche che dominano la scena transalpina da decenni: un umiliante 4,7 per cento per la rappresentante della destra moderata, Valérie Pecresse, addirittura l’1,7 per Anne Hidalgo, socialista, sindaco in carica di Parigi. Modestissimi gli esiti degli ecologisti e del candidato comunista, fedele alleato dei socialisti. Lusinghiero, per contro, il risultato del candidato rurale conservatore, Jean Lassalle, che, senza mezzi, ha superato il 3 per cento dei voti. Contraddittorio il 7 per cento raccolto dal polemista di estrema destra Eric Zemmour, ebreo di origine nordafricana, che ha mobilitato un notevole seguito giovanile ed imposto non pochi temi della campagna.</div><div style="text-align: justify;">Urne vuote per i due candidati ultra comunisti e residuale il 2 per cento del sovranista Dupont Aignan, l’unico che cinque anni fa si schierò con Marine Le Pen al ballottaggio. Interessante il dato dell’astensione, che ha raggiunto il 28 per cento – un primato – a cui va unito un cospicuo numero di cittadini non iscritti alle liste elettorali, un adempimento preventivo che la Francia condivide con gli Usa.</div><div style="text-align: justify;">Un francese su tre non ha votato e una percentuale largamente superiore al 50 per cento (Le Pen, Mélenchon, Lassalle, Dupont Aignan, l’ultrasinistra, in parte i sostenitori di Zemmour e dei comunisti “ufficiali”) è andata a forze anti sistema. Tuttavia, queste perderanno, perché la somma non fa il totale, ovvero è impensabile che gli oppositori di Macron e dell’establishment convergano in numero massiccio sulla candidatura Le Pen. Al contrario, il riflesso condizionato di sbarrare la strada all‘estrema destra ha determinato – a spoglio ancora in corso – l’unanime schieramento a favore di Macron di comunisti, socialisti, ecologisti e della tramortita destra moderata. È arrivato anche l’atteso appoggio al suo successore dell’ex presidente Sarkozy.</div><div style="text-align: justify;">Criptico l’atteggiamento di Mélenchon, che ha esortato a non dare il voto a Marine Le Pen, evitando però di schierarsi con Macron. Sembra che molti non gli daranno retta: un terzo dei suoi sarebbe disponibile a votare Le Pen. Comunque sia, la vittoria di Macron non è in dubbio, anche se il distacco non sarà enorme. Il sistema di potere vincerà nonostante sia manifestamente minoritario tra i cittadini. Uno scenario simile a quello italiano, somigliante sempre più a quello spagnolo e tedesco. Le ex “grandi” famiglie politiche del Novecento che si dividono il potere fingendo di contenderselo (socialisti, popolari, liberali) hanno sempre meno seguito nell’opinione pubblica, ma riescono a mantenere la presa sulla società perché i loro avversari sono politicamente incompatibili tra loro, litigiosi, preda di contrapposizioni e idiosincrasie del passato. <i>Divide et impera</i>, la più vecchia lezione del potere.</div><div style="text-align: justify;">La somma non fa il totale e milioni di persone, in Francia, in Italia e ovunque, si rifugiano nell’astensione, nell’indifferenza rancorosa, nella radicalizzazione parolaia. Pensiamo, in chiave italiana, all’immensa delusione grillina, che nel 2018 radunò un elettore su tre ed è stato istantaneamente addomesticato e cooptato nei meccanismi di potere. Non diverso il destino della Lega, diventata alleata del governo Draghi, viceré dei poteri forti il cui incarico è liquidare quel che resta della sovranità, dell’economia e della nazione.</div><div style="text-align: justify;">Significative le reazioni italiane all’esito elettorale, con il solo Salvini a favore della Le Pen, mentre Berlusconi elogia il “liberale e moderato “Macron e Giorgia Meloni si dichiara neutrale, in attesa del partito di Zemmour e della minoranza gollista anti Macron. Un intellettuale conservatore, Marco Gervasoni, si augura la vittoria di Macron in quanto di destra. Diciamola tutta: ha ragione. L’ex funzionario dei Rothschild ed ex ministro socialista è il prodotto di un’intuizione di Giovanni Agnelli: la miglior destra è il centrosinistra. Destra del denaro e sinistra dei costumi che si incontrano al centro per gli affari, come ha scritto un intellettuale socialista, Jean Paul Michéa. Macron è l’incrocio perfetto della sinistra “progressista” benestante – al caviale, dicono in Francia – e della destra reale – liberale, atlantista, mercatista.</div><div style="text-align: justify;">Improprio è ormai considerare Marine Le Pen di “estrema destra”. È la preferita degli operai francesi e delle classi basse: il suo programma sociale è tutt’altro che liberista e le parole d’ordine sull’immigrazione e la cultura della cancellazione, assai nette, sono meno radicali di quelle di Zemmour, la cui base elettorale sono le classi medio alte. Si ripete lo schema già sperimentato in America: Trump rappresenta i valori morali tradizionali e ampi settori territoriali e sociali di sconfitti della globalizzazione; i democratici i ceti alti urbani e il radicalismo sui temi etici e societali.</div><div style="text-align: justify;">Il 10 aprile 2022 la Francia ha dimostrato che lo schema destra-sinistra non significa quasi più nulla. È utilizzato dal potere per conservare il potere demonizzando l’avversario, ricattando e riunendo sotto di sé ambienti e classi i cui interessi divergono dalle politiche concrete poste in essere dai gruppi dirigenti, tanto di centrosinistra che di centrodestra. Il partito unico di sistema vince in quanto persiste l’incapacità di rintracciare un terreno comune di una vasta opposizione che è insieme politica, sociale, etica, valoriale.</div><div style="text-align: justify;">Lo schema è evidente a chi osservi la realtà senza paraocchi: non destra-sinistra, bensì alto-basso, centro-periferia, esclusi-garantiti, città-zone rurali e suburbane, vincenti-perdenti della globalizzazione, globalisti-sovranisti e identitari. In questo senso, voteranno Macron soprattutto gli impiegati pubblici, i professionisti, gli addetti di alto livello delle nuove tecnologie, i dipendenti dei settori economici “forti”, le grandi città. Il resto della società gli è già nemica, come mostra la rivolta dei gilè gialli, le ondate di scioperi e di manifestazioni popolari, l’accanita opposizione all’aumento dell’età pensionabile.</div><div style="text-align: justify;">Ogni notte la Francia è scossa da disordini mentre in almeno settecento, ottocento quartieri (le <i>banlieues</i>) le forze dell’ordine non entrano più, di fatto sottratte all’autorità dell’orgogliosa République. La notte delle elezioni ha visto devastazioni in varie città, a dimostrazione di quanto il modello giacobino dell’assimilazione di ingenti masse extraeuropee sia fallito clamorosamente, così come i tentativi di integrazione. La Francia è oggi ciò che l’Italia sarà molto presto.</div><div style="text-align: justify;">Gioca un ruolo importante la geopolitica. La Francia ama considerarsi una grande potenza senza esserlo, ma conserva un certo grado di indipendenza internazionale. Macron non ha sposato acriticamente la linea americana sul conflitto in Ucraina e ha bisogno di accordi con l’asse russo-cinese che avanza in Africa, dove è enorme l’interesse francese sui paesi la cui valuta è ancora il franco coloniale emesso da Parigi. Marine Le Pen interpreta un sentimento diffuso promettendo, in caso di vittoria, di far uscire il paese dal comando integrato Nato, una posizione gollista.</div><div style="text-align: justify;">Tuttavia, la domanda da porsi è un’altra: può davvero la leader del Rassemblement National diventare presidente? La risposta è no. L’Europa, il sistema atlantico, l’oligarchia non eletta d’Occidente può tollerare – con fastidio crescente – la fronda della piccola Ungheria, sopportare l’anomalia polacca in chiave antirussa, ma non può accettare una Francia disallineata, sovranista e protagonista di politiche migratorie, finanziarie e sociali non in linea con i propri interessi. Una vittoria della Le Pen precipiterebbe probabilmente la Francia in un clima insurrezionale il cui fuoco sarebbe attizzato dalle centrali finanziarie, economiche e militari globaliste.</div><div style="text-align: justify;">Ciò significa che perfino l’orgogliosa Francia è un paese a sovranità limitata e la democrazia – ossia la partecipazione e decisione del popolo sul proprio destino – non è che una parola vuota. Funziona finché vince chi è gradito a lor signori, diventa estremismo, populismo e tout court fascismo o comunismo se un popolo decide in maniera difforme dalla volontà di chi domina il mondo e controlla stampa, economia, cultura, finanza, politica. Sotto Macron, il gigantesco fondo Black Rock è penetrato in Francia con un successo travolgente, così come un colosso delle consulenze, Mc Kinsey.</div><div style="text-align: justify;">Già sospettato di aver pilotato la campagna presidenziale del 2017 conformemente agli interessi americani, il gruppo ha ottenuto contratti per 2,3 miliardi di euro per lavorare su questioni che vanno dalla riforma delle pensioni alla digitalizzazione. Nonostante la tradizionale forza e qualità dell’alta dirigenza francese, Macron ha privatizzato le grandi scelte, per di più ad un’azienda straniera. Mc Kinsey è accusata altresì di non aver pagato un soldo di imposte in Francia: è probabile, giacché le aziende di servizi – deterritorializzate come i Gafam – riescono a sfuggire al fisco dovunque, con una rete di società, fatturazioni carosello e sedi fittizie nei paradisi fiscali. Secondo il politologo francese Thierry Meyssan, “il gruppo McKinsey ha compiuto una vera impresa eleggendo alla presidenza un politico inesperto per distruggere la società francese”.</div><div style="text-align: justify;">McKinsey e il Boston Consulting Group sono diventati consulenti del governo in materia di difesa, clima e politica migratoria, nonché nello sviluppo delle strategie epidemiche. Ce ne sarebbe abbastanza per cacciare il presidente, sospettato anche di evasione fiscale nei periodi in cui lavorava come intermediario d’affari di alto livello. Voci, sospetti, forse, che si abbatterebbero però come macigni sul candidato Macron se non fosse il prescelto del sistema. Nel 2017 venne montato contro il suo avversario più accreditato, il gollista François Fillon, uno scandalo finito nel nulla, l’accusa di avere avuto alle dipendenze, da parlamentare europeo e con uno stipendio impiegatizio, la propria moglie. Strada spianata per l’enfant prodige.</div><div style="text-align: justify;">Crediamo ancora nella volontà popolare, nella regolarità sostanziale delle elezioni, nella possibilità reale che vincano le istanze del popolo, quali che siano? Alle brutte, se l’alternativa è sgradita ai piani superiori, organizzano una bella campagna di demonizzazione. Ha funzionato per anni, funzionerà anche al ballottaggio tra Macron e Le Pen. Ancora una volta, la somma non farà il totale. Tuttavia, forse sarà l’ultima volta: presto l’onda, da qualunque parte provenga, chiunque la incarni, non riusciranno più a fermarla. Oppure sospenderanno le inutili lungaggini, le stanche procedure della “loro” democrazia. In Italia lo hanno già fatto.</div>
