sabato 11 luglio 2020

Stato di emergenza fino al 31/12? Il tentativo del tiranno di tirare a campare fino al semestre bianco

Conte ci aveva provato a maggio col Decreto Rilancio, ma Mattarella aveva sventato il colpo di mano. L’ex avvocato del popolo ci riprova adesso. Stiamo parlando del prolungamento dello “stato di emergenza” dichiarato il 31 gennaio dal Consiglio dei Ministri, che il premier vorrebbe prorogare sino al 31 dicembre, ovviamente su consiglio del Comitato tecnico-scientifico. Quello stesso Comitato che a fine aprile aveva detto che a giugno avremmo avuto centocinquantamila persone ricoverate in terapia intensiva. La realtà è che ad oggi abbiamo in tutta Italia 74 persone ricoverate in terapia intensiva e in parecchie regioni non vi sono nemmeno più contagiati. Inoltre, sono più che raddoppiati i posti letto in terapia intensiva e sono state scoperte terapie – si pensi alla cura del plasma – capaci di evitare in futuro le morti che vi sono state tra marzo e aprile. Anche l’eventuale presenza di focolai in autunno potrebbe essere gestita con mezzi ordinari e non più eccezionali. Insomma, non ci sono ragioni oggettive, documentabili, per dichiarare la prosecuzione dello stato di emergenza. La “seconda ondata” è al momento una invenzione politica pura e semplice.

Lo “stato di emergenza” non è previsto dalla Costituzione, ma dall’art. 5 della Legge n. 225 del 24 febbraio 1992, e può essere adottato nei casi previsti dall’art. 2 comma 1 lettera c) della legge medesima: “calamità naturali o connesse con l’attività dell’uomo che in ragione della loro intensità ed estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo”. Per proclamare lo stato di emergenza è sufficiente una delibera del Consiglio dei ministri, quindi senza alcun passaggio parlamentare. Il Parlamento interviene soltanto se la dichiarazione dello “stato di emergenza” avvenisse con decreto legge e quindi nel successivo passaggio di conversione in legge. Le opposizioni potrebbero perlomeno chiedere al governo di spiegare le ragioni della proroga. Ma il Governo se vuole può comunque prorogare con semplice delibera del Consiglio dei Ministri bypassando le Camere. Farebbe un torto al Parlamento e anche al Capo dello Stato, che se a maggio ne aveva sventato il tentativo (ma lì poteva farlo perché sul decreto-legge occorreva la sua firma), oggi – di fronte ad una delibera governativa -, non potrebbe intervenire. Difficile però che il Capo dello Stato condivida una tale decisione, dopo averla bloccata in condizioni che tra l’altro non erano ancora rassicuranti come le attuali. Prolungare lo stato di emergenza contro il Parlamento e contro il Presidente della Repubblica? Basterà un nuovo messaggio a reti unificate e la campagna di stampa favorevole di tutti i giornaloni a garantire il consenso a Conte, di fronte a quello che può essere definito un “colpetto di Stato”?

La dichiarazione dello “stato di emergenza” non prevede, di per sé, la necessaria adozione immediata di misure eccezionali, costituisce soltanto il fondamento giuridico affinché il governo possa adottare misure emergenziali nel periodo che ricade sotto la dichiarazione. Esattamente ciò che sta succedendo dal 31 gennaio fino al 31 luglio: dal primo decreto legge del 23 febbraio ai successivi Dpcm e decreti-legge in materia economica ed emergenziale. Da questa giungla di norme sono poi scaturite le cosiddette linee guida adottate da ciascun singolo ramo della Pubblica Amministrazione, dall’Università alla Giustizia, dalla Scuola agli uffici pubblici. Una serie di protocolli che differenziano da regione a regione e addirittura, in alcuni casi, da uffici ad uffici della stessa provincia. Norme su norme, sia di rango primario che secondario (in alcuni casi addirittura di rango interno alla PA), che derogano – talvolta illegittimamente – alla legislazione ordinaria. Una situazione d’emergenza che, stando ai decreti-legge emanati sinora, dovrebbe terminare appunto con la scadenza dello “stato di emergenza”: il 31 luglio.

