sabato 30 novembre 2019

Il MES? Giuridicamente un ente teologico. Neanche nel medioevo

Esiste un aspetto del MES, di cui si parla poco, che è assolutamente e totalmente scandaloso, tanto da meritare, solo per questo motivo, di non essere votato, è quello delle incredibili guarentigie di cui gode il Direttore Generale ed il Consiglio dei Dirigenti dell’ente. Normalmente agli enti sovra-nazionali viene garantita una certa immunità, ma in questo caso abbiamo un livello tale, come riporta Italia Oggi, che non si ha come riscontro nè verso capi di stato e neanche verso il governatore della BCE.
Il direttore del Meccanismo Europeo  di Stabilità è assolutamente, totalmente completamente IMMUNE alle leggi dei 19 stati dell’Area Euro. Non può essere toccato, per nessun motivo, per nessun reato, nè lui nè i 6 membri del suo board. Italia Oggi parla di un “Privilegio Medievale”, ma sbaglia, perchè nel medioevo l’alta nobiltà rispondeva al Re o all’Imperatore e l’Imperatore rispondeva al Papa che a sua volta poteva essere messo sotto accusa  dal Clero (l’infallibilità assoluta è successiva), qui siamo ad una assoluta immunità penale e civile, una posizione da Imperatore Romano oppure da Imperatore persiano. Però queste figure venivano ricambiate con metodi violenti, cosa che all’attuale direttore, il tedesco Klaus Regling, non rischia.
Per dare un esempio pratico le decisioni di Mario Draghi sono state portate a giudizio davanti alla Corte Costituzionale Tedesca, che le giudicò  legittime entro certi limiti. Al contrario quelle di Klaus Regling sono inappellabili, ingiudicabili, assolute come scese direttamente da Dio. Ecco lui è il novello Mosè e le sue decisioni sono le norme delle Tavole della Legge, sciolte anche dai giudizi della Corte di Giustizia Europea.
Lo stesso vale anche per il suo board: David Eatough (Irlanda), Rolf Strauch (Germania), Christophe Frankel (Francia), Kalin Anev Janse (Olanda), Sofie De Beule-Roloff (Belgio) e Francois Blondel (Francia). Nessun italiano, nessuno spagnolo, nessun greco. solo nordici.
Questa è una bestialità giuridica, assolutamente intollerabile in qualsiasi paese civile, eppure è la normativa che governa il MES. Ed in  Italia qualcuno vuole ancora votarlo. - Fonte

venerdì 29 novembre 2019

Vi spiego le anomalie del Mes. Parla Giulio Sapelli

Origine, obiettivi, contraddizioni e pericoli (non solo per l’Italia) del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità anche noto come Fondo salva Stati, secondo Giulio Sapelli, storico, economista e saggista
Giulio Sapelli non si stupisce e anzi trova tardive – forse inutili? – le polemiche degli ultimi giorni sulla riforma del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità anche noto come Fondo salva Stati; riforma che dovrebbe essere ratificata tra fine anno e inizio 2020. “Valgono le stesse regole che valgono in Europa: siamo di fronte alla definitiva sottrazione della democrazia liberale” nel Vecchio continente, afferma lo storico dell’economia. “In pratica, un Paese non ha né il diritto né la libertà di scegliere come intervenire sul proprio debito pubblico”, commenta il saggista ed editorialista in una conversazione con Start.

IL MES Ѐ UN TRATTATO INTERNAZIONALE, NON UN VEICOLO FINANZIARIO
Intanto, puntualizza Sapelli, “occorre spiegare che il Mes è un trattato internazionale che si presenta ai più come un veicolo finanziario ma non ne ha né la forma né la sostanza”. Un trattato che dovrebbe intervenire in caso d’insolvenza da parte di Paesi con alto debito pubblico, come il nostro. “In sostanza, il Mes supplisce alla Banca centrale europea che non è un prestatore di ultima istanza”.

mercoledì 27 novembre 2019

MES L’«avvocato del popolo» dovrà trovarsi un avvocato. Ha tradito il Parlamento già a giugno

