ROMA – L’omaggio del papa alla Madonna, l’incontro con i romani e un appello perché dalle antiche radici cristiane sappiano i popoli trarre nuova linfa per costruire il loro presente e il loro futuro": pomeriggio a piazza di Spagna per Benedetto XVI, che ha rinnovato una tradizione che va avanti dal 1953. Il papa è arrivato ai piedi della Colonna dell’Immacolata, nei pressi di una delle più celebri piazze romane, per pregare di fronte alla statua in bronzo della Madonna istallata nel 1856, in ricordo del dogma dell’Immacolata Concezione, proclamato da Pio IX nel 1854.
"Vergine piena di grazia - ha pregato il papa – mostraTi Madre tenera e premurosa per gli abitanti di questa tua città, perchè l'autentico spirito evangelico ne animi ed orienti i comportamenti; mostraTi Madre e vigile custode per l'Italia e per l'Europa, affinché dalle antiche radici cristiane sappiano i popoli trarre nuova linfa per costruire il loro presente e il loro futuro; mostraTi Madre provvida e misericordiosa per il mondo intero, perché, nel rispetto dell'umana dignità e nel ripudio di ogni forma di violenza e di sfruttamento, vengano poste basi salde per la civiltà dell'amore". "MostraTi Madre - ha continuato invocato ancora Benedetto XVI - specialmente per quanti ne hanno maggiormente bisogno: per gli indifesi, per gli emarginati e gli esclusi, per le vittime di una società che troppo spesso sacrifica l'uomo ad altri scopi e interessi. Dacci il coraggio di dire no agli inganni del potere, del denaro, del piacere; ai guadagni disonesti, alla corruzione e all'ipocrisia, all'egoismo e alla violenza”.
Le radici della civiltà dell'Occidente Europeo sono greco-romane e cristiane. La rinnovata contrapposizione con il mondo islamico non può essere l’occasione di cercare un’unità nella pseudo-cultura modernista o nei diritti dell’uomo che si fa Dio; ma in ciò che ci è proprio e che ha fatto la nostra forza: nella fedeltà alla tradizione della Chiesa Romana, la nostra vera Tradizione, che ha origine da Dio e dal suo Cristo.
venerdì 8 dicembre 2006
sabato 11 novembre 2006
Dal discorso del Papa ai Vescovi svizzeri
[...] D'altra parte si tratta, come il vescovo Grab ha già detto, di renderci garanti dei valori portanti, essenziali e che provengono da Dio della nostra società. Qui abbiamo noi tutti insieme, protestanti, cattolici ed ortodossi, un grande compito. Ed io sono felice che la coscienza di ciò cresca. In oriente è la Chiesa in Grecia che, sebbene qualche volta abbia rapporti difficili coi latini, tuttavia sempre più chiaramente dice: in Europa possiamo realizzare il nostro compito solo se noi ci impegnamo a favore della grande eredità cristiana. Anche la Chiesa in Russia vede ciò sempre più, e anche ne sono coscienti i nostri amici protestanti. Penso, se impariamo ad agire gli uni con gli altri in questo campo, allora possiamo anche qui realizzare un buon pezzo di unità, dove la piena unità teologica e sacramentale ancora non è possibile. [...]
Città del Vaticano, 7 novembre 2006
Città del Vaticano, 7 novembre 2006
lunedì 30 ottobre 2006
Rivalutiamo il latino e il greco
Città del Vaticano, 30 ott. (Apcom) - "Nonostante le deludenti politiche scolastiche adottate in questo settore negli ultimi decenni occorre ribadire con forza, e a tutti i livelli istituzionali, l'importanza delle lingue classiche per una cultura che è alla base non solo dell'Europa presente e futura e di Paesi che risentono di queste radici culturali, ma che, in ultima analisi, rappresenta un patrimonio culturale per l'intera umanità": a partire da questa considerazione, il Pontificio comitato di scienze storiche ha deciso di promuovere un "premio giornalistico" per articoli su quotidiani o periodici dedicati ad "attualità e significato delle lingue classiche per lo sviluppo scientifico e culturale"; "importanza delle lingue classiche sul piano pedagogico"; "politiche sviluppate dagli Stati al fine di favorire lo studio delle lingue classiche".
Se non si corre ai ripari, spiega il dicastero vaticano in una nota diffusa oggi dalla sala stampa vaticana, si rischia il "decadimento della ricerca seria in quei settori". A questo fine, la Santa Sede ha deciso di incoraggiare lo studio di latino e greco non solo in ambito accademico e scolastico, "ma anche nell'ambito piu' vasto dell'opinione pubblica".
Se non si corre ai ripari, spiega il dicastero vaticano in una nota diffusa oggi dalla sala stampa vaticana, si rischia il "decadimento della ricerca seria in quei settori". A questo fine, la Santa Sede ha deciso di incoraggiare lo studio di latino e greco non solo in ambito accademico e scolastico, "ma anche nell'ambito piu' vasto dell'opinione pubblica".