Ma se il governo lo prorogasse fino al 31 dicembre, si verificherebbe una irragionevole sproporzione giuridica rispetto alla realtà dei fatti. La proroga dello “stato di emergenza” sino al 31 dicembre non avrebbe infatti soltanto lo scopo di prorogare il fondamento giuridico per poter eventualmente emanare nuovi decreti emergenziali di contenimento, ma quello di prorogare le norme emergenziali in vigore, per lo più derivanti da protocolli d’intesa e linee guida, quindi del tutto estranee alla legislazione ordinaria e sottratte al controllo del Parlamento. Facciamo due esempi: settori Giustizia e Università.

Nel primo caso tutti protocolli adottati da ciascun tribunale (ognuno fa di testa sua) che prevedono la chiusura precauzionale delle cancellerie e la telematizzazione dei processi (norme del tutto provvisorie e vincolate alla scadenza dello “stato di emergenza” fissato al 31 luglio) verrebbero prorogate sino al 31 dicembre, senza che nei fatti esista una situazione emergenziale. Nel secondo caso, quello dell’Università, la situazione è ancora più grottesca. Il Ministero tace, così molti Atenei hanno deciso – ciascuno in autonomia – di adottare linee guida valevoli anche per il prossimo anno accademico che prevedono in larga parte l’assenza fisica di studenti e professori dai luoghi dell’insegnamento e della ricerca. Il prolungamento dello “stato di emergenza” da parte del governo rafforza questa scelta degli Atenei, ma le conseguenze per l’Università pubblica saranno devastanti.

“Perché lo fai?”, cantava Marco Masini agli inizi degli Anni Novanta. Per mera precauzione? Tutt’altro. Il motivo è politico. Il prolungamento dello “stato di emergenza” fino al 31 dicembre ha lo scopo di saldare a Palazzo Chigi l’attuale premier e la maggioranza che lo sostiene, allontanando ogni ipotesi di crisi di governo e quindi di elezioni politiche anticipate. A settembre un esito favorevole delle elezioni regionali per il centrodestra potrebbe far traballare l’esecutivo, che col prolungamento dello “stato di emergenza” stipula un’assicurazione sulla vita. Il vero obiettivo di Conte è l’emergenza permanente, in modo da tirare a campare fino al semestre bianco che scatta a fine luglio 2021. Se il virus non c’è più non importa, basta ritirarlo fuori al momento giusto.

Tuttavia, come previsto dal comma 1-bis dell’art. 5 della Legge n. 225/1992, “La durata della dichiarazione dello stato di emergenza non può superare i 180 giorni prorogabile per non più di ulteriori 180 giorni”. Questo vuol dire che, in caso di proroga, non ve ne potrà essere un’altra. Ma attenzione. Nessuno può impedire all’esecutivo, ad esempio a metà gennaio del prossimo anno, di emanare una nuova delibera, non una proroga, ma uno “stato di emergenza” ex novo fino a luglio del prossimo anno. In inverno fa freddo e qualche polmonite un po’ più grave ci sarà sempre. Gli organi di informazione faranno il resto: governo e maggioranza giallo-rossa salvi fino all’elezione del prossimo Capo dello Stato (gennaio 2022). Ad essere fregato non è solo Salvini, ma un intero Paese. È infatti la democrazia ad essere sospesa per un anno e forse più. Stato di emergenza senza reale emergenza: il sogno del tiranno, l’incubo di milioni di italiani. Il bavaglio per altri sei mesi.
Paolo Becchi e Giuseppe Palma su Libero dell’11 luglio 2020.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Massimo Viglione:
L'Italia verso il totalitarismo sanitario. I responsabili

