lunedì 30 novembre 2009

Il Patriarcato di Mosca pubblica un libro del Papa: “Europa, patria spirituale”

verrà presentato a Roma il 2 dicembre

Il Patriarcato di Mosca ha pubblicato un libro sul Papa. Si tratta di “Europa, patria spirituale”, un volume in edizione bilingue italiana e russa che raccoglie i discorsi che Joseph Ratzinger - Benedetto XVI ha dedicato all’Europa nell’arco di un decennio.
L’autorevole introduzione al volume è del Presidente del Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca, l’Arcivescovo Hilarion di Volokolamsk, e l’iniziativa editoriale è realizzata dal Dipartimento Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca in cooperazione con la Associazione Internazionale Sofia: Idea Russa, Idea d’Europa di Roma.
“Questo libro è un evento di portata storico, senza precedenti nella storia millenaria di cattolici e russo-ortodossi”, spiega il curatore del libro, il prof. Pierluca Azzaro, Presidente Vicario della Associazione Internazionale “Sofia” e docente di Storia del Pensiero Politico alla Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
“Ma, ancor prima e soprattutto – prosegue lo studioso –, è una grande testimonianza di amore per Cristo e tra cristiani. È da questo amore che zampilla, deve zampillare, la cultura europea in tutte le sue espressioni multiformi: una cultura viva, intrisa di una energia morale autenticamente creativa, tutta protesa all’edificazione di un futuro buono per tutti”.
“L’Europa – aggiunge il prof. Azzaro –, ci dicono il Papa e l’Arcivescovo Hilarion di Volokolamsk nella bella introduzione, è un continente culturale che con le sue due ali, la Chiesa d’Oriente e la Chiesa d’Occidente, si eleva sull’angusta dualità Occidente d’Europa-Russia: l’Europa si presenta così ai nostri occhi come la comune 'patria spirituale', secondo la bella espressione usata dal Papa nel suo ultimo viaggio nella Repubblica Ceca”.
Perciò, sottolinea, “solo se riscopriremo e riaffermeremo insieme questa dimensione vitale dell’Europa, sarà possibile scongiurarne il declino”.
Secondo Ieromonaco Filipp (Ryabyh), Presidente Vicario del Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca e Portavoce del Patriarcato di Mosca: “Questo libro che raccoglie i discorsi di Sua Santità Papa Benedetto XVI sul destino dell’Europa è la testimonianza della assoluta identità di vedute e di posizioni tra la Chiesa Ortodossa e la Chiesa Cattolica rispetto ai moderni processi sociali, è insieme la prova della enormi possibilità di cooperazione cattolica-ortodossa”.
La presentazione del libro del Papa avrà luogo a Roma, mercoledì 2 dicembre prossimo alle ore 12.30, presso il Salone degli Arazzi del Ministero dello Sviluppo Economico (Via Veneto 33), nel corso di una apposita tavola rotonda dal titolo “Il ruolo della Chiese per la integrazione culturale dell’Europa”.
La presentazione avviene nell'ambito della sessione italiana del Foro di Dialogo delle società civili italo-russo che si riunisce a Roma e a Mosca in concomitanza con i vertici bilaterali dei Capi di Stato e di governo d’Italia e di Russia, dunque in concomitanza con la visita ufficiale del Presidente della Federazione Russa Dmitri Medvedev il 3 dicembre prossimo.
Alla tavola rotonda di presentazione interverranno, per la Chiesa Cattolica, il rev. prof. Milan Zust, Incaricato per le Relazioni con il Patriarcato di Mosca presso il Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani; per la Chiesa Ortodossa Russa, Sergej Svonarev, Segretario Vicario per le Relazioni con le Istituzioni Europee del Dipartimento Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca.
Per il mondo della cultura russo, il Rettore della Università di Stato delle Relazioni Internazionali di Mosca del MAE di Russia, il prof. Anatoly V. Torkunov; per il mondo della cultura italiano il Rettore della Università Cattolica del Sacro Cuore, il prof. Lorenzo Ornaghi.
Per il Governo italiano è annunciata la presenza del Ministro dei Beni Culturali, l'on. Sandro Bondi, mentre per il Governo della Federazione Russa interverrà Mikhail E. Shvydkoi, Consigliere del Presidente della Federazione Russa per la cooperazione culturale internazionale.
Presiede la tavola rotonda il curatore dell’opera, il prof. Pierluca Azzaro, membro permanente del Foro di Dialogo. Al termine della presentazione i giornalisti presenti in sala avranno la possibilità di rivolgere le domande ai partecipanti.

