domenica 8 dicembre 2019

Salvini e Meloni da settembre schiacciano il piede sull’acceleratore, ma giocando di sponda.

La reginetta e il Capitone
C’è chi li offende, li ingiuria, li minaccia, c’è chi li vorrebbe appesi a testa in giù. I detrattori non fanno che sparare a zero su di loro per ridicolizzarli, sbeffeggiarli criminalizzarli con qualunque pretesto. I più accaniti sostenitori del ‘love&peace 3.0’ che predicano contro l’odio, ‘(in)coerentemente’ li… odiano. Ma quelli vanno avanti per la loro strada e nei sondaggi tengono, crescono, trionfano. Alla faccia di chi gli vuole male e di chi crede che basti appallottolare quattro insulti come le cartacce per averne ragione. Invece no. Più li attaccano più Matteo Salvini e Giorgia Meloni ne guadagnano. Non avendolo capito, nemici e avversari non devono poi essere così tanto intelligenti come vorrebbero far credere. Infatti rilanciano. C’è chi li dipinge come eversivi, chi ne contesta le piazze, chi li chiama fascisti, razzisti, xenofobi, oppure dà di gomito sulla pancia dell’uno e l’altezza dell’altra. C’è chi prova a sputtanarli via social, chi mette l’accento su ‘schiene lardose’ o ‘nocciole e Nutella’, chi li definisce i capipopolo di una massa di buzzurri ignoranti. Ma loro vanno avanti per la loro strada e nei sondaggi tengono, crescono, trionfano.

Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Dicevano gli anziani che “chi disprezza compra”, per invidia, interesse, timore. E in effetti chi li oltraggia ripropone in politica la favola di Esopo della volpe e dell’uva. Nella quale la volpe desidera ardentemente l’uva senza mai riuscire a raggiungerla e pur di non manifestare il proprio malcontento e non ammettere il proprio fallimento, comincia a disprezzarla, come tanti ‘politicanti’ che spacciano i due leader della destra italiana per ‘pattume politico’ solo per non dover prendere atto della propria incapacità e poter così continuare a ingannare se stessi e i loro elettori. Ma siccome la politica è fatta di mille percorsi, la coerenza di un leader sta nel porsi un obiettivo e centrarlo nel rispetto di chi crede in lui. Non pontificando dall’alto di un pulpito, ma accettando di scendere fra la gente, essere parte della gente. Ciò che Matteo e Giorgia a quanto pare fanno benissimo. Parlando con un linguaggio comprensibile a tutti, ironizzando su se stessi, ma senza farsi mettere i piedi in testa. Con storie e percorsi diversi, Giorgia e Matteo vanno avanti e inseguono il loro obiettivo, che non hanno mai perso di vista.

La Meloni, da quando si è affrancata da Silvio Berlusconi, ha rischiato in proprio e si è fatta eleggere con un suo partito creato a 40 giorni dal voto. Salvini si è assunto, invece, in prima persona il compito di resuscitare e modernizzare un partito troppo territoriale, scivolato al 4%, antico, maledettamente compromesso. E lo ha sospinto fino al 35%, diventando il vero interprete delle istanze dei più deboli, ai quali un sinistra accecata dai lucchichii dell’alta finanza ha voltato le spalle. Politicamente Meloni e Salvini sembrano per davvero fatti l’una per l’altro, con sottili differenze, sfaccettature ben definite che li rendono perfettamente compatibili e in grado di completarsi a vicenda. Tutti e due relativamente giovani, di carattere, sovranisti, patrioti, determinati a riaffermare i princìpi ai quali ricondurre un Paese allo sbando. Sono mediatici, molto rock, preparati, scaltri. E infatti Lega e Fratelli d’Italia tengono, crescono, trionfano. Meloni e Salvini sono a loro modo credibili e coerenti e chi lo nega o è cieco o è ipocrita. Sono due volti spendibili che lavorano per tornare alle urne il prima possibile e uscirne autosufficienti, per mettere in piedi un programma unico, un esecutivo coeso, un progetto serio e coincidente. Non impossibile visto che la Lega oggi è al 35%, Fratelli d’Italia al 10% e in crescita costante. Un bel 45% in due, al quale aggregare magari anche ciò che resta dei centristi, chi condividerà il progetto e cosa rimane di una Forza Italia che Silvio Berlusconi a 83 anni –incapace di crearle il futuro- vorrebbe fosse ancora ago di una bilancia dalla quale anche il suo elettorato lo ha già tirato giù.