Roberto Pecchioli - <a href="https://www.ereticamente.net/2022/04/francia-la-somma-non-fa-il-totale-roberto-pecchioli.html" target="_blank">Fonte</a>michttp://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-22553427.post-7632856581878719602022-04-14T16:05:00.002+02:002022-04-17T19:23:52.479+02:00'A fra' che te serve?'. Espressione colloquiale romana esemplificativa di sistemi di potere corrotti.Una finestra di lucidità nella diffusa isteria bellicista<hr /><p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjEG8e-q6o6-IE2G2FKU7EmBJgQl3fJ9hr2Y-jeW0umL_fUm-IPBylItghausspYUxEdTzarL_e9vhhzs5DGGRBlva9Z6MQdTXXzRo4PFWN47bvEnTb2c53yH49VTnSLMcaf9kAF9rY5T0cWg4WMWeqY9VmTgbDIegNf-DgF-PZFFMZKbs0tWg/s955/zelenski.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="540" data-original-width="955" height="135" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjEG8e-q6o6-IE2G2FKU7EmBJgQl3fJ9hr2Y-jeW0umL_fUm-IPBylItghausspYUxEdTzarL_e9vhhzs5DGGRBlva9Z6MQdTXXzRo4PFWN47bvEnTb2c53yH49VTnSLMcaf9kAF9rY5T0cWg4WMWeqY9VmTgbDIegNf-DgF-PZFFMZKbs0tWg/w239-h135/zelenski.jpg" width="239" /></a></div><div style="text-align: justify;">Espressione colloquiale romana che riprende una celebre uscita del sottobosco andreottiano del tempo che fu, ma che è poi diventata esemplificativo di sistemi di potere corrotti. In origine il “Fra’” era un Franco (Evangelisti) ma in minuscolo sta per “fratello”. Cosa serve al fratello Zelensky? Lunga la lista delle sue necessità, più o meno è quello che Z. ed i suoi chiedono da cinquanta giorni, armi-armi-armi. Se ne può apprezzare il dettaglio dal minuto 1:07 dell<a href="https://www.youtube.com/watch?v=Bqynh595Rc4" target="_blank">'allegato</a> (1) ma merita di esser visto tutto, è breve e significativo. </div><span><a name='more'></a></span><p></p><p style="text-align: justify;">Z. fonda la sua narrazione sulla solidarietà democratica, “noi come voi, quindi voi con noi”. Ieri ho ripescato il <i>Democracy Index</i>, un monitoraggio portato avanti dal 2006 da <i>The Economist </i>su una valutazione a 60 domande sottoposte ad un panel di esperti, di cui mai si è conosciuta la vera expertise. A dire che il giudizio dato dalla ricerca è stato spesso contrastato da chi si professava democratico, ma non esattamente secondo i canoni della rivista liberale inglese. Ma è interessante vedere dove il The <i>Economist</i> bibbia del democraticismo liberale metteva l’Ucraina prima del febbraio 2022. <span></span></p><!--more--><p></p><p style="text-align: justify;">L’Ucraina era valutata come un “regime ibrido”: “sono nazioni dove avvengono puntualmente significative irregolarità nelle elezioni che non sono quindi libere. Queste nazioni comunemente hanno governi che mettono pressione all'opposizione, una magistratura non indipendente e una corruzione estesa, pressione sui media, debole principio di legalità e falle più pronunciate delle democrazie imperfette nel campo della cultura politica sottosviluppata, bassi livelli di partecipazione politica e problemi nel funzionamento del governo.”. Non quindi una democrazia completa, ma neanche una democrazia imperfetta, un mischione ambiguo che non è ancora l’ultimo girone dell’inferno ovvero un “regime autoritario”, dove però si può manipolare l’ordine politico dall’esterno. Da notare che, ottenuto un piazzamento da 86° posto su 167 Paesi, il giudizio sulla garanzia democratica del potere politico di questo grande Paese è andato sistematicamente peggiorando dal dopo “rivoluzione/colpo di Stato” del 2014. Aveva avuto un promettente sussulto proprio con l’elezione di Z, nel 2019, ma poi è precipitato a livelli peggiori addirittura del periodo Yanukovich. Allegati (2) e (<a href="https://it.m.wikipedia.org/wiki/Democracy_Index" target="_blank">all. 3</a>).</p><p style="text-align: justify;">Sappiamo poiché l’abbiamo pubblicato in un post del 28.03 (<a href="https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10225878393402073&id=1100565428" target="_blank">allegato</a> (4) come Z. venne eletto su una piattaforma anti-corruzione e di ricerca di un accordo di pace stabile con la Russia. Lo sappiamo anche perché è scritto in quell’ appello della “società civile” riunita nell’organizzazione <i>Ukraine Krisis</i>, che cerca di correggere queste due posture dell’attore giunto ai fasti del governo nazionale. Questa “società civile” dietro cui c’è la NATO ed una costellazione variegata di interessi neo-liberali, atlantisti, nord europei, ricorda minacciosa a Z. quali sono le vere priorità che loro si aspettano lui perseguirà. Nulla di ciò che aveva promesso a chi l’ha votato, anzi l’esatto contrario. L’appello, che in realtà è un ultimatum, è di un mese dopo l’elezione di Z. 2019 (<a href="https://uacrisis.org/en/71966-joint-appeal-of-civil-society-representatives" target="_blank">allegato 5</a>). Risultato? Se la sua elezione aveva acceso speranze come mai dal 2014, tre anni dopo ci si trovava sotto ai minimi democratici secondo la bibbia liberale inglese. </p><p style="text-align: justify;">Dopo cinquanta giorni di guerra, siamo qui, al punto di partenza ovvero quello in cui Z. non ci pensa proprio a trovare una via d’uscita diplomatica del conflitto e chiede imperativamente un preciso catalogo di strumenti bellici, appoggiato dai Paesi balto-polacchi e dagli Stati Uniti con un Biden particolarmente cattivo. Ed a proposito del Biden mannaro, Reuters ha rivelato che il Dipartimento della Difesa incontrerà i vertici delle otto principali aziende che producono armi negli Stati Uniti (Lockheed Martin e Raytheon, ma anche Boeing e General Dynamics ed altre nell' <a href="https://www.startmag.it/innovazione/perche-il-pentagono-convoca-raytheon-lockheed-martin-boeing-e-non-solo-per-lucraina/" target="_blank">allegato 6)</a> per chiedere loro la possibilità di ulteriori sforzi produttivi anche se non solo per l’Ucraina. Come anticipato in altri post, attenzione all’Artico, lì si sta preparando la seconda puntata del disegno strategico americano. </p><p style="text-align: justify;">Così il “nostro miglior uomo” dopo aver sgridato a più riprese gli israeliani che da allora non parlano più di Ucraina, dopo aver pagato il debito che ha coi militi dell’Azov portati a parlare in video al parlamento greco, dopo aver chiesto con una certa impazienza o forse arroganza addirittura all’ONU di espellere la Russia dal Consiglio di Sicurezza, ieri ha fatto capire più chiaramente di quanto non avesse già fatto capire a partire dal discorso al Bundestag in poi (lui, Kuleba ed altri del governo di guerra ucraino), quanto non sopporta i tedeschi, vietando la visita del loro Presidente a Kiev. </p><p style="text-align: justify;">Ieri era anche il giorno del passaggio programmato dal livello “duro conflitto con eccidi di popolazione civile” al livello “genocidio”. Ci aveva già provato proprio con gli israeliani che gli avevano detto di star calmino con i termini, ma l’agenda dell’escalation programmata non ammette intoppi. Biden gli ha fatto subito eco e Macron si è non poco irritato. L’ONU, ad oggi, conta 1892 morti civili in Ucraina, Paese che prima della guerra contava 44 milioni di abitanti. D’accordo, l’ONU conta tardi e quindi i morti civili saranno senz’altro di più, ma da qui a “genocidio” mi pare ne corra un bel po’. </p><p style="text-align: justify;">Ma come ormai hanno capito tutti, questa non è una guerra normale, questa è la “nostra” guerra dove cioè si è persa ogni terzietà. Quindi la pubblicità della guerra è più importante dell’informazione, non ci sono chiari-scuri è tutto netto e nitido, chi ha dubbi di qualsivoglia origine è ostracizzato, etichettato e bandito dalla convivenza civile. Non importa che molti istituti di ricerca segnalino la perdita, come nel caso dell’Istituto IXE (allegato 6), di ben dieci punti nel favore democratico all’invio di sempre maggiori quantità di armi sempre più aggressive agli ucraini. Non importa che quella percentuale già minoritaria di favorevoli, è destinata a scendere vieppiù si renderà nitida la situazione di artificio necessario a protezione del nostro voler confliggere direttamente con la Russia. </p><p style="text-align: justify;">Cresceranno problemi di cibo, di costo e reperimento stesso delle fonti di energia, inflazione ormai pre-Weimar e prossima recessione, disordine geopolitico in Asia ed Africa, migrazioni ora a 4 milioni di profughi ucraini ma poi arriveranno giovani africani affamati ed arrabbiati. Certo, diranno che è “colpa di Putin” ma credo servirà a poco, la sottovalutazione del buonsenso medio delle popolazioni europee occidentali, è un limite palese dei consulenti del marketing bellico di Z. Difficile per i professionisti americani capire che gli europei non sono americani. </p><p style="text-align: justify;">Eccoci qua quindi. Gli europei occidentali non hanno deciso questa guerra, non l’hanno votata, la sentono sempre meno, la sentiranno positivamente sempre meno, viepiù gli effetti impatteranno violentemente sulle loro/nostre vite. Ma non importa. Il "regime ibrido" capitanato da questo improbabile testimonial pescato nel settore “comedy” della cinematografia ucraina, ci chiama e tutte le élite atlantiste mobilitate come un sol uomo sono lì in partecipato tremore ai suoi desiderata. </p><p style="text-align: justify;">C’è un aggredito ed un aggressore, quindi, c’è solo una domanda da fare “… a fra’ che te serve?”. It’s the democracy stupid! (Piergluigi Fagan)</p>michttp://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-22553427.post-15035924546564525862022-04-12T19:17:00.004+02:002022-04-12T19:23:03.950+02:00Ma non è che siamo noi ad essere stati isolati dal resto del mondo?<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiwcxt7Uf7RpygA29r5ptQ5k1TbHRLaxejtb2S5mIw38nyH-EwUlC7-ex5Q0EHpvArD_YnwmKtkbZsYAtQyIFmgBaO9I6M2e8HFWNlmrcSxaLEfsnRY04VkPkD3978t3AXWQR05Np4QcpZ9C4agME7vzkH6e1YclNNmRZz-WmLddCOw2xNYn48/s4206/russia.ucraina.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="2366" data-original-width="4206" height="146" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiwcxt7Uf7RpygA29r5ptQ5k1TbHRLaxejtb2S5mIw38nyH-EwUlC7-ex5Q0EHpvArD_YnwmKtkbZsYAtQyIFmgBaO9I6M2e8HFWNlmrcSxaLEfsnRY04VkPkD3978t3AXWQR05Np4QcpZ9C4agME7vzkH6e1YclNNmRZz-WmLddCOw2xNYn48/w260-h146/russia.ucraina.jpg" width="260" /></a></div><div style="text-align: justify;">Martedì scorso Mario Giordano ha onorato in pieno il nome della sua trasmissione, davvero un bel “Fuori dal coro”. Tralascio la questione relativa alle responsabilità delle stragi di cui si parla in questi giorni, ma anche su questo ha dato la possibilità di farsi un quadro critico, decisamente lontano dalla versione “ufficiale” del nostro partito della guerra Draghi-Letta-Di Maio.