martedì 10 ottobre 2006
Un "ricco patrimonio" che non risiede solo nel passato
“Ogni persona che rivendica questa eredità deve mantenerla viva, per oggi e per domani. Poiché abbiamo viva coscienza di essere gli ereditieri di un ricco patrimonio religioso, dobbiamo farlo fruttificare in quanto esso non risiede solo nel passato ma determina anche la nostra visione dell’avvenire e dei rapporti tra gli uomini. Non possiamo, tuttavia, invocare questa eredità senza assumerne i paradossi. Ad esempio, siamo chiamati a non riservare la nostra sollecitudine solo a chi é del nostro popolo ma a offrirla a tutti”. È un appello alla responsabilità dei cristiani nella “storia europea da scrivere” quello che mons. Hyppolite Simon, arcivescovo di Clermont Ferrand e membro della Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece), ha rivolto questa mattina al seminario di studio sui 50 anni del Trattato di Roma: "Quali valori perl'Europa?" in corso nella stessa Clermont Ferrand. Sui temi della responsabilità, del progetto e dell’impegno per l’Europa, si concentreranno fino all’11 ottobre la riflessione e la proposta degli esperti di diversi Paesi europei affiancati da oltre 250 giovani. Nelle prossime giornate interverranno, tra gli altri, Michel Dumoulin (Università di Lovanio), Hans Jürgen Küsters (Università di Bonn), Bino Olivi (già portavoce della Commissione europea - Università di Roma), Jean-Dominique Durand (Università di Lione), Michel Camdessus (Settimane Sociali di Francia).
sabato 30 settembre 2006
Islam violento, Europa codarda
[...]
Di fronte alle richieste dei musulmani, in occidente si sceglie la rinuncia ad affermare i diritti umani, in nome della cultura, della pazienza, del buonismo, della multiculturalità… In realtà si sta perdendo la coscienza di cosa sia l’identità europea e il suo valore. Manca anche un minimo di fierezza. In genere, fra i francesi, gli italiani, i tedeschi, si diffonde un dubbio sull’identità europea, una reticenza, una vergogna.
Invece, proprio noi africani e asiatici riconosciamo in voi europei un fondo comune, che il papa stesso ha fatto emergere parlando dell’ellenismo, del cristianesimo, dell’illuminismo… Occorre riprendere coscienza dell’identità europea, che ha alla base il cristianesimo come collante, senza rigettare niente del Rinascimento e dell’illuminismo, ma purificando tutto (cristianesimo compreso). E occorre anche essere fieri di quest’identità.
L’Europa ha portato al mondo dei valori assolutamente unici: la persona umana, l’uguaglianza, i diritti umani, la libertà, la democrazia, l’ecologia, un rapporto non violento con la natura (anche sotto l’influsso dell’India)... Sono delle acquisizioni servite anche a Gandhi e ad altre culture mondiali.
Il discorso del papa a Regensburg era anche un suggerimento a far rinascere la coscienza europea ed aprirla a un dialogo universale. Mettendo in luce i due pilastri - la religione senza violenza e l’integrazione fra fede e ragione – Benedetto XVI ha lanciato un vero programma per il mondo del terzo millennio: riflettere tutti insieme sulla violenza e la non-violenza, in particolare nel suo rapporto alle religioni e ideologie; riflettere insieme sulla rilettura dei nostri testi sacri, per darne un’interpretazione degna di Dio e dell’Uomo; riflettere insieme sui progetti per una società più equa e più umana; sulla libertà, i suoi meriti e i suoi limiti; sulla secolarizzazione e la sana laicità; sulle culture e il multiculturalismo; etc. Ecco alcuni dei temi suggeriti dal Papa nel suo discorso di Regensburg, per un dialogo sincero e autentico.
[Tratto da un articolo di Samir Khalil Samir, 30 settembre 2006]
Di fronte alle richieste dei musulmani, in occidente si sceglie la rinuncia ad affermare i diritti umani, in nome della cultura, della pazienza, del buonismo, della multiculturalità… In realtà si sta perdendo la coscienza di cosa sia l’identità europea e il suo valore. Manca anche un minimo di fierezza. In genere, fra i francesi, gli italiani, i tedeschi, si diffonde un dubbio sull’identità europea, una reticenza, una vergogna.
Invece, proprio noi africani e asiatici riconosciamo in voi europei un fondo comune, che il papa stesso ha fatto emergere parlando dell’ellenismo, del cristianesimo, dell’illuminismo… Occorre riprendere coscienza dell’identità europea, che ha alla base il cristianesimo come collante, senza rigettare niente del Rinascimento e dell’illuminismo, ma purificando tutto (cristianesimo compreso). E occorre anche essere fieri di quest’identità.
L’Europa ha portato al mondo dei valori assolutamente unici: la persona umana, l’uguaglianza, i diritti umani, la libertà, la democrazia, l’ecologia, un rapporto non violento con la natura (anche sotto l’influsso dell’India)... Sono delle acquisizioni servite anche a Gandhi e ad altre culture mondiali.
Il discorso del papa a Regensburg era anche un suggerimento a far rinascere la coscienza europea ed aprirla a un dialogo universale. Mettendo in luce i due pilastri - la religione senza violenza e l’integrazione fra fede e ragione – Benedetto XVI ha lanciato un vero programma per il mondo del terzo millennio: riflettere tutti insieme sulla violenza e la non-violenza, in particolare nel suo rapporto alle religioni e ideologie; riflettere insieme sulla rilettura dei nostri testi sacri, per darne un’interpretazione degna di Dio e dell’Uomo; riflettere insieme sui progetti per una società più equa e più umana; sulla libertà, i suoi meriti e i suoi limiti; sulla secolarizzazione e la sana laicità; sulle culture e il multiculturalismo; etc. Ecco alcuni dei temi suggeriti dal Papa nel suo discorso di Regensburg, per un dialogo sincero e autentico.
