lunedì 21 marzo 2011

L'Europa e le sue fondamenta

Il cardinale prefetto della Congregazione per il Clero ha presieduto, nella mattina di lunedì 21, presso l'abbazia di Montecassino, una messa in onore di san Benedetto, patrono d'Europa. Al rito, concelebrato dall'abate, dom Pietro Vittorelli, hanno preso parte il decano dell'abbazia anglicana di Westminster, John Hall, insieme a numerose autorità civili italiane, tra cui il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Gianni Letta, e il ministro Altero Matteoli. Pubblichiamo ampi stralci dell'omelia tenuta dal porporato.
di Mauro Piacenza



L'apporto che questo uomo, Benedetto, ha dato alla costruzione religiosa, culturale e civile dell'Europa è senza paragoni. Dovremmo giungere ad affermare, anche dal punto di vista della corretta critica storica, che nessuno ha fatto per l'Europa più di san Benedetto da Norcia e, per conseguenza, la sua persona, il suo stile, il suo pensiero, dovrebbero essere punti di riferimento imprescindibili per chiunque voglia parlare, occuparsi, lavorare e spendersi realmente per la buona causa dell'Europa. La verità di un servizio di guida e di governo di un popolo si misura esattamente su quanto esso sia capace di impedire le cadute del popolo stesso; cadute economiche, certo, ma soprattutto cadute culturali e morali, che sfigurano il volto del popolo e, al suo interno, corrompono gli individui.

L'idea che l'indebolimento culturale del popolo e della sua coscienza, strumentalmente ottenuto attraverso la corruzione dei costumi, sia uno strumento di potere e di controllo, è tanto falsa quanto pericolosa. Essa espone il popolo ai rischi più grandi e mente ai governanti sul reale significato del potere e del servizio, al quale essi sono chiamati.

La dignità della persona umana e i suoi irriducibili diritti, che lo Stato non costituisce ma è tenuto a riconoscere, derivano dall'altissima concezione che, dell'uomo, ha il cristianesimo, e di tale concezione san Benedetto è stato fedele discepolo e, perciò, impareggiabile maestro.

Nella vita di san Benedetto, il passaggio da Subiaco a Montecassino, nel 529, rappresenta una fase nuova della sua maturazione interiore e della sua esperienza monastica: egli passa da una profonda intimità con Dio, che lo ha radicalmente trasformato, alla coscienza che tale intimità, tradotta nell'esperienza monastica, domanda visibilità e riconoscibilità, perché a essa tutti possano guardare e da essa imparare. È l'inizio del ruolo pubblico del cristianesimo, così come andrebbe sempre correttamente inteso: mai confuso con il potere civile, come avveniva nell'epoca pagana, e mai segregato o confinato fuori dal vivere sociale, come talvolta si vorrebbe oggi.

Un solo esempio può descriverne il valore: il santo di Norcia sostiene che colui che detiene il potere, per essere in grado di decidere responsabilmente, deve saper ascoltare il consiglio dei fratelli, perché «spesso Dio rivela al più giovane la soluzione migliore» (Regola, III, 3). Un uomo di responsabilità pubblica deve sempre saper ascoltare e imparare da quanto ascolta. Deve saper ascoltare la storia, ascoltare gli uomini, ascoltare profondamente se stesso e, se credente, ascoltare costantemente la voce di Dio, che parla nella coscienza, nella rivelazione e nel magistero della Chiesa.

L'Europa è al centro di questa drammatica sfida: o riscopre la propria identità, necessariamente cristiana, o rischia semplicemente di non esistere più come Europa. La recente sentenza appena emessa -- (18 marzo 2011) dalla Corte di Strasburgo sulla esposizione obbligatoria del crocifisso nelle scuole pubbliche ha riconosciuto che tale esposizione, lungi dal costituire un «indottrinamento», manifesta l'identità culturale e nazionale dei Paesi di tradizione cristiana. Il crocifisso, che è il principio vivificante della immensa opera benedettina, è stato riconosciuto non solo come un principio unificatore dell'Italia, proprio nella coincidenza del 150° anniversario della sua unità politica, ma anche come un principio identitario al quale possono guardare i Paesi europei!

