mercoledì 24 giugno 2020

Le ironie sull’Italia e lo sfarzo degli Stati generali: uno scivolone sull’immagine del Paese?

A chi la guarda dall’estero mentre cerca di reagire al trauma pandemico e di far ripartire la sua economia dopo anni di declino, l’Italia suscita stupore e ironia. L’immagine mediatica delle ultime settimane è stata imbarazzante. Mentre l’Europa offriva aiuti e sollecitava piani per attivare i finanziamenti disponibili, nel momento in cui rapidità e concretezza avrebbero dovuto essere le priorità assolute, venivano convocati sedicenti «Stati generali». Sui notiziari scorrevano le vedute della bella villa seicentesca (inevitabili le battute sulla «dolce vita»), della sfilata di ministri con le loro macchine blu, del ricco contorno di personale di sicurezza e di supporto. Solo coreografica la presenza del governatore della Banca d’Italia e di alte personalità internazionali: non potevano che ripetere cose già dette.

Il confronto
Duole il confronto con quanto visto pochi giorni fa in occasione del passaggio delle misure di sostegno in Germania: brevi consultazioni con esperti, parti sociali e opposizioni, di cui nulla è trapelato; quarantotto ore di negoziato a porte chiuse nella coalizione di governo; infine, l’annuncio di una manovra per molti versi rivoluzionaria, completamente definita e non più negoziabile, seguito da commenti per lo più di assenso. Fortunato il Paese in cui l’azione di governo può esprimersi in questo modo. Se l’immagine ha la sua importanza, l’attenzione principale deve però essere sulla sostanza. E anche qui non ci siamo. In questi giorni sembra che ognuno – associazioni di categoria, parti politiche contrapposte, esperti di varia estrazione – abbia il suo piano da proporre, la sua proposta alternativa.

Il comitato
Il rumore che ne deriva sovrasta la flebile e incerta iniziativa del governo. Quest’ultimo inizialmente si era affidato a un comitato di esperti, coordinato da un noto manager, Vittorio Colao. Dopo alcune settimane è arrivato ai media – perché mai ai media e non al governo, in via riservata, per un rapido seguito operativo? – un pacchetto con un centinaio di proposte. Non è chiaro se questo lavoro goda ancora della fiducia del governo, ma in assenza d’altro proviamo a capirne i contenuti. Il piano individua anzitutto le grandi aree in cui l’azione dovrebbe concentrarsi. La scelta è in larga parte condivisibile, anche perché le carenze strutturali dell’economia e della società italiana sono state da tempo individuate: infrastrutture, ambiente e territorio, pubblica amministrazione, servizi per la famiglia, istruzione, e poche altre.

La lista
Difficile sbagliare nello stilare questa lista, ma difficile anche innovare. Sorprende peraltro la mancanza di un capitolo sulla giustizia, non solo perché è altrettanto importante, ma perché è propedeutico agli altri. Come ha notato Carlo Cottarelli, direttore del centro studi sui conti pubblici dell’Università Cattolica, l’economia e la società italiana non ripartiranno, a dispetto di tutti i progetti e i soldi messi in campo, senza una giustizia più rapida ed efficace. Giustizia, e certezza di giustizia, non solo nei confronti della criminalità e della corruzione, fenomeni ormai non più regionali ma nazionali, ma in tutte le controversie che sorgono ogni giorno nei rapporti sociali ed economici, fino alle più piccole. Lo stesso piano Colao lamenta, in una scheda, che «cittadini e imprese spesso preferiscono negoziare i propri diritti piuttosto che farli valere», ma qui si ferma.

L’edilizia scolastica
Altra lacuna, più specifica ma a mio avviso rilevante, è la mancanza di proposte sull’ammodernamento dell’edilizia scolastica. Forse riflettendo la rilevanza dei professori universitari nel gruppo, il capitolo riguardante la formazione si concentra molto sui problemi dell’università, argomento già affrontato in passato con solo parziale successo, ma molto meno su quelli della scuola di base. Un secondo problema è l’estrema complessità del piano e la sua strutturazione in schede slegate fra loro. Se questa struttura era pensata per facilitare le scelte politiche, essa però manca di individuare legami, raccordi, sinergie e consequenzialità nelle diverse parti del progetto e con altre iniziative del governo. A titolo di esempio, le proposte riguardanti la liquidità delle imprese e i crediti deteriorati devono trovare riscontro in interventi sulle banche, in parte già attuati o programmati dal governo e dalle autorità di regolamentazione.

Le imprese
Le misure di sostegno alle società non quotate, incluse PMI e start-up, funzionerebbero meglio se portate avanti insieme agli interventi non solo nel campo della giustizia, ma in quelli riguardanti il lavoro e le procedure di appalto pubblico. Aiuterebbe a questo scopo l’identificazione di cluster di interventi da attuare insieme. Alcune proposte, poi, sono di dimensione e complessità non paragonabili alle altre; una, per esempio, auspica l’ammodernamento dei porti e della rete ferroviaria merci, compresi i corridoi internazionali; tema di chiara rilevanza strategica ma che richiederebbe un maxi-piano a sua volta. Altre iniziative invece sono più circoscritte e rapidamente attuabili. Non da ultimo, i costi delle varie iniziative non sono quantificati.

Il carico pubblico
È difficile decidere su programmi a carico pubblico se i costi non vengono almeno in qualche misura analizzati e messi in relazione ai vantaggi. Qui rientra anche la questione del ricorso ai contributi dell’Unione Europea, sia quelli già approvati sia quelli del nuovo programma Next generation EU ancora in fase di approvazione ma già delineato. Sarebbe bene che ognuna delle proposte fosse analizzata anche dal punto di vista del suo inquadramento nei programmi UE e della connessa possibilità di ottenerne il finanziamento in quell’ambito. Nel fare questo, andrebbe avviato contestualmente in confronto con la Commissione europea, iniziando un dialogo che comunque andrà fatto per ottenerne il sostegno.

Il piano Colao
In definitiva il piano Colao, pur ricco di spunti, non risponde ai due requisiti principali – rapidità e concretezza. Molte cose restano da fare per renderlo operativo e il tempo è poco, non solo perché i problemi dell’Italia non aspettano, ma perché le richieste italiane dovranno competere con altre richieste e priorità in Europa. Vanno individuate le priorità, dato che non sarà possibile partire subito con tutto. Si avvii appena possibile un numero circoscritto di progetti di sicura importanza e fattibilità. È essenziale partire bene e presto. Presto vuol dire, per intendersi, prima della pausa estiva.  - Fonte

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