[In Italia, il libro è acquistabile o prenotabile a Roma presso i punti vendita della Liberia Editrice Vaticana]


© Copyright Zenit, 30 novembre 2009

venerdì 6 novembre 2009

Diocesi di S. Marino Montefeltro. Il pensiero del Vescovo

La decisione assunta dalla Corte dei Diritti dell’uomo di Strasburgo era largamente prevedibile e, per certi aspetti, attesa. In queste istituzioni si sta sostanzialmente catalizzando tutto il peggior laicismo che ha una connotazione obiettivamente anti cattolica ed è teso ad eliminare, anche con la violenza, la presenza cristiana dalla vita della società e, addirittura, i simboli di questa presenza.
Altri hanno già individuato, soprattutto la Conferenza Episcopale Italiana, la meschinità culturale di questa decisione, la miopia, come ha detto la Santa Sede, ma io credo che sia giusto dire che si tratta di una volontà eversiva verso la presenza cristiana, condotta con una ferocia pari soltanto all’apparente oggettività o neutralità delle istituzioni del diritto. Però è anche giusto - come facevano i nostri vecchi, e noi abbiamo spesso dimenticato questa lezione - , che ci chiediamo se noi, come popolo cristiano e, addirittura, vorrei dire come ecclesiasticità, non abbiamo qualche responsabilità per questa situazione. È sempre giusto leggere in profondità se in qualche modo abbiamo rischiato di essere conniventi.
La vicenda di Strasburgo nella sua brutalità è anche una conseguenza di troppo irenismo che attraversa il mondo cattolico da decenni, per cui la preoccupazione fondamentale non è la nostra identità ma il dialogo ad ogni costo, andare d’accordo anche con le posizioni più distanti. Questo rispetto della diversità delle posizioni culturali e religiose, sostenuto dall’idea di una sostanziale equivalenza fra le varie posizioni e religioni, che fa perdere al cattolicesimo la sua assoluta specificità. Un irenismo, un aperturismo, una volontà di dialogo a tutti i costi che viene ripagata nell’unico modo in cui il potere mondano ripaga sempre questi scomposti atteggiamenti di compromesso: con il disprezzo e la violenza.
È necessario rinnovare la coscienza della propria identità, della propria specificità come evento umano e cristiano nei confronti di qualsiasi altra posizione, ed attrezzarci a vivere il dialogo con tutte le altre posizioni, non sulla base di una smobilitazione della propria identità ma come espressione ultima, critica, intensa della nostra identità.
Alla fine risulterà forse una prova significativa, una prova che può formare, una prova attraverso la quale - come spesso ci viene ricordato dalla tradizione dei grandi Padri della Chiesa -, Dio continua ad educare il suo popolo. Ma occorre che il giudizio sia chiaro e non ci si fermi a reazioni emotive ma si legga in profondità il compito che abbiamo davanti: recuperare la nostra identità ecclesiale e impegnarci nella testimonianza di fronte al mondo.
L’avvenimento ha colpito profondamente il Vescovo e la Chiesa di San Marino-Montefeltro; il giorno 12 novembre p.v. alle 18,30, nel Santuario del Crocifisso di Talamello, il Vescovo guiderà una Liturgia di riparazione nei confronti di quello che, obiettivamente, è un gesto di rifiuto nei confronti del Crocifisso. Nel contempo, nelle diverse realtà parrocchiali di tutta la Diocesi, i Parroci sono stati invitati a preparare questo momento attraverso opportune iniziative.
Pennabilli, 4 Novembre 2009
+ Luigi Negri
Vescovo di San Marino-Montefeltro

