venerdì 29 marzo 2019

Il velo islamico è sottomissione, non tradizione né cultura

La vergognosa condanna in Iran a 33 anni di carcere e 148 frustate dell’avvocatessa iraniana Nasrin Sotoudeh, ha destato l’indignazione della Comunità internazionale (considerata la condanna già emessa in precedenza, di anni di carcere Nasrin ne dovrà scontare 38!).
Una delle ragioni per cui Nasrin è stata condannata, è il suo ruolo di rappresentante legale delle donne che, in questo ultimo anno, hanno lanciato una protesta pubblica contro il velo obbligatorio. Donne che sono state arrestate e condannate anche a pene di oltre venti anni di carcere.

Come suddetto, la condanna della Sotoudeh ha provocato anche lo sdegno italiano, compreso quello del ministro degli interni Salvini (che ha definito la pena “medievale”) e del ministro della giustizia Bonafede che – pressato dal Consiglio nazionale forense e dell’Ordine degli avvocati romani – ha pubblicato un tweet di condanna.

Eppure, mentre ci scandalizziamo per la condanna di Nasrin, l’Istituto di cultura della Repubblica Islamica a Roma ha una pagina in italiano del suo sito internet dedicata a “Hjiab (velo) e moda Islamica”. Una pagina che, con quattro video della tv di stato Press TV (uno intitolato “fashion e tradizione”) e con una serie di immagini, mostra come si deve indossare il velo, come è bello portarlo per una donna e la varietà dei colori in cui è possibile portarlo (e abbinarlo). Ovviamente, la pagina ci tiene anche a sottolineare che il velo, in Iran, è obbligatorio non solo per le iraniane, ma anche per le donne straniere (come la Mogherini insegna…).

Ora, che l’Istituto di cultura iraniano – voce del regime iraniano – promuova il velo obbligatorio, chiaramente, non scandallizza nessuno. Che questo sia accettato in lingua italiana su un sito rappresentante un regime fondamentalista e misogino, è un’altra cosa. Perché se si vuole dimostrare davvero solidarietà a Nasrin Sotoudeh, è ora di passare dalle parole ai fatti. Nasrin stessa è sempre presentata in pubblico con il velo eppure, nel nome della libertà e dei valori di pluralismo in cui crede, ha difeso le donne iraniane che rifiutano di portare il velo obbligatoriamente e ha rifiutato di presentarsi una volta in aula, proprio perché era costretta dal giudice a portare il velo. È quindi ora che le autorità italiane rifiutino di vedere nella pagina in italiano sul velo dell’Istituto di cultura della Repubblica Islamica, una mera spiegazione delle tradizioni locali.

Quelle tradizioni in Iran sono imposizioni, che quotidianamente comportano delle repressioni durissime contro chi si ribella (tra loro, anche qualche uomo). È ora quindi di chiudere quella pagina e dire in faccia a Teheran che – nel rispetto delle tradizioni – il velo non può essere un obbligo e che, soprattutto, non è possibile per una donna finire venti o trenta anni in carcere, per aver tolto il velo.

In un Paese – l’Iran – dove legalmente la testimonianza e la vita di una donna valgono metà di quelle di un uomo, dove il velo è obbligatorio dai sette anni, dove legalmente il matrimonio per le donne è valido dai 13 anni e dove una donna per avere un passaporto, un lavoro o anche solo affittare una casa ha bisogno di un tutore maschile, l’imposizione dell’hijab non è un tema di tradizione, ma di mera oppressione. Non c’è libera scelta, ma solo sottomissione. Non è cultura, ma misoginia e fondamentalismo! - Fonte

4 commenti:

Anonimo ha detto...

https://www.secoloditalia.it/2019/03/ius-soli-altola-di-meloni-a-conte-il-governo-sta-cedendo-alle-pressioni-della-sinistra/

Maria Guarini ha detto...

Sulla famiglia classica e sulla sessualità si possono avere diverse opinioni ma fa veramente paura la volontà discriminante e disciplinante che emerge da molti dei commenti che si leggono in queste ore sui giornali. Quasi che i congressisti veronesi fossero dei pericolosi delinquenti.

Coloro che converranno a Verona hanno le loro idee ma bollarli come gli alfieri di un ritorno al Medioevo significa, da una parte, delegittimarli prima ancora di discuterne (e caso mai confutarne) le tesi, dall'altra, mostrare di avere un'idea molto vaga e approssimativa del Medioevo, ove si sono forgiate le idee e le libertà del mondo attuale, come la storiografia attuale ci sta insegnando.

Vedere il Medioevo come un insieme di "secoli bui" era strumentale alla retorica degli illuministi, che non a caso avevano una concezione del Progresso unilineare. Quel fiume carsico che parte da loro è arrivato fino a oggi, quando, fra gli intellettuali e certa opinione pubblica progressista, si pensa che la libertà assoluta e indeterminata, anche di scegliere il proprio genere sessuale, sia a un passo dal realizzarsi compiutamente.

Senza capire che, se mai fosse, la libertà così realizzatasi incontrerebbe il nulla e finirebbe per contraddirsi. "Sui diritti non si torna indietro", pure si dice. Come se i diritti fossero dei "caciocavalli appesi" (per usare una espressione di Antonio Labriola) e non delle realizzazioni storiche nate da rapporti di forza ogni volta rinegoziabili e da contestualizzare.

In una parola, in nome della libertà, il "politicamente corretto" vorrebbe "mettere le braghe al mondo" (e anche questa è una espressione di Labriola). Purtroppo anche la Chiesa cattolica, che è quella che più dovrebbe difendere un istituto che è un sacramento come la famiglia, lo fa, quando lo fa, con timidezza e molto timore di andare a cozzare contro il senso comune dei nostri tempi. Assecondandolo, essa però non sembra trarne troppi vantaggi, essendo ormai il suo ruolo sempre più residuale nelle nostre società. E proprio, a mio avviso, per questo adeguarsi ai tempi.

In ogni caso, il problema è molto semplice: è illiberale sottrarre alla discussione un qualsiasi tema in nome di un autoreferenziale "pensiero unico" che stabilisce a priori ciò che è giusto e "corretto" e, proprio per questo, non discutibile.
https://m.huffingtonpost.it/corrado-ocone/perche-e-sbagliato-bollare-il-congresso-di-verona-come-ritorno-al-medioevo_a_23702281/

Japhet ha detto...

https://costanzamiriano.com/2019/03/30/lignoranza-di-chi-cita-a-sproposito-sposati-e-sii-sottomessa/

Maria Guarini ha detto...

L'articolo è di dicembre 2018 ma il problema esiste e nessuno interviene.
Al solito femministe mute...

https://www.ilprimatonazionale.it/approfondimenti/le-spose-bambine-islamiche-di-palermo-decine-di-casi-di-cui-nessuno-parla-98596/