[Tratto da un articolo di Samir Khalil Samir, 30 settembre 2006]
giovedì 28 settembre 2006
Svegliati, Europa!
“Di fronte alle folle minacciose delle capitali islamiche l’Europa è apparsa incerta e timida. È giunto il momento di preparare una risposta della ragione, capace di convincere ed unire, ma anche di svegliare”. Lo afferma il vicepresidente della Commissione europea, Franco Frattini, in un suo intervento che uscirà domani sul quotidiano “Avvenire”. “Dobbiamo saper guardare alle religioni come a spazi privilegiati di importanti esperienze individuali e collettive di cui è difficile fare a meno”, si legge nel testo di cui il quotidiano fornisce un’anticipazione. “L’Europa ha fin qui scelto più che il silenzio il silenziatore della religiosità, salvo la tiepida difesa dall’antisemitismo o più recentemente dall’islamfobia”. “Il tema delle radici cristiane – prosegue Frattini – rappresenta oggi una triplice sfida: della nostra identità europea, di un universo religioso che ritorna, di un cristianesimo che, nel porre il tema della libertà come via del dialogo, è parte del nostro futuro”. Info: www.avvenire.it
giovedì 14 settembre 2006
Da Ratisbona
Nella Lectio Magistralis tenuta il 12 settembre preso l'Università di Ratisbona, Benedetto XVI ha ricordato le origini dell’Europa: l’incontro tra Cristianesimo e pensiero greco, arricchito dal patrimonio di Roma. “Lo scambio tra fede biblica e pensiero greco – ha precisato – è un dato di importanza decisiva non solo dal punto di vista della storia delle religioni, ma anche da quello della storia universale. Considerato questo incontro – ha aggiunto Papa Ratzinger –, non è sorprendente che il cristianesimo, nonostante la sua origine e qualche suo sviluppo importante nell’Oriente, abbia infine trovato la sua impronta storicamente decisiva in Europa”.
Il cristianesimo nascente ha felicemente incontrato la visione della legge naturale nel mondo greco-romano, parallela a quella già esistente nel mondo ebraico, coniugando il Logos con la Rivelazione e la Venuta del Signore Gesù.
Negarlo è assurdo: più che antireligioso, è antistorico. I primi cristiani, a partire da Giustino martire, nel II secolo, sostenevano proprio questo: noi seguiamo la retta ragione, la razionalità della fede perché esiste una ragione capace di non ridurre tutto l'uomo alla scienza e alla tecnica e ad aprirgli orizzonti di 'vera' libertà.
Il cristianesimo nascente ha felicemente incontrato la visione della legge naturale nel mondo greco-romano, parallela a quella già esistente nel mondo ebraico, coniugando il Logos con la Rivelazione e la Venuta del Signore Gesù.
Negarlo è assurdo: più che antireligioso, è antistorico. I primi cristiani, a partire da Giustino martire, nel II secolo, sostenevano proprio questo: noi seguiamo la retta ragione, la razionalità della fede perché esiste una ragione capace di non ridurre tutto l'uomo alla scienza e alla tecnica e ad aprirgli orizzonti di 'vera' libertà.
sabato 9 settembre 2006
Turchia e UE. Ambasciatore serbo presso la Santa Sede: "Non fare troppe concessioni"
“Non dobbiamo sottovalutare il fatto che per la prima volta dopo Ataturk oggi la Turchia ha un governo islamista. Con molta intelligenza loro vogliono essere europei, ma i loro comportamenti e le politiche di normalizzazione ci devono mettere in guardia dall’essere indulgenti e fare troppe concessioni”. Così Darko Tanasković, ambasciatore della Serbia presso la Santa sede, ha commentato oggi a Gazzada (Varese) l’iniziativa delle autorità turche di rimaneggiare alcuni noti racconti, come le avventure di Pinocchio. “Si tratta di una falsificazione fatta in nome della verità – ha aggiunto il diplomatico a margine della settimana europea sulla Storia religiosa dell’Islam nei Balcani, organizzata dalla Fondazione ambrosiana Paolo VI e dall’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano -. Però questa presunta verità altro non è che quella di cui si credono gli unici detentori, e in nome della quale pensano di essere legittimati ad intervenire senza remora alcuna anche in ambiti come la cultura e l’arte”.
domenica 20 agosto 2006
Da un'intervista a Olivier Clément
Olivier Clément, l'Europa ha ancora qualcosa da dire al mondo? Ha ancora una missione spirituale da svolgere?
«Ha senz'altro molto da dire al mondo. Soprattutto credo debba avere il coraggio della sua storia, del suo passato cristiano che a volte sembra voler dimenticare o addirittura rifiutare. L'Europa ha ancora oggi valori profondi da esprimere, e uomini che li vivono autenticamente. Forse il suo limite è di perdersi in divisioni inutili, in contrapposizioni che non hanno ragione di esistere. Valori vi sono anche fra chi non è cristiano. Occorre imparare a scoprirli e a trovare linguaggi comuni in cui esprimerli».
Se lei dovesse indicare due-tre elementi che costituiscono la cultura europea, cosa individuerebbe?
«La persona, la tecnica e la ricerca. Che poi sono Gerusalemme, Atene e Roma: i nostri retaggi costitutivi».
