lunedì 6 aprile 2020

Sciogliamo il Mes e coi soldi ricapitalizziamo la Bei

Su segnalazione di Antonio Maria Rinaldi, che la giudica un'idea fattibilissima per non essere più schiavi.

Una proposta per affrontare subito l'emergenza e schivare i rischi del Fondo Salva Stati
Dopo che le Istituzioni europee hanno tardivamente ammesso di aver sottovalutato l’emergenza sanitaria-sociale-economica nell’eurozona a causa della pandemia, in queste ore si moltiplicano le proposte finanziarie per dare sostegno ai paesi membri più colpiti.
Tali proposte, per quanto noto finora, già si preannunciano come assolutamente inadeguate, per modalità (prestiti con onere di restituzione sia degli interessi che delle quote di ammortamento del capitale) e entità (entrano in gioco decimali di PIL, per ciascuno Stato, laddove la recessione minaccia di essere di decine di punti di PIL). Così, l’attivazione “light” del MES, cioè senza o… “quasi senza” condizionalità, è un mero espediente di marketing politico, perché le condizionalità, per il Trattato, devono inderogabilmente essere rigorose e la Germania e i paesi “satelliti” non accetterebbero mai un compromesso sulla sostanza del rigore condizionale, ma al massimo una mera formula di facciata; poi, l’emissione di euro-bond con non meglio specificate garanzie comuni, per l’occasione denominati corona-bond (forse…), di cui non si conosce quale sarebbe l’organismo emittente, stante il divieto alla loro emissione finora ritenuto vigente in base all’art.125 TFUE (dalla stessa Corte Ue).O, ancora, il SURE apposito fondo europeo contro la disoccupazione che, sempre secondo le intenzioni dei promotori, attraverso 25 miliardi di garanzie volontarie dei paesi membri consentirà di finanziare le rispettive casse integrazioni. Ma ciò ricorrendo al consueto schema oneroso, per cui il fondo finirà, in definitiva, per restituire a ciascun Stato aderente tanto quanto (se gli va bene) ha versato come contribuzione (o “garanzia” pubblica immediatamente attivabile), dandosi comunque luogo ad una forma di prestito con rimborso di interessi e quote di capitale (il che rende più conveniente, per il singolo Stato, finanziarsi direttamente mediante i propri titoli del debito pubblico, rinnovabili alle scadenze e, comunque, attualmente acquistabili dalla BCE nell’ambito del suo programma di acquisti straordinario).
Infine, La BEI, anche agendo nel quadro dell’attuale delibera, attiverebbe, tra “leva” e “cofinanziamento” (da parte di istituti bancari privati), pretesi 40 miliardi di liquidità (rendendo disponibili impegni propri solo per circa la metà); e questi 40 miliardi, al massimo, varrebbero per tutte le imprese dell’Unione e a fronte di una crisi la cui entità si sta già misurando a decine di punti di caduta degli indici PMI (essendo oltretutto, per capirsi, il PIL dell’intera UE pari a circa 16.000 miliardi euro). Un ammontare assolutamente inadeguato e irrealistico; come irrealistico, e anzi surreale, - rispetto alle esigenze della crisi che si stanno manifestando -, è l’insieme delle misure che abbiamo sopra riassunto.

Ma, ove mai si registrasse una convergenza di realismo e volontà cooperativa nell’Unione (e nei paesi “dominanti”, prima di tutto), l’intervento della BEI potrebbe invece esplicarsi utilmente, sfruttando il suo essere, contemporaneamente, organismo dell’Unione (e non della sola area euro: art.308 TFUE) e “banca” di credito speciale (art.1 Statuto), ma anche, in sostanza, un “ente creditizio di proprietà pubblica” ai sensi dell’art.123 TFUE (sopra visto). Apportate le modifiche alle norme statutarie sopra segnalate, che limitano la capacità operativa della BEI, sia per le quantità che per le modalità di erogazione, il primo passo che andrebbe adottato sarebbe quello di “convertire” in capitale della BEI, il capitale sottoscritto (da non confondersi con il versato) del MES, pari a (teorici) 704,8 miliardi.

Il MES, come riportano i giornali di tutto il mondo (in testa lo stesso Financial Times), vede oggi tutti i paesi aderenti che lo considerano con timore e titubanza, vista l’esperienza della Grecia.

