Icastica rappresentazione dell’odierna condizione italica dalla penna di Marcello Veneziani.
Cito un efficace commento [qui]: "Purtroppo, finché quel partito era il Comunista, lo si poteva apertamente affrontare, combattere, come usa dire con erronei termini calcistici. Era ed è stato facile farlo, ma questo partito “Conformista”, mellifluo e sfuggente qual è, ha plasmato i cittadini, anche quelli di nuova generazione, … a propria immagine e somiglianza. E ciò non può che essere una ben motivata preoccupazione per chi ancora crede e confida in una presa di coscienza di tutti, in taluni un pentimento e un conseguente ravvedimento. Di certo costituisce un avvilimento per chi soprattutto non ha più tanto tempo per vedere finalmente, là in fondo, tunnel dopo tunnel, la sempre promessa luce, … il bel Sol del presente e non del sempre mitizzato e mai realizzato Avvenire."
Partito Conformista Italiano
Quale partito guida l’Italia? Il Partito Conformista Italiano, in sigla PCI. È
il partito che realmente determina l’agenda del Paese, il dibattito quotidiano,
le priorità da affrontare; e che orienta chiunque abbia ruoli di potere, gestione e influenza nel nostro Paese. Il Partito Conformista Italiano esprime il Presidente della Repubblica che rappresenta il Pensiero Conforme a cui
attenersi. Non esprime direttamente il Presidente del Consiglio, che al momento
è un tecnico, ma anch’egli si conforma coi suoi ministri agli indirizzi del Partito Conformista. Il PCI esercita il suo ruolo di guida soprattutto sul piano dell’informazione, della formazione e dell’istruzione degli italiani, con una spiccata propensione pedagogica e una tendenza ad ammaestrare i cittadini o a
punirli e deplorarli se non si allineano. Trova terreno fertile in un Paese che
da sempre va in soccorso del vincitore, si conforma, colpisce in branco chi esce
dal coro.
Un tempo il Partito Conformista era d’estrazione clericale e moderata,
perché presupponeva l’adesione a rituali e liturgie, tradizioni e retaggi di
consuetudini e luoghi comuni da conservare; oggi, e non da oggi, è d’estrazione
progressista e radicale, anche se resta a suo modo clericale, pur separato da ogni fede religiosa. L’egemonia del Partito Conformista, lo aveva intuito negli anni cinquanta un pensatore libero e non certo di destra come Albert Camus, è
nelle mani della sinistra. In uno scritto del 1957, Il socialismo delle potenze,
apparso in Italia su Tempo presente, Camus scrive: “Il conformismo oggi è a sinistra, bisogna avere il coraggio di dirlo. È vero che la destra non brilla per perspicacia. Ma la sinistra è in piena decadenza, prigioniera delle parole,
invischiata nel suo vocabolario, capace solo di risposte stereotipate, mai
all’altezza della verità, dalla quale pure pretendono di trarre le proprie leggi. La sinistra è schizofrenica e deve curarsi, con la critica spietata,
l’esercizio del cuore, il ragionamento deciso, e con un po’ di modestia”. Con
Camus si scopre l’affiliazione del PC italiano al Partito Conformista Internazionale.
Camus coglie i primi segnali del gergo politicamente corretto, l’irrigidimento della mente e del cuore, l’atrofia delle facoltà intellettuali e
critiche e soprattutto la mancanza di modestia, ovvero “la boria antipatriottica
e il complesso di superiorità verso il popolo” come li chiamava da noi negli stessi anni Giacomo Noventa: tipica di quella sinistra presuntuosa che si arroga il diritto di stabilire i confini tra il giusto e l’ingiusto, il progressivo e il regressivo, il bene e il male e di decidere i buoni e i cattivi.
Camus notava
poi nello stesso scritto che la verità non dipende dalla collocazione di chi sostiene una tesi, come ritiene invece il PCI, ma dall’autenticità nella ricerca del vero: “un giornale, un libro non sono veritieri perché rivoluzionari. Hanno una possibilità di essere rivoluzionari solo se cercano di dire la verità” (In
lotta contro il destino, carteggio con Nicola Chiaromonte-Neri Pozza, uscito da poco).
Da noi la verità è collocata ai piedi del Partito Conformista, allocata a
sinistra e paraggi conformi. E tutto ciò che vi si discosta è considerato erroneo, arretrato, oscurantista. Se non criminale.
Il Partito Conformista
Italiano esercita il suo potere all’ingrosso e al dettaglio. Il regime conformista si fa vistoso nell’informazione, nella cultura, nella
rappresentazione, celebrazione e titolazione degli eventi. I festival ne sono le feste patronali, basta scorrere i nomi, le compagnie di giro (c’è magari l’eccezione al puro scopo di confermare la regola ferrea).
I premi letterari
fanno da contorno, sono un po’ le primarie del PCI, sagre della camorre letterarie. I premi importanti sono presidiati da editori, politici, intellettuali rigorosamente di parrocchia… che premiano esponenti e propagandisti del Partito Conformista Italiano. Sono divertenti le varianti periferiche e secondarie. Ve ne cito una pittoresca, a mo’ d’esempio, un piccolo espediente furbo del conformismo provinciale: premi letterari davvero minori vengono assegnati a firme del Corriere della sera e della Repubblica per ricevere in
cambio la notizia del premio in bella evidenza. È la notizia a dare prestigio al premio, un circolo vizioso. La qualità del premiato? Non conta. Lo stesso
criterio è esteso ai festival e alle rassegne: è d’uopo invitare un esponente del Pci per trovarsi citati dalla sua casa-madre… Gli affiliati del PCI si riconoscono tra loro come i cani, si odorano il posteriore, luogo elettivo dove
esercitano la loro disponibilità, occupano le poltrone ed esprimono la loro
attitudine: il cosiddetto paraculismo…
Effetto diretto della dominazione del Partito Conformista Italiano è l’incapacità di selezionare una classe dirigente e l’assenza di meritocrazia nella vita pubblica, nella scuola, nei concorsi, ovunque. Insomma il PCI impregna il totalitarismo mellifluo che avvolge il
nostro Paese.
L’esempio primo e pessimo lo dà proprio la cultura, con annessi
l’arte e lo spettacolo, che pure dovrebbe essere il terreno per gli spiriti liberi. Tra maneggioni e conventicole, cosche spontanee e famiglie organizzate, grazie al PCI prevalgono le mafie del passaparola o del passasilenzio, del riconoscimento e dell’esclusione.
Può sopravvivere uno scrittore o un artista, senza premi né riconoscimenti d’altro tipo, senza recensioni e senza accademia?
La cattedra è il suo pane, l’attenzione della critica è il suo companatico, il
riconoscimento è la sua acqua. Cosa resta di lui in mancanza di tutto questo?
Resta solo quel che vale davvero.
Marcello Veneziani, Panorama (n.41) -
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