«Ha senz'altro molto da dire al mondo. Soprattutto credo debba avere il coraggio della sua storia, del suo passato cristiano che a volte sembra voler dimenticare o addirittura rifiutare. L'Europa ha ancora oggi valori profondi da esprimere, e uomini che li vivono autenticamente. Forse il suo limite è di perdersi in divisioni inutili, in contrapposizioni che non hanno ragione di esistere. Valori vi sono anche fra chi non è cristiano. Occorre imparare a scoprirli e a trovare linguaggi comuni in cui esprimerli».
Se lei dovesse indicare due-tre elementi che costituiscono la cultura europea, cosa individuerebbe?
«La persona, la tecnica e la ricerca. Che poi sono Gerusalemme, Atene e Roma: i nostri retaggi costitutivi».
domenica 30 luglio 2006
Benedetto XVI sull'edificazione della casa comune europea
È, infatti, essenziale che l'edificazione della casa comune europea sia sempre basata sulla verità dell'uomo, poggiando quindi sull'affermazione del diritto di ciascuno alla vita dal concepimento fino alla morte naturale; sul riconoscimento della componente spirituale dell'essere umano, nella quale si radica l'inalienabile sua dignità; sul rispetto delle scelte religiose di ciascuno, nelle quali si testimonia l'insopprimibile apertura al trascendente. Su questi valori è possibile trovare il consenso anche di chi, pur non aderendo alla Chiesa cattolica, accetta la voce della ragione, sensibile ai dettami della legge naturale.
venerdì 28 luglio 2006
Parla lo storico Emmanuel Le Roy Ladurie
«Spesso confuso con la storia, il ricordo collettivo è in evoluzione continua, carico di sentimenti e sempre a rischio di manipolazioni». «Le società del Vecchio continente sono tutte figlie di migrazioni. Però chi arriva oggi spesso non ha lo stesso comune riferimento culturale. L'islam merita rispetto, ma per ora rimane sotto la spada di Damocle del fondamentalismo»
Emmanuel Le Roy Ladurie è storico tra i più fecondi e innovativi della «Nouvelle histoire» francese, da lui fondata. I suoi studi sulla microstoria e i fatti visti dal basso, attraverso le vicende della gente comune e degli umili, hanno gettato nuova luce sul Medioevo e sull'Era moderna. «È evidente che l'Europa sia legata al cristianesimo, anche in un'epoca come la nostra di post-cristianità», afferma quasi stupendosi della domanda. Prende in mano il suo libro Il secolo dei Platter. Sfoglia qualche pagina, e poi aggiunge: «Ecco qui, ho compiuto una ricerca sulla famiglia Platter, famosi viaggiatori del Cinquecento. Nei loro appunti compare il termine Europa come sinonimo di cristianesimo». E poi dal portafoglio estrae una banconota da venti euro: «Cosa vede raffigurata? L'Europa. E se lo giro, vede invece la finestra gotica di una cattedrale. Perché una è legata all'altra, una trae forza dall'altra». Al Collège de France, dove ha insegnato per anni a capo del dipartimento di Storia della moderna civilizzazione, si è scontrato spesso su questo concetto. «Non si può non convenire che il cristianesimo è stato nei secoli il cemento che ha tenuto unita la società europea. E tutt'oggi, la Chiesa continua ad ispirare il pensiero e il comportamento di milioni di persone, in Europa e nel mondo. Anzi direi che l'influenza della religione cristiana va oltre gli appartenenti alla Chiesa stessa. Coinvolge la società tutta».
Emmanuel Le Roy Ladurie è storico tra i più fecondi e innovativi della «Nouvelle histoire» francese, da lui fondata. I suoi studi sulla microstoria e i fatti visti dal basso, attraverso le vicende della gente comune e degli umili, hanno gettato nuova luce sul Medioevo e sull'Era moderna. «È evidente che l'Europa sia legata al cristianesimo, anche in un'epoca come la nostra di post-cristianità», afferma quasi stupendosi della domanda. Prende in mano il suo libro Il secolo dei Platter. Sfoglia qualche pagina, e poi aggiunge: «Ecco qui, ho compiuto una ricerca sulla famiglia Platter, famosi viaggiatori del Cinquecento. Nei loro appunti compare il termine Europa come sinonimo di cristianesimo». E poi dal portafoglio estrae una banconota da venti euro: «Cosa vede raffigurata? L'Europa. E se lo giro, vede invece la finestra gotica di una cattedrale. Perché una è legata all'altra, una trae forza dall'altra». Al Collège de France, dove ha insegnato per anni a capo del dipartimento di Storia della moderna civilizzazione, si è scontrato spesso su questo concetto. «Non si può non convenire che il cristianesimo è stato nei secoli il cemento che ha tenuto unita la società europea. E tutt'oggi, la Chiesa continua ad ispirare il pensiero e il comportamento di milioni di persone, in Europa e nel mondo. Anzi direi che l'influenza della religione cristiana va oltre gli appartenenti alla Chiesa stessa. Coinvolge la società tutta».
mercoledì 12 luglio 2006
11 luglio, San Benedetto patrono d'Europa
«Ciò di cui abbiamo soprattutto bisogno in questo momento della storia sono uomini che, attraverso una fede illuminata e vissuta, rendano Dio credibile in questo mondo... Abbiamo bisogno di uomini come Benedetto da Norcia il quale, in un tempo di dissipazione e di decadenza, si sprofondò nella solitudine più estrema, riuscendo, dopo tutte le purificazioni che dovette subire, a risalire alla luce, a ritornare e a fondare a Montecassino, la città sul monte che, con tante rovine, mise insieme le forze dalle quali si formò un mondo nuovo. Così Benedetto, come Abramo, diventò padre di molti popoli». Cita le parole dell'allora cardinale Joseph Ratzinger, pronunziate il 1° aprile 2005 nell'abbazia di Santa Scolastica, l'abate ordinario di Subiaco, dom Mauro Meacci per aprire le celebrazioni promosse (dall'11 al 16 luglio)per la festa di san Benedetto abate, dalla cui opera rinacquero la civiltà e il cristianesimo in Europa.
