lunedì 3 dicembre 2007

Le "elites" e i cittadini. Europa e democrazia partecipativa

Frank TurnerEurope infos - Comece

All'inizio di novembre, il Parlamento europeo ha organizzato un'Agorà (in greco, una piazza del mercato, un pubblico foro), a cui erano attesi circa 500 rappresentanti della società civile per discutere sul tema: "Nuovi trattati: sfide, opportunità, strumenti". L'Agorà cittadina è stata concepita per rimediare al "deficit democratico" interno all'Unione europea, offrendo così un esempio di "democrazia partecipativa". Tale concetto merita una riflessione.Gli Stati membri dell'Unione costituiscono delle "democrazie rappresentative", in cui i cittadini eleggono coloro che ritengono più atti a governare. La "democrazia rappresentativa" è generalmente opposta alla "democrazia diretta", in cui gli elettori prendono decisioni politiche specifiche invece di eleggere a tal fine delle persone idonee. Votando per i propri rappresentanti, i cittadini rinunciano al potere decisionale diretto, per esempio tramite referendum. Un referendum può sembrare "più democratico" di una decisione parlamentare, in quanto consente alla voce dei cittadini di svolgere un ruolo decisivo. Ma si tratta di un meccanismo brutale. E' evidente che in questo caso colui che formula una domanda semplice su un problema inevitabilmente complesso si trova nelle mani un potere immenso. Questa procedura priva inoltre i rappresentanti eletti della loro funzione e delle loro competenze più preziose.La democrazia rappresentativa fa alternare il dominio dei cittadini, ogni quattro o cinque anni, con il dominio prolungato degli eletti rispetto ai cittadini. Questa alternanza comporta una relazione reciproca, e non semplicemente unilaterale, tra i cittadini e i loro rappresentanti. Ma essa crea anche una struttura vuota, in cui l'impegno dei cittadini può restare latente tra un'elezione e la successiva, cosa che favorisce l'allontanamento tra la classe politica e l'insieme della popolazione. Questo allontanamento è evidente in Europa occidentale, in cui si ritiene che la "democrazia" sia di per sé giusta, ma in cui essa è trascurata.Il pericolo va nella direzione del suo stesso rimedio. La democrazia partecipativa comporta un processo continuativo, tramite il quale i singoli cittadini e le comunità possono istruire i propri rappresentanti e informarli, portandoli così a rispondere delle proprie azioni, senza tuttavia controllarli. Ai giorni nostri, i forum online permettono ai gruppi interessati di comunicare idee di grande qualità ai parlamentari, ma manca ancora una struttura complementare tramite le quali tali idee possano venire prese sul serio. Uno dei miei colleghi ama citare l'esempio incoraggiante dell'enciclopedia online Wikipedia: vi si trova non soltanto una procedura chiara per la correzione degli errori e per il controllo degli abusi, ma gli articoli di base consentono dibattiti e "forum di discussione" a margine. La ricchezza di questa combinazione evita il rischio del fondamentalismo che consisterebbe nell'accettazione dei consigli e dei giudizi altrui senza preoccuparsi della qualità del pensiero che vi è sotteso.Grazie all'Agorà cittadina, l'Unione europea riconosce la necessità di istituzionalizzare questo processo di democrazia partecipativa. Come osserva un commentatore americano, James Fishkin, " ci troviamo di fronte al problema fondamentale e ricorrente della consultazione pubblica. Se facciamo appello alle élite, abbiamo le delibere senza l'uguaglianza politica. Se facciamo direttamente appello ai cittadini, abbiamo l'eguaglianza politica ma generalmente senza delibere". Poiché non è immaginabile una situazione in cui le élite politiche siano scomparse, l'arricchimento del dibattito pubblico è l'unica soluzione plausibile per il futuro.
[Fonte: SIR Europa, dicembre 2007]