Accanimento dei comunisti al governo contro gli italiani. Se il coprifuoco dalle 22 è stato confermato è solo per un motivo: preservare gli equilibri politici della maggioranza. Libertà fondamentali continuano ad essere lese arbitrariamente, con la scusa del Covid, solo per non darla vinta alla Lega. Fonti del Cts: mai consultati, è sempre stata “scelta politica”
Care ci costano la boccata d’ossigeno ai ristoratori, poter riaprire all’aperto in zona gialla, e le mini-riaperture dal 26 aprile, con mille assurde complicazioni, con limitazioni comunque maggiori rispetto allo stesso periodo del 2020, quando non c’erano i vaccini. Dunque, coprifuoco dalle 22 confermato e green pass, solo perché i comunisti al governo non potevano perdere la faccia e darla vinta alla Lega. “Non possiamo permetterci di dare l’idea che sia Salvini a dare le carte a 360°”, spiffera una voce 5 Stelle al sito Huffington Post.
In attesa del testo, non è ancora chiaro fino a quando sarà in vigore il coprifuoco dalle 22 alle 5: fino al 15 giugno, si evince dal comunicato ufficiale di Palazzo Chigi; almeno fino al primo giugno, visto che fonti di governo hanno parlato di un “tagliando” alle misure “dopo maggio” (il che vuol dire che solo dopo quella data potrebbe essere posticipato l’inizio di un’ora o due, o se va bene revocato). In ogni caso, l’incertezza rischiamo di pagarla cara: i turisti stanno decidendo in questi giorni dove andare in vacanza, non aspetteranno il “tagliando” del governo Draghi. La decisione di oggi rischia di compromettere la stagione estiva, dopo quella invernale, per uno dei settori più colpiti dalla crisi. E a proposito: è stata revocata la quarantena per i vaccinati che arrivano da altri Paesi?
La Lega si è battuta in Cdm perché l’inizio del coprifuoco venisse almeno posticipato alle 23, un’ora d’aria in più. Ma è un punto di principio: non si adotta una misura così lesiva delle libertà personali se non è più che provato un beneficio dal punto di vista epidemiologico. E gli studi in materia sono debolissimi, non ci provano nemmeno a stabilire una correlazione. Ormai abbiamo capito tutti che il coprifuoco dalle 22 è stato adottato per dare la “sensazione” dell’emergenza e reiterato per non dare il messaggio del “liberi tutti”. E oggi che la Lega è al governo persino un’ora di coprifuoco, dalle 22 anziché dalle 23, diventa un argine politico contro Salvini, sulla pelle di 60 milioni di persone.
Ma se le forze politiche catto-comuniste, maggioritarie nel governo, si sono legate e si legano sempre di più ad una linea “chiusurista”, in opposizione alla Lega, e se la sopravvivenza del governo Draghi dipende dalla tenuta degli equilibri interni alla maggioranza, come potremo mai uscirne?
Proprio ieri sono trapelate dal Cts, raccolte dall’agenzia Agi, dichiarazioni pesantissime che, se confermate, dimostrerebbero come il coprifuoco sia stato fin dall’inizio una scelta al 100 per cento politica, dietro cui non c’è mai stata alcuna valutazione epidemiologica che la suggerisse per ridurre i contagi. Le fonti del Cts citate dall’Agi affermano che la conferma del coprifuoco dalle 22 non è un’indicazione del Comitato tecnico-scientifico, il quale addirittura non sarebbe mai stato consultato su questo specifico aspetto: “In realtà noi del coprifuoco non abbiamo mai parlato, è sempre stata una valutazione politica, non ci è mai stata sottoposta alcuna istanza in tal senso”. Come avvenne peraltro, viene fatto notare, quando fu istituito, ormai sei mesi fa.