Un oscuro avvocato, pescato dal nulla, ha sospeso la democrazia e annientato la libertà personale, politica ed economica in Italia.
Al di là dei poteri finanziari sovranazionali che lo sostengono e a cui egli obbedisce come un cameriere, ciò gli viene consentito ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, anche oggi, anche domani e dopodoamni, dal sostegno parademocratico di due partiti ben precisi: PD e Cinquestelle, che sono minoranza elettorale nel Paese. E da una Opposizione inginocchiata (e in certi casi perfino complice).
Ma, anzitutto, non dimentichiamolo mai, da colui che secondo la Costituzione della Repubblica Italiana, sarebbe il garante della democrazia liberale e della libertà dei cittadini, ovvero il Presidente della Repubblica.
Il più silenzioso della storia. E chi tace acconsente.
Ricordo ancora quei geni della politica che trionfalmente elogiavano la sua elezione...
Che ognuno venga inchiodato vivo alla proprie responsabilità.
Ma l'inchiodamento principale deve essere quello di tutti gli italiani che hanno votato questi due partiti e che ancora li voterebbero, e che sostengono (anche con il comportamento personale) questo sistema di cose e quindi acconsentono complici alla fine della libertà e alla caduta in miseria.
Unicuique suum.
In ogni caso, c'è e ci sarà sempre chi a tutto questo si opporrà sempre e non lo dimenticherà. Mai.
Saremo sconfitti? Pagheremo caro l'amore per la nostra libertà? Verremo eliminati?
Beh, ricordate che saremo in compagnia di una immensa legione di gloriosi martiri ed eroi che in tutti i secoli cristiani si sono schierati con la Verità, e quindi con l'unica libertà possibile.
Tutti gli altri, sono, direttamente o indirettamente, silenziosi o rumorosi, attivi o passivi, dalla parte dei tiranni e degli aguzzini. E, se non si ravvedono, con loro finiranno.

Anonimo ha detto...

STATO DI EMERGENZA FINO AL 31/12? ECCO COSA NASCONDE
Conte ci aveva provato a maggio col Decreto Rilancio, ma Mattarella aveva sventato il colpo di mano. L’ex avvocato del popolo ci riprova adesso. Stiamo parlando del prolungamento dello “stato di emergenza” dichiarato il 31 gennaio dal Consiglio dei Ministri, che il premier vorrebbe prorogare sino al 31 dicembre, ovviamente su consiglio del Comitato tecnico-scientifico.
Quello stesso Comitato che a fine aprile aveva detto che a giugno avremmo avuto centocinquantamila persone ricoverate in terapia intensiva.
La realtà è che ad oggi abbiamo in tutta Italia 74 persone ricoverate in terapia intensiva e in parecchie regioni non vi sono nemmeno più contagiati. Inoltre, sono più che raddoppiati i posti letto in terapia intensiva e sono state scoperte terapie – si pensi alla cura del plasma – capaci di evitare in futuro le morti che vi sono state tra marzo e aprile.
Anche l’eventuale presenza di focolai in autunno potrebbe essere gestita con mezzi ordinari e non più eccezionali. Insomma, non ci sono ragioni oggettive, documentabili, per dichiarare la prosecuzione dello stato di emergenza. La “seconda ondata” è al momento una invenzione politica pura e semplice.
Lo “stato di emergenza” non è previsto dalla Costituzione, ma dall’art. 5 della Legge n. 225 del 24 febbraio 1992, e può essere adottato nei casi previsti dall’art. 2 comma 1 lettera c) della legge medesima: “calamità naturali o connesse con l’attività dell’uomo che in ragione della loro intensità ed estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo”.
Per proclamare lo stato di emergenza è sufficiente una delibera del Consiglio dei ministri, quindi senza alcun passaggio parlamentare. Il Parlamento interviene soltanto se la dichiarazione dello “stato di emergenza” avvenisse con decreto legge e quindi nel successivo passaggio di conversione in legge. Le opposizioni potrebbero perlomeno chiedere al governo di spiegare le ragioni della proroga.
Ma il Governo se vuole può comunque prorogare con semplice delibera del Consiglio dei Ministri bypassando le Camere. Farebbe un torto al Parlamento e anche al Capo dello Stato, che se a maggio ne aveva sventato il tentativo (ma lì poteva farlo perché sul decreto-legge occorreva la sua firma), oggi – di fronte ad una delibera governativa -, non potrebbe intervenire.