<br />Intendo invece soffermarmi sull'interessante servizio dedicato a come vede questa crisi il resto del mondo. Una carrellata di televisioni di paesi non “occidentali”. Be’, lì la musica è del tutto diversa da quella suonata qui, cambia del tutto la prospettiva, rovesciata di 180 gradi rispetto a quella imposta dal partito americano. <br />Dall’Egitto alla Cina, dall’India al Medio Oriente fino ad arrivare all’America latina. Alcuni esempi. In Egitto si parla di una guerra voluta dagli Usa. In India si fanno attacchi precisi all’Occidente, non parlano di guerra ma di “Missione militare”; nelle loro tv c’è chi dice tranquillamente «conosciamo il metodo americano, sono loro il vero mandante della guerra». In Cina si accusa la Nato e gli Usa di aver spinto il conflitto tra Russia e Ucraina fino al punto di rottura (come ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian). In Venezuela si mette in evidenza il ruolo giocato dalle formazioni naziste nell’Ucraina di Zelensky… </div><p style="text-align: justify;"><span></span></p><a name='more'></a><p></p><p style="text-align: justify;">Tanto che in conclusione del servizio Mario Giordano si domanda: «Noi pensiamo di aver isolato la Russia, ma non è che siamo noi ad essere stati isolati dal resto del mondo?». Un po’ come accade nel bel film “The others”, dove gli abitanti dell'antico palazzo credono di essere assediati dai fantasmi, ma alla fine scoprono di essere loro i fantasmi, in quanto morti da tempo.</p><p style="text-align: justify;">Un quadro che mette chiaramente in evidenza come il mondo sia nei fatti già multipolare, solo che gli Usa non vogliono accettare questa realtà storica. Hanno dovuto abbandonare l’Afghanistan non perché sia stato un insuccesso, come qui banalmente quasi tutti hanno detto, ma semplicemente perché ormai in Asia non avevano più erba da brucare, non restava quindi che togliere le tende, dopo l’ennesima terra bruciata. Oltre alla Cina e all’India, il Giappone non ne vuole sapere di interrompere le relazioni con la Russia, e la stessa Israele non sembra essere così allineata come lo è sempre stata. In Africa poi gli Usa sono costretti sempre più a retrocedere (Cina e Russia esprimendo invece una capacità di aumentare la propria presenza, ognuno a suo modo). E In America latina la situazione non è che sia così scontata come si potrebbe pensare.</p><p style="text-align: justify;">Ecco perché gli Usa stringono sull’Europa, dove ha dei subalterni molto fedeli (l’Italia eccelle in questa qualità), ma dove c’è anche una Germania recalcitrante e altre realtà non proprio del tutto affidabili. Basti pensare all’Ungheria del rieletto Orban, che non ne vuole assolutamente sapere di interrompere i rapporti commerciali con la Russia e di mandare armi all’Ucraina di Zelensky. La qual cosa fa andare letteralmente ai matti il Pd nostrano, che a urne chiuse urla di elezioni non svolte regolarmente (Orban ha preso il 53%), con ciò dimostrando che il loro concetto di democrazia parlamentare è abbastanza elastico. Due giorni fa Letta era col fiato sospeso sperando in un miracolo nelle urne in Ungheria, insieme a Hillary Clinton che aveva esortato gli ungheresi a combattere «l’autocrazia e difendere società libere e democratiche», quindi votare contro Orban. Il quale, nel suo primo discorso post-elettorale, ha incluso nell’elenco dei suoi avversari i «media internazionali», i «burocrati di Bruxelles» e «Volodymyr Zelensky».</p><p style="text-align: justify;">Il governo italiano mostra di essere tra i più servili (e per questo tra i più aggressivi): utilizza in modo vergognoso i fatti di Bucha, decidendo sulla fiducia come siano andate le cose e chi siano i responsabili (naturalmente i russi). Lo scolaretto Di Maio espelle 30 diplomatici russi per motivi di «sicurezza nazionale»; il diligente banchiere Draghi (sempre in attesa di essere promosso a segretario Nato) sentenzia che la «Russia ne renderà conto»; l’elmettato Letta chiede un embargo totale di gas e petrolio russi; il pariolino Calenda strepita che l’Ungheria è la quinta colonna dei russi, bisogna mandarla fuori dall’Ue.</p><p style="text-align: justify;">Perché, in nome degli interessi americani dovremmo razionare i beni alimentari e il gas, chiudere migliaia di aziende, far morire l’agricoltura e la zootecnia, veder galoppare l’inflazione, avere milioni di licenziamenti? Why?</p><p>COME GIUSTAMENTE CHIEDE LA MAGGIORANZA DELLA POPOLAZIONE ITALIANA: NIENTE ARMI, NIENTE SANZIONI!<br />(Antonio Catalano)</p>michttp://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-22553427.post-9297626530707885732022-04-10T17:43:00.003+02:002022-04-10T17:43:55.879+02:00Il veleno è nella coda<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-UXshMBA2ebGmNPh8pbY8mAvzFVb6EQsxOaPJSsmOYqx4NL6kzW4uNQkoxXmbYhddk89XtqF2oPuRxFuQH9YZq4ZNNqhGQhZ6r7h5qFRu5orDAuFNKvxTyqzaJ5OtxPzIJyhEtCJi4G4_AWzJlMEabTzLspyhcaIbWI33e8-7S_Eq7JIAgM0RZ5Sm/s750/armageddon-dollaro.jpg" style="clear: right; float: right;"><img border="0" data-original-height="430" data-original-width="750" height="144" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-UXshMBA2ebGmNPh8pbY8mAvzFVb6EQsxOaPJSsmOYqx4NL6kzW4uNQkoxXmbYhddk89XtqF2oPuRxFuQH9YZq4ZNNqhGQhZ6r7h5qFRu5orDAuFNKvxTyqzaJ5OtxPzIJyhEtCJi4G4_AWzJlMEabTzLspyhcaIbWI33e8-7S_Eq7JIAgM0RZ5Sm/w252-h144/armageddon-dollaro.jpg" width="252" /></a></div><div style="text-align: justify;">Mentre i pretoriani in elmetto Usa/Nato Ursula von der Leyen ed Enrico Letta ripetono che bisogna andare a un embargo totale verso la Russia, il più concreto “<i>Financial Times</i>” fa un po’ di conti e ci fa sapere che alla fine della fiera le famose sanzioni stanno colpendo più l’Europa che la Russia. Il giornale inglese parla infatti di risultati «agghiaccianti», con una contrazione delle esportazioni del 5,6% e delle importazioni del 3,4% mentre in Russia la contrazione si è fermata al 4,8%. <br />Insistere quindi sull’embargo totale del carbone e degli idrocarburi, come fanno i due cialtroni appena citati, arreca un danno principalmente ai paesi dell’Ue (Italia non ne parliamo). La Russia, pagando in rubli e scambiando valuta con quei paesi che non si sono accodati alle sanzioni, riduce di molto gli effetti negativi di queste, che invece mettono in ginocchio le nostre economie, per la gioia di Letta&von der Leyen… che ci invita a far meno docce.</div><p style="text-align: justify;"><span></span></p><p style="text-align: justify;">Per capire qualcosa di quel che sta avvenendo nel mondo bisogna lasciar perdere tg e talk. Premessa fondamentale è che si comprenda che stiamo in piena fase agonica dell’ordine unipolare Usa. Nuovi paesi, nuove potenze bussano alla porta della Storia, e ciò che chiedono è che vi sia spazio anche per loro; gli Usa, quindi, la smettano di pensarsi come i padroni del mondo, che ormai volge al multipolarismo. <span></span></p><a name='more'></a><p></p><p style="text-align: justify;">La caduta dell’ordine monopolare inevitabilmente trascinerà con sé la “civiltà” globalista (con tutte le sue anti-umane ossessioni politicamente corrette), di cui i migliori rappresentanti sono proprio i progressisti, non a caso i più rabbiosi cani a difesa del sistema morente. Eccoci spiegati l’elmetto di Letta e l’arroganza totalitaria che contraddistingue quella parte politica (e culturale) che sbrigativamente definiamo sinistra. Sono così arroccati nel difendere il monopolarismo Usa, e la sua articolazione militare Nato, perché capiscono bene che un'altra configurazione geopolitica non gli permetterebbe con tanta facilità di articolare, e di imporre, a inermi popolazioni la propria distopica ed eugenetica concezione dell’esistenza umana. Ma andiamo a vedere quali sono i presupposti reali di questa transizione.</p><p style="text-align: justify;">Ieri leggevo un interessante articolo pubblicato sul quotidiano economico “<i>ItaliaOggi</i>” a firma Mario Lettieri (già sottosegretario all’Economia nel secondo governo Prodi) e Paolo Raimondo (economista). Articolo nel quale si parla della possibile apparizione di una nuova moneta internazionale alternativa al dollaro. Non come ipotesi da considerare ma come concreto passaggio di un percorso avviato da tempo. </p><p style="text-align: justify;">A metà marzo scorso (ne parlò allora l’“<i>Antidiplomatico</i>”) si è tenuto in Armenia l’incontro “Nuova fase di cooperazione monetaria, finanziaria ed economica tra l’Unione economica euroasiatica (Uee) e la Repubblica popolare cinese”, organizzato dalla Commissione economica euroasiatica e dall’Università Renmin di Pechino per definire i contorni di un nuovo sistema monetario e finanziario internazionale, almeno per quanto riguarda la parte orientale del mondo. Per chi voglia leggere l’intero articolo metto il link nella sezione commenti. Mi limito qui solo a riportarne la parte conclusiva.</p><p style="text-align: justify;">«Riconoscendo l’incapacità del dollaro di sostenere l’intero sistema monetario e finanziario globale, già prima della grande crisi finanziaria del 2008 avevamo proposto l’idea di creare, in modo lungimirante e concordato, un nuovo sistema internazionale basato su un paniere di monete importanti, tra cui il dollaro, l’euro, lo yuan e il rublo. In un mondo erroneamente creduto unipolare, purtroppo, non se n’è fatto niente. Il sistema del dollaro, e gli interessi geoeconomici a esso connessi, non l’hanno permesso». </p><p style="text-align: justify;">Con ciò possiamo meglio comprendere la natura della crisi ucraina. Nata dalla potente aggressività americana (costretta ad arretrare ovunque nel mondo) determinata dalla volontà di perseguire sostanzialmente due scopi: tener sotto schiaffo l’Europa, in particolare annullando gli effetti dell’asse Berlino-Mosca; ridimensionare la Russia (oh, come le piacerebbe tornare ai bei tempi di Eltsin!) </p><p style="text-align: justify;">L’evento di portata storica del nuovo sistema monetario mi porta alla mente il tentativo della Libia di Gheddafi di creare una moneta unica africana (il “Dinaro d’oro”), che avrebbe avuto effetti devastanti sull’economia europea e americana. Non a caso la Libia nel 2011 fu devastata dai bombardamenti democratici Nato, (con i nostri soliti sinistri in prima fila a sbraitare contro il “dispotismo” di Gheddafi). Solo che oggi di fronte non hanno il debole colonnello libico…</p><p style="text-align: justify;">È del tutto fuori luogo rivendicare quindi la pace (l’escalation è pompata dagli Usa, non a caso restia almeno per ora a soluzioni diplomatiche). Di più: non solo strillare “pace” non serve a nulla, ma in questa circostanza significa schierarsi dalla parte Usa/Nato. Il popolo ucraino deve capire che la pace passa necessariamente per la destituzione del governo fantoccio Zelensky, al servizio dell’intelligence americana; e per lo sbaraccamento di quella soldataglia nazista che ha incusso terrore nelle popolazioni russe d’Ucraina. </p><p style="text-align: justify;">Noi qui abbiamo il compito, per chi non voglia spartire responsabilità con i veri fautori della grave crisi, di opporre resistenza alla politica guerrafondaia del nostro governo. Presieduto dall’aspirante segretario Nato Mario Draghi. <br /></p><div style="text-align: justify;"><span style="text-align: left;">- NIENTE ARMI IN UCRAINA<br /></span><span style="text-align: left;">- NIENTE SANZIONI ALLA RUSSIA<br /></span><span style="text-align: left;">Antonio Catalano </span></div>michttp://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-22553427.post-28503359509459276392022-03-31T07:00:00.010+02:002022-03-31T07:00:00.189+02:00L’Apocalisse dietro di noi / 2 - don Elia<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7ijCNsojFRfVOgznN5_cDPtlQvEPOSPq8EdLtXnjLuhjq4f4zYBFPhaZK5jt0QXJGvpbi7I-yJ0ouS7M8LxU7Ubo3sqgILCm9ylzI3pjA_izjcQjc4682Q5s1NLDSeSHzODKIMdAb4qfVxTxvR2pfVvcqrwwdnMvc0FbSU1T-Q4cURAjLyx4/s300/apocalisse.