Inoltre, la vera “ratio” della modifica dell’art.136 (par.3) del trattato su cui si fonda l’istituzione del “meccanismo”, era quella di stabilizzare l’area euro di fronte agli squilibri commerciali (e finanziari) asimmetrici determinati dalle differenze di competitività cumulatesi nel primo decennio di vita dell’euro. Una finalità che lo rende statutariamente inidoneo e inutilmente punitivo, con le sue condizionalità fortemente pro-cicliche, a gestire l’attuale eccezionale crisi.

A fronte dell’assoluta emergenza che si sta profilando, dunque, il MES nella forma attuale potrebbe essere (rapidissimamente) liquidato – e semmai trasformato in qualcosa di diverso e meno penalizzante per la crescita - e il capitale netto sottoscritto, nella parte non funzionale alla liquidazione (che interessa crediti verso gli Stati per circa 80,5 miliardi finanziati con emissione di obbligazioni in misura sostanzialmente corrispondente), potrebbe sommarsi, all’interno della BEI, al capitale già sottoscritto di quest’ultima (abbiamo visto pari a circa 240 miliardi).

Se si mutasse l’attuale moltiplicatore del 250%, usato per porre un tetto gli impegni assumibili dalla BEI, portandolo ad es; al doppio, cioè al 500% (leva che, in caso di “piano epocale di ricostruzione” di un continente non sarebbe particolarmente “azzardata”) - o anche più -, ciò consentirebbe di poter chiedere ai mercati (o, come, vedremo, a “qualunque” finanziatore) provviste estremamente elevate, evidentemente nell’ordine delle migliaia di miliardi di euro, da poter mettere a disposizione dei paesi dell’eurozona in funzione della percentuale di afferenza al capitale (l’Italia, attualmente, vanta una quota del 16,2% del capitale).

I tassi offerti sarebbero praticamente omogenei essendo unico emittente mentre l’utilizzo della liquidità potrebbe essere previsto secondo un protocollo condiviso che supererebbe sia le enormi difficoltà poste dal “riformando” MES, che gli attuali limiti di titolo di prestito erogabile con le procedure ora seguita dalla BEI per Statuto. Oltretutto, le tipologie di investimenti per cui può operare, previste dall’art.309 TFUE (par.1, lett. a) b) e c)), ricorrono tutte insieme nel tipo di crisi simultanea e generalizzata imposta dal lockdown. Sicché una semplificazione procedimentale nell’erogazione del credito, sarebbe agevolmente operabile con delle opportune modifiche dello Statuto.

All’interno dello stesso, poi, si può prevedere “l’argomento forte” di tutta l’operazione: e cioè valorizzare e meglio specificare l’art.14, par.2 dello Statuto, sulla collaborazione della BEI con “gli istituti bancari e finanziari” dei paesi in cui opera. Un’utile specificazione dovrebbe esplicitare il coordinamento con la Banca Centrale Europea, nell’ambito delle operazioni di finanziamento emergenziale in caso di grave crisi economica estesa a tutta l’eurozona.

Come abbiamo già detto, la BEI, potendosi considerare un “ente creditizio di proprietà pubblica”, a norma dell’art.123, par.2, TFUE, non è soggetto al divieto di acquisto diretto dei titoli emessi posto dall’art.123, par.1; e ciò “nel contesto dell’offerta di liquidità da parte delle banche centrali”.

In sostanza, la BEI, per la quantità di obbligazioni emettibili con l’effetto leva determinato dall’accresciuta capitalizzazione qui ipotizzata, potrebbe vedersi lecitamente finanziata all’emissione dalla BCE (è questione di… buona volontà e buona fede, viste le prassi già attualmente seguite). In questa ottica di coordinamento tra BEI e BCE, la prima funzionerebbe, sia pure in modo non “specializzato”, in modo analogo agli special vehicles federali, messi in campo negli USA per intermediare un sostanziale finanziamento diretto della Fed ai vari settori industriali. La BEI, pertanto, potrebbe (ripartendo i prestiti pro-quota di partecipazione di ciascun paese al suo capitale) finanziare a tassi pari o prossimi allo zero, e con scadenze lunghissime (70 e più anni), le imprese non finanziarie impegnate nella ripresa industriale e occupazionale del post epidemia.

