Incomprensibile la soddisfazione del presidente del Consiglio Draghi per le conclusioni del Consiglio europeo sull'immigrazione. Al rinnovo dell'accordo con la Turchia di Erdogan e allo stanziamento di altri tre miliardi di euro da versare ad Ankara corrisponde, infatti, il nulla totale sul fronte del Mediterraneo centrale. Poche e generiche righe sulla Libia, nessun impegno concreto per bloccare le partenze, zero azioni risolutive per arginare il flusso incontrollato di immigrati. Risultato: l'Europa abbandona l'Italia al suo destino. Un clamoroso fallimento del nostro Governo che non può essere nascosto sotto il tappeto. Blocco navale, hotspot in Nord Africa per valutare chi ha diritto all'asilo ed equa distribuzione nei 27 Paesi Ue, rimpatrio dei clandestini: questa è l'unica strada che l'Esecutivo deve percorrere se vuole affrontare davvero l'emergenza immigrazione. Tutto il resto è propaganda. (Giorgia Meloni)
5 commenti:
Ricordo all'esimio dott. Draghi che il cardinale Mindszenty primate d'Ungheria ha passato quasi tutta la sua vita tra il carcere (Dove è stato anche torturato) e confino in ambasciata, per difendere i valori del vangelo di Cristo e della sua chiesa
"Subito dopo la discussa elezione di Biden alla Casa Bianca avevo scritto che gli Usa intendevano ripristinare il loro dominio ideologico sull'Europa (quello militare, ahimè, non l'hanno mai perso). Per raggiungere quest'obiettivo, devono rovesciare con rivoluzioni colorate efficacemente e provocatoriamente orchestrate, chi a questo dominio si oppone: l'Ungheria in primis. Entro il 2022 faranno di tutto per riuscirci. Hanno già organizzato una coalizione di tutti i partiti ungheresi, una specie di variante brancaleone, da opporre a Orbán alle elezioni del prossimo anno. Se cade Orbán, che ha certo dei difetti ma è l'ultimo baluardo contro lo strapotere liberal-globalista in Europa, finisce la speranza. Non dobbiamo permetterlo: #supportorbán Paolo Borgognone
Fabio Rampelli:
SE FICO MI AVESSE DATO IL TEMPO PER CONCLUDERE…
… Avrei detto che non solo l’Unione europea non ci aiuta a difendere i suoi confini meridionali, non solo così facendo ingrassa trafficanti di uomini, mafia, caporalato e cooperative rosse, ma avallando le politiche di sfruttamento del continente dirimpettaio, neo colonialiste e becero-neo-liberiste, lascia campo alla Cina comunista che si sta prendendo l’Africa. Pechino detiene già la gran parte delle cosiddette ‘terre rare’ con cui si fabbricano i sistemi informatici e digitali, così come le batterie e gli strumenti per l’energia rinnovabile. La cosiddetta transizione ecologica insieme alla digitalizzazione e al 5G su cui stanno puntando l’Italia e l’Europa, ci sottometteranno definitivamente a un regime comunista, una nazione in cui non esistono le libertà fondamentali, già consultare in Tibet, agli Uiguri e a Hong Kong, nel silenzio dell’Occidente. L’unica energia pulita su cui si deve puntare è quella ‘sovrana’.
Ma come si fa a esporre una relazione in vista del Consiglio d’Europa, come ha fatto ieri Draghi, rimproverando giustamente Turchia e Russia (che non sono parte dell’Ue) del mancato rispetto di diritti umani, civili e politici, senza spendere una parola contro la Cina?
Avrei detto che sono indignato, ma forse il presidente della Camera, visto che il suo partito è stato sponsor e firmatario degli accordi sulla Via della Seta, e che il suo fondatore Beppe Grillo tuttora flirta con il dittatore Xijiping, mi ha tolto la parola perché non rimanesse agli atti del Parlamento una ben precisa accusa di commistione tra Governo italiano, Bruxelles e Pechino.
Giorgia Meloni al Corriere della Sera:
"Gentile direttore,
i suoi editorialisti di punta invitano a riflettere sulla «lezione» che offrono le ultime elezioni regionali francesi. Cogliamo volentieri l’invito. Il dato clamoroso è che il partito del presidente della Repubblica in carica, En Marche! di Emmanuel Macron — il fenomeno mediatico da anni acriticamente osannato dal circuito politico e mediatico di casa nostra— è sprofondato al 7% a livello nazionale. Ovviamente attestandosi su zero vittorie nei territori, a meno di un anno dalle elezioni presidenziali.