Mysterium iniquitatis

«“Il mistero dell’iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene”. Quel qualcosa o qualcuno, il katéchon appunto, che impedisce la manifestazione piena dell’Anticristo è uno dei nodi piú enigmatici delle Scritture. Nell’attuale contesto storico, la funzione di katéchon è svolta anche da un articolo della Costituzione italiana, precisamente dal settimo, che recita: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale”. Non sono i contenuti dei Patti ad avere questa “blindatura” costituzionale ma la forma concordataria delle relazioni fra la Chiesa Cattolica (si badi bene, la Chiesa, non lo Stato della Città del Vaticano): nessun Governo della Repubblica potrebbe, unilateralmente, rompere i Patti o sottoporre le relazioni con la Chiesa a un regime diverso da quello stabilito, con consenso di entrambe le parti, dal concordato. È facile capire che, senza questa robusta garanzia (voluta, si badi bene, da Giuseppe Dossetti, non certo da un cattolico reazionario), la Chiesa romana sarebbe messa male come la nave dei sogni di don Bosco, che era appunto la Chiesa dell’epoca di Papa Mastai Ferretti e dei suoi successori fino a Papa Ratti. Ora, la Corte europea dei diritti di Strasburgo si insinua — deliberando sulla questione niente affatto simbolica dei crocifissi — nei rapporti fra il nostro Paese e la Santa Sede. Occorre precisare che non è un’istituzione dell’Unione Europea e non va confusa con la Corte di giustizia, che invece lo è. La Corte europea dei diritti dell’uomo è stata istituita dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, per assicurarne il rispetto. Mi domando quanto questa giungla di tribunali, trattati e istituzioni sovranazionali possa mettere in pericolo la solidità dell’articolo 7 e del nostro katékhon in futuro: se passerà il principio che una parte, anche piccola, del Concordato viola addirittura i diritti dell’uomo, beh c’è da chiedersi se non farà la stessa fine l’insegnamento della religione cattolica. Che dire poi dei rapporti economici fra lo Stato e la Chiesa? In un mondo in cui l’aborto potrebbe presto diventare un diritto dell’uomo e le critiche allo stile di vita gay un crimine da punire con tanto di gendarmi, chi può garantire che il Vaticano come istituzione non finisca presto nel mirino? Pensa solo all’ultimo Sinodo sull’Africa e domàndati se i Signori di questo mondo abbiano gradito... Mi dirai che è impossibile; in fondo la Santa Sede ha tanti Stati amici e un prestigio internazionale notevole. Ti dirò: al congresso di Parigi del 1856 le critiche allo Stato Pontificio e al Regno delle Due Sicilie, suo grande amico, anticiparono di pochi anni la spedizione dei Mille e nella presa di Porta Pia. Vuoi vedere che a pensar male si sbaglia, ma ci si azzecca sempre?».

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Ringrazio David per la precisazione, quanto mai opportuna, che la Corte europea dei diritti dell’uomo non è una istituzione dell’Unione Europea. Condivido, allo stesso tempo, la preoccupazione per “questa giungla di tribunali, trattati e istituzioni sovranazionali”, che sono saldamente in mano a poteri oscuri e sfuggono a qualsiasi controllo democratico. Tale sentenza è solo un “assaggio” di quanto ci attende in futuro: i nostri spazi di libertà si stanno via via riducendo; senza accorgercene, ci stiamo a poco a poco incamminando verso un regime totalitario.