sabato 1 luglio 2006
Le tappe chiave di una civiltà letteraria
Manlio Simonetti, "Romani e barbari" Le lettere latine alle origini dell’Europa (secoli V-VIII), Carocci. Pag 304. Euro 19,50
Un libro che è la storia culturale di un mondo, cristiano e pagano, nel periodo di passaggio dall’antichità al Medioevo concluso dall’espansione militare islamica e dalla reazione e dalla rinascita carolingie, come aveva visto con lucidità Henri Pirenne in Maometto e Carlomagno. In questo senso il volume interessa il dibattito sulle origini e sulle radici dell’Europa, realtà diversa dalla sola eredità dell’ellenismo e della latinità, e dunque dell’impero romano. Questa nuova caratterizzazione del continente – Friedrich Prinz nel suo Da Costantino a Carlo Magno ha usato l’espressione «europeizzazione dell’Europa» – è segnata dall’innesto sul mondo romano delle popolazioni barbariche ed è conseguenza di un insieme di fenomeni che fanno da sfondo al libro: l’estraniamento progressivo tra Oriente bizantino e Occidente latino; il traumatico distacco dell’Africa romana dall’impero, con l’invasione vandala ariana, e dalla latinità e dal mondo cristiano, definitivamente, a causa della conquista islamica; l’entrata dei barbari e le guerre che flagellano l’Italia; le ondate barbariche che dilagano in Gallia e nella penisola iberica, anch’essa presto islamizzata; la nascita in Irlanda e Britannia, all’estremo margine del mondo latino, di una particolare cultura cristiana che migra poi nel continente per evangelizzarlo.
Un libro che è la storia culturale di un mondo, cristiano e pagano, nel periodo di passaggio dall’antichità al Medioevo concluso dall’espansione militare islamica e dalla reazione e dalla rinascita carolingie, come aveva visto con lucidità Henri Pirenne in Maometto e Carlomagno. In questo senso il volume interessa il dibattito sulle origini e sulle radici dell’Europa, realtà diversa dalla sola eredità dell’ellenismo e della latinità, e dunque dell’impero romano. Questa nuova caratterizzazione del continente – Friedrich Prinz nel suo Da Costantino a Carlo Magno ha usato l’espressione «europeizzazione dell’Europa» – è segnata dall’innesto sul mondo romano delle popolazioni barbariche ed è conseguenza di un insieme di fenomeni che fanno da sfondo al libro: l’estraniamento progressivo tra Oriente bizantino e Occidente latino; il traumatico distacco dell’Africa romana dall’impero, con l’invasione vandala ariana, e dalla latinità e dal mondo cristiano, definitivamente, a causa della conquista islamica; l’entrata dei barbari e le guerre che flagellano l’Italia; le ondate barbariche che dilagano in Gallia e nella penisola iberica, anch’essa presto islamizzata; la nascita in Irlanda e Britannia, all’estremo margine del mondo latino, di una particolare cultura cristiana che migra poi nel continente per evangelizzarlo.
domenica 25 giugno 2006
Dal Convegno romano delle Teologhe europee
[...] La consapevolezza che i processi di differenziazione sociale, politica e religiosa che hanno dato vita, spesso con molto dolore, a un'"Europa plurale" sono un'eredità straordinaria ma anche molto impegnativa è stato il punto di partenza per una riflessione lucida e coraggiosa su un'alternativa, quella tra post-secolare e post-cristiano, che rischia di imprigionare l'Europa nel suo passato e di distoglierla dall'impegno di guardare con lungimiranza al suo futuro.
D'altro canto, l'esigenza di capirsi ormai all'interno di un mondo divenuto policentrico ha consentito di prendere in esame i processi che hanno portato l'Europa a generare l'Occidente, ma che non le consentono però di sparire in esso, nonché le spinte a proiettarsi in modo nuovo oltre i propri confini storico-culturali e storico-religiosi.
Abbiamo infine toccato con mano come, rispetto a tutto questo, la ricerca teologica delle donne, il loro impegno professionale nella società e il loro impegno pastorale nelle chiese hanno da dire parole autorevoli perché significative e possono contribuire ad individuare obiettivi condivisi ed a promuovere scelte di trasformazione tanto necessaria quanto possibile.
Si tratta di andare avanti. Con lucidità e fermezza sulle strade già aperte. Anche con creatività e fantasia: ancora molte possono essere le strade da aprire, ancora molti possono essere gli impegni da prendere, le possibilità da verificare, le decisioni da prendere.
D'altro canto, l'esigenza di capirsi ormai all'interno di un mondo divenuto policentrico ha consentito di prendere in esame i processi che hanno portato l'Europa a generare l'Occidente, ma che non le consentono però di sparire in esso, nonché le spinte a proiettarsi in modo nuovo oltre i propri confini storico-culturali e storico-religiosi.