Tutto sta, appunto, nel trovare un accordo di reciproca convenienza e correttezza tra i paesi interessati: la procedura di modifica dello Statuto della BEI è prevista dallo stesso art.308 TFUE e si incentra su una deliberazione unanime del Consiglio Ue; lo stesso organo che potrebbe, contestualmente, prevedere una liquidazione o modificazione dell’ESM, e l’attribuzione alla BEI del suo capitale sottoscritto e versato (che altrimenti gli Stati contribuenti non rivedrebbero mai…).
Basta che ci sia un forte accordo politico e la coscienza di dover agire rapidamente, di fronte a un livello di recessione e di caduta degli scambi, che potrebbe travolgere l’intera Unione e la sua pericolante aspirazione a un “mercato unico”. 
Luciano Barra Caracciolo e Antonio Maria Rinaldi - Fonte

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Su @atlanticomag Federico Punzi a tutto campo: sul cattivo negoziato a Bruxelles (il “pacco” francotedesco) e sulla profonda lesione democratica in corso‬
‪http://www.atlanticoquotidiano.it/quotidiano/il-pacco-franco-tedesco-e-la-soluzione-finale-al-caso-italia-e-emergenza-democratica-non-voltiamoci-dallaltra-parte/‬

Anonimo ha detto...

Forse domani all'Eurogruppo ci sarà un nulla di fatto. Pare che Macron si sia accorto che se col Mes vanno in difficoltà le nostre banche, saltano anche quelle francesi.
Speriamo...
Unica soluzione senza condizionalità è l'elicopter money della Bce, oppure, in extrema ratio, "coronabond" con garanzia totale della BCE, senza limiti.
Giuseppe Palma

Anonimo ha detto...

I signori che hanno fatto fuori 11 milioni di Italiani e i loro seguaci tutti contro queste parole. Ricordo anche a lor signori che è la prima volta da 2000 anni che non si celebrerà la Pasqua. Inaudito!

"Non vedo l’ora che la scienza e anche il buon Dio, perché la scienza da sola non basta, sconfiggano questo mostro per tornare a uscire. Ci avviciniamo alla Santa Pasqua e occorre anche la protezione del Cuore Immacolato di Maria».
Sostengo le richieste di coloro che chiedono, in maniera ordinata, composta e sanitariamente sicura, di farli entrare in chiesa. Far assistere per Pasqua, anche in tre, quattro o in cinque, alla messa di Pasqua. Si può andare dal tabaccaio perché senza sigarette non si sta, per molti è fondamentale anche la cura dell’anima oltre alla cura del corpo. Spero che si trovi il modo di avvicinare chi ci crede. C’è un appello mandato ai vescovi di poter permettere a chi crede, rispettando le distanze, con mascherine e guanti e in numero limitato, di entrare nelle chiese come si entra in numero limitato nei supermercati. La Santa Pasqua, la resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, per milioni di italiani può essere un momento di speranza da vivere».
Matteo Salvini

Anonimo ha detto...

Decreto Liquidità

Vi spiego in breve la fregatura del prestito bancario dei 400 miliardi (la "potenza di fuoco" di Conte).

Una volta che autonomi ed imprese avranno ricevuto il prestito dalle banche, lo Stato potrà iniziare a chiedere loro il pagamento dei tributi, quindi questa colossale operazione potrebbe rappresentare una "partita di giro":
le banche concedono nel 2020 un prestito alle imprese con garanzia dello Stato, le imprese utilizzano i soldi del prestito per pagare i tributi di quest’anno e dell’anno prossimo, i soldi nel frattempo saranno finiti ma dal 2022 al 2028 resteranno comunque i sei anni di rate da pagare che lo Stato potrà in parte coprire con le imposte versate dalle imprese.

Una presa per i fondelli.

E’ pur vero che se l’imprenditore non paga le rate c’è lo Stato che paga per lui, ma è anche vero che – essendosi comunque reso moroso - finirà per essere segnalato in Crif e centrale rischi, pregiudicandosi l’accesso al credito per il futuro.
Auguri.

Giuseppe PALMA

Anonimo ha detto...