Le gaffes e le viralità, le melonate e le salvinate, non sono mai state degli errori fatali. Vuoi fottere Salvini con la Nutella e col Papeete? Diventano punti di forza e simpatia. Vuoi fregare la Meloni con il re-mix dei comizi? Beh, il re-mix diventa una hit. E’ inutile girarci attorno: Giorgia rimane il volto presentabile della destra italiana, è intelligente, “è donna, è mamma, è cristiana” (per rifare il verso al re-mix) è ironica, sa essere simpatica ma se tira fuori le unghie sono dolori… perché piaccia o no è preparatissima e di schiaffi in faccia a chi voleva farle fare brutta figura ne ha rifilati abbastanza. Matteo è uno schiacciasassi, sa incassare e poi rifarsi a tempo debito (Giuseppi Conte ne sa qualcosa), in pochi anni si è preso la Lega, ha fatto fuori Bossi e i bossiani, Maroni e i maroniani, accetta chiunque ma non scende a patti, ha portato il partito sotto la linea del Po, cambiato colori e linguaggio, Statuto e il nome, traguardi e ideali (da separatista con Bossi, autonomista con Maroni, oggi la Lega è nazionalista e sovranista, convintamente e compiutamente). Infine si è circondato di un gruppo di nuovi dirigenti tutti giovani e molto capaci. Se lo provochi, lo inviti a nozze. E ti frega. E ancora, gli unici a non capirlo sono i suoi avversari politici e chi lo odia.

Salvini e Meloni da settembre schiacciano il piede sull’acceleratore, ma giocando di sponda. Gli altri li attaccano e loro portano a casa il punto. Salvini non si nega allo scontro frontale e punta il piatto al buio. Meloni è più moderata ma in 7 anni di vita di Fratelli d’Italia non si è mai spostata dalla mattonella sulla quale si era piazzata, ha tenuto la posizione, ha difeso quella mattonella, è diventata la destra attorno alla quale tocca agli altri ora girare. Tra una provola, un selfie, un saluto ai figli, Matteo e Giorgia aspettano lo striscione dell’ultimo chilometro per lanciare lo sprint. Senza pestarsi i piedi ma per arrivare davanti a tutti e senza bisogno di nessuno.  Difendendo il lavoro, la sicurezza, la tradizione, i valori smarriti. Una ama i gatti, l’altro le sagre. Chi da un salotto di Capalbio li prende per il culo perché assaggiano la porchetta e difendono il tricolore, ha dimenticato che fra la gente una volta ci stava la sinistra.  E che gli italiani si sentono ancora italiani. Giorgia e Matteo proseguono a braccetto. Gli fanno la guerra pseudo antifascisti che, in assenza di  fascisti, i fascisti li fanno loro, per poi  farsi chiamare democratici. Vorrebbero renderli impresentabili e invece così portano acqua al mulino sovranista e nazionalista.

Per sfotterli e delegittimarli hanno soprannominato la Meloni “Reginetta di Coattonia” perché frequenta periferie, coatti ed emarginati e Salvini “il Capitone” (per canzonare i salviniani che lo definiscono loro ‘Capitano’). Giorgia e Matteo ringraziano. E il popolo –che ama il capitone e ha un debole per le regine- sta con loro… (Salvatore Napolitano)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Gualtieri sul MES:"da Salvini una campagna terroristica."
Galli sul MES:"genererebbe distruzione di risparmio e impoverimento della popolazione senza precedenti nel dopoguerra." Per la cronaca, Galli non faceva il senatore con la Lega. Lo faceva con il PD.