Condivido anche l’applicazione del concetto di katechon alla realtà italiana. Effettivamente dobbiamo essere grati alla Costituzione italiana per aver garantito in questi anni alla Chiesa una piena libertà di movimento. Una laicità positiva opposta al giacobinismo imperante nelle istituzioni europee.

Tale katechon verrà tolto di mezzo dall’Europa? Speriamo di no. La sollevazione — direi pressoché unanime — di questi giorni in Italia, mi sembra un buon segnale. So bene che non c’è da farsi illusioni: è ovvio che questa reazione bipartisan non significa che gli italiani sono tutti dei buoni cattolici. Ma non importa. Anche il solo attaccamento esteriore a questo simbolo della nostra fede è di un’importanza fondamentale. Non facciamo l’errore di cadere nel fondamentalismo cattolico, per cui solo i praticanti sono buoni cristiani. È importante che quel simbolo resti appeso alle pareti delle scuole e dei luoghi pubblici, perché, in tal modo, rimarrà per tutti un salvagente a cui aggrapparsi nei momenti di pericolo.

La Santa Sede in pericolo? Tutto è possibile: la storia ci insegna che il Papato ha dovuto subire nel corso dei secoli le prove piú dure; ma ne è sempre uscito vittorioso. Dove sono ora quei potenti che in passato si illusero di eliminarlo? La Sede Apostolica invece è ancora lí, pronta a sfidare i potenti di turno. I quali dovrebbero essere imparare qualcosa dalla storia; ma so che non lo faranno, essendo essi solo le marionette di un “mistero di iniquità” che le trascende.

[Fonte: http://querculanus.blogspot.com/2009/11/mysterium-iniquitatis.html]

mercoledì 4 novembre 2009

La Corte europea e il Crocifisso

Secondo una sentenza emessa dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo la “presenza del crocifisso” nelle aule scolastiche contrasta con il “pluralismo educativo” che dovrebbe caratterizzare una “società democratica”: la sentenza è mirata sull’Italia e accoglie il ricorso di una cittadina italiana di origine finlandese che non voleva il crocifisso nelle aule dei suoi figli e si era vista dare torto – in Italia – sia dalla Corte Costituzionale sia dal Consiglio di Stato. È la laicità radicale dell’Europa che rifluisce sul nostro paese, il quale ha già presentato ricorso contro la sentenza.

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Comunicato CEI - La decisione della Corte di Strasburgo suscita amarezza e non poche perplessità. Fatto salvo il necessario approfondimento delle motivazioni, in base a una prima lettura, sembra possibile rilevare il sopravvento di una visione parziale e ideologica. Risulta ignorato o trascurato il molteplice significato del crocifisso, che non è solo simbolo religioso ma anche segno culturale. Non si tiene conto del fatto che, in realtà, nell’esperienza italiana l’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici è in linea con il riconoscimento dei principi del cattolicesimo come “parte del patrimonio storico del popolo italiano”, ribadito dal Concordato del 1984. In tal modo, si rischia di separare artificiosamente l’identità nazionale dalle sue matrici spirituali e culturali, mentre “non è certo espressione di laicità, ma sua degenerazione in laicismo, l’ostilità a ogni forma di rilevanza politica e culturale della religione; alla presenza, in particolare, di ogni simbolo religioso nelle istituzioni pubbliche”.