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="168" data-original-width="300" height="147" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj7ijCNsojFRfVOgznN5_cDPtlQvEPOSPq8EdLtXnjLuhjq4f4zYBFPhaZK5jt0QXJGvpbi7I-yJ0ouS7M8LxU7Ubo3sqgILCm9ylzI3pjA_izjcQjc4682Q5s1NLDSeSHzODKIMdAb4qfVxTxvR2pfVvcqrwwdnMvc0FbSU1T-Q4cURAjLyx4/w263-h147/apocalisse.jpeg" width="263" /></a></div>È lampante che, con il pretesto del <i>rinnovamento</i>, si sia inteso istituire una nuova religione che con quella cattolica conservasse soltanto una somiglianza esterna, quale veicolo di un contenuto estraneo: un panteismo immanentistico centrato sull’uomo, ma celante il culto proprio della massoneria, ossia quello di Lucifero, il <i>Dio dell’universo</i> appositamente infilato nel rito della Messa “riformata”. A tal fine si è presentato il verbo conciliare come un’ulteriore rivelazione divina, frutto di una presunta <i>nuova Pentecoste</i>, che dopo quasi due millenni avrebbe finalmente fornito alla Chiesa la giusta chiave interpretativa della verità rivelata, fino allora, evidentemente, rimasta velata a tanti Pontefici, Santi e Concili, se non da essi decisamente fraintesa e distorta. Con sistematica e meticolosa diligenza s’è provveduto a <i>ripensare</i> radicalmente il dogma e la morale, nonché a ricostruire <i>ex novo</i> il culto, il diritto e le strutture di governo, ben attenti a non lasciare immutato assolutamente nulla. Tutto nella Chiesa, pezzo per pezzo, è stato sostituito da qualcos’altro in funzione di una diversa comprensione della Chiesa stessa – cosa, peraltro, che non è affatto consentita.<span><a name='more'></a></span></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Nessuna ermeneutica potrà mai risanare l’avvenuta rottura con la Tradizione: l’organismo artificiale che ne è nato è stato volutamente studiato perché fosse un’altra cosa. Trovare una continuità con ciò che il cattolicesimo era prima è solo un esercizio dialettico che ha momentaneamente rassicurato i buoni, ma non tiene di fronte all’evidenza della realtà, specialmente se si prende atto dei prevedibili sviluppi del processo avviato sessant’anni fa e ora giunto a piena maturazione. Nell’insegnamento teologico, come nella mentalità comune, il cristianesimo è ormai considerato un’opzione fra le tante – e neppure la migliore, vista l’ossessiva insistenza sulle colpe attribuite ai suoi adepti. Per continuare a professarlo legittimamente, oggi, bisognerebbe rinunciare a ogni pretesa di verità e di esclusività a vantaggio di un vago moralismo umanitarista, coincidente con il pensiero unico, che rende superflua ogni fede e indifferente ogni appartenenza. In un contesto del genere viene meno la ragion d’essere della Chiesa e, in generale, di qualunque istituzione religiosa.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Uno degli indizi più evidenti di tale volontà sovvertitrice è il modo in cui sono stati trattati i Padri della Chiesa nel nuovo breviario. L’abbondanza e qualità dei testi patristici inseriti è di per sé una grande risorsa per la formazione dottrinale e spirituale di clero e religiosi, oltre che di molti laici che pregano con l’Ufficio Divino; è proprio grazie alla meditazione su di essi che chi scrive ha cominciato a riappropriarsi della verità cattolica deformata dagli studi, per approdare infine, dopo lunghi anni di letture e riflessioni, alla riscoperta della Tradizione. Tuttavia – tralasciando la scarsa attenzione ai temi morali nella scelta dei testi – il confronto con gli originali porta alla luce un grave problema di fedeltà sia alla lettera che al contenuto: grazie ad esso ci si accorge, infatti, non solo che le traduzioni sono spesso inaffidabili, ma anche che i brani stessi sono stati selezionati e purgati in modo da non confliggere con l’ideologia dei novatori. Analogo discorso vale per il trattamento della Sacra Scrittura, soprattutto riguardo ai passi scomodi del Nuovo Testamento.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Tale intento mistificatorio è particolarmente evidente nella sistematica censura dei testi attinenti alla polemica antigiudaica, che il breviario tradizionale riporta invece senza il minimo complesso. Sia in Oriente che in Occidente, Padri e scrittori ecclesiastici di prima grandezza si scagliano con veemenza non solo contro le pratiche di un culto ormai superato dopo la morte redentrice del Cristo, ma anche contro la condotta degli aderenti ad esso, perennemente sorpresi a tramare a danno dei cristiani, sia sul piano politico che su quello economico. Le accorate denunce dei Padri e dei Concili dimostrano la fondatezza delle teorie sulla cospirazione giudaica; il fatto che un regime anticristiano le abbia sfruttate per giustificare uno sterminio non ne annulla la verità storica, né stabilisce alcun nesso tra la dottrina cattolica tradizionale e le aberrazioni di un’ideologia demoniaca partorita dalla mente malata di un satanista.<br /><br />
L’atteggiamento verso l’Israele storico non riveste certo un ruolo periferico nel discorso che stiamo sviluppando: per neutralizzare la portata universale della verità cattolica ed esautorare la Chiesa era necessario ridurre il cristianesimo a una variante impazzita dell’ebraismo da ricondurre nel suo alveo una volta per tutte. Ciò che i rabbini non possono proprio sopportare è l’interpretazione patristica in senso cristologico di quei passi dell’Antico Testamento che essi riferiscono invece alla loro etnia, considerata termine ultimo ed esclusivo delle promesse divine. Se però crediamo sul serio che il vero autore delle Scritture è lo Spirito Santo e che tutto, in esse, tende a Cristo (cf. 2 Tm 3, 16; 2 Pt 1, 21; Rm 10, 4), non possiamo non riconoscere la profonda continuità tra i due Testamenti nonché la piena legittimità dell’ermeneutica praticata dai Padri, poi seguita dai teologi provati. Questo punto è di capitale importanza per la nostra fede: su di esso tutto sta o cade, come avevano ben compreso gli intellettuali ebrei che influenzarono in modo decisivo la stesura di alcuni documenti secondari del Vaticano II, successivamente considerati, benché a torto, fondamentali.<br /><br />
Particolarmente eloquente, a tal proposito, è l’interpretazione di un episodio della storia di Giacobbe. La benedizione che il figlio minore, istigato dalla madre Rebecca, estorce con l’inganno al padre Isacco, ormai cieco, al posto del primogenito Esaù si attaglia unicamente a Gesù Cristo: «Ti servano i popoli e ti adorino le tribù; sii il signore dei tuoi fratelli e si prostrino davanti a te i figli di tua madre» (Gen 27, 29). Perché si utilizza il plurale, visto che Giacobbe ha solo un gemello? I <i>fratelli</i>, evidentemente, sono quelli di Gesù, che sono tali non sul piano naturale, ma su quello soprannaturale: sono i membri di quella moltitudine che si è acquistata col proprio sangue e di cui è il <i>primogenito</i> (cf. At 20, 28; Ap 5, 9; 7, 9; Rm 8, 29); essi sono <i>figli di sua madre</i>, cioè di Colei che ha partorito Lui fisicamente e, mediante la propria partecipazione alla Redenzione, tutti i cristiani spiritualmente (cf. Gv 19, 25-27). Di quel testo, questo è l’unico senso accettabile, che non può essere ignorato; chi pretendesse invece di arrestarsi al senso letterale (eventualmente applicabile non certo a tutti i popoli, ma alla sola posterità di Esaù, ossia agli edomiti) dovrebbe coerentemente prostrarsi davanti ai discendenti di Giacobbe e adorarli… o forse già lo fa?<br /><br />
Qui la meditazione della divina Parola, nostro malgrado, ci riconduce a una questione cruciale: la rivendicazione del dominio mondiale da parte di coloro che, per non rinunciarvi, hanno rifiutato il Regno di Dio, tentando altresì di impedirvi l’accesso agli altri. «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché chiudete il Regno dei Cieli davanti agli uomini; voi, infatti, non siete entrati e non lasciate entrare quanti vogliono entrare» (Mt 23, 13). Quel <i>popolo superbo</i> – osserva san Gregorio Magno – non finalizzò l’insegnamento della Legge all’esercizio della carità, ma alla propria esaltazione (cf. <i>Homiliae in Evangelia</i>, 40, 2: PL 76, 1302); il dono ricevuto non fu per esso motivo di umile gratitudine e strumento di correzione, ma pretesto di arrogante rifiuto della Redenzione: «Siamo discendenza di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno; come puoi dire: “Diventerete liberi?”» (Gv 8, 33). Ecco la radice della tragedia del popolo ebraico, angariato dalle sue stesse guide ed escluso dalla grazia per causa loro, che grazie alla <i>primavera conciliare</i> hanno esteso la propria nefasta influenza pure su noi cattolici togliendoci la <i>chiave della conoscenza</i> (cf. Lc 11, 52), ossia il metodo giusto per comprendere la verità rivelata.<br /><br />
Il panteismo immanentistico centrato sull’uomo che si è diffuso fra i cattolici in seguito al Vaticano II è proprio quello della cabala ebraica, che identifica l’universo con un presunto essere primordiale (l’<i>Adam Kadmon</i>) dietro il quale si nasconde Lucifero. Il dominio del mondo ha preso la forma di un impero del denaro capace di regolare, in maniera evidente od occulta, ogni aspetto della vita di popoli e individui. Per venire alla cronaca, a titolo di esempio, un ruolo centrale nell’instaurazione dell’attuale regime ucraino filoatlantico e nella feroce repressione del Donbass separatista (cioè nelle cause dell’intervento russo), spetta ad Igor Kolomoisky, magnate giudeo che, al contempo, controlla l’apparato mediatico del suo Paese, strumento della campagna d’odio contro Mosca, e finanzia le milizie neonaziste colpevoli delle atrocità di cui egli stesso, seguito dalle prostitute dell’informazione occidentale, incolpa gli invasori. Come vedete, la storia si ripete: in combutta con i correligionari d’Oltreoceano, quei signori decidono le sorti dell’Europa. Quel che è nuovo è che la Russia – così sembra – sta mandando in fumo i loro perversi progetti, già causa della sua rovina. Che sia una nemesi storica, un secolo più tardi?</div>michttp://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-22553427.post-72472938521384409242022-03-30T14:32:00.010+02:002022-03-30T21:40:54.429+02:00I due fronti di Draghi: nessuno dei due è per l'Italia <div style="text-align: justify;"><blockquote>L'Italia ancora una volta calpesta e derisa. Gli italiani, popolo alla deriva materiale e spirituale.</blockquote></div><div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJXbo_4ynK7XqqaHDXyHym5cBMUcU8TnIcvokm3kXYgfBTOiozLdnuXd-OrXGrtW23QdqUevqxrcNw1qFUT19Me1_7-8cS8KerdxKjC5BJGh33dj7mfxM5A3cU2sGD3t_Se9ssmrne0r3kXUDY90ghzyHhRCU1PHc6-hJBtCsTwoxiMQ3WFSs/s650/dante_servaItalia.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="508" data-original-width="650" height="191" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJXbo_4ynK7XqqaHDXyHym5cBMUcU8TnIcvokm3kXYgfBTOiozLdnuXd-OrXGrtW23QdqUevqxrcNw1qFUT19Me1_7-8cS8KerdxKjC5BJGh33dj7mfxM5A3cU2sGD3t_Se9ssmrne0r3kXUDY90ghzyHhRCU1PHc6-hJBtCsTwoxiMQ3WFSs/w245-h191/dante_servaItalia.jpg" width="245" /></a></div>Draghi: "o si rispettano gli impegni con la Nato o si va a casa". Sono esternazioni come queste che fanno capire in maniera limpida e lampante chi sia il padrone e quali siano le priorità per l'attuale esecutivo. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Draghi ha due fronti aperti: uno contro la Federazione Russa per conto di Washington e l'altro contro il tessuto socio-economico italiano per conto di Bruxelles.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div>