Roberto Gualtieri, nel tentativo di difendere il Presidente del Consiglio sul Mes (Meccanismo Europeo di Stabilità), in realtà lo inguaia. E lo fa in una sede ufficiale, nel corso dell’audizione alle commissioni riunite di Finanze e Politiche Ue tenutasi ieri al Senato.
Gualtieri ha affermato che l’accordo stretto da Giuseppe Conte a Bruxelles a fine giugno “è in coerenza con il mandato parlamentare che la risoluzione gli attribuiva”. Il ministro dell’economia si riferisce alla risoluzione delle Camere del 19 giugno, che però dicono una cosa completamente opposta a quello che ha tentato di far passare il titolare di Via XX Settembre.
Leggiamola questa risoluzione. Il Parlamento impegnava il Governo “a render note alle Camere le proposte di modifica al trattato ESM, elaborate in sede europea, al fine di consentire al Parlamento di esprimersi con un atto di indirizzo e, conseguentemente, a sospendere ogni determinazione definitiva finché il Parlamento non si sia pronunciato” e a “non approvare modifiche che prevedano condizionalità”.

L’ammiraglio De Felice: “Il governo ora blocchi gli sbarchi. Il tribunale dei ministri parla chiaro”

Roma, 27 nov – La decisione del tribunale dei ministri di scagionare l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini per aver negato lo sbarco alla Alan Kurdi della Ong Sea Watch crea un precedente fondamentale sulla gestione degli sbarchi e smonta il castello di carte costruito da inquirenti e filo immigrazionisti per spalancare i porti alle Ong.
A spiegarci come funziona la Legge del mare è l’ammiraglio Nicola De Felice: “Se, ad esempio, una nave di una Ong olandese e battente bandiera olandese prende a bordo immigrati illegali in acque Sar libiche, gli immigrati vanno trasportati nel Paese della nave, che è l’Olanda. Secondo punto: il porto sicuro più vicino, se non è Tripoli, è uno dei tanti porti sicuri della Tunisia. E comunque se le Ong tengono gli immigrati a bordo 10-15 giorni in attesa di sbarcare in Italia, andassero nel Paese di provenienza.
La Ocean Viking è una nave da 76 metri, di tremila tonnellate, con a bordo medici e ogni struttura necessaria per la lunga navigazione: può tornare benissimo da dove è venuta, in nord Europa. Oppure andassero in Francia: ad Ajaccio, in Corsica, ci arrivano in 12 ore”.
De Felice quindi punta il dito contro i giallofucsia: “La domanda viene spontanea: come mai il governo attuale continua a far sbarcare le navi Ong battenti bandiere di altri Stati in Italia? Alla luce della decisione del tribunale dei ministri, è il governo Conte bis che non si sta attenendo alle direttive internazionali”. - Fonte

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Sul tribunale dei ministri che ha assolto Salvini: 
Ottima e giusta decisione. Una riflessione però va fatta. Circa la motivazione della sentenza di archiviazione. Giusto dire che la nave che accoglie i c.d. migranti è già territorio dello Stato del quale porta la bandiera. Lì devono allora andare i migranti. Ma non basta. Manca la cosa più importante, ed è gravi che manchi.
Manca la giustificazione dell'operato del ministro, della discrezionalità che la legge gli riconosce, nella giusta misura, circa la messa in opera di provvedimenti temporaneamente restrittivi della libertà di movimento di persone che si presentano ai confini senza aver titolo per entrare.
Insomma rientra tra le prerogative della sovranità di un qualsiasi Stato, non solo di quello moderno, decidere chi deve entrare e chi no nel suo territorio, in applicazione peraltro di norme di carattere costituzionale e di diritto positivo, che rendono questa decisione giuridicamente legittima.
Non si tratta qui di decisioni dovute solo all'uso  indiscriminato della forza. Sono decisioni prese nel rispetto di leggi esistenti.
Non è ammissibile che l'esercizio legittimo dei poteri esecutivi inerenti alla sovranità di uno Stato, riconosciuto ed esistente con tutti i crismi, venga considerato reato! Come se il ministro, nell'imporre una misura amministrativa nel pieno rispetto della legge italiana, si fosse comportato al modo di un  delinquente, di un sequestratore. 
Qui si è perso completamente il senso del diritto e anche quello, collegato, dello Stato, di che cosa è lo Stato e di cos'è l'esercizio legittimo dei poteri di uno Stato, peraltro costituzionalmente determinati e provvidi di garanzie  nei confronti del cittadino e anche dello straniero che non delinqui (e pure se  delinque). 
Speriamo che nella motivazione della decisione del Tribunale ci sia almeno un accenno nel senso sopra indicato.