Ci ricorda il Santo Padre Benedetto XVI: «Per creare un'unità nuova e duratura, sono certo importanti gli strumenti politici, economici e giuridici, ma occorre anche suscitare un rinnovamento etico e spirituale, che attinga alle radici cristiane del Continente, altrimenti non si può ricostruire l'Europa» (Udienza generale, 9 aprile 2008). Se anche non si volessero riconoscere il ruolo fondamentale del cristianesimo e le conseguenti radici cristiane dell'Europa, per reale convincimento etico-religioso, lo si dovrebbe fare esercitando quella moralità nella conoscenza, che spinge ad amare la verità più di se stessi, riconoscendo la realtà del dato storico e la valenza culturale di un'identità etico-religiosa, senza la quale il vecchio continente rischierebbe realmente di perdersi.

Il contributo della cultura, della politica e della diplomazia italiane può e deve essere determinante per questa riscoperta e per la sua conseguente assunzione di responsabilità. Ne va del nostro futuro, del futuro dell'Europa, della possibilità, per le nuove generazioni, di vivere ancora nella libertà e in un contesto culturale, nel quale l'uomo non divenga mai mezzo, ma sia e resti sempre fine. In tale senso dobbiamo rallegrarci per la sentenza di Strasburgo.

Questa appartenenza a Cristo, questa radice ultima di tutti i valori positivi di unità e di pace, di sviluppo e di progresso, che le nazioni d'Europa avvertono come proprio patrimonio, domanda di essere riconosciuta, riscoperta e ricollocata alla radice dell'Europa. La sfida del multiculturalismo, che non di rado diviene anche multireligiosità, domanda di approfondire e dilatare le capacità di autentico dialogo. Dia-logo, appunto, «parola tra due»!

Ma con chi dialogheranno le altre culture, se l'Europa non avrà una propria identità? La mancanza di identità ha come drammatica conseguenza l'impossibilità del dialogo! Al contrario, la serena e continuamente purificata riscoperta della propria identità costituisce il presupposto più sicuro per approfondire continuamente quell'indispensabile dialogo, che permette alle differenti culture di convivere pacificamente nel rispetto più profondo della dignità di tutti gli uomini e, con essa, dell'autentica libertà religiosa.

La stessa democrazia, per poter vivere e funzionare, ha bisogno di una solida piattaforma di valori condivisi, senza la quale è semplicemente impossibile che i sistemi sociali funzionino. In Europa tale piattaforma di valori condivisi è indiscutibilmente fornita dal cristianesimo, sia dal punto di vista storico, sia dal punto di vista sociale. Non riscoprire le radici cristiane dell'Europa e addirittura ostacolarne in ogni modo la potente rifioritura, coincide, in realtà, con il mettere in pericolo la stessa democrazia, la quale, privata di una piattaforma di valori condivisi, può essere esposta ad ogni forma di aberrante degenerazione.

La Chiesa non cesserà mai, nell'ordine che le è proprio, di ricordare agli uomini, alle nazioni, agli Stati e ai loro governanti, l'urgenza e perfino la necessità della riscoperta di un reale umanesimo plenario. L'uomo non può e non deve, in alcun caso, essere strumentalizzato, per fini economici, politici o di potere. Egli è un fine, non un mezzo, e, dunque, l'economia, il diritto e la politica devono essere concepiti come indispensabili strumenti al servizio dell'uomo, del suo vero bene, del suo reale progresso, che coincide sempre con il bene comune. Di questo vero bene e reale progresso, è elemento indispensabile e condizione non negoziabile l'assoluto, integrale e moralmente vincolante rispetto della vita. Mai si era vista, in Europa, una così profonda degenerazione giuridica in tale fondamentale ambito.
(©L'Osservatore Romano 21-22 marzo 2011)

sabato 19 marzo 2011

Sentenza sul Crocifisso. Il più bel regalo per il 150 anni della Nazione

Questo un passaggio della sentenza con cui la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha difeso la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche italiane, accogliendo il ricorso del governo italiano contro una precedente sentenza della stessa corte.

“La Corte conclude dunque che, decidendo di mantenere il crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche frequentate dai figli della ricorrente, le autorità hanno agito entro i limiti dei poteri di cui dispone l’Italia nel quadro del suo obbligo di rispettare, nell’esercizio delle proprie funzioni in materia di educazione e d’insegnamento, il diritto dei genitori di garantire tale istruzione secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche; di conseguenza, non c’è stata violazione...”.
Il verdetto è stato approvato da quindici giudici contro due. I contrari sono stati lo svizzero Giorgio Malinverni e la bulgara Zdravka Kalaydjieva.

Il testo integrale della sentenza:

La sua sintesi in italiano:

E il commento del direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi:

“La sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo sull’esposizione obbligatoria del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche italiane è accolta con soddisfazione da parte della Santa Sede.