Anonimo ha detto...

STATO DI EMERGENZA FINO AL 31/12? ECCO COSA NASCONDE
Conte ci aveva provato a maggio col Decreto Rilancio, ma Mattarella aveva sventato il colpo di mano. L’ex avvocato del popolo ci riprova adesso. Stiamo parlando del prolungamento dello “stato di emergenza” dichiarato il 31 gennaio dal Consiglio dei Ministri, che il premier vorrebbe prorogare sino al 31 dicembre, ovviamente su consiglio del Comitato tecnico-scientifico.
Quello stesso Comitato che a fine aprile aveva detto che a giugno avremmo avuto centocinquantamila persone ricoverate in terapia intensiva.
La realtà è che ad oggi abbiamo in tutta Italia 74 persone ricoverate in terapia intensiva e in parecchie regioni non vi sono nemmeno più contagiati. Inoltre, sono più che raddoppiati i posti letto in terapia intensiva e sono state scoperte terapie – si pensi alla cura del plasma – capaci di evitare in futuro le morti che vi sono state tra marzo e aprile.
Anche l’eventuale presenza di focolai in autunno potrebbe essere gestita con mezzi ordinari e non più eccezionali. Insomma, non ci sono ragioni oggettive, documentabili, per dichiarare la prosecuzione dello stato di emergenza. La “seconda ondata” è al momento una invenzione politica pura e semplice.
Lo “stato di emergenza” non è previsto dalla Costituzione, ma dall’art. 5 della Legge n. 225 del 24 febbraio 1992, e può essere adottato nei casi previsti dall’art. 2 comma 1 lettera c) della legge medesima: “calamità naturali o connesse con l’attività dell’uomo che in ragione della loro intensità ed estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo”.
Per proclamare lo stato di emergenza è sufficiente una delibera del Consiglio dei ministri, quindi senza alcun passaggio parlamentare. Il Parlamento interviene soltanto se la dichiarazione dello “stato di emergenza” avvenisse con decreto legge e quindi nel successivo passaggio di conversione in legge. Le opposizioni potrebbero perlomeno chiedere al governo di spiegare le ragioni della proroga.
Ma il Governo se vuole può comunque prorogare con semplice delibera del Consiglio dei Ministri bypassando le Camere. Farebbe un torto al Parlamento e anche al Capo dello Stato, che se a maggio ne aveva sventato il tentativo (ma lì poteva farlo perché sul decreto-legge occorreva la sua firma), oggi – di fronte ad una delibera governativa -, non potrebbe intervenire.
Difficile però che il Capo dello Stato condivida una tale decisione, dopo averla bloccata in condizioni che tra l’altro non erano ancora rassicuranti come le attuali. Prolungare lo stato di emergenza contro il Parlamento e contro il Presidente della Repubblica? Basterà un nuovo messaggio a reti unificate e la campagna di stampa favorevole di tutti i giornaloni a garantire il consenso a Conte, di fronte a quello che può essere definito un “colpetto di Stato”?
La dichiarazione dello “stato di emergenza” non prevede, di per sé, la necessaria adozione immediata di misure eccezionali, costituisce soltanto il fondamento giuridico affinché il governo possa adottare misure emergenziali nel periodo che ricade sotto la dichiarazione.
Esattamente ciò che sta succedendo dal 31 gennaio fino al 31 luglio: dal primo decreto legge del 23 febbraio ai successivi Dpcm e decreti-legge in materia economica ed emergenziale. Da questa giungla di norme sono poi scaturite le cosiddette linee guida adottate da ciascun singolo ramo della Pubblica Amministrazione, dall’Università alla Giustizia, dalla Scuola agli uffici pubblici.

Anonimo ha detto...