lunedì 25 novembre 2019

Il fascismo antifascista

"Il problema, caro Vespa, non è il fascismo che non torma. Il problema sono gli italiani che non cambiano."
Caro Vespa,
ho letto con piacere il suo libro, che farà un gran bene a quei moltissimi asini italioti che credono che Mussolini salì al potere con la violenza e alla testa di chissà quali armati manipoli.
Invece il futuro duce – che in parlamento contava solo su 35 deputati, affiancati da 10 nazionalisti – quando chiese la fiducia, fu plebiscitato con 306 voti favorevoli su 508 parlamentari. Votarono per il governo che aveva formato l’intera galassia liberale, i popolari e qualche repubblicano. In senato fu un trionfo: 196 voti favorevoli e 19 contrari.
Sarebbe stato però interessante rammentare anche come il fascismo cadde, dottor Vespa. Ed evocare la singolare notte del Gran Consiglio – il 25 luglio del ’43 – durante la quale gli stessi leader fascisti, nell’imminenza della sconfitta militare, misero in minoranza il loro duce e chiesero a quella volpe di Vittorio Emanuele – “ai sensi dall’articolo V dello Statuto” – di defenestrare Mussolini.
Strana vicenda quella di una dittatura che si impose con un libero voto di fiducia e che si suicidò con un voto di sfiducia richiesto dai suoi stessi leader. Solo – beninteso – quando la guerra era perduta. Prima no. Il Mussolini vincente andava bene a tutti. Non solo a Grandi, Ciano, Bottai e compagnia nera. Andava bene agli italiani che - fatte salve luminose eccezioni – erano tutti fascisti, parafascisti o simpatizzanti del regime.
Perché vede, Vespa, il problema non è il fascismo che non torna. Il problema sono gli italiani che restano e non cambiano. Gli italiani anarchici ma pronti ad applaudire il padrone di turno; gli italiani eterni campioni olimpici – medaglie d’oro, d’argento e di bronzo – di salto sul carro del vincitore. E di salto dal carro dello sconfitto. Come dimostrò la faccenda della resistenza. I partigiani veri, coraggiosi e onesti non furono mai più di trentamila fino a tutto il 1944. Diventarono, con tanto di brevetto, trecentocinquantottomila nell’aprile e nel maggio del ’45. A cose fatte e a duce morto.
Sono gli stessi italiani che oggi acconsentono gli si dica senza vergogna in faccia: “Non vi facciamo votare perché altrimenti perderemmo le elezioni”. E agli italiani va bene. Di destra o sinistra che siano.
I destri non reagiscono limitandosi a sterili incazzature. I sinistri - povere animule – neppure capiscono che un gesto del genere – impedire la libera espressione della volontà popolare per paura di perdere il potere - è davvero fascista. Ma di un fascismo da quattro soldi. Un fascismo con le facce di Zingaretti, Renzi, Di Maio e del Conte della Pochette. Il fascismo che ci meritiamo. Farsesco, ciaccione e - naturalmente – antifascista. (Biagio Buonomo)