“Si tratta infatti di una sentenza assai impegnativa e che fa storia, come dimostra il risultato a cui è pervenuta la Grande Chambre al termine di un esame approfondito della questione. La Grande Chambre ha infatti capovolto sotto tutti i profili una sentenza di primo grado, adottata all’unanimità da una Camera della Corte, che aveva suscitato non solo il ricorso dello Stato italiano convenuto, ma anche l’appoggio ad esso di numerosi altri Stati europei, in misura finora mai avvenuta, e l’adesione di non poche organizzazioni non governative, espressione di un vasto sentire delle popolazioni.

“Si riconosce dunque, ad un livello giuridico autorevolissimo ed internazionale, che la cultura dei diritti dell’uomo non deve essere posta in contraddizione con i fondamenti religiosi della civiltà europea, a cui il cristianesimo ha dato un contributo essenziale. Si riconosce inoltre che, secondo il principio di sussidiarietà, è doveroso garantire ad ogni Paese un margine di apprezzamento quanto al valore dei simboli religiosi nella propria storia culturale e identità nazionale e quanto al luogo della loro esposizione (come è stato del resto ribadito in questi giorni anche da sentenze di Corti supreme di alcuni Paesi europei). In caso contrario, in nome della libertà religiosa si tenderebbe paradossalmente invece a limitare o persino a negare questa libertà, finendo per escluderne dallo spazio pubblico ogni espressione. E così facendo si violerebbe la libertà stessa, oscurando le specifiche e legittime identità. La Corte dice quindi che l’esposizione del crocifisso non è indottrinamento, ma espressione dell’identità culturale e religiosa dei Paesi di tradizione cristiana.

“La nuova sentenza della Grande Chambre è benvenuta anche perché contribuisce efficacemente a ristabilire la fiducia nella Corte Europea dei diritti dell’uomo da parte di una gran parte degli europei, convinti e consapevoli del ruolo determinante dei valori cristiani nella loro propria storia, ma anche nella costruzione unitaria europea e nella sua cultura di diritto e di libertà”.

La Santa Sede: una sentenza che fa storia

La Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo ha assolto l’Italia dall'accusa di violazione dei diritti umani per l'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche. La decisione della Corte è stata approvata con 15 voti favorevoli e due contrari. I giudici hanno accettato la tesi in base alla quale non sussistono elementi che provino l'eventuale influenza sugli alunni dell'esposizione del crocifisso nella aule scolastiche e non può essere dunque ritenuto un indottrinamento da parte dello Stato. Il servizio di Fausta Speranza:

Alla Corte Europea dei diritti umani di Strasburgo non ci sono altri gradi di giudizio e dunque si mette fine al dossier del caso 'Lautsi contro Italia'. Procedimento approdato a Strasburgo il 27 luglio del 2006: Sonia Lautsi, cittadina italiana nata finlandese, lamentò la presenza del crocifisso nelle aule della scuola pubblica frequentata allora dai figli, parlando di ingerenza incompatibile con il diritto ad un'educazione conforme alle convinzioni dei genitori non credenti. La prima sentenza della Corte (9 novembre 2009) diede, all’unanimità, sostanzialmente ragione alla signora Lautsi, riconoscendo una violazione da parte dell'Italia di norme sulla libertà di pensiero, convinzione e religione. Il Governo italiano ha chiesto il ricorso alla Grande Chambre della Corte, ritenendo la sentenza 2009 lesiva della libertà religiosa individuale e collettiva come riconosciuta dallo Stato italiano. La Grande Camera, accettata la domanda di rinvio, ha emesso oggi la sua decisione definitiva. Nel merito dei contenuti giuridici, il ministro degli Esteri italiano, Frattini, ha organizzato nei mesi scorsi una serie di riunioni dedicate alla riflessione sulle argomentazioni da utilizzare nel ricorso sulla sentenza Lautsi. Ha poi scritto ai suoi omologhi dei 47 Stati membri del Consiglio d'Europa una lettera esplicativa della posizione italiana e ha trovato l’appoggio formale, davanti alla Corte, di San Marino, Malta, Lituania, Romania, Bulgaria, Principato di Monaco, Federazione Russa, Cipro, Grecia e Armenia. Dunque la vittoria oggi non è solo dell’Italia ma anche di questi Paesi e di tutti coloro che ritenevano assurdo imporre la rimozione del crocifisso dalle aule scolastiche. Resta da ricordare che parliamo della Corte che fa capo al Consiglio d’Europa, cioè l’organismo a 47 Paesi distinto dall’Unione Europea.

Sulla sentenza della Grande Chambre della Corte Europea dei diritti dell’uomo ecco la dichiarazione del Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, P. Federico Lombardi.

La sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo sull’esposizione obbligatoria del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche italiane è accolta con soddisfazione da parte della Santa Sede.
Si tratta infatti di una sentenza assai impegnativa e che fa storia, come dimostra il risultato a cui è pervenuta la Grande Chambre al termine di un esame approfondito della questione. La Grande Chambre ha infatti capovolto sotto tutti i profili una sentenza di primo grado, adottata all’unanimità da una Camera della Corte, che aveva suscitato non solo il ricorso dello Stato italiano convenuto, ma anche l’appoggio ad esso di numerosi altri Stati europei, in misura finora mai avvenuta, e l’adesione di non poche organizzazioni non governative, espressione di un vasto sentire delle popolazioni. Si riconosce dunque, ad un livello giuridico autorevolissimo ed internazionale, che la cultura dei diritti dell’uomo non deve essere posta in contraddizione con i fondamenti religiosi della civiltà europea, a cui il cristianesimo ha dato un contributo essenziale. Si riconosce inoltre che, secondo il principio di sussidiarietà, è doveroso garantire ad ogni Paese un margine di apprezzamento quanto al valore dei simboli religiosi nella propria storia culturale e identità nazionale e quanto al luogo della loro esposizione (come è stato del resto ribadito in questi giorni anche da sentenze di Corti supreme di alcuni Paesi europei). In caso contrario, in nome della libertà religiosa si tenderebbe paradossalmente invece a limitare o persino a negare questa libertà, finendo per escluderne dallo spazio pubblico ogni espressione. E così facendo si violerebbe la libertà stessa, oscurando le specifiche e legittime identità. La Corte dice quindi che l’esposizione del crocifisso non è indottrinamento, ma espressione dell’identità culturale e religiosa dei Paesi di tradizione cristiana. La nuova sentenza della Grande Chambre è benvenuta anche perché contribuisce efficacemente a ristabilire la fiducia nella Corte Europea dei diritti dell’uomo da parte di una gran parte degli europei, convinti e consapevoli del ruolo determinante dei valori cristiani nella loro propria storia, ma anche nella costruzione unitaria europea e nella sua cultura di diritto e di libertà.

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I vescovi europei: “un segno di buon senso, di saggezza e di libertà”

Grande soddisfazione dei vescovi europei per la sentenza della Corte europea sull’esposizione del crocifisso. Per il cardinale Péter Erdő, presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) si tratta di un segno “un segno di buon senso, di saggezza e di libertà”. Questa la sua dichiarazione:

“Esprimo soddisfazione per la sentenza della Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo emessa a seguito del riesame della sentenza del 3 novembre 2009 nel affare Lautsi c. Italie (requête n° 30814/06) circa l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche in Italia per la quale il Governo italiano aveva presentato ricorso il 29 gennaio 2010. L’odierna sentenza della Grande Camera, che ha ribaltato il verdetto della sentenza adottata in precedenza, è un segno di buon senso, di saggezza e di libertà. Il carattere definitivo di questa sentenza acquista un valore simbolico che va ben oltre il caso italiano come avevano testimoniate le numerose reazioni alla prima sentenza suscitate a livello europeo e mondiale. Oggi è stata scritta una pagina di storia. Si è aperta una speranza non solo per i cristiani, ma per tutti i cittadini europei, credenti e laici, che si erano sentiti profondamente lesi dalla sentenza del 3 novembre 2009 e che sono preoccupati di fronte a procedimenti che tendono a sgretolare una grande cultura come quella cristiana e a minare in definitiva la propria identità. Considerare la presenza del crocifisso nello spazio pubblico come contraria ai diritti dell’uomo sarebbe stato negare l’idea stessa di Europa. Senza il crocifisso l’Europa che oggi conosciamo non esisterebbe. Per questo motivo la sentenza è prima di tutto una vittoria per l’Europa. Sono in accordo con la Grande Camera quando lascia intendere che le questioni religiose debbano essere affrontate a livello nazionale da ogni Stato membro. Sono convinto che l’odierna sentenza contribuirà a dare fiducia nella Corte e nelle Istituzioni europee da parte di molti cittadini europei. Con essa, i giudici hanno riconosciuto che la cultura dei diritti dell’uomo non deve per forza escludere la civiltà cristiana.