E noi siamo nel mezzo.michttp://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-22553427.post-31414335900507371152022-03-30T11:30:00.001+02:002022-03-30T21:34:03.446+02:00Dieci tesi sul presente conflitto - Marcello Veneziani<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgTl-1hNqR9HfQr8Nd43-Re9wkw-KzbpTaFMoLeSaNNkTc9RslKTEC41PwVHLrkQdIIPN1ZZiaJb2AoFzcZnAOiQYVtf8PmepQWza51zMtuJYnHvHwfvA-t3n7grwqEuURnnrc5EEyddPimTkk1pd5JPjnpX2Qyidee4O2RIttkdz603ejYh-s/s275/biden.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="183" data-original-width="275" height="158" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgTl-1hNqR9HfQr8Nd43-Re9wkw-KzbpTaFMoLeSaNNkTc9RslKTEC41PwVHLrkQdIIPN1ZZiaJb2AoFzcZnAOiQYVtf8PmepQWza51zMtuJYnHvHwfvA-t3n7grwqEuURnnrc5EEyddPimTkk1pd5JPjnpX2Qyidee4O2RIttkdz603ejYh-s/w238-h158/biden.jpeg" width="238" /></a></div>Ma qual è in sintesi il motivo del tuo, del vostro dissenso riguardo alla guerra in corso e alla vulgata dominante in Occidente? La richiesta mi è giunta da alcuni studenti liceali. Provo a riassumerlo in dieci tesi, che non pretendono di essere verità perentorie ma interpretazioni differenti. Vorrei che fossero accolte almeno come dubbi per leggere diversamente il corso degli eventi e non appiattirsi su quel che impone o somministra la Fabbrica del Consenso. Ma con una doppia premessa: l’attacco russo all’Ucraina va comunque condannato, in modo netto; la pietà e il soccorso alle popolazioni ucraine sono sacrosanti. </div><div><ol style="text-align: left;"><li style="text-align: justify;">L’America di Biden non lavora per la cessazione del conflitto ma per la sua perpetuazione, perché il suo scopo non è salvare l’Ucraina ma eliminare Putin. Gli attacchi continui a Putin – criminale di guerra, macellaio – uniti al rifornimento di armi imposto anche agli alleati, servono in realtà a prolungare, aggravare e allargare il conflitto, incattivire la Russia e far sentire Putin braccato e pronto a usare le armi della disperazione o a fare blocco con la Cina. Biden fa rimpiangere Trump alla Casa Bianca. <span><a name='more'></a></span></li><li style="text-align: justify;">I danni procurati alla Russia con le sanzioni e le ritorsioni provocano almeno gli stessi danni all’Europa e all’Italia e in prospettiva ci portano verso un’economia di guerra dagli esiti drammatici. Perché le misure antirusse non ricadono minimamente sugli Stati Uniti ma sui suoi alleati; così come la crisi geopolitica è sofferta dall’Europa e non certo dagli Usa, per la loro lontananza. </li><li style="text-align: justify;">Se non circoscriviamo il conflitto e non lavoriamo per la sua rapida cessazione, rischiamo di subire una crisi economica, energetica e poi sociale senza precedenti, perfino peggio di quella prodotta dal covid. È necessario attivare tutti i mediatori possibili per una soluzione negoziale, partendo dalla stessa disponibilità espressa da Zelenskij a rendere l’Ucraina zona neutrale, non incardinata nella Nato. </li><li style="text-align: justify;">Il riarmo dell’Europa, la costituzione di un esercito europeo e l’aumento delle spese militari, potrebbero anche essere una necessità; ma farlo alle dipendenze strategiche e militari della Nato e degli Usa, su loro input e in fondo con le loro finalità, che non coincidono con gli interessi europei, è una sciagurata follia. </li><li style="text-align: justify;">Putin non minaccia l’Europa e l’Occidente ma l’attacco all’Ucraina può avere due chiavi di lettura, anche intrecciate: nella peggiore delle ipotesi, Putin vuole ripristinare la Grande Russia e l’Unione Sovietica annettendosi l’Ucraina, come del resto è stato negli ultimi tre secoli ed è giusto ostacolare questo proposito; nella migliore delle
ipotesi vuole impedire che l’Ucraina diventi spina nel fianco e base militare della Nato puntata contro la Russia. E su questo va intavolata la trattativa. Ma in entrambi i casi il proposito di “attaccare l’Europa” non esiste. </li><li style="text-align: justify;">I precedenti di questa guerra sono il golpe in Ucraina del 2014, la persecuzione della minoranza russa, lo strisciante revanscismo nazista, l’installazione di laboratori biochimici e centri di addestramento Usa sul territorio ucraino, l’annuncio delle basi militari Nato, oltre che l’ingresso dell’Ucraina in Europa. Che questi motivi siano diventati pretesti per l’aggressione di Putin è possibile; ma non toglie che siano fondati. </li><li style="text-align: justify;">Se Putin è criminale di guerra lo è almeno quanto i vari presidenti statunitensi e britannici che hanno fatto bombardare città, ospedali e scuole e ucciso popolazioni civili e bambini in Iraq, in Libia, nello Yemen, in Siria, in Serbia, in Kosovo, e in tante altre località. Uccidendoli a volte anche in tempo di tregua con l’embargo ai medicinali e ai generi di prima necessità. </li><li style="text-align: justify;">Lo spartiacque tra il bene e il male secondo il metro americano, non è la democrazia, la libertà, la tutela dei diritti civili, ma la convenienza strategica. Gli Stati Uniti non hanno alcuna remora di avere nella Nato un autocrate come Putin, il turco Erdogan e di avere come tradizionale alleato, l’Arabia saudita in cui i diritti civili sono calpestati. </li><li><div style="text-align: justify;">I pericoli che minacciano l’Occidente sono quattro:</div><ol type="a"><li style="text-align: justify;"> l’espansione globale dei cinesi, la conquista di interi continenti e l’esportazione del loro modello nel mondo;</li> <li style="text-align: justify;"> l’espansione demografica e migratoria dell’Islam in un Occidente svuotato di nascite e di valori;</li><li style="text-align: justify;"> il suicidio assistito dell’Occidente stesso in preda al nichilismo, alla perdita di vitalità, alla vergogna per la propria civiltà.</li> <li style="text-align: justify;"> La volontà di onnipotenza degli Usa che con i Dem vogliono essere l’Impero del Bene e i gendarmi del mondo che decidono i diritti o gli stati canaglia sulla base dei loro interessi, generando reazioni in tutto il mondo.</li></ol></li><li style="text-align: justify;">A differenza di alcuni partner europei che sono recalcitranti e critici verso gli imperativi di Biden, l’Italia di Draghi e dei Dem è il paese che più si è allineato ai Falchi, auspica l’invio di nostre armi e soldati, l’eliminazione di Putin in quanto criminale di guerra. E la grancassa di tv e media, nella loro ossessione monotematica, come ai tempi della propaganda di guerra, si è conformata e non ammette dissensi. Una linea che tradisce la tradizione politica di prudenza e di trattativa che ha caratterizzato l’Italia e la nostra Repubblica, guidata da Moro, Andreotti, Craxi. Avere in tempo di guerra un alto commissario euro-atlantico a Palazzo Chigi anziché un leader politico, ci sta esponendo a questi effetti.</li></ol><div style="text-align: justify;">Questi sono i motivi del nostro ragionato dissenso. Chi conclude che siamo filoPutin o è in malafede o è un cretino. Amiamo la verità e siamo per l’Italia, per l’Europa e per un mondo equilibrato, pacifico e multipolare.</div> Marcello Veneziani, <i>La Verità</i> (28 marzo 2022)</div>michttp://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-22553427.post-49792702621560039202022-03-29T15:25:00.002+02:002022-03-29T15:25:22.333+02:00Ucraina, chi sta vincendo veramente la guerra? L’azzardo USA che potrebbe far saltare il banco<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilbwVNkmCwaMc5VAyxj4LXtuqSNrXQR-M765YTiFxdjLmDGz1990KULFubqgrn_lzWueZK1pzfDcaYBP0j38iD56tjd50DURSE5vDk_j6fCADaRBczTwqmwDf1WPhEZSVOx6JrCWmJi_DPeCQ5Ud_LRJNnTCILSRy0nzruFfsMpB8KL6bWqGyDTp__/s1280/in-ucraina.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="702" data-original-width="1280" height="139" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilbwVNkmCwaMc5VAyxj4LXtuqSNrXQR-M765YTiFxdjLmDGz1990KULFubqgrn_lzWueZK1pzfDcaYBP0j38iD56tjd50DURSE5vDk_j6fCADaRBczTwqmwDf1WPhEZSVOx6JrCWmJi_DPeCQ5Ud_LRJNnTCILSRy0nzruFfsMpB8KL6bWqGyDTp__/w253-h139/in-ucraina.jpg" width="253" /></a></div>Vi è una domanda che non possiamo non porci, la domanda delle domande: chi sta vincendo la guerra in Ucraina? Forse gli Stati Uniti che stanno separando con successo l’Europa dalla Russia. Sono del 2019 articoli nei quali si sostiene che gli Stati Uniti puntano a tale separazione anche per quel che riguarda il rifornimento di gas.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Gli Stati Uniti stanno vincendo senza combattere, se si considera che per ora hanno utilizzato come loro armi l’Unione europea e l’Ucraina che dal 2014 è un fantoccio guidato dagli USA. Tuttavia va anche detto che con queste loro scelte gli Stati Uniti stanno contribuendo pericolosamente a creare un fronte orientale anti-atlantista forte con addirittura Russia e Cina compattamente unite.<span><a name='more'></a></span></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Forse sta vincendo la Cina? Pechino sta consolidando la propria immagine su scala globale, figurando nei modi e nei toni come il paese che cerca la pace e fa da mediatore. La Russia sta perdendo, come ci dicono i professionisti della propaganda, o sta vincendo come essa sostiene? Difficile da dire per ora, ma quel che è certo è la riproduzione di una situazione precedente al 1989, con due blocchi pronti all’equilibrio come era ai tempi della guerra fredda o forse pronti al conflitto mondiale come mai vi fu.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Putin ha scelto con la sua mossa di attacco all’Ucraina di spezzare i legami con la civiltà del nulla, dell’atlantismo e della globalizzazione, dacché ora la Russia si sta riorganizzando in forma ancora più anti-globalista. Chiaro che con questo conflitto si è prodotta quell’unione tra India e Cina che mai si era generata. Unione che può rappresentare il fronte di resistenza avanzato all’imperialismo atlantista, in specie se riesce ad aggregare intorno a sé altri stati non allineati come magari l’Iran, la Siria, il Venezuela e molti altri ancora.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Sicuramente in assoluto a perdere la guerra in Ucraina è l’Unione europea che partecipa a questa guerra per costrizione di Washington senza alcun interesse reale. L’UE perde il suo rapporto con la Russia, fa sanzioni che sono lesive in ultima istanza solo per se stessa. Si isola dall’Oriente e finisce per dipendere sempre più da Washington alla stregua di una colonia senza anima.