domenica 24 novembre 2019

Puntualizzazioni circa recenti riflessioni sul Comunismo di Luca Ricolfi

"Il vecchio PCI era per ordine e sicurezza oltre che per la tutela del proprio popolo". 
Ma era vero? NO.
Così si è espresso il giornalista Ricolfi su Il Messaggero di Roma in un articolo, che peraltro mostra onestà intellettuale, dal titolo: Il PD oltre le sardine/ Non si cerca l’anima lontano dal popolo [qui]. Si tratta però di un'immagine edulcorata. Non era così. Il PCI è diventato partito d'ordine (pubblico) solo quando gli è apparsa sulla sua sinistra l'idra del terrorismo. 
Nel 1977 Lama, segretario della CGIL, dopo un comizio all'Università di Roma, Sapienza, fu aggredito dai picchiatori della sinistra extraparlamentare e salvato a stento dal linciaggio dalla guardia del corpo di operai (dei sindacati) che si era portato appresso. 
Per decenni, il PCI ha svolto opera ora aperta ora subdola di dissoluzione dello Stato, dell'esercito, della società, della morale cosiddetta borghese (contro la famiglia), della religione. L'ha svolta in ambito politico, economico, culturale. Si è mosso in Italia come se fosse un esercito di occupazione, agli ordini della Patria di tutti i lavoratori, la grande Unione Sovietica, che lo finanziava abbondantemente sottobanco, si è alla fine scoperto. 
Del popolo italiano al PCI non è mai importato un fico secco, il popolo, nella migliore tradizione rivoluzionaria, è solo "materiale da costruzione" per l'utopia rivoluzionaria, la società senza classi che il partito comunista credeva di avere il compito storico di realizzare. 
Crollato il comunismo, l'ex PCI, formazione Postcomunista, ha continuato la sua opera di dissoluzione. Caduta la bardatura marxista, sconfitta dalla prassi con l'implosione dell'URSS, è rimasto il nocciolo di origine materialista, libertina, illuminista, ateo e scientista. 
Al cosmopolitismo di taglio marxista, quello dell'Internazionale dei Lavoratori, funzionale alla politica estera dell'URSS, si è per naturale contrappasso sostituito un cosmopolitismo (sempre antitialiano) che ha adottato la visuale nel democraticismo mondialista imperante con la globalizzazione della finanza e la trasformazione dell'ONU in un'agenzia politica che organizza l'invasione dei paesi ricchi o presunti tali da parti di quelli cosiddetti poveri e soprattutto musulmani.

sabato 23 novembre 2019

La sinistra a pesci in faccia

Ma chi sono, da dove spuntano le sardine, questi pesci miracolosi che si moltiplicano nelle piazze, lontano dal mare e sono esaltati dai media italiani come un fenomeno spontaneo, genuino, dietetico, salvifico?
Io le conosco, le sardine. Conosco i loro padri che cinquant’anni fa si concentravano nelle piazze adiacenti e antagoniste a quelle in cui c’era una manifestazione tricolore o un comizio di Giorgio Almirante. E inveivano, a volte tentavano di impedire che lui parlasse, gridavano minacciosi slogan. Conosco poi i loro fratelli maggiori che diciassette anni fa dettero vita ai girotondini, scendendo in piazza come un movimento di resistenza a Silvio Berlusconi, non legato ai partiti e alla sinistra storica. Mutano di colore negli anni, i resistenti, in una progressione cromatica precisa: erano rossi cinquant’anni fa, erano viola 17 anni fa, sono pesce azzurro in questi giorni.

mercoledì 20 novembre 2019

Altro che Sardine, ecco i ragazzi che combattono per la libertà

Guardate la ragazza di questo video sola, fiera, bellissima (immagine ricavata dal fermo-immagine). E se amate un minimo quel privilegio quotidiano che si chiama libertà, chinate il capo. Questa ragazza, come molti suoi coetanei in queste ore, ha scelto di ribellarsi al totalitarismo teocratico e assassino degli ayatollah che da decenni imprigiona il suo Paese carico di storia, l’Iran. E lo fa nella forma più estrema, sia come gesto che come significato: strappando le pagine del Corano, e gettandole nel fuoco. “Non vogliamo la Repubblica Islamica!”, stanno urlando i coraggiosissimi giovani iraniani nelle piazze, mentre gli sgherri del regime sparano, e i morti sono già più di 100. E lei, coraggiosa tra i coraggiosi, va alla radice dell’oppressione che sta annichilendo, culturalmente e fisicamente, una generazione: quel testo sacro che intima “Circondateli e metteteli a morte ovunque li troviate, uccideteli ogni dove li troviate, cercate i nemici dell’Islam senza sosta” (Sura 4:90).