Ecco, credo che qualunque analisi politica sulla Francia dovrebbe partire da qui e dall’affermazione delle destre francesi. La destra gollista — trainata dai Repubblicani e da candidati indipendenti — si è attestata al 38% mentre quella del Rassemblement national di Marine Le Pen ha ottenuto oltre il 20%. La Francia è una Nazione che oggi per quasi il 60% vota per forze patriottiche, conservatrici e sovraniste. Segno di un disagio per lo strapotere tedesco in ambito Ue e nei confronti di una deriva globalista senza regole? Ci sarebbe piaciuto leggere qualche analisi a riguardo. Invece ci siamo ritrovati l’ennesimo articolo che ci parla di fascismo, questa volta a firma di Ernesto Galli della Loggia. La tesi sarebbe che la destra gollista e la destra lepenista non si alleano tra loro perché Marine Le Pen non avrebbe preso sufficientemente le distanze dalla collaborazionista Repubblica di Vichy del maresciallo Pétain e che analogo isolamento politico rischia Fratelli d’Italia perché non avrebbe chiarito a sufficienza i suoi rapporti col regime fascista.
Difficile rispondere a una tesi priva di qualsiasi appiglio con la realtà come questa. A partire dal fatto che la Le Pen non si è mai dichiarata simpatizzante di Pétain ma si definisce una «vera gollista». Le divergenze tra le destre francesi hanno infatti storicamente riguardato l’eredità del generale De Gaulle — di cui ciascuno si proclama depositario — assai più che le presunte nostalgie per il maresciallo Pétain.
L’auspicio è che il sistema francese possa evolvere dando rappresentanza politica a questo blocco prevalente di elettori alternativi alle sinistre.
Un contesto storico e politico molto diverso da quello italiano nel quale, dalla discesa in campo di Silvio Berlusconi e dalla nascita della Destra di governo in poi, i movimenti di centrodestra — esattamente al contrario dello scenario francese – non hanno mai avuto problemi ad allearsi in maniera virtuosa e trovare delle sintesi. E lo stesso vale oggi che il centrodestra, con tutte le sue preziose componenti, è sopra il 50%.
Galli della Loggia e molti altri analisti continuano a porci sempre le stesse domande sul passato, senza prendersi la briga di informarsi su tutto ciò che è già stato detto e fatto, al riguardo, dal nostro movimento. Questa volta ci viene chiesto di dire che la vittoria alleata del 1945 è stato un evento fortunato e positivo per l’Italia.
...segue
Temi già trattati nelle «tesi di Fiuggi» nell’ormai lontano 1995, che animarono il progetto politico di Alleanza Nazionale e della Destra di governo. In quell’occasione, una volta di più, si condannarono l’infamia delle leggi razziali e la sciagurata alleanza bellica dell’Italia mussoliniana con la Germania nazista, si riconobbe il ruolo storico della vittoria alleata a guida anglosassone per la costruzione della nostra democrazia. Perché la nostra prospettiva era, ed è, quella della storicizzazione e della pacificazione, della concordia tra gli italiani, del superamento delle fratture che hanno dilaniato il nostro popolo nel corso della storia d’Italia. Sono frammenti della nostra storia nazionale di fronte ai quali noi ci rapportiamo con la consapevolezza che spesso manca a chi continua a chiederci dimostrazioni di presentabilità. Noi riteniamo che il tempo degli esami del sangue nei confronti di Fratelli d’Italia e della Destra italiana sia terminato, da un bel po’. Oggi siamo proprio noi i più strenui difensori della democrazia, della sovranità popolare, della libertà di pensiero e di parola, dello stato di diritto. Anche nei confronti di una sinistra che ancora oggi è restia a condannare l’oppressione sovietica subita fino al 1989 dai nostri fratelli dell’Est Europa.
Fratelli d’Italia non ha scheletri nell’armadio, o aspetti opachi da chiarire. La nostra visione e il nostro messaggio sono chiari e trasparenti: essere il movimento dei patrioti italiani. La nostra missione è difendere il nostro interesse nazionale, le imprese e i posti di lavoro italiani, le nostre radici classiche e cristiane. In una diversa Unione Europea, che valorizzi i popoli europei e sia all’altezza delle grandi sfide della nostra epoca. Sempre più italiani ripongono le loro speranze in noi, guardando al futuro. E, alla fine, su questo ci giudicheranno".
*Giorgia Meloni, Presidente di Fratelli d’Italia
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