Dopo la formazione del nuovo governo
Conte, ciò che è accaduto questa estate – le polemiche tra gli ex
alleati, lo “strappo” di Salvini – acquista una nuova luce, e consente
nuove riflessioni politiche. Gli errori tattici di Salvini, che senza
dubbio ci sono stati, appaiono poca cosa, rispetto ad esempio al
cambiamento strutturale che ha riguardato, invece, il M5S. Dagli sbagli
di Salvini, non ne è uscita una Lega politicamente diversa da prima. Dai
ripensamenti di Grillo è invece uscito un Movimento che non ha più
nulla del precedente. Una vera e propria mutazione genetica.
Si sono trovate tante giustificazioni, ma
il dato rimane: il M5S ha finito per stringere un’alleanza di governo
non semplicemente con un partito della “casta”, ma con quel Pd che
Gianroberto Casaleggio – il vero fondatore del MoVimento – indicava come
il nemico assoluto, il partito dell’establishment, di “Renzie”, come lo
chiamava una volta Grillo, l’“ebetino”. Ed ecco che proprio a Grillo è,
invece, toccato di resuscitare l’ex segretario, perché è con lui, che
controlla ancora i gruppi parlamentari Dem, e non con Zingaretti, che
l’alleanza di governo si è conclusa. È a Renzi che Grillo ha venduto un
Movimento, che è stato così “rivoltato come un calzino” (altro che il
Parlamento!). Resta però da capire, però, perché tutto ciò sia avvenuto,
e quale sia l’obiettivo di questa operazione. Certo, l’alleanza è, in
apparenza, puramente “difensiva”: si trattava di impedire quelle
elezioni in cui Salvini, presumibilmente, avrebbe vinto da solo contro
tutti, superando il consenso raccolto alle elezioni europee. In realtà,
però, il patto Pd-M5S, obiettivamente, spinge per una rideterminazione
complessiva degli equilibri politici. Sembra che ci sia già dimenticati
della novità che il governo Lega-M5S ha rappresentato, non solo per
l’Italia, ma per l’Europa: quella che fino a quel momento si era tentata
di far passare per la “minaccia populista”, eversiva, ha dato vita ad
un “laboratorio politico” in cui si sono saldati un sovranismo
identitario, quello della Lega, ed un sovranismo sociale, espresso dal
M5S.
LA DIALETTICA
Con il governo giallo-verde è stata per
la prima volta superata nella realtà politica la dialettica
destra/sinistra, per cominciare a rendere possibile una nuova
dialettica, quella tra due “poli” non opposti tra loro in quanto di
“destra” o di “sinistra”, ma in quanto riflettessero, all’interno della
realtà nazionale, i diversi modi di declinare il rapporto tra sovranità e
globalità. Se quella tra destra e sinistra era, alla sua origine, una
divisione ideologica, che si è nel tempo trasformata in una sempre meno
marcata opposizione tra gruppi di interesse interni al capitalismo
finanziario, quella tra sovranismo e globalismo è invece una distinzione
che fa saltare le “idee” di destra e di sinistra, ma che riguarda il
modo di pensare il rapporto che vogliamo tra le identità nazionali e il
mondo globalizzato.
Il sovranismo, in sintesi, si fonda sulla
differenza tra le identità (identità regionali all’interno degli Stati,
identità nazionali all’interno dell’Europa), laddove il globalismo si
fonda sull’identità delle differenze (sul modello, cioè, del “cittadino
globale”, identico quale che sia la sua nazionalità, la sua cultura,
etc.). Il sovranismo pensa ad una politica costruita dal basso verso
l’alto (dal particolare all’universale: dalle Regioni allo Stato, dallo
Stato all’Europa), dove invece il globalismo la pensa dall’alto verso il
basso (dall’Europa agli Stati, dallo Stato alle Regioni).
Per la prima volta in Europa, l’Italia
aveva creato un “laboratorio” in cui le idee sovraniste si sono trovate
concretamente realizzate, in cui era stato possibile sperimentare una
politica veramente al di là delle ideologie. Per questo doveva essere il
più rapidamente possibile eliminato. Il destino dopo le elezioni
europee era comunque segnato. La sua vittoria e la sua crescita di
consensi nei mesi successivi avevano allarmato i poteri forti nazionali e
sovranazionali. Salvini è stato messo tra l’incudine e il martello. Se
continuava al governo lo avrebbero logorato impedendo la riduzione delle
tasse e la manovra espansiva, se rompeva correva un grossissimo rischio
ma avrebbe almeno potuto giocarsela. Ha rischiato e ha perso. Punto e a
capo.
Ma la alleanza Pd-M5s non costituisce
pertanto solo uno sporco accordo per escludere la possibilità, per la
Lega, di vincere le elezioni, risponde infatti ad una strategia che
punta a ricreare il vecchio equilibrio destra/sinistra, evitare ogni
possibile discontinuità rispetto ai diktat europei e ristabilire, contro
quelli che l’establishment chiama i “populismi”, o il “pericolo
sovranista”, la più rigida separazione tra governanti e governati.
