martedì 28 febbraio 2012

L'Unione Europea: una banda di briganti?

Quante volte abbiamo sentito dire che la democrazia è il valore supremo e che non esistono princìpi assoluti al di sopra della costituzione e delle leggi dello Stato? Lo si è ripetuto in occasione della morte dell’ex Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, canonizzato come l’uomo politico che sempre affermò il primato del “vangelo” costituzionale.

Intervistato da Vittorio Messori, Scalfaro difese la firma apposta nel 1978 alla legge abortista dall’allora Capo dello Stato Giovanni Leone, dal Presidente del Consiglio Giulio Andreotti e dai ministri competenti, tutti democristiani, sostenendo che essi «non potevano far altro che firmare» perché, in democrazia, il rispetto della legge era «un atto dovuto» (Inchiesta sul cristianesimo, SEI, Torino 1987, p. 218).

Questa concezione del diritto, che nel XX secolo ha avuto il suo massimo teorico nel giurista austriaco Hans Kelsen (1881-1973), fonda la validità dell’ordinamento giuridico sulla pura “efficacia giuridica” della norma, ossia sul suo potere di fatto, negando l’esistenza di un ordine metafisico di valori che trascenda la legge positiva voluta dagli uomini.

Ma Benedetto XVI, nel suo discorso al Parlamento tedesco del 22 settembre 2011, ha criticato esplicitamente il positivismo giuridico di Kelsen, mostrando come proprio da questa impostazione siano discese le aberrazioni del nazionalsocialismo. Prima del potere della legge umana, esiste il vero diritto, che è la legge naturale scritta secondo le parole di san Paolo (Rm. 2, 14) nel cuore e nella coscienza di ogni uomo. «Dove vige il dominio esclusivo della ragione positivista – e ciò è in gran parte il caso nella nostra coscienza pubblica – ha affermato il Papa – le fonti classiche di conoscenza dell’ethos e del diritto sono messe fuori gioco. Questa è una situazione drammatica che interessa tutti e su cui è necessaria una discussione pubblica».

Benedetto XVI ha quindi ricordato una frase di sant’Agostino: «Togli il diritto e allora che cosa distingue lo Stato da una grossa banda di briganti?». Ciò avviene, ed è tragicamente avvenuto nel XX secolo, quando si separa, e poi si contrappone, il potere della norma alla legge naturale e divina. In questo caso lo Stato diviene lo strumento per la distruzione del diritto.
Per l’Unione Europea, come per le principali istituzioni internazionali, la fonte suprema del diritto è la norma prodotta dal legislatore. Nel corso degli ultimi decenni, in base a questo principio, i legislatori vanno sostituendo “nuovi diritti” soggettivi, dall’aborto al “matrimonio” omosessuale, ai tradizionali diritti dell’uomo, radicati su di una legge naturale oggettiva e immutabile.
Ma cosa accade quando un popolo sovrano, attraverso i suoi legislatori, produce una norma difforme non dalla legge naturale, ma dalla volontà di altri produttori di norma? Il caso si è posto quando, il 1° gennaio 2012, è entrata in vigore la nuova costituzione ungherese, approvata con la maggioranza dei due terzi dall’Assemblea Nazionale il 18 aprile 2011 e firmata il 25 dello stesso mese dal Presidente della Repubblica Pal Schmitt.

Coerenza vorrebbe che l’Unione Europea si inchinasse con reverenza di fronte alla produzione normativa voluta dalla stragrande maggioranza del popolo ungherese. È accaduto invece che l’UE ha annunciato l’apertura di una procedura d’infrazione nei confronti di Budapest per la svolta autoritaria che il governo di Viktor Orban avrebbe imposto con l’entrata in vigore della nuova Costituzione. «Non vogliamo – ha affermato il presidente della Commissione Europea José Manuel Durao Barroso – che l’ombra del dubbio infici il rispetto dei valori e principi democratici in nessun Paese Ue».

Ufficialmente i punti incriminati del nuovo testo ungherese sono tre: i limiti posti all’autonomia della Banca centrale, la riduzione dell’età pensionabile dei giudici e le restrizioni all’indipendenza dell’Autorità per la privacy. In realtà altre sono le vere accuse. Intervistato il 14 gennaio da Radio Vaticana, mons. János Székely, vescovo ausiliare di Esztergom-Budapest, ha dichiarato che gli attacchi di Bruxelles e di gran parte dell’opinione pubblica europea sono dovuti alla difesa della vita, del matrimonio e della famiglia affermati dalla nuova legge fondamentale del Paese.