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">È possibile oltretutto che anche gli ucraini si accorgano un poco alla volta di essere stati sacrificati alla causa di Washington da un guido prodotto in vitro ad Hollywood, Zelensky. Non dimentichiamo che oscurati dal discorso mediatico e perseguitati dal c.d. guitto esistono in Ucraino partititi di opposizione. Pur non avendo nessuna visibilità, vi sono molti ucraini che non hanno la stessa visione di Zelensky e sono pronti ad opporsi alla sua gestione, quella che vorrebbe fare dell’Ucraina semplicemente un fantoccio alle dipendenze di Washington. - <a href="https://www.radioradio.it/2022/03/ucraina-azzardo-stati-uniti/" target="_blank">Fonte</a></div>michttp://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-22553427.post-68376538035259170362022-03-24T22:56:00.000+01:002022-03-24T22:56:15.337+01:00Democrazia in guerra e guerra alla democrazia <p style="text-align: justify;"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpRCmsOX-xpHaIABIZc3sTdvS_OxwVdmmSLOHoe5deWnyMnIccyAOAWavJftj2AzuPEYM1UBNjqszWguCfvFRydfuoJmO92gHP8jU3G5scq-irV42k5bKcKvqfzz-Du8YcKmm3-R4-enmIrWDArcsB4zR4mqNN2XV7ydsptAZgz5jdunk5WxU/s822/277166680_10225857981811796_6896567385603688817_n.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="436" data-original-width="822" height="139" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhpRCmsOX-xpHaIABIZc3sTdvS_OxwVdmmSLOHoe5deWnyMnIccyAOAWavJftj2AzuPEYM1UBNjqszWguCfvFRydfuoJmO92gHP8jU3G5scq-irV42k5bKcKvqfzz-Du8YcKmm3-R4-enmIrWDArcsB4zR4mqNN2XV7ydsptAZgz5jdunk5WxU/w261-h139/277166680_10225857981811796_6896567385603688817_n.jpg" width="261" /></a></div>A <i>di Martedì</i> di Floris, l’altra sera, il Pagnoncelli ha mostrato un sondaggio. Va precisato che Pagnoncelli dirige la sede italiana del miglior o uno dei miglior istituti di sondaggi del mondo. Ma era professionalmente ritenuto il migliore anche prima di entrare in quella multinazionale (IPSOS). Va anche detto che queste rilevazioni <i>instant </i>sono statisticamente imprecise data la ristrettezza del campione che è comunque scientificamente tendenzialmente rappresentativo. Tale imprecisione può valutarsi come un possibile scostamento di più o meno 1% nelle cifre piccole e anche 3% in quelle più grandi. Cambia dunque il valore del sondaggio se si vuole stimare esattamente il consenso politico di un partito, diciamo al 10% teorico medio o se si vuole testare una opinione generale di massima. <p></p><p style="text-align: justify;">Come riportato, il Pagnoncelli ci dice che, anche se di poco, l’opinione prevalente in Italia è quella per la quale, brutalmente, “Zelensky dovrebbe arrendersi e salvare i suoi concittadini”. Ripeto, potrebbe essere quel dato riportato o un suo più o meno anche 3% ma ai fini del nostro discorso non cambia la deduzione che faremo dopo. In altre schermate, appare che il 69% dei connazionali pensa che “l’Italia dovrebbe svolgere un ruolo di mediatore con la Russia”, contro un solo 21% che pensa dovrebbe opporsi, come del resto pare abbia deciso in Parlamento di fare. Per scongiurare la terza guerra mondiale, gli italiani sembrano pensare che la NATO fa bene a metterla giù dura, ma noi dovremmo metterci in mezzo ai contendenti e mediare. <span></span></p><a name='more'></a><p></p><p style="text-align: justify;">Un altro sondaggio, questa volta con un campione molto più largo, fatto da <i>Termometro Politico</i> al tempo di una settimana fa circa, dice che metà degli italiani pensava che l’informazione pubblica fosse troppo sbilanciata in favore filo-occidentale (atlantista) per ben il 51%, solo un 30% pensava invece sia “equilibrata”. </p><p style="text-align: justify;">A fronte di ciò verrebbe da domandarsi perché tali opinioni non siano riflesse in Parlamento, anche in maniera imprecisa, non siamo degli ingenui ci sta che le opinioni pubbliche su temi così complessi rimangano un po’ indietro il complesso dei fatti. Tuttavia, qui non siamo a sfumature statistiche, sembra che all’ingrosso ci sia quantomeno una forte consistenza di “perplessi” nel Paese mentre in Parlamento ci sono solo certezze, tranne pochi rappresentanti peraltro bersaglio di sdegnata condanna morale e politica. </p><p style="text-align: justify;">In questa operazione di guerra alla democrazia, si distingue un partito che -per paradosso- avrebbe pure il termine “democratico” nel nome della ditta. A questo partito fa riferimento Bassanini che già alle prime uscite dello studioso Alessandro Orsini, twittò chiedendo alla università in cui il tipo insegna ovvero la LUISS, se questa approvasse le strane esternazioni del loro docente e ricercatore. Ma ieri, un altro rappresentante di questo partito “democratico”, un tipo che passò dal partito di Monti al PD in cui venne riconfermato alle elezioni del 2018 poiché candidato al collegio di ferro di Livorno, ha ribadito il concetto. </p><p style="text-align: justify;">Tale Andrea Romano farà una interrogazione alla Commissione Vigilanza RAI per sapere perché il programma diretto da Bianca Berlinguer, ha assoldato quello che definisce “il pifferaio di Putin”, con un cachet “scandaloso”. Su questa linea anche Italia Viva e +Europa. Il professore che si diletta nel suonare il piffero su spartiti russi secondo Romano ha un lungo curriculum italo ed americano, autore di almeno 10 volumi e stante che altre notizie sulla sua biografia intellettuale non possiamo averle dato che Wikipedia ne ha sospeso la pagina perché oggetto di continuo hackeraggio. </p><p style="text-align: justify;">Nella sua prima apparizione al programma della Berlinguer, l’altra sera, l’Orsini ha trattato veramente come un cencio il povero Paolo Magri dell’ISPI. Il giorno dopo, una valente ricercatrice dell’Istituto Affari Internazionali, altro think tank atlantista con vari membri in televisione, ha opinato che l’Orsini avrebbe in passato misteriosamente pubblicato un articolo sul suo giornale on-line di politica internazionale, relativo al vaccino Spuntnik. Il pifferaio, quindi, non piffera a piacere, è evidentemente in torta con Mosca. </p><p style="text-align: justify;">Va aggiunto che l’Orsini, si è dichiarato un seguace intellettuale di Luciano Pellicani, intellettuale a sua volta di <i>Mondoperaio</i> di area socialista liberale, dalle parti di Norberto Bobbio per intenderci. </p><p style="text-align: justify;">Sulla valente ricercatrice che ha smascherato l’infingardo, c’è da aggiungere che è georgiana (ovvero il Paese che voleva entrare nella NATO assieme all’Ucraina anche se confinanti con la Russia) ed ha all’attivo anche una bella pubblicazione sulla guerra Ucraina – Russia allo stato dei fatti dell’anno scorso. Quindi “sa cose”. </p><p style="text-align: justify;">Allora domando: perché l’unica voce pubblica andata in televisione ad esprimere suoi punti di vista che sostenevano l’idea che sarebbe meglio se l’Ucraina desistesse dalla sua inutile macelleria che sta mettendo l’intero mondo sul bordo dell’inimmaginabile e che l’Italia avrebbe dovuto dichiararsi neutrale anche in coerenza col suo storico ruolo di “<i>peace keeping</i>” che poi le deriva anche dall’essere il Paese intorno al Vaticano, due opinioni poi così non peregrine stando ai sondaggi (43% la prima, 69% la seconda), desta tanta indignazione da parte di <i>think tank</i> atlantisti e deputati “democratici”? E perché questa parte di opinionisti bellicisti spadroneggia 7/24 nell’etere e nella stampa in forme assolutamente incontrastate, da vero e proprio <i>minculpop </i>sovietico, stante che pare metà degli italiani ha capito che stanno un po’ esagerando e che il pluralismo democratico è sospeso a data da destinarsi?</p><p style="text-align: justify;">Lo so cosa pensate: “ah ma hai scoperto l’acqua calda Fagan, si sa come va l’informazione <i>mainstream</i>”. Be’, insomma, non sono così sprovveduto, mi era noto. Ma qui stiamo parlando di una relazione inquietante. </p><p style="text-align: justify;">Mai si è osservata una occupazione del discorso pubblico così unanime e sovraeccitata che oltre a non dire tante cose e dirne di altre come fossero fatti quando sono mere opinioni che sarebbe anche difficile fondare su fatti se ci fosse qualcuno in video o sulla stampa che glielo facesse notare, attacca “ad personam” i pochi che alzano il sopracciglio tacciati di nefandezze davvero insostenibili data la loro caratura obiettiva (da Luciano Canfora a Carlo Rovelli per intenderci, passando per la Di Cesare e pochissimi altri). E mai tutto ciò si è prodotto su un argomento che rischia di portarci alla terza guerra mondiale, nonostante pare non sia conforme affatto al sentimento medio del popolo italiano. </p><p style="text-align: justify;">La nostra è una democrazia che si prepara alla guerra perché così sembra opportuno a coloro che stanno facendo la guerra alla democrazia con la bava alla bocca. Io penso dovremmo tutti esprimerci un po’ di più e con un po’ più di fermezza, stanno avvenendo cose molto gravi, questo non è un gioco. Come ebbi modo di dirvi i primissimi giorni, questo è del tutto fuori formato anche per me che mi occupo da anni di questi argomenti e quindi ho una idea del formato molto più cinica e realistica di quella media. Facciamo molta attenzione che qui può finire da male a molto male. </p><p style="text-align: justify;">Mettetevi una mano sulla coscienza. Non siete "davanti" una storia, siete "dentro" la storia. <br />Pierluigi Fagan</p>michttp://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-22553427.post-24233343905529483192022-03-24T14:09:00.000+01:002022-03-24T14:09:07.901+01:00I Dem, il partito-regime - Marcello Veneziani <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhfja7mX9P1YtqV4D9A7b5n-AWYk79e4t-O0nxCYVcr8Wcp1DhuvwV8XZx6HQV-QO10A-9sH9nP3MIwdjOVWjh9w2FndtylDfNZCn9edIo2g21LvLlCZ8cC23EckH8g59v6l84UpCoZAbNsgcxq2kQX5nbRqp-STuNCeiyqeHomyl_gnU7RQ6wJvK_C/s299/dem.jpeg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="169" data-original-width="299" height="116" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhfja7mX9P1YtqV4D9A7b5n-AWYk79e4t-O0nxCYVcr8Wcp1DhuvwV8XZx6HQV-QO10A-9sH9nP3MIwdjOVWjh9w2FndtylDfNZCn9edIo2g21LvLlCZ8cC23EckH8g59v6l84UpCoZAbNsgcxq2kQX5nbRqp-STuNCeiyqeHomyl_gnU7RQ6wJvK_C/w206-h116/dem.jpeg" width="206" /></a></div><div style="text-align: justify;">Qual è il Partito italiano più allineato all’America dem di Biden e alla sua ritrovata missione armata di gendarme del mondo? Il Partito Democratico. Qual è il partito più intruppato a fianco della linea interventista della Nato? I Dem. Qual è il partito portavoce, emissario e ripetitore della <i>governance</i> eurocratica, tra commissione, corte, euro-parlamento? I Dem. Qual è il partito che ha assunto il ruolo di guardia giurata del capitalismo globale e dei poteri economici transnazionali? I Dem. Qual è il partito più vicino alla linea Draghi in politica estera, con l’allineamento totale tra i falchi filoatlantici? I Dem. Qual è stato il Partito più schierato a sostegno della linea sanitaria con relativa emergenza, <i>green pass</i>, restrizioni e regime di sorveglianza? I Dem. Qual è il Partito delle porte aperte ai migranti? I Dem. Qual è il Partito che ormai ininterrottamente da anni esprime il Presidente della Repubblica, gli ultimi due perfino col bis? I Dem. Qual è il Partito di riferimento della Rai – salvo isole obbligate in virtù dalla vecchia, a questo punto benemerita, lottizzazione- e il Partito prediletto della Grande Stampa, il referente politico dei cosìddetti giornaloni? Ancora i dem. E qual è il Partito dell’egemonia culturale imperante, estesa al cinema, alla fiction e alle arti, quello che oggi chiamiamo il <i>politically correct</i> con la sua filiera di leggi e proposte in tema di storia, diritti civili, opzioni e linguaggi? Sempre i Dem. Pur nella modestia dei suoi leader, i Dem sono oggi la traduzione de la <i>Cappa </i>in chiave di potere politico.