Abbiamo infine toccato con mano come, rispetto a tutto questo, la ricerca teologica delle donne, il loro impegno professionale nella società e il loro impegno pastorale nelle chiese hanno da dire parole autorevoli perché significative e possono contribuire ad individuare obiettivi condivisi ed a promuovere scelte di trasformazione tanto necessaria quanto possibile.
Si tratta di andare avanti. Con lucidità e fermezza sulle strade già aperte. Anche con creatività e fantasia: ancora molte possono essere le strade da aprire, ancora molti possono essere gli impegni da prendere, le possibilità da verificare, le decisioni da prendere.
venerdì 23 giugno 2006
Europa, contro la tirannia dello smarrimento
“Una modernità che non è radicata in autentici valori umani è destinata ad esser dominata dalla tirannia dell'instabilità e dello smarrimento”. Lo ha detto oggi Benedetto XVI, nel suo discorso rivolto ai vescovi di Lituania, Lettonia ed Estonia in visita “ad limina”.
Zapatero riconosce i diritti delle scimmie
Contro l’“antropocentrismo”, di cui denunciano le origini nella filosofia greca e nella Bibbia ebraica e cristiana, gli “ecologisti profondi” chiedono alle leggi di riconoscere che l’uomo non è nulla di più di un animale fra gli altri. Una prospettiva che anni fa piaceva molto anche ai profeti del New Age, ma le cui conseguenze sono potenzialmente devastanti. E che rinnega quel primato della persona umana che risuona nelle prime pagine del libro biblico della Genesi, e che ha fondato la storia e la cultura, cristiana e laica, dell’intero Occidente.
sabato 6 maggio 2006
Barroso, dopo l'Udienza in Vaticano
Il futuro dell Istituzioni Europee, il loro processo di integrazione e consolidamento, al centro dell'udienza concessa da Benedetto XVI al Presidente della Commissione Europea, Barroso, che al termine ha dichiarato:
"I valori comuni sono la democrazia, il rispetto dello Stato di diritto e delle libertà fondamentali: dal diritto alla vita al diritto alla libertà di religione, alla libertà di espressione, ai diritti della società libera. Sono questi i valori comuni. E la verità è che da sempre la Chiesa cattolica ha sostenuto l’integrazione europea. Molti dei padri fondatori d’Europa erano cattolici e oggi, nonostante le istituzioni siano laiche, la verità è che abbiamo dovuto riconoscere il contributo che il pensiero cristiano ha sempre dato all’idea europea. Dopo questo incontro con Benedetto XVI, che come cardinale ha scritto molte volte sull’Europa e che è lui stesso un europeo convinto, sono stato molto incoraggiato dalle parole di fiducia che sono state pronunciate sul futuro dell’Europa."
"I valori comuni sono la democrazia, il rispetto dello Stato di diritto e delle libertà fondamentali: dal diritto alla vita al diritto alla libertà di religione, alla libertà di espressione, ai diritti della società libera. Sono questi i valori comuni. E la verità è che da sempre la Chiesa cattolica ha sostenuto l’integrazione europea. Molti dei padri fondatori d’Europa erano cattolici e oggi, nonostante le istituzioni siano laiche, la verità è che abbiamo dovuto riconoscere il contributo che il pensiero cristiano ha sempre dato all’idea europea. Dopo questo incontro con Benedetto XVI, che come cardinale ha scritto molte volte sull’Europa e che è lui stesso un europeo convinto, sono stato molto incoraggiato dalle parole di fiducia che sono state pronunciate sul futuro dell’Europa."
venerdì 5 maggio 2006
Importanti riflessioni di Papa Ratzinger
“Noi non vogliamo creare un impero di potere, ma abbiamo una cosa comunicabile alla quale va incontro un’attesa della nostra ragione. È comunicabile perché appartiene alla nostra comune natura umana e c’è un dovere di comunicare da parte di chi ha trovato un tesoro di verità e amore. La razionalità era quindi postulato e condizione del cristianesimo, che rimane un’eredità europea per confrontarci in modo pacifico e positivo, sia con l’islam, sia con le grandi religioni asiatiche”.
Per lui, dunque, il dialogo è a questo livello, cioè fondato sulla ragione. Andando oltre, egli aggiunge:
“Questa razionalità diventa pericolosa e distruttiva per la creatura umana se diventa positivista [e qui egli fa la critica all’Occidente - ndr], che riduce i grandi valori del nostro essere alla soggettività, [al relativismo] e diventa così un’amputazione della creatura umana. Non vogliamo imporre a nessuno una fede che si può accettare solo liberamente, ma come forza vivificatrice della razionalità dell’Europa essa appartiene alla nostra identità”.
Qui viene il passaggio essenziale:
“È stato detto che non dobbiamo parlare di Dio nella costituzione europea, perché non dobbiamo offendere i musulmani e i fedeli di altre religioni. È vero il contrario. Ciò che offende i musulmani e i fedeli di altre religioni non è parlare di Dio o delle nostre radici cristiane, ma piuttosto il disprezzo di Dio e del sacro che ci separa dalle altre culture e non crea una possibilità di incontro, ma esprime l’arroganza di una ragione diminuita, ridotta, che provoca reazioni fondamentaliste”.
Per lui, dunque, il dialogo è a questo livello, cioè fondato sulla ragione. Andando oltre, egli aggiunge:
“Questa razionalità diventa pericolosa e distruttiva per la creatura umana se diventa positivista [e qui egli fa la critica all’Occidente - ndr], che riduce i grandi valori del nostro essere alla soggettività, [al relativismo] e diventa così un’amputazione della creatura umana. Non vogliamo imporre a nessuno una fede che si può accettare solo liberamente, ma come forza vivificatrice della razionalità dell’Europa essa appartiene alla nostra identità”.