La staranno già cercando, ora, per ammazzarla, le belve islamiste, e speriamo davvero che sia fuggita all’estero prima di condividere questo video, in cui a volto orgogliosamente scoperto sfida la tirannia. Lei, e quelli come lei, quelli che si riversano in strada insultando l’ayatollah Khamenei e quell’infernale macchina sterminatrice politico-religiosa che li opprime, stanno rischiando tutto. Mi gioco la vita, pur di non lasciare loro in mano la mia libertà. Sono questi, i ragazzi e le ragazze che dovrebbero prendersi le prime pagine oggi, a maggior ragione quelle dei giornali occidentali, dei nostri giornali, i giornali di quel mondo libero nel cui nome loro stanno conducendo la battaglia impari, la ragione contro le pallottole.

Invece, i quotidiani nostrani impiegano chili di carta nell’adorazione di queste cosiddette Sardine. Studenti e neolavoratori in preda al complesso non risolto da Erasmus, che manifestano in una democrazia contro l’opposizione, contro la sua stessa esistenza. Il ritratto della vacuità, nessuna proposta o nessun valore, anche basico, che non sia quello della Resistenza fuori tempo massimo contro l’ennesimo Duce immaginario (Salvini, prima era Berlusconi, prima ancora Craxi…). Giovanni Sallusti - Fonte

lunedì 18 novembre 2019

Qualcuno ha avvertito gli italiani del nuovo MES? Come mai la politica italiana tace?

Giusto occuparsi dell’acqua alta di Venezia e del reddito di cittadinanza. Ma i cittadini italiani sono stati informati sulle modifiche del MES che il Parlamento italiano dovrà ratificare? Lo sanno che, una volta che il parlamento avrà detto sì, tutti i titoli di Stato con durata superiore a un anno emessi a partire dal 2013 potranno essere modificati a piacere al fine di rispondere alle necessità dello Stato che emette il titolo? Non è che il Governo Conte bis è arrivato per questo?
Nell’assordante silenzio dei media, totalmente asserviti agli euroschiavisti dell’alta finanza globalista, sta per consumarsi la stretta finale del famigerato MES sulle libertà dei Popoli. Entro dicembre infatti il nostro Paese sarà chiamato ad esprimersi sulle modifiche al citato MES (Meccanismo Europeo di Stabilità lo chiamano…) proposte dalla UE. Proposte che, di fatto, esautorano la già abusiva Commissione europea attraverso l’istituzione di un “organismo commissariale” ancora superiore che, arbitrariamente, stilerà direttamente le leggi di bilancio dei vari Paesi europei e, come se ciò non bastasse, stabilirà autonomamente l’aliquota di contributo di ogni Stato al MES e questo senza che i singoli Stati possano nulla obiettare (l’Italia, attualmente, è già impegnata nel versamento di ben 125 miliardi di euro in 5 anni).
I “nostri” politici sanno di cosa si tratti? Ne dubitiamo fortemente.

domenica 17 novembre 2019

In difesa dei social

Ecco la Bestia, il social. È il nemico numero uno da abbattere, punire, imprigionare. I capi d’accusa sono ormai ossessivi: gli insulti sulla rete, l’odio diffuso, il razzismo, il sessismo e l’omofobia, le fake news, e poi la dipendenza, il narcisismo di massa, i furti d’identità e la psicopubblicità, l’istupidimento collettivo. Si minacciano sorveglianze e punizioni, occhiute commissioni anti-odio nel nome di Liliana Segre, operazioni di polizia telematica, censure, “retate” e oscuramenti. Ma oltre gli arcigni tutori del Politically correct, anche un osservatore liberale come Paolo Del Debbio sostiene in un libro, Cosa rischiano i nostri figli (ed. Piemme) che i social hanno un’impronta alienante, totalitaria, quasi demoniaca.
Geert Lovink, che ha fondato e dirige l’Istituto di Network Culture di Amsterdam, ritiene che i social siano il luogo triste in cui cresce “il nichilismo digitale”, come titola nella versione italiana il suo libro edito dalla Bocconi. Secondo Lovink il “popolo del presente” è in preda a un’allucinazione temporale, per dirla con Roland Barthes. Nell’epoca dei social, disagio, distrazione e depressione di massa sono virali. Il titolo originario del suo testo è dedicato alla tristezza, una tristezza tecnologica, programmata e somministrata dalla rete. Cadiamo nel vuoto e nella solitudine appena smettiamo di cliccare e navigare. Per dare un volto meno vago al Nemico, Lovink addita le piattaforme, come Google, Twitter, Instagram e Facebook, che imprigionano gli utenti dentro percorsi obbligati. E in particolare i loro agenti, i wistleblowers, le talpe che incanalano, irretiscono gli utenti. Per non dire della funzione nefasta degli algoritmi, in apparenza neutrali, ma in realtà usati e veicolati per controllare, invadere e reprimere la rete.