....segue
Una serie di protocolli che differenziano da regione a regione e addirittura, in alcuni casi, da uffici ad uffici della stessa provincia. Norme su norme, sia di rango primario che secondario (in alcuni casi addirittura di rango interno alla PA), che derogano – talvolta illegittimamente – alla legislazione ordinaria. Una situazione d’emergenza che, stando ai decreti-legge emanati sinora, dovrebbe terminare appunto con la scadenza dello “stato di emergenza”: il 31 luglio.
Ma se il governo lo prorogasse fino al 31 dicembre, si verificherebbe una irragionevole sproporzione giuridica rispetto alla realtà dei fatti. La proroga dello “stato di emergenza” sino al 31 dicembre non avrebbe infatti soltanto lo scopo di prorogare il fondamento giuridico per poter eventualmente emanare nuovi decreti emergenziali di contenimento, ma quello di prorogare le norme emergenziali in vigore, per lo più derivanti da protocolli d’intesa e linee guida, quindi del tutto estranee alla legislazione ordinaria e sottratte al controllo del Parlamento.
Facciamo due esempi: settori Giustizia e Università.
Nel primo caso tutti protocolli adottati da ciascun tribunale (ognuno fa di testa sua) che prevedono la chiusura precauzionale delle cancellerie e la telematizzazione dei processi (norme del tutto provvisorie e vincolate alla scadenza dello “stato di emergenza” fissato al 31 luglio) verrebbero prorogate sino al 31 dicembre, senza che nei fatti esista una situazione emergenziale.
Nel secondo caso, quello dell’Università, la situazione è ancora più grottesca. Il Ministero tace, così molti Atenei hanno deciso – ciascuno in autonomia – di adottare linee guida valevoli anche per il prossimo anno accademico che prevedono in larga parte l’assenza fisica di studenti e professori dai luoghi dell’insegnamento e della ricerca. Il prolungamento dello “stato di emergenza” da parte del governo rafforza questa scelta degli Atenei, ma le conseguenze per l’Università pubblica saranno devastanti.
“Perché lo fai?”, cantava Marco Masini agli inizi degli Anni Novanta. Per mera precauzione?
Tutt’altro. Il motivo è politico.
Il prolungamento dello “stato di emergenza” fino al 31 dicembre ha lo scopo di saldare a Palazzo Chigi l’attuale premier e la maggioranza che lo sostiene, allontanando ogni ipotesi di crisi di governo e quindi di elezioni politiche anticipate.
A settembre un esito favorevole delle elezioni regionali per il centrodestra potrebbe far traballare l’esecutivo, che col prolungamento dello “stato di emergenza” stipula un’assicurazione sulla vita. Il vero obiettivo di Conte è l’emergenza permanente, in modo da tirare a campare fino al semestre bianco che scatta a fine luglio 2021.
Se il virus non c’è più non importa, basta ritirarlo fuori al momento giusto.
Tuttavia, come previsto dal comma 1-bis dell’art. 5 della Legge n. 225/1992, “La durata della dichiarazione dello stato di emergenza non può superare i 180 giorni prorogabile per non più di ulteriori 180 giorni”.
Questo vuol dire che, in caso di proroga, non ve ne potrà essere un’altra.
Ma attenzione.
Nessuno può impedire all’esecutivo, ad esempio a metà gennaio del prossimo anno, di emanare una nuova delibera, non una proroga, ma uno “stato di emergenza” ex novo fino a luglio del prossimo anno. In inverno fa freddo e qualche polmonite un po’ più grave ci sarà sempre.
Gli organi di informazione faranno il resto: governo e maggioranza giallo-rossa salvi fino all’elezione del prossimo Capo dello Stato (gennaio 2022). Ad essere fregato non è solo Salvini, ma un intero Paese. È infatti la democrazia ad essere sospesa per un anno e forse più.
Stato di emergenza senza reale emergenza: il sogno del tiranno, l’incubo di milioni di italiani.
Il bavaglio per altri sei mesi.
(Paolo Becchi e Giuseppe Palma)