Qui viene il passaggio essenziale:
“È stato detto che non dobbiamo parlare di Dio nella costituzione europea, perché non dobbiamo offendere i musulmani e i fedeli di altre religioni. È vero il contrario. Ciò che offende i musulmani e i fedeli di altre religioni non è parlare di Dio o delle nostre radici cristiane, ma piuttosto il disprezzo di Dio e del sacro che ci separa dalle altre culture e non crea una possibilità di incontro, ma esprime l’arroganza di una ragione diminuita, ridotta, che provoca reazioni fondamentaliste”.
lunedì 1 maggio 2006
Cattolici e Ortodossi per “ridare un’anima all’Europa”
Per la prima volta, un organismo della Santa Sede e il Patriarcato di Mosca organizzano insieme un incontro di cultura in Europa, che si terrà a Vienna dal 3 al 5 maggio 2006.
“Questo incontro, frutto della visita del Cardinale Poupard a Sua Santità Alessio II, Patriarca di Mosca, nel novembre 2004, è nato dalla comune preoccupazione fra i cristiani in Europa di far fronte all’attuale processo di perdita di identità del Continente, di riflettere sulle radici cristiane dell’Europa e di proporre con forza un progetto di futuro”, spiega un comunicato emesso dal Pontificio Consiglio della Cultura.
L’incontro, il cui tema è “Ridare un’anima all’Europa”, è reso possibile dal sostegno della Fondazione “Pro Oriente”. Sarà co-presieduto dal Cardinale Paul Poupard, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, e da S.E. Kirill, Metropolita di Smolensk e Kaliningrad, Presidente del Dipartimento per i Rapporti Esteri del Patriarcato di Mosca.
All’incontro parteciperanno esperti di tutto il continente, laici e religiosi, scelti congiuntamente dai due organismi convocanti. I lavori saranno moderati dal Rev. P. Bernard Ardura, Segretario del Pontificio Consiglio della Cultura, e dal Rev. Arciprete Vsevolod Chaplin, Vicepresidente del Dipartimento di Rapporti Esterni del Patriarcato di Mosca.
“Questo incontro, frutto della visita del Cardinale Poupard a Sua Santità Alessio II, Patriarca di Mosca, nel novembre 2004, è nato dalla comune preoccupazione fra i cristiani in Europa di far fronte all’attuale processo di perdita di identità del Continente, di riflettere sulle radici cristiane dell’Europa e di proporre con forza un progetto di futuro”, spiega un comunicato emesso dal Pontificio Consiglio della Cultura.
L’incontro, il cui tema è “Ridare un’anima all’Europa”, è reso possibile dal sostegno della Fondazione “Pro Oriente”. Sarà co-presieduto dal Cardinale Paul Poupard, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, e da S.E. Kirill, Metropolita di Smolensk e Kaliningrad, Presidente del Dipartimento per i Rapporti Esteri del Patriarcato di Mosca.
All’incontro parteciperanno esperti di tutto il continente, laici e religiosi, scelti congiuntamente dai due organismi convocanti. I lavori saranno moderati dal Rev. P. Bernard Ardura, Segretario del Pontificio Consiglio della Cultura, e dal Rev. Arciprete Vsevolod Chaplin, Vicepresidente del Dipartimento di Rapporti Esterni del Patriarcato di Mosca.
venerdì 28 aprile 2006
Valori cristiani e spirituali in Europa
La neutralità ideologica dello Stato di diritto non va confusa con la sua presunta neutralità etica, con il rischio del predominio dei più forti sui deboli e degli interessi particolari sul bene comune. Lo ha affermato il presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, il cardinale Renato Martino, parlando all’Accademia Diplomatica di Vienna, a conclusione di un itinerario compiuto nelle capitali di Croazia, d’Ungheria e d’Austria per la presentazione del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, pubblicato dal Dicastero. Nel discorso viennese sul tema “Religione nello spazio pubblico: libertà religiosa nella nuova Europa”, il porporato ha denunciato che anche nei Paesi democratici e liberali il diritto alla libertà religiosa non è sempre rispettato nella sostanza, ed ha riaffermato che “la libertà di religione è la garanzia primaria affinché i diritti umani non siano collocati sulla sabbia della convenzione, ma sulla roccia del fondamento trascendente”. Per questo, il rispetto da parte dello Stato, del diritto alla libertà di religione è segno del rispetto degli altri diritti fondamentali, in quanto esso è il riconoscimento implicito dell’esistenza di un ordine che supera la dimensione politica dell’esistenza.
mercoledì 26 aprile 2006
Eredità o radici?
Se è giusto, per l'Europa parlare di eredità della Grecia, di Israele e di Roma, non lo è altrettanto parlare di 'eredità' cristiana: i morti lasciano una eredità, quelle cristiane sono radici. Le più forti fra tutte, anche per chi non crede. Perché a voler cancellare quelle tracce (Dante e Manzoni, Raffaello e Michelangelo, le cattedrali gotiche, gli ospedali, la moderazione e l'umiltà e le altre virtù cristiane), non resterebbero che rovine. Perché nella piatta uniformità e nel soffocante conformismo del dopo‑guerra‑fredda è il successore di Pietro che ha il coraggio di chiedersi se il capitalismo sia modello da proporre a tutto il mondo, e di rispondere (Centesimus annus, 42): "Se con capitalismo s'intende un sistema in cui la libertà nel settore dell'economia non è inquadrata in un solido contesto giuridico che la metta al servizio della libertà umana integrale e la consideri come una particolare dimensione di questa libertà, il cui centro è etico, allora la risposta è decisamente negativa".