<span><a name='more'></a></span></div><br /><div style="text-align: justify;">Senza accorgercene, per gradi e mediante l’emergenza, è stato abolito in Italia e non solo, il bipolarismo e ogni traccia di pluralismo in politica e nella cultura, nei mass media e nei ruoli di comando, nelle scelte interne e nelle scelte internazionali. Per la prima volta nella storia della democrazia, c’è un Partito-Regime che pur raccogliendo la quinta parte del consenso dei votanti (non dei cittadini, ma solo dei votanti, che sono sempre di meno) è il riferimento unico del potere ad ogni livello. E’ il Partito dell’<i>Establishment</i>, del <i>Mainstream</i>, che stabilisce il Canone, in un momento in cui non c’è più dialettica politica, differenza di posizioni, ma c’è solo una grande Cappa al centro, salvo spiragli di dissenso in periferia o in territori non visibili. Come in Europa governa ormai un serpentone unico, che convoglia moderati, ex-democristiani, popolari, socialisti, progressisti e liberali, così in Italia – anzi qui ancora peggio – il serpentone ha le fattezze dei Dem.</div><br /><div style="text-align: justify;">Va notato che l’area avversa ai Dem è almeno il doppio dal punto di vista elettorale, senza considerare il popolo di astenuti che disprezza il potere dem ma non ha fiducia nei partiti che vi si oppongono. È doveroso infatti aggiungere che di questa situazione la responsabilità non è solo del Partito-Regime e dei suoi complici, protettori e protetti, ma anche della resa, l’inadeguatezza, l’incapacità delle forze politiche e civili che avrebbero dovuto opporsi al potere Dem. Irrilevante pure il ruolo dei grillini che nelle ultime elezioni erano il partito più votato, ma oggi sono solo un vagone di seconda classe in coda dietro la locomotiva Dem.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Perfino ai tempi della Dc, che pure contava su un consenso stabile, largamente superiore ai Dem, per giunta in un’epoca di grande partecipazione al voto, c’era un bipolarismo, seppure imperfetto, col Pci, c’era un’opposizione di destra e c’era una costellazione di alleati del pentapartito non sempre allineati, dai socialisti ai repubblicani, ai liberali. Anche nel panorama dell’informazione, pur essendo da tempo consolidato un largo e intollerante conformismo di sinistra, c’erano pur sempre fino a pochi anni fa sfumature e opzioni diverse tra i grandi giornali, fermo restando il comune orizzonte di sfondo; si poteva ancora distinguere tra un giornale di centro-sinistra moderato e uno di sinistra (per es. <i>Corriere della sera</i> e <i>la Repubblica</i>, oltre <i>la Stampa</i>, <i>il Sole 24 ore</i>, <i>il Messaggero</i>, ecc.). Oggi tutte le strade portano ai Dem, senza possibilità di equivoco o esitazione. Le nozze tra sinistra e potere, tra sinistra e capitale, che annunciammo tanti anni fa, oggi hanno cementato un assetto di potere inamovibile e opprimente, come una <i>Cupola</i>; e insieme hanno acuito l’intolleranza nei confronti dei non allineati, a ogni livello. Non si può sgarrare.</div><br /><div style="text-align: justify;">Chiunque abbia letto in modo diverso la politica sanitaria degli ultimi due anni, la politica economica, i temi “etici”, la politica estera e ora la mobilitazione para-bellica antirussa, è stato attaccato, deriso, bullizzato, denigrato dalla Macchina Infernale che macina l’Opinione di Stato, la Gazzetta Ufficiale del Potere. Se poi a questo aggiungiamo il clima generale, l’atmosfera di conformismo coatto, la propaganda di regime e perfino la comunicazione pubblicitaria, allora ci rendiamo conto in che razza di regime ci troviamo. Non c’è più critica o dialettica ma direttamente rimozione, cancellazione, demolizione. Bannati.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">I Dem sono oggi il Partito-Regime e la Cupola politica del Potere. Altro che paese libero, sovrano e democratico.</div>
Marcello Veneziani, <i>La Verità</i> (23 marzo 2022) michttp://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-22553427.post-16983150760625533232022-03-23T22:59:00.001+01:002022-03-29T15:29:18.204+02:00Siamo arrivati a un cambio d’epoca? - don Elia<div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihXaoMpUShDWPZXfqHki2XcyQYqKSjGG1Fz4gaNNFpVTVF52-pG_BktyKwSs7q36-zM5TphS3u_N9KmkHJfuxdc9HxA16Nab0nQnGuRy5aqVZSiJiFRimhDunSCxbMmYxmGgllrybPJZT84Md_Urlw7idmdqdtr7HcgQEWZ617krHQJjJ1zYI/s264/religiosit%C3%A0-putin.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="191" data-original-width="264" height="157" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEihXaoMpUShDWPZXfqHki2XcyQYqKSjGG1Fz4gaNNFpVTVF52-pG_BktyKwSs7q36-zM5TphS3u_N9KmkHJfuxdc9HxA16Nab0nQnGuRy5aqVZSiJiFRimhDunSCxbMmYxmGgllrybPJZT84Md_Urlw7idmdqdtr7HcgQEWZ617krHQJjJ1zYI/w217-h157/religiosit%C3%A0-putin.jpeg" width="217" /></a></div>Tale era la convinzione del compianto Giulietto Chiesa, quale me la espresse nel Febbraio del 2020, poche settimane prima dell’inopinata scomparsa. Nel suo attico nel cuore di Roma, cui mi accompagnò a piedi con l’agilità di un giovanotto, mi intrattenne per un’ora e mezzo su questioni di geopolitica. Non ne ignoravo certo la passata militanza comunista e la lunga attività di corrispondente da Mosca per il quotidiano del suo partito, ma l’acutezza delle sue analisi e la coerenza con cui, in seguito alla completa metamorfosi di quello, ne aveva preso le distanze, mi davano garanzia di onestà intellettuale, virtù diventata rarissima in una società ipnotizzata dalla propaganda dei banchieri. L’occasione era nata da un incontro fortuito in una chiesa del centro, dove, non senza un certo imbarazzo, era stato invitato a una celebrazione dalla quale, malgrado l’estraneità alla pratica religiosa, era rimasto colpito, come mi confessò con la semplicità di un bambino; ciò mi consente di sperare che la sua coscienza abbia dato alla grazia l’assenso sufficiente per ottenere la salvezza eterna.<span><a name='more'></a></span></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Giulietto era dunque persuaso che il mondo fosse prossimo a una svolta epocale, pur conoscendo bene i progetti dell’oligarchia finanziaria miranti ad asservire tutti gli uomini mediante l’identità digitale. Uno degli elementi che gli davano speranza, come fattore di contrasto dell’irreversibile crisi della civiltà occidentale, era la miracolosa ascesa di Vladimir Putin, l’uomo capace non solo di arrestare la colonizzazione del suo Paese da parte della finanza speculativa, ma anche di farlo risorgere dalle proprie ceneri e di renderlo di nuovo non mero oggetto, ma soggetto primario dei giochi geopolitici. Pur non soddisfacendo affatto le aspirazioni democratiche del nostro giornalista, lo statista russo rappresentava per lui un gigante, paragonato ai nani e pagliacci della politica nostrana.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Certamente non intendo con ciò avallare le suggestioni di ingenue fantasticherie, condite di profezie millenaristiche, rispondenti al bisogno di individuare un salvatore umano: teniamo presente che è praticamente impossibile assurgere a certi livelli di potere e mantenervisi senza essere affiliati a una società segreta e senza il sostegno dell’una o dell’altra fazione del giudaismo finanziario. È possibile, anzi, che neppure Putin sia estraneo alla competizione (coordinata da un livello superiore di potere) tra due opposti modelli di dominio mondiale: quello unipolare della massoneria palladista, di matrice anglo-americana, e quello sinarchico della scuola francese, che prevede un equilibrio tra diversi centri di potere. Un’intelligenza superiore come la sua, in ogni caso, è una variabile che rimane pur sempre imprevedibile… per non parlare dei piani divini sulla storia.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Nel colloquio con Chiesa colsi l’occasione per porgli una domanda che mi stava particolarmente a cuore: se cioè, dal suo punto di osservazione, la religiosità del Presidente russo gli sembrasse sincera. Fui colpito dall’immediata risposta affermativa, sicuramente fondata su conoscenze certe. Non si può escludere, a rigore, che la sua spiritualità sconfini in una sorta di sincretismo tra Ortodossia e culto della Patria, con una commistione di elementi esoterici e cristiani, tipica della mentalità gnostica, cui l’anima russa è fortemente incline. Ogni essere umano, nondimeno, essendo dotato di coscienza e libero arbitrio, è in grado di trascendere la situazione contingente in cui l’han posto le condizioni storiche e le scelte personali, così che la Provvidenza possa servirsene non come di uno strumento inconsapevole e passivo, ma docile e consenziente. Pur senza evadere in una visione immaginaria tesa a rassicurarci, dunque, possiamo legittimamente pregare perché lo Spirito Santo illumini quell’uomo e lo conduca alla piena verità.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Nonostante l’ipoteca della formazione marxista, non si può escludere a priori l’opera della grazia, nella misura in cui una coscienza desidera rettamente il bene. Con grande lungimiranza, Putin non ha rimosso il passato sovietico, ma l’ha inserito in un’epopea di resistenza all’invasore straniero che ha ridato dignità al suo popolo e ne ha di nuovo saldato la composita identità. Pare ormai accertato che abbia davvero chiesto a Bergoglio, benché invano, la consacrazione della Russia e che avrebbe altresì accolto con gioia la peregrinazione della Madonna di Fatima. In sostanza, non dobbiamo né demonizzare né canonizzare anzitempo il Presidente russo, ma considerare obiettivamente, per quel che ci è dato sapere, le sue azioni e le relative motivazioni, tenendo conto che per anni ha sopportato imperturbabile le provocazioni più sfacciate e insistito fino all’ultimo sulla via negoziale. Chi ha riportato la guerra in Europa non è certo lui, a meno che un’amnesia collettiva non abbia cancellato dalla memoria le orrende guerre combattute in Jugoslavia negli anni Novanta o l’ignoranza crassa convinto i giornalisti che i Balcani non appartengano al Vecchio Continente.