[Un po' tiepidina, come reazione! I vescovi italiani evocano il concetto di laicità e indicano in una espressione del laicismo, sua degenerazione, l'accaduto. Esiste infatti una laicità positiva: quando essa significa che a nessuno può essere imposto un qualsiasi credo religioso contro la sua volontà. Esiste, poi, il laicismo, che è altra cosa, cioè il voler imporre alla società una nuova religione che consiste principalmente nell'eliminare e disprezzare ogni credo religioso. La sentenza di Strasburgo è indubbiamente laicista. E qui sta l'inganno diabolico degli apostoli di questa nuova religione: si spacciano per esseri super partes, per tutori del diritto e del bene comune, invece sono gli zeloti di un credo non poco fanatico, che vogliono imporre con mezzi subdoli, dato che a viso aperto sarebbe loro impossibile. Ma se un segno come il Crocifisso diventa solo tradizione culturale, per quanto universale e alta, e non Verità assoluta, potrà essere un giorno superata e, prima o poi, sostituita da qualcos’altro. Il Crocifisso (non la Croce vuota protestante) non è un simbolo equiparabile agli altri SIMBOLI religiosi... esso è infatti UN SEGNO (la croce vuota è il simbolo) ben distinto, dal momento che nessun simbolo religioso può vantare LA MORTE DEL FIGLIO DI DIO SULLA CROCE PER AMORE DELL'UOMO.- ndR]

Vedi anche (riguarda l'Islam, ma non è da meno)