Claudio Borghi
Probabilmente Gualtieri non avrà il coraggio né di approvare né di mettere il veto definitivo al MES quindi rimanderanno.
Ad ogni modo ho scritto a @ESM_Press e p.c. a @mariofcenteno per informare che governo è in violazione di legge 234 2012 così art. 46 C. Vienna è disattivato

Traduzione:

Camera dei Deputati Roma, 7 aprile 2020 Al consiglio di amministrazione e ai revisori Meccanismo europeo di stabilità 6a, Circuit de la Foire Internationale, L-1347 Luxembourg Sin, desidero attirare la vostra attenzione su quanto segue. La legge italiana richiede che il Parlamento sia coinvolto in tutti i negoziati e accordi con istituzioni come il meccanismo europeo di stabilità (MES). L'attuale governo italiano non si attiene a tale statuto mentre sta negoziando e discutendo di un ricorso italiano al MES. Ne consegue che qualsiasi accordo concluso dal governo italiano con il MES sarebbe nullo per mancanza di potere di autorità e rappresentanza. Il consenso del governo italiano sarebbe in violazione del diritto interno italiano fondamentale e quindi non valido per mancanza di competenza. Ciò si applicherebbe a tutte le condizionalità presenti e future che potrebbero essere concordate. La presente comunicazione formale implica che non si tratterebbe di fare affidamento sulla dottrina dell'autorità implicita e sulla validità del consenso esterno contenuta nell'articolo 46 della Convenzione di Vienna del 1969 sulla legge dei trattati o su disposizioni analoghe presenti in altre norme e statuti di diritto internazionale. Senza pregiudizio. Cordiali saluti, Hon. Claudio BORGHI

Anonimo ha detto...

7 aprile - Sassoli escluso dal vertice Ue da Angela Merkel

Per capire quanto “pesa” il nostro Paese in sede europea basti pensare che il primo ministro olandese Mark Rutte e la cancelliera tedesca Angela Merkel avrebbero escluso il presidente del Parlamento europeo David Sassoli dai colloqui europei sulla crisi del coronavirus, secondo quanto riferito da El Pais. Per la precisione si tratterebbe di una teleconferenza svoltasi ieri tra i presidenti del Consiglio Europeo, Charles Michel, della Commissione Ursula von der Leyen, della Bce Christine Lagarde e dell’Eurogruppo Mario Centeno.

Secondo quanto riportato dal quotidiano spagnolo, David Sassoli sarebbe stato deliberatamente non invitato al vertice. Un’esclusione piuttosto umiliante non solo per l’Italia ma per l’istituzione che rappresenta i popoli dell’Unione europea, l’unica a essere eletta direttamente dai cittadini dell’Unione.

Spagna contro l’esclusione di Sassoli: “Non ci metteranno a tacere”
“Il leader dell’unica istituzione scelta dal suffragio universale è stato deliberatamente escluso ancora una volta dal forum incaricato di preparare la tabella di marcia per un piano di risanamento” osserva il quotidiano spagnolo. “Germania e Paesi Bassi hanno guidato l’esclusione di Sassoli”. Secondo la stampa spagnola, Angela Merkel avrebbe escluso Sassoli con il timore che il Presidente del Parlamento europeo spinga per i coronabond, ipotesi a cui Berlino si oppone. David Sassoli, durante un’intervista con l’emittente olandese Nos, ha infatti spiegato che il Mes non sarà sufficiente per risollevare l’economia: “Non possiamo escludere nessuna possibilità al momento: i dati di tutti i paesi ci dicono che avremo una perdita di potere economico estremamente significativa”, ha detto, sottolineando però che “tutti sappiamo quanto la nostra economia sia integrata: se crolla un paese” si avrà un effetto a catena anche su gli altri. “I finanziamenti allocati dal Mes non saranno sufficienti a garantire la ricostruzione”, ha aggiunto.

L’esclusione di Sassoli, secondo il quotidiano spagnolo, sarebbe dovuta proprio al timore che i presidenti finiscano per proporre cose che la cancelliera non potrebbe presentare al Bundestag, perché non verrebbero approvate. E il caso diventa politico: “Il Parlamento europeo rappresenta la volontà dei cittadini e pertanto merita il massimo rispetto. Il suo presidente non deve solo essere ascoltato, ma anche partecipare al processo decisionale. Non permetteremo a nessun Primo Ministro o Cancelliere di mettere a tacere la nostra voce” ha rimarcato in un tweet Iratxe Garcia, Presidente dei socialisti e dei democratici al Parlamento europeo.