giovedì 14 novembre 2019

Impedite a Veneziani di andare in palcoscenico

Il due novembre scorso il Teatro Verdi di Padova ha aperto la sua stagione con Marcello Veneziani portando in scena 1919. I rivoluzionari, dedicato a quell’anno in cui nascque il fascismo, il partito popolare, l’italo-comunismo e ci fu l’impresa fiumana di d’Annunzio. Attori che recitavano testi di Marinetti, don Sturzo, Mussolini, Gramsci e d’Annunzio, musiche d’epoca e Veneziani che raccontava quegli eventi. Gran successo, “dieci minuti d’applausi” fa notare il presidente del Teatro Stabile Veneto, Giampiero Beltotto. Ma il Collettivo Attori Antifascisti, non sappiamo come altro definire il gruppo di attori che fa capo alla compagnia Anagoor, guidata da tale Simone Derai, ha avviato una raccolta di firme per contestare il teatro di aver chiamato “un controverso personaggio come Veneziani”.

martedì 12 novembre 2019

“Io sono Giorgia”, i compagni non ridono più: “E’ diventato un inno, non volevamo”

[..] “Volevamo fosse un inno Lgbt” 
«Il video di Giorgia Meloni al comizio in piazza San Giovanni a Roma del 19 ottobre era già tristemente virale per quello che diceva” dice uno dei due musicisti, molto vicini all’universo Lgbt “noi abbiamo voluto girarlo in chiave ironica e trasformarlo in un discorso a favore della comunità Lgbt. Adesso questa cosa si è persa, tanto la leader di Fratelli d’Italia lo ha rigirato a suo favore: però, d’altronde, fa parte del gioco. Comunque, il pubblico ha capito che volevamo prenderla per i fondelli»: quest’ultima frase, come si dice a Roma, è un po’ un “consolarsi con l’ajetto”, vale a dire accontentarsi di molto poco. Io sono Giorgia voleva essere il definitivo sberleffo borioso della comunità Lgbt; una volta persa questa qualità, e utilizzato in proprio favore dalla loro “bestia nera” (quella Meloni donna, madre, italiana, cristiana), gli arcobalenosi sono andati incontro ad una vera débacle social. [...] - Fonte

sabato 2 novembre 2019

Perché una Commissione per la prevenzione dell'odio "in generale" è un mostro giuridico

Con il pretesto di contrastare l’intolleranza e il razzismo, è stata istituita fra applausi scroscianti una commissione per la prevenzione dell’odio in “generale”.
Un comitato di controllo che si “impegna a livello nazionale contro l’odio in TUTTE le sue forme e in particolare contro l’hate speech”. Definizione di cui, lo stesso testo approvato dal Senato, dice esplicitamente “non esistere ancora una definizione normativa” di essere quindi di “difficile definizione” e pertanto [..] “suscettibile di applicazioni arbitrarie”. Ma nonostante i rischi connessi all’adozione di un provvedimento così generico, e quindi potenzialmente liberticida, si è voluto proseguire dritti, perché è ritenuto “fondamentale prevedere una norma che vieta OGNI forma di odio”.
Creando pertanto i presupposti (evidentemente con scientifica cognizione di causa) per la formazione di uno specifico reato aberrante: l’odio “generico”. Attraverso il quale sarà possibile perseguire penalmente qualunque manifestazione di dissenso nei confronti del potere costituito.
Una mostruosità giuridica, mascherata dagli alti valori democratici, degna dei peggiori regimi dispotici. Un attacco frontale a chiunque dissenta, sopratutto in un momento storico in cui si sta disvelando con tutta la sua potenza il conflitto di natura politico-economica fra governanti e governati.
Perché va ricordato ai plaudenti benpensanti che anche l’odio di classe è odio. E renderlo potenzialmente punibile significa stare dalla parte degli oppressori e non da quella degli oppressi.
Notizia del: 31/10/2019