La nuova Costituzione considera infatti la famiglia come «la base della sopravvivenza della nazione», affermando che «l’Ungheria proteggerà l’istituzione del matrimonio inteso come l’unione coniugale di un uomo e di una donna», e proclama che «la vita del feto sarà protetta dal momento del concepimento» . Una disposizione quest’ultima che, pur non andando a incidere direttamente sulla normativa sull’aborto, apre la possibilità di restringere la disciplina in materia, ricorrendo a un giudizio di costituzionalità.
Inoltre la costituzione si apre nel nome di Dio e lo stemma nazionale è centrato sulla Santa Corona e su Santo Stefano, simboli storici dell’eredità dell’Ungheria cristiana.

I mezzi utilizzati per colpire l’Ungheria sono di vario genere. In primo luogo lo strangolamento economico, esercitato attraverso i diktat della Banca Centrale Europea e del Fondo Monetario Internazionale e la pressione delle agenzie di rating. In Ungheria il debito pubblico è rimasto al livello del 75% del PIL e il tasso di disoccupazione non supera l’11%. Ma la BCE e il FMI rifiutano i prestiti e le agenzie Fitch, Standard & Poor’s e Moody’s Investors Service hanno declassato i titoli di Stato ungheresi dallo status “investment grade” a quello “junk”, ovvero di spazzatura.
In conseguenza, nel mese di gennaio, lo spread rispetto al Bund tedesco è arrivato a 850 punti, il fiorino ungherese è crollato, i tentativi del governo di immettere sul mercato europeo nuovi titoli di Stato sono falliti.

Al ricatto economico si aggiungono le minacce giuridiche. Il Parlamento europeo, attualmente presieduto dal socialista Martin Schulz, famoso per le sue intemperanze, è deciso a chiedere alla Commissione di impugnare davanti alla Corte europea la Costituzione e le leggi del governo Orbán, considerate in contrasto con i Trattati europei, fino ad attivare la procedura prevista dall’articolo 7 del Trattato di Lisbona che toglie il diritto di voto ai governi che non rispettano i principi fondamentali dell’UE.

Il tutto accompagnato da una violenta campagna di stampa denigratoria sul piano internazionale e da manifestazioni di protesta, promosse dai partiti di sinistra e appoggiate dalle ONG transnazionali e dall’ Istituto Eötvös, dello speculatore finanziario di origine ungherese George Soros.

Per parafrasare sant’Agostino e Benedetto XVI: una volta rimossa la legge naturale, che cosa distingue l’Unione Europea da una grossa banda di briganti?

Roberto di Mattei
su Radici cristiane, n.72

giovedì 23 febbraio 2012

UE: Grecia e Italia, unite come un tempo (ma nella rovina comune)?

La trasmissione Matrix di giovedì 16 febbraio 2012 si è svolta in uno scenario differente dal solito. Il conduttore, Alessio Vinci, era con i suoi ospiti in una bella terrazza a Piazza Sintagma ad Atene. Sullo sfondo, illuminati, il Parlamento greco e lo spettacolo del Partenone. Ogni tanto, si trasmettevano i disordini e le violenze di popolo che erano avvenute o stavano ancora avvenendo dall’altra parte della immensa piazza.

Gli ospiti erano in parte italiani (fra cui anche Tremonti), in parte politici, giornalisti e imprenditori greci che si alternavano, il tutto arricchito da tante interviste a persone comuni.

Fin qui tutto potrebbe sembrare abbastanza normale, anche la decisione di trasferirsi in Grecia, visto quello che sta accadendo lì. Ma è proprio questo il punto: quello che sta accadendo in Grecia, e di cui non abbiamo (come sempre) corretta notizia.

Dalla trasmissione è emerso infatti chiaramente che la situazione è incredibilmente più tragica di quello che sappiamo: da decine di migliaia di famiglie (tutte dell’ex ceto medio) senza più lavoro, a chi guadagnava mediamente 1200-1500 euro al mese e ormai (e sono la maggioranza) ne guadagna fra i 300 e 500 (un intervistato, alla domanda “come fate a sopravvivere?”, ha testualmente risposto: “semplice: non pago più nulla, eccetto il cibo di ogni giorno”); dai prossimi licenziamenti di statali (decine di migliaia) al fatto – da noi del tutto oscurato – che le banche hanno bloccato i bancomat e imposto un tetto per i prelievi (in pratica, i greci hanno perso l’utilizzo dei loro risparmi).