“Sassoli verrà coinvolto”
I vertici dell’Unione europea provano a metterci una pezza. Secondo quanto dichiarato dal portavoce capo della Commissione europea, Eric Mamer, riporta l’agenzia Adnkronos, il presidente del Parlamento europeo David Sassoli “verrà coinvolto” nelle discussioni sul piano Ue per la ripresa dalla crisi provocata dalla pandemia di Covid-19. La videoconferenza di ieri, spiega Mamer, “è stata convocata”da Michel “in un formato collegato all’Eurogruppo”, che si riunisce oggi. “Tuttavia Michel e von der Leyen hanno tenuto una videoconferenza con il presidente del Parlamento David Sassoli venerdì scorso e ci assicureremo che il presidente Sassoli venga coinvolto nelle discussioni future, che avranno luogo in diversi formati, sul piano di ripresa” dalla crisi provocata dalla pandemia di Covid-19, continua il portavoce. Secondo fonti del Parlamento europeo citate da Adnkronos è normale che prima di un Eurogruppo Consiglio e Commissione si consultino con la presidente della Bce e dell’Eurogruppo e Sassoli sarebbe stato preventivamente informato della riunione.
https://it.insideover.com/politica/sassoli-escluso-dal-vertice-ue-da-angela-merkel.html

Da La Verità ha detto...

La mancetta di Conte finirà tutta in tasse

+++Oggi su @laveritaweb+++
Decreto beffa, anzi imbroglio: stanziati appena 1,5+1 mld. Altro che 200 o 400...E quel poco che arriverà servirà solo a pagare le tasse. Più “potenza di fumo” (cit @jimmomo) che “potenza di fuoco”

Da Il Giornale ha detto...

Nulla di fatto. Si conclude così la riunione fiume dell'Eurogruppo che doveva decidere sulle misure da intraprendere per contrastare la crisi economica seguita all'esplosione del coronavirus. Il presidente Mario Centeno, dopo un summit in videoconferenza iniziato alle 16 di ieri, ha iniziato un tweet laconico: "Dopo 16 ore di discussione ci siamo avvicinati a un accordo ma non ci siamo ancora arrivati". Un messaggio che lascia ben pochi dubbi su quanto avvenuto in queste lunghe ore di discussione, dove si sono scontrate le varie anime dell'Unione europea.

Il nodo Mes
Che il summit fosse difficilissimo lo si era capito sin dalle prime ore. Dopo settimane di scontri durissimi sull'uso del Mes e sull'avvento degli eurobond, si era arrivati al video-vertice di ieri con ben poche speranze di riuscire a trovare convergenza sui vari punti. E lo hanno confermato anche le prime indiscrezioni trapelate dopo la sospensione della riunione.

L'Italia ha fatto muro contro la il blocco del rigore di Germania, Paesi Bassi, Austria e Paesi scandinavi: i Paesi che ritengono il Meccanismo europeo di stabilità, il Mes, come uno strumento adeguato a risolvere la crisi. Ma il governo italiano sembra isolato, con la sola speranza di trovare ascolto in Francia e augurandosi che anche la Spagna convenga quantomeno sulla necessità dei cosiddetti coronabond.

Lo scontro tra falchi e colombe non ha portato però ad alcun accordo. Di eurobond non vogliono sentirne parlare, l'Italia respinge il Mes (almeno a parole). E c'è convergenza solo su Bei e Sure: istituti che però non sono mai stati in discussione, perché sono gli altri due i veri nodi del dibattito.

Così, dopo 16 ore di negoziati, tutto è stato rimandato a domani. Una scelta che mostra non solo l'incapacità europea di intervenire rapidamente e con strumenti di solidarietà nei confronti dei Paesi, ma anche l'impossibilità di unificare le diverse anime di cui è composta l'Unione europea, in cui convivono Paesi con strategie politiche e finanziarie sostanzialmente inconciliabili. Lo dimostra il fatto che anche a fronte di un'emergenza come quella del coronavirus, sia prevalsa la guerra tra rigoristi dei conti pubblici e Paesi in difficoltà, probabilmente con la speranza che questi ultimi cadano nelle trame del Mes e in quel rischio Troika che la Germania continua a nascondere o, nel migliore dei casi, a minimizzare.

Sale lo spread
Ora si attende mercoledì per una nuova riunione. In attesa di domani, è del tutto evidente che i governi si sentiranno in via bilaterale per provare a raggiungere un'intesa da portare sul tavolo e cercare di concludere una trattativa che rischia di minare le già fragilissime certezze del continente. L'Europa ha bisogno di risposte, ma l'Eurogruppo non è riuscito a darle. Una sconfitta (si spera momentanea) che però ha già fatto registrare i primi inquietanti segnali sui mercati. Lo spread è salito sopra i 200 punti, mentre il rendimento del decennale italiano vola all'1,69% sul mercato secondario. Avvertimenti su cosa significa, per l'Italia, rimanere in balia dell'Eurogruppo e dei falchi del Nord.