Questa la nota della Comece (Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità europea):

“La Comece accoglie con favore il giudizio della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo sul caso Lautsi vs Italia. La Grande Camera della Corte Europea ha dichiarato il 18 marzo 2011 che la presenza dei crocifissi nelle aule delle scuole statali italiane non è contrario al diritto alla educazione. Questa decisione smentisce chiaramente la precedente sentenza del 2009 della Camera della Corte Europea. La Comece vede in questa decisione un riconoscimento del legittimo posto del cristianesimo nella pubblica piazza, nonché il riconoscimento della diversità delle tradizioni culturali in Europa. E' un fatto che in tutta Europa, vi è una varietà di modelli che regolano la questione su come trattare la religione e i simboli religiosi nelle scuole pubbliche e nella vita pubblica. Questa diversità è il risultato delle diverse tradizioni, identità e storie degli Stati membri, e risente del contesto dei diversi rapporti Chiesa-Stato. La Corte riconosce giustamente che l'assenza di un consenso europeo sulla presenza di simboli religiosi nelle scuole statali deve essere preso in considerazione per valutare questo caso. La presenza di un crocifisso nelle scuole non impedisce la trasmissione del sapere in modo obiettivo, critico e pluralistico. La presenza di questo particolare simbolo religioso mira piuttosto a trasmettere valori morali fondamentali nelle scuole pubbliche. In considerazione del principio cattolico della sussidiarietà, la Comece condivide l'opinione della Corte secondo cui il livello più appropriato per poter ragionevolmente valutare tali questioni, che sono profondamente radicati nella tradizione di un determinato paese, è quello nazionale. Il crocifisso simboleggia la crocifissione e la resurrezione di Gesù Cristo. I cristiani di tutte le denominazioni vedono quindi nella croce il simbolo dell'amore globale di Dio per tutta l'umanità. Per i credenti di altre religioni e anche per i non credenti, la croce può essere considerata come un simbolo di non violenza e resistenza alle ritorsioni, la sua esposizione al pubblico ricorda a tutti gli esseri umani il rispetto della dignità umana, un principio da cui sono stati derivati tutti i diritti fondamentali.

Soddisfazione anche del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei.

"Una sentenza importante, di grande buon senso e di grande rispetto per le argomentazioni che sono state presentate dal Governo italiano insieme ad un numero significativo di Paesi europei che hanno condiviso questa posizione del Governo Italiano" afferma il porporato, come rileva il Sir. Intervenuto al termine della Messa per il Mondo del Lavoro che si è svolta ieri pomeriggio nella Cattedrale di Genova, il cardinale ha spiegato che sono state prese "in considerazione serie argomentazioni" che "sono state riconosciute nella loro validità e questo è un segno molto positivo e apprezzabile". "Dall'altra parte - ha proseguito il porporato - c'è la libertà della religione, sia nel suo esercizio interiore, che nel suo esercizio pubblico, nei suoi simboli, soprattutto il crocifisso, che, come è noto, rappresenta ed esprime una concezione, un insieme di valori ampiamente condivisi dalla cultura e dall'antropologia occidentale che hanno nella dignità della persona, nella cultura dell'amore del dono del sacrificio della dedizione quindi della solidarietà un punto fondamentale". "Questa sentenza - ha concluso il card. Bagnasco - è un passo importante anche dal punto di vista giuridico perché afferma e rispetta anche il principio giuridico dei singoli dei Paesi e delle singole tradizioni dei Paesi europei".

Anche il presidente della Conferenza episcopale tedesca (Dbk), mons. Robert Zollitsch, ha espresso soddisfazione per la decisione della Grande Camera della Corte europea per i diritti dell'uomo, che ha assolto l’Italia dall’accusa di violazione dei diritti umani sulla questione del crocifisso nelle scuole. La Corte – riferisce il Sir - ha dimostrato “sensibilità per il significato della Croce come simbolo religioso e culturale”. “Per l’identità dell’Europa nel suo complesso e dei singoli Paesi europei - ha affermato mons. Zollitsch - è fondamentale poter conservare e trasmettere i propri valori e tradizioni”. Infatti, “la Croce è simbolo in modo particolare della cultura europea e dei suoi valori, forgiata in modo sostanziale dall’influsso cristiano. Essa simboleggia ad esempio la pace, l’umanità, la solidarietà e i diritti umani, ineludibili anche per la democrazia secolare”. “Se non vuole perdere la propria identità, lo Stato deve poter riconoscere i propri valori, radici e tradizioni, ovviamente senza imporre una religione ad alcuno. La Croce nelle aule scolastiche è un’espressione discreta del riconoscimento dello Stato della propria identità, dei propri valori e delle proprie radici”, ha concluso mons. Zollitsch, sottolineando che la sua presenza nelle scuole “non prescrive né costringe alcunché” a chi non è di fede cristiana.

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