A quanto apprende l’Agi, tra i tecnici serpeggia un certo malumore per l’attribuzione al Comitato dell’indicazione di mantenere il coprifuoco dalle 22. Tra le dichiarazioni più autorevoli, quelle dei ministri Gelmini e Patuanelli, che hanno parlato di decisione “ascoltando il Cts”, verrebbero quindi platealmente smentite.
In serata, la toppa del portavoce del Cts, Brusaferro (il cui nome compare nel caso del report Oms insabbiato), che non smentisce le fonti citate dall’Agi (valutazione politica, mai chiesto un parere), ma corre in soccorso del governo facendo sapere che il Comitato “ritiene opportuno che venga privilegiata una gradualità e progressività di allentamento delle misure di contenimento, ivi compreso l’orario d’inizio delle restrizioni di movimento”.
Insomma, per sei mesi libertà fondamentali sono state limitate per “scelta politica”, senza evidenze scientifiche e nemmeno un parere del Cts come pezza d’appoggio. Come definire un governo che arbitrariamente, senza alcuna motivazione fattuale, impone il coprifuoco a 60 milioni di cittadini? Non ce n’è abbastanza per mandare questo e il precedente governo davanti al Tribunale dei ministri? Non c’è un giudice in questo Paese? Non c’è un presidente della Repubblica? Non c’è una Corte costituzionale? Sì, ci sono, ma sono tutti poteri politicamente allineati alle forze catto-comuniste che da oltre un anno impongono misure liberticide, scaricano obblighi, divieti e costi del lockdown sui cittadini, per coprire i loro fallimenti nella gestione dell’emergenza. Fallimenti che hanno portato il nostro Paese al triste record di morti Covid per milione di abitanti.
Le ricostruzioni dello scontro di ieri nel governo che filtrano dalle agenzie di stampa sollevano anche, di nuovo, grandi preoccupazioni riguardo lucidità e correttezza istituzionale del presidente Draghi, se, come riportato, di fronte all’insistenza dei ministri leghisti per ridiscutere almeno l’orario di inizio del coprifuoco, posticipandolo alle 23, avesse opposto le decisioni ormai prese in “Cabina di regia”. Il Consiglio dei ministri può essere trasformato in sede di mera ratifica formale delle decisioni della “Cabina di regia”? Gli strappi istituzionali e costituzionali cominciano ad essere troppi.
Bene hanno fatto i ministri della Lega a non votare il decreto. Occorre chiedersi infatti se le mini-riaperture a partire dal 26 aprile valgano la torsione autoritaria di un coprifuoco per scelta politica e di un pass per gli spostamenti tra Regioni. C’è un limite? Ci sono principi non negoziabili? È stata tracciata una linea rossa? C’è un prezzo troppo alto da pagare per restare al tavolo del governo?
Su Atlantico Quotidiano avevamo messo in guardia fin dal marzo scorso: quando si lascia che un governo decida per decreto (spesso persino solo amministrativo) delle libertà fondamentali dei cittadini, per mesi, di fatto senza limiti, con la giustificazione di un’emergenza e sull’onda della paura, il rischio è che ci prenda gusto, e che dallo stato di necessità si passi presto al puro arbitrio per interesse politico. Ci siamo arrivati.
Anche l’altra misura chiave del nuovo decreto, il green pass che dà la possibilità a vaccinati, guariti e tamponati di muoversi liberamente nelle Regioni arancioni e rosse, presenta non poche criticità dal punto di vista giuridico, seri profili di incostituzionalità, e non è sostenuto da sufficienti basi scientifiche.
Con i criteri di inizio marzo, quindi nemmeno due mesi fa, la maggior parte delle Regioni sarebbe già oggi in zona gialla. È ragionevole presumere che tra qualche settimana, a criteri vigenti, con l’aumento dei vaccinati e la bella stagione, tutte le Regioni si trovino come minimo in zona gialla. Dunque, perché introdurre proprio ora un pass per
recarsi nelle Regioni arancioni o rosse? Il sospetto è che si intendano modificare nuovamente i criteri, per fare in modo di non avere mai tutto il Paese in zona gialla.