La nuova Europa. Gesù abolito per decreto

Dopo aver mandato al macero le sue radici cristiane, l'Europa lancia una battaglia contro il crocefisso. La Corte europea dei diritti umani ha sancito che la sua esposizione nelle classi offende, viola la libertà di coscienza, discrimina i bambini di diversa confessione religiosa.
Il ricorso era stato presentato da una cittadina italiana di origine finlandese, residente ad Abano Terme, Soile Lautsi, che nel 2002 aveva chiesto all'istituto statale "Vittorino da Feltre", frequentato dai suoi due figli, di togliere il crocefisso dalle aule perché la presenza dello stesso costituiva una violazione del principio di laicità dello Stato. A nulla, tuttavia, erano serviti i reclami e i ricorsi davanti ai tribunali italiani.
La reazione del governo italiano a questa decisione non si è fatta attendere e il ministro degli Esteri, Franco Frattini ha dichiarato: «Faremo ricorso. L'identità cristiana è la radice dell'Europa. La Corte ha dato un colpo mortale alla possibilità che l'Unione europea cresca e non sia solo un'Europa dei mercati». Frattini ha messo in evidenza come la sentenza vada criticata «anche per le implicazioni che potrà avere nel momento in cui stiamo cercando la vicinanza tra le religioni». Per il ministro in questo modo «si dà una picconata alla religione cristiana» e in questo modo si crea «un pessimo precedente anche per le altre religioni».
Il giudice Nicola Lettieri, rappresentante del governo italiano presso la Corte Europea, ha già annunciato che il ricorso si baserà essenzialmente su due.
Primo: il crocefisso è un simbolo religioso, «ma con una portata umanistica legata all'etica e alla tradizione nazionale». Secondo, lo Stato italiano non «è laico, ma concordatario», cioè «si toglie alcune prerogative per darle a una religione dominante ». Il ricorso, ha spiegato il dottor Lettiera, sarà presentato a un mini-tribunale di cinque giudici, i quali poi decideranno l'ammissibilità alla Grande Chambre. La Conferenza episcopale italiana ha sottolineato «l'amarezza e le non poche perplessità» che suscita questa sentenza, soprattutto per il «sopravvento di una visione parziale e ideologica ». Secondo i vescovi italiani «si rischia di separare artificiosamente l'identità nazionale dalle sue matrici spirituali e culturali, mentre, citando le parole di papa Benedetto XVI, "non è certo espressione di laicità, ma sua degenerazione in laicismo, l'ostilità a ogni forma di rilevanza politica e culturale della religione; alla presenza, in particolare, di ogni simbolo religioso nelle istituzioni pubbliche».
Un coro di proteste e accuse si è levato da tutto il mondo politico. Il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini ha dichiarato: «La presenza del crocefisso in classe non significa adesione al Cattolicesimo, ma è un simbolo della nostra tradizione. La storia d'Italia passa anche attraverso simboli, cancellando i quali si cancella una parte di noi stessi». Per il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi la decisione della Corte europea «è un duro colpo alla coabitazione europea. La croce non è un simbolo solo per i credenti, è il simbolo del sacrificio per la promozione umana che viene riconosciuto anche per i non credenti». Il ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi, ha sottolineato che siamo in presenza di un Europa che si allontana «da quell'idea che De Gasperi,Adenauer e Schuman hanno posto a fondamento del progetto unitario del nostro continente. Di questo passo il fallimento è inevitabile ». Ancora più duro è stato il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini che «la scelta della Corte Europea di bocciare la presenza del crocefisso nelle scuole è la prima conseguenza della pavidità dei governanti europei, che si sono rifiutati di menzionare le radici cristiane nella Costituzione Europea. Comunque nessun crocifisso nelle aule scolastiche ha mai violato la nostra libertà religiosa, né la crescita e la libera professione delle fedi religiose. Quel simbolo è un patrimonio civile di tutti gli italiani, perché è il segno dell'identità cristiana dell'Italia e anche dell'Europa». Ma non è la prima volta che il crocefisso in classe finisce al centro di polemiche. Il presidente dell'Unione musulmani d'Italia, Adel Smith presentò nel 2003 ricorso al Tribunale dell'Aquila contro l'istituto comprensivo "Navelli" per far rimuovere il crocifisso esposto nelle aule, a partire dalla scuola materna ed elementare di Ofena, frequentata dai suoi figli. Il ricorso venne accolto, ma dopo la contestazione dell'Avvocatura generale dello Stato il Tribunale dell'Aquila sospese l'ordine di rimozione per difetto di giurisdizione del Tribunale ordinario. «La questione spetta al Tar», dichiararono i magistrati abruzzesi. E così la cittadina italiana di origine finlandese, Soile Lautsi, presentò ricorso nel 2003 al Tar del Veneto per chiedere che dalle aule della scuola venga tolto il simbolo religioso. A febbraio 2004, la polemica arrivò anche a Bagno di Ripoli, in provincia di Firenze, dove il crocifisso è bandito dalle scuole da 30 anni. Forza Italia e Udc presentarono in Consiglio comunale un ordine del giorno che proponeva l'acquisto di crocefissi e ritratti del Presidente della Repubblica nelle scuole pubbliche elementari e medie, ma non se ne fece nulla. Nel dicembre 2004, a voler togliere il crocifisso dal muro fu un insegnante dell'istituto per geometri "Giovanni Cena" di Ivrea. In questo caso il Consiglio d'istituto decise che il simbolo religioso tornasse in classe, purché le classi ne facciano richiesta. Nel 2005 la questione investì anche i seggi elettorali. L'avvocato Dario Visconti, legale del presidente dell'Unione musulmani d'Italia avanzò una richiesta al Tribunale de L'Aquila, affinché «in occasione delle elezioni regionali e per tutte quelle future» il giudice ordinasse ai Prefetti di rimuovere i simboli religiosi, e quindi, di fatto, il crocefisso, da tutti i seggi in Italia.
Durante il referendum sulla fecondazione assistita, il giudice riminese Luigi Tosti, assieme alla moglie, si rifiutò di votare perché nel seggio non gli veniva consentito di esporre, accanto al crocefisso , anche la menorah ebraica. La battaglia del giudice era iniziata quando Tosti incrociò le braccia rifiutandosi di tenere le udienze nelle aule in cui era esposto solo il crocefisso e non anche altri simboli religiosi. Il tribunale dell'Aquila condannò Tosti a sette mesi di reclusione con l'interdizione dai pubblici uffici per un anno, accusato di omissione di atti di ufficio per essersi rifiutato di celebrare i processi nel tribunale di Camerino. Ma la Cassazione nel 2009 annullò la condanna perché "il fatto non sussiste". La Corte europea ha riaperto un capitolo che alimenta il dibattito e le polemiche.
Francesco De Felice
© Copyright Liberal, 4 novembre 2009