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ciò che sembra chiaro – fatta astrazione della grottesca propaganda occidentale – è che la decisione di invadere l’Ucraina sia stata inevitabile, una volta che l’Alleanza Atlantica ha respinto con disgustosa arroganza ogni tentativo di accordo che non prevedesse la resa totale della parte russa, propedeutica al suo annientamento. Accettare l’installazione di basi missilistiche a ridosso del confine occidentale (vista già la presenza di numerosi laboratori per la produzione di armi biologiche proibite dalle convenzioni internazionali) sarebbe equivalso a firmare la condanna a morte del proprio Paese; la soluzione militare era perciò indispensabile, una volta fallite tutte le trattative. In fin dei conti, Putin sta efficacemente difendendo la sua Nazione dai ripetuti assalti del globalismo, ma la sua reazione, differita fin quando possibile, potrebbe provocare un cambio di rotta nel mondo intero. Colpisce che persino i suoi amici israeliani gli abbian voltato le spalle, schierandosi con l’Ucraina e offrendo asilo politico al fantoccio in fuga dalla catastrofe; si dice d’altronde – a meno che non sia contropropaganda – che i russi abbiano distrutto una base del Mossad operante su un’isola del Mar Nero appartenente a Kiev, nella quale si stava lavorando a una modifica genetica del virus della rabbia che ne avrebbe reso la letalità pressoché assoluta.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">È sicuramente falso che l’esercito russo stia bombardando indiscriminatamente le città: se ciò fosse vero, la disinformazione nostrana non avrebbe affatto bisogno di mostrare videogiochi o filmati di repertorio; occorre piuttosto osservare che l’esercito ucraino si nasconde nei centri abitati facendosi scudo della popolazione. Non avrebbe alcun senso, inoltre, creare corridoi umanitari per l’evacuazione dei civili e ordinare poi di aprire il fuoco sulle colonne di automezzi in fuga, provocando un’unanime condanna internazionale e traumatizzando l’opinione pubblica anche a casa propria. La strage di Mariupol’ va probabilmente imputata alla brigata neonazista Azov, responsabile di tante altre atrocità commissionate dai governi occidentali che la foraggiano. A dettar legge son sempre i gestori del grande capitale (eredi di quelli che pianificarono la Shoah per ottenere la creazione dello Stato sionista), i quali, oggi, han provocato un secondo Olocausto proprio in terra d’Israele, oltre ad aver avvelenato buona parte dell’umanità in nome del profitto e in vista di una sua drastica riduzione numerica.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Chi ci governa è membro della stessa mafia globale formata da individui straricchi che, a prescindere dalle origini etniche, professano un giudaismo di facciata celante il culto di Lucifero. Il loro referente nella Chiesa Cattolica continua a rafforzarne l’influenza su di essa mediante accordi di “cooperazione”, veri e propri capestri finanziari che si stringono sempre più sulla gestione delle strutture ecclesiali. Con servile tempestività, le curie diocesane si sono mobilitate per accogliere profughi che lo Stato ha già preso pienamente in carico con sorprendente solerzia, al punto che i funzionari della Caritas son costretti a scoraggiare la raccolta spontanea di viveri, medicinali e vestiario… Non è facile reprimere il sospetto che i rifugiati siano stati caricati sugli aerei e trasportati da noi non per loro scelta; di solito si scappa nei Paesi limitrofi, dove si parli una lingua affine e da cui si possa in fretta tornare a casa, una volta terminato il conflitto. L’impressione è che, con la complicità della gerarchia, si voglia sfruttare quella povera gente come arma di pressione psicologica o pretesto di un'altra emergenza sanitaria. Anche riguardo alla Chiesa, dunque, è forte l’auspicio che una nuova epoca possa spuntare a Oriente con la piena conversione della Russia, secondo il messaggio di Fatima.</div><br />
https://www.sabinopaciolla.com/questa-guerra-in-ucraina-e-colpa-delloccidente-non-di-putin-e-le-conseguenze-le-pagano-i-popoli/ <br />https://www.egaliteetreconciliation.fr/L-Ukraine-est-le-laboratoire-du-mondialisme-entretien-avec-Lucien-Cerise-67512.html <br />https://youtu.be/BkSiO4xQuzk <br />https://www.washingtonexaminer.com/policy/defense-national-security/us-looks-to-keep-ukrainian-biological-research-facilities-from-russian-controlmichttp://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-22553427.post-79322530130968164692022-03-15T07:00:00.001+01:002022-03-15T07:00:00.220+01:00Quando l’anima russa salvava l’Occidente - Marcello Veneziani <div style="text-align: justify;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhhewLAVp3ymU-iH9B8zgk32ye13q_lGpWhc1IqQankBOpZe1YuaV_fou5EiDcKi7SbmJw_QMGSASfZO73G6V3pK9HwbUKAiWUbDdOF3cqeX95R_8MvvGxHJAGdXTEMzo7qK1GVyzn4mCcYdFoLotTFntRjA0DDjYVblqKjBfD7jmWR2ybMwXI=s811" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="811" data-original-width="700" height="246" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhhewLAVp3ymU-iH9B8zgk32ye13q_lGpWhc1IqQankBOpZe1YuaV_fou5EiDcKi7SbmJw_QMGSASfZO73G6V3pK9HwbUKAiWUbDdOF3cqeX95R_8MvvGxHJAGdXTEMzo7qK1GVyzn4mCcYdFoLotTFntRjA0DDjYVblqKjBfD7jmWR2ybMwXI=w212-h246" width="212" /></a></div>Nel cuore di Roma, al tempo dell’Unione Sovietica, una scrittrice raffinata, delusa dal Concilio Vaticano II e dalla fine della messa in latino, bussava alle porte del <i>Russicum</i> per seguire la messa celebrata in rito bizantino-russo. Era la Quaresima del 1966 quando Vittoria Guerrini, più nota nel mondo delle lettere col nome di Cristina Campo, prese a frequentare la Chiesa di Sant’Abate all’Esquilino, attigua al Collegio <i>Russicum</i>, oggi chiamato Pontificio Istituto Orientale. Un crocifisso ortodosso in ottone smaltato, donatole al <i>Russicum</i>, campeggiava sul suo letto. Vittoria-Cristina non aveva quarant’anni e racconta in una lettera a un suo amico le affollate messe pasquali ortodosse, con sei preti officianti tra canti e nuvole d’incenso. L’amico in questione, il professor John Lindsay Opie, che insegnò tra l’altro Arte bizantina e Icone russe, era reduce dalla Chiesa anglicana convertito alla Chiesa ortodossa (un cammino che balenò nell’irrequieto Bruce Chatwin). A lui Cristina rivolge tredici lettere ora pubblicate in appendice a un ricco volume di saggi dedicati a lei, <i>Cristina Campo, la disciplina della gioia</i> (a cura di Maria Pertile e Giovanna Scarca, ed. Pazzini). Il prossimo anno sarà il centenario della sua nascita. Come leggere questo suo passaggio al rito bizantino? La ricerca di una viva spiritualità rispetto al degrado occidentale, in quella stessa Russia in cui trionfava il materialismo ateo sovietico. L’ambiguo fascino di Santa Madre Russia, l’inattuale come via di realizzazione spirituale nella forma più alta dell’attenzione.<span><a name='more'></a></span></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Cristina nel suo <i>Con lievi mani</i>, teorizzò la sprezzatura come “una briosa, gentile impenetrabilità all’altrui violenza e bassezza, un’accettazione impassibile di situazioni immodificabili”, denotata da “un distacco quasi totale dai beni di questa terra, una costante disposizione a rinunciarvi se si posseggono, un’ovvia indifferenza alla morte”; e dalla bellezza. Intorno a lei si raccolse un cenacolo nel segno della tradizione della Chiesa d’Oriente che studiava i mistici e i padri greci e latini, e adottava la <i>filocàlia</i>, l’amore per la spiritualità delle icone. La sua apertura alla spiritualità russa la condusse verso il massimo filosofo, scienziato e cultore delle icone, Padre Pavel Florenskij, fucilato da Stalin nel 1937. Per lui il simbolo è “una realtà che è più di se stessa”, un condensatore di vita spirituale.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Cristina visse per anni con Elémire Zolla, studiò Simone Weil, frequentò Maria Zambrano e in via epistolare Andrea Emo; fondò Una voce per salvaguardare la liturgia latino-gregoriana. Scrisse pochissimo, ricercando la perfezione, e avrebbe voluto scrivere ancor meno. A suo dire l’arte di scrivere presuppone l’arte di leggere, che a suo volta “reclama la difficile, impervia arte di ereditare”. <i>Traditio</i>, in senso pieno.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Adottò il <i>nom de plume</i> per sfuggire agli sguardi del mondo e rendersi più prossima all’invisibile. Visse “per pura cortesia” e consegnò la poesia “a quattro sfingi sorelle: memoria, sogno, paesaggio e tradizione”. A Guido Ceronetti apparve una creatura in contatto con l’inesprimibile, esile e leggera. ‘Due mondi e io vengo dall’altro’… Scrisse con rara densità e con densa rarità, le sue prose hanno l’incanto dello stupore infantile: “con quale ipnotica lentezza battono le ciglia di un bambino che ascolta rievocare”… Tutti viviamo di stelle spente…Una vita pura – scrive Cristina ne Gli imperdonabili – è interamente ritmata su questa musica leggera e veemente, tutta oblio e sollecitudine, sorriso e pietà. La sua succinta e delicata esistenza è percorsa come un filo d’amore da una “profonda riverenza per più alto che sé e per le forme impalpabili, ardimentose, indicibilmente preziose che quaggiù ne siano figura. La bellezza, innanzi tutto, interiore prima che visibile, l’animo grande che ne è radice e l’umor lieto”.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">La liturgia, scrive Cristina, “è fonte e meta di ogni poesia”, “è splendore gratuito, spreco delicato, più necessario dell’utile”; la liturgia è iniziatrice sovrana e “splende, lume coperto, sulle rocce più inaccessibili, come il Monte Athos o qualche abbazia benedettina”. La grande poesia, per Cristina, “è bellezza geroglifica, decifrabile solo in chiave di destino”; ma aggiungeva di non conoscere “poesia universale senza una precisa radice: una fedeltà, un ritorno”. Il poeta è là per nominare le cose; ma “oggi sembra là per accomiatarsi da loro, per ricordarle agli uomini teneramente, dolorosamente, prima che siano estinte”. Scrive i nomi sull’acqua. Tutto muore appena affiora la tecnica, che spegne ogni artigianato del vivere. Eppure dice Cristina, “amo il mio tempo in cui tutto vien meno e insieme è forse è proprio per questo il vero tempo della fiaba”. L’uomo ha distrutto tappeti volanti e specchi magici quando ha preteso di fabbricarli, dice la poetessa; ma “siamo nell’era della bellezza in fuga, della grazia e del mistero sul punto di scomparire”. Cristina non disprezza ma ama il suo tempo, di cui coglie la bellezza sulle soglia del tramonto; un modo insolito, intenso e struggente, di affrontare la decadenza, senza trattenerla, piangerla o fingere che si possa tornare indietro.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">I suoi versi raccolti ne <i>La tigre assenza</i>, includono il suo primo libro di poesie; il titolo, <i>Passo d’addio</i>, indica il saggio che le ballerine eseguono a fine corso per congedarsi dalla scuola e dalle altre allieve. ‘T’insegnerò anima mia questo passo d’addio’…Un commiato dalla giovinezza in punta di piedi ma anche il primo esercizio di una più grande cerimonia d’addio. ‘Con lieve cuore, con lievi mani’…La immagini così svanire con un accenno di danza e un leggero sorriso, allusivo della destinazione. “Non si può nascere ma si può morire innocenti”.</div>
Marcello Veneziani, <i>La Verità</i> (6 marzo 2022) michttp://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.com0