LICIO GELLI
È impressionante constatare, in questo
senso, come le posizioni di Grillo, di fatto di nuovo capo del
Movimento, ricalchino il piano della massoneria di Licio Gelli: a
cominciare dal “taglio dei parlamentari”, che nel piano di Gelli era
funzionale a “privatizzare le istituzioni”, consentendo la formazione di
una oligarchia separata e rigida. Dimezzare i parlamentari e governo di
tecnici, questo il progetto del futuro Movimento grillino. Una
oligarchia al posto della democrazia. E non è che a questa oligarchia
che Grillo rimanda quando parla degli “elevati”, di una élite la cui
legittimazione passa, ancor prima che per il voto, per la “virtù” e la
“levatura” dei suoi esponenti. Insomma: si tratta di trasformare il
Parlamento e Governo in una specie di casta di uomini superiori – per
cultura, educazione, ricchezza, etc. La rappresentanza viene, in questo
modo, declinata in funzione oligarchica, a salvaguardia delle classi
dominanti, dei gruppi del potere finanziario, degli interessi di
Bruxelles. Ovviamente il tutto deve avvenire lasciando una parvenza di
democrazia, una “democrazia di facciata”. Si potrà certo continuare a
votare, ma entro posizioni apparentemente diverse, in realtà
intercambiabili. Non il voto sarà manipolato, ma le menti, come si è
visto – grazie a Grillo – nel recente voto sulla piattaforma Rousseau.
Non vi è dubbio che su questa base Grillo possa trovare larghissimo
consenso nei poteri forti, meno nel popolo, ma in questo progetto, che
bene sia adatta al globalismo, esistono solo “elevati” e non c’è spazio
per i popoli.
Per realizzare questo progetto, occorre
però che la dialettica parlamentare ritorni ad essere polarizzata entro
due categorie entrambe interne e complici del sistema, quali quelle di
centrodestra/centrosinistra. Ed in effetti quello che ora abbiamo è un
governo di centro sinistra: un nuovo centro sinistra con il Pd in
posizione centrale e il M5s in posizione periferica. È qui che si gioca
il destino di Salvini e della Lega. La “trappola” che lo aspetta, in
fondo, è questa: che, spezzandosi l’alleanza tra Lega e M5S, egli torni a
ricollocarsi all’interno del centrodestra. Il vecchio centro destra
contro questo nuovo centro sinistra ha però perso in partenza.
LA RETORICA ANTIFASCISTA
È la ricostruzione di questa vecchio
centrodestra ciò che sperano i suoi avversari: perché una Lega che si
identifichi stabilmente con la destra, diventa molto più facile da
combattere (si pensi alla cara retorica antifascista, che già in questi
mesi ha provato a tornare alla carica), di una Lega sovranista,
indefinibile e non collocabile rispetto alle vecchie categorie della
politica. «Se il tuo nemico è di pari forza, lotta, altrimenti sparisci e
riconsidera», dice Sun Tzu: Salvini ha lottato, e ha perso – in parte
per i suoi errori di calcolo, ma soprattutto perché ha lottato contro un
nemico troppo forte.
Ora è il tempo, però, non certo per
sparire, ma per riconsiderare la sua posizione. C’è da costruire una
Lega veramente nazionale: perché, come mostrano i sondaggi, la Lega non
ha ancora stabilmente i voti del Sud, che continuano ad andare e venire.
Per questo, a mio avviso, bisogna evitare di rifugiarsi nel Nord –
ovviamente questo non significa non insistere sulla lotta per le
autonomie, anzi questa diventa oggi prioritaria -, e nella tradizionale
opposizione di centrodestra – ovviamente questo non significa non tener
conto delle altre forze politiche in campo che possono accettare un
progetto sovranista. Perché è da questo progetto che bisogna partire.
Il Capitano deve riuscire a tenere la
Lega al di là dell’opposizione destra/sinistra che si va ricostituendo.
Solo così potrà spiazzare di nuovo i suoi avversari. Cominciare dai
territori a creare anche al Centro e al Sud quella classe dirigente che
la Lega ha saputo nel tempo costruire al Nord. Il “sistema” che ormai
con Grillo ha definitivamente inglobato il M5s, lavora verticalmente a
partire dalle élites, la Lega operi orizzontalmente a partire dai
cittadini. Il sistema lavora per gli “stranieri”, la Lega lavori per gli
italiani.
Paolo Becchi, su Libero 8.09.2019
Paolo Becchi, su Libero 8.09.2019
9 commenti:
affaritaliani.it/mediatech/ascolti-tv-salvini-fa-volare-del-debbio-partenza-boom-per-dritto-rovescio-625333.html
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https://scenarieconomici.it/ceta-cara-bellanova-giu-le-mani-dalla-nostra-agricoltura-le-ragioni-del-no-alla-ratifica-del-trattato-ue-canada-di-giuseppe-palma/
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http://www.marcelloveneziani.com/articoli/il-disagio-di-dirsi-italiani/
Perché l’intuito è la forma più alta di intelligenza
https://youmanist.it/categories/cultura/intuito-intelligenza
https://www.esquire.com/it/news/politica/a29034042/media-italiani-salvini-giornali-stranieri/
https://www.liberoquotidiano.it/news/politica/13502866/pietro-senaldi-pd-e-leu-si-suicidano-sui-migranti.html
Come si può definire l’ideologia di Renzi? Trottolismo. Da trottola, giocattolo infantile a forma di cono lanciato da una corda per farlo ruotare vorticosamente. Il trottolismo di Renzi è comprovato dalla velocità dell’eloquio, dai rapidi spostamenti e dei giri vorticosi intorno a sé. Nelle società arcaiche era il segno di velleità infantile, da noi si diceva: ma vai a giocare al curuo, nome antico della trottola. Cosa opporre al trottolismo, la lentezza? No, piuttosto fate come facevano i grandi: lasciatelo giocare, fino a che verrà a noia. Il suo test decisivo è nel paragone tra le parole e i fatti, fra trottole e frottole; se nel frattempo non si spezzerà la corda e la trottola schizzerà chissà dove, col Trottolino moroso dududu-dadadà.
http://www.marcelloveneziani.com/articoli/il-ritorno-di-matteo-renzi/
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