Ricordiamo che lo scorso anno, dal 18 maggio, bar e ristoranti hanno potuto riaprire sia all’interno che all’esterno, con regole di distanziamento. Quest’anno, invece, potranno servire i clienti all’interno dal primo giugno e solo a pranzo. Anche in zona gialla resteranno in vigore, almeno fino al 15 giugno, limitazioni agli spostamenti verso le abitazioni private altrui, mentre nel 2020 furono cancellate a partire dal 18 maggio. Insomma, dopo mesi di chiusure e di vaccinazioni, andiamo incontro ad una primavera e ad un’estate con maggiori restrizioni dello scorso anno, quando nonostante i profeti di sciagure l’estate trascorse senza ecatombe – a meno di non voler spiegare la risalita dei contagi a inizio ottobre con due mesi di incubazione… All’aperto il contagio è molto improbabile e in estate il virus perde forza. In più, quest’anno abbiamo i vaccini. Quindi non c’è motivo per misure più restrittive.
Tornando al pass interregionale, che ci fa tornare indietro all’Italia pre-unitaria (altro che Schengen!), finché il governo non è in grado di offrire a tutti i cittadini adulti, indistintamente, un vaccino, è discriminatorio, incostituzionale. Inoltre, ci sarebbero discriminazioni anche tra vaccinati: con Johnson&Johnson si avrebbe il pass subito, con Pfizer o Moderna dopo minimo tre settimane dalla prima dose; con AstraZeneca dopo tre mesi. Se poi si è giovani, se ne riparla in autunno…
Il pass ha validità 6 mesi, quindi chi è stato vaccinato a gennaio o febbraio lo vedrebbe scadere alla fine dell’estate. Cosa dovrebbe fare? Rivaccinarsi dopo solo 6 mesi? Tamponi ogni due giorni fino al prossimo vaccino? E chi viaggiava tra Regioni anche arancioni o rosse per esigenze di lavoro, salute o necessità, solo con autocertificazione, si vedrà costretto ad un nuovo adempimento? Dovrà fare tamponi ogni due giorni se non è vaccinato?
Discriminazioni e difficoltà pratiche che non possono essere giustificate con lo scopo di impedire il contagio, o che quanto meno appaiono sproporzionate: non è certo infatti che una persona vaccinata non possa contagiare (anzi pare che la trasmissione del virus resti possibile) e il tampone fino a 48 ore prima non garantisce che il soggetto non si positivizzi prima, durante o subito dopo lo spostamento.
In ultimo, prendiamo la scuola. Dopo oltre un anno di pandemia, protocolli, chiusure più prolungate di qualsiasi altro Paese avanzato, banchi a rotelle, siamo ancora al “non tutte le aule possono accogliere il 100 per cento degli studenti”. Anche qui siamo allo scaricabarile. Il governo dice di riaprire al 100 per cento in presenza, ma i presidi sostengono di non poter garantire ovunque il rispetto dei protocolli, che prevedono minimo un metro di distanza tra gli studenti. Chi avrà ragione? Se è vero quanto sostengono sindacati e presidi, cioè dopo un anno di pandemia non tutte le scuole sono poste nelle condizioni di rispettare i protocolli di sicurezza, allora qualcuno dovrebbe cominciare a risponderne, qualche testa dovrebbe cominciare a saltare. Se non è vero, o si tratta di casi isolatissimi, allora bisogna pensare ad una patetica scusa per non tornare a insegnare in presenza.
Ebbene, pare che in questo caso le decisioni prese in Cabina di regia, e le stesse parole del premier Draghi in conferenza stampa, si siano potute rivedere: le scuole superiori, che in zona gialla e arancione avrebbero dovuto fare lezioni in presenza al 100 per cento, potranno ridurre la presenza fino al 70 per cento, a discrezione dei presidi. Fonte
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