Quando si domandava agli intervistati di chi fosse la colpa di tutto questo, la risposta era univoca: della UE e in particolare della Germania, il cui scopo è la conquista economica del continente, preambolo al controllo politico.

Poi molti apportavano un’aggiunta, il cui concetto di fondo era il seguente: “non vi illudete voi italiani, quello che oggi sta accadendo a noi, accadrà a voi, perché chi provoca tutto questo ha le stesse identiche intenzioni nei confronti vostri, della Spagna, del Portogallo, dell’Irlanda, ecc.”.

Questa, che potrebbe sembrare una polemica “qualunquista” di gente arrabbiata, nel dibattito animato da Vinci è diventata in realtà la nota di fondo della serata. Vinci ha avuto il merito di non lasciarla cadere in omaggio al politicamente corretto, ma in realtà, con molto stile, l’ha tenuta al centro dell’attenzione.

E, ciò che è maggiormente interessante (e, ahinoi, sconcertante), fra gli ospiti nessuno ha negato tale eventualità, a partire da Tremonti (il quale, libero ora dagli incarichi politici, sembra aver riacquistato un poco la schiettezza del passato), che anzi ha rilanciato attaccando pubblicamente Mario Monti, ricordando che questi ebbe a dichiarare a settembre che l’Euro è una benedizione per l’Europa in quanto sta costringendo la Grecia a ritornare alla ricchezza reale!

Solo il giornalista Fubini del Corriere della Sera ha costantemente difeso Monti, la UE e in pratica i poteri forti (incolpando i greci della loro rovina), e ha cercato di smussare il fatto che vi sia questo pericolo per l’Italia. Ma la realtà è che alla fine questo senso di frustrazione generale, di consapevole paura di un “rischio Italia”, di sensazione della palese incapacità di gestione degli eventi (in quanto eterodiretti da forze che nessuno realmente controlla) ha dominato l’intera serata.

Pertanto, il messaggio che ne è passato è tanto “sotterraneo” quanto chiaro nella sua drammaticità: non solo non si può escludere, ma è realisticamente possibile, che anche in Italia, nei prossimi tempi, potrebbero avvenire licenziamenti di massa, riduzione a percentuali stratosferiche degli stipendi, e, chissà, magari… il blocco dei bancomat, come in Grecia.

Cosa succederà nei prossimi mesi? Ci aspetta la Grecia? E, se c’è questo pericolo, come rimanere inerti ad attendere la catastrofe, anestetizzati dai nostri parlamentari nullafacenti, burattini o burattinai che siano?
Massimo Viglione
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[Fonte: Corrispondenza romana, 22 febbraio 2012]

lunedì 6 febbraio 2012

Santa Sede, una donna rappresenterà l'Unione Europea

L'incontro in Vaticano con Benedetto XVI in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali

Il Papa ha ricevuto in udienza Laurence Argimont-Pistre, capo della delegazione dell’Unione Europea presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali. La diplomatica francese sarà l'ambasciatrice della Unione Europea presso la Santa Sede.

Nata a Clusaz (Alta Savoia) 59 anni fa, la nuova ambasciatrice dell'Ue presso il Palazzo apostolico è sposata ed ha tre figli.

Oltre il francese, parla inglese e spagnolo; conosce anche il tedesco, l'italiano ed il portoghese. Laureata in Diritto presso l'Università di Grenoble, ha svolto l'attività di Assistente giuridica per lo studio dei casi di diritto comunitario presso lo studio legale Linklater's & Paines a Bruxelles (1976-1978).

E' stata Docente di Politica commerciale presso l'Università autonoma di Barcellona nonché responsabile di corsi e di seminari presso l'Istituto Jean Monnet e presso l'Università centrale di Barcellona (1991-1995).

Funzionario della Commissione europea, si è occupata di politica commerciale dell'Ue ed è stata, poi, capo dell'Unità per l'India, il Nepal ed il Bhutan (2000-2005), capo dell'Unità per il Mercosur ed il Cile (2005-2007), e, da ultimo, ambasciatore, capo delegazione dell'UE presso l'Ocde e l'Unesco a Parigi (2007-2012).
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[Fonte: Vatican Insider]