Si tratta di vedere entro quali limiti e fino a che punto le radici cristiane possano costituire un parametro per la definizione della identità attuale dell'Europa.
Si tratta di vedere entro quali limiti e fino a che punto le radici cristiane possano costituire un parametro per la definizione della identità attuale dell'Europa.
sabato 25 marzo 2006
Valori e fondamentalismo
Marcello Pera respinge le accuse di cui lo descrive come in fomentatore dello "scontro di civiltà", ma sottolinea che un Occidente senza valori non potrà mai contrastare il fondamentalismo islamico. Egli esprime queste valutazioni rispondendo a domande di visitatori del suo sito internet e scrive: "Per dialogare e affrontare i rischi connessi con il fondamentalismo, dobbiamo trovare e rifondare le basi morali cristiane. E' a questo obiettivo che stiamo cercando di dare il nostro contributo. Lo dico a chi mi accusa di essere un nemico del dialogo e un anti-islamico. Pera ricoda poi che il Papa, in occasione del recente Concistoro, ha sottolineato l'opportunità di evitare che il mondo musulmano identifichi la cristianità con l'Occidente senza valori. "L'ostacolo al dialogo con l'Islam è il nostro essere senza valori"
mercoledì 8 marzo 2006
Dall'ultima lettera di Don Andrea, Trabzon 22 gennaio
Così si esprimeva, tra l'altro, Don Andrea Santoro, scrivendo ai suoi amici romani pochi giorni prima della sua uccisione, avvenuta il 5 febbraio scorso mentre pregava inginocchiato nella sua chiesa:
[...] Si dice e si scrive spesso che nel Corano i cristiani sono ritenuti i migliori amici dei musulmani, di essi si elogia la mitezza, la misericordia, l’umiltà, anche per essi è possibile il paradiso. È vero. Ma è altrettanto vero il contrario: si invita a non prenderli assolutamente per amici, si dice che la loro fede è piena di ignoranza e di falsità, che occorre combatterli e imporre loro un tributo… Cristiani ed ebrei sono ritenuti credenti e cittadini di seconda categoria. Perché dico questo? Perché credo che mentre sia giusto e doveroso che ci si rallegri dei buoni pensieri, delle buone intenzioni, dei buoni comportamenti e dei passi in avanti, ci si deve altrettanto convincere che nel cuore dell’Islam e nel cuore degli stati e delle nazioni dove abitano prevalentemente musulmani debba essere realizzato un pieno rispetto, una piena stima, una piena parità di cittadinanza e di coscienza. Dialogo e convivenza non è quando si è d’accordo con le idee e le scelte altrui (questo non è chiesto a nessun musulmano, a nessun cristiano, a nessun uomo) ma quando gli si lascia posto accanto alle proprie e quando ci si scambia come dono il proprio patrimonio spirituale, quando a ognuno è dato di poterlo esprimere, testimoniare e immettere nella vita pubblica oltre che privata. Il cammino da fare è lungo e non facile. Due errori credo siano da evitare: pensare che non sia possibile la convivenza tra uomini di religione diversa oppure credere che sia possibile solo sottovalutando o accantonando i reali problemi, lasciando da parte i punti su cui lo stridore è maggiore, riguardino essi la vita pubblica o privata, le libertà individuali o quelle comunitarie, la coscienza singola o l’assetto giuridico degli stati. [...]
Testo integrale della lettera
[...] Si dice e si scrive spesso che nel Corano i cristiani sono ritenuti i migliori amici dei musulmani, di essi si elogia la mitezza, la misericordia, l’umiltà, anche per essi è possibile il paradiso. È vero. Ma è altrettanto vero il contrario: si invita a non prenderli assolutamente per amici, si dice che la loro fede è piena di ignoranza e di falsità, che occorre combatterli e imporre loro un tributo… Cristiani ed ebrei sono ritenuti credenti e cittadini di seconda categoria. Perché dico questo? Perché credo che mentre sia giusto e doveroso che ci si rallegri dei buoni pensieri, delle buone intenzioni, dei buoni comportamenti e dei passi in avanti, ci si deve altrettanto convincere che nel cuore dell’Islam e nel cuore degli stati e delle nazioni dove abitano prevalentemente musulmani debba essere realizzato un pieno rispetto, una piena stima, una piena parità di cittadinanza e di coscienza. Dialogo e convivenza non è quando si è d’accordo con le idee e le scelte altrui (questo non è chiesto a nessun musulmano, a nessun cristiano, a nessun uomo) ma quando gli si lascia posto accanto alle proprie e quando ci si scambia come dono il proprio patrimonio spirituale, quando a ognuno è dato di poterlo esprimere, testimoniare e immettere nella vita pubblica oltre che privata. Il cammino da fare è lungo e non facile. Due errori credo siano da evitare: pensare che non sia possibile la convivenza tra uomini di religione diversa oppure credere che sia possibile solo sottovalutando o accantonando i reali problemi, lasciando da parte i punti su cui lo stridore è maggiore, riguardino essi la vita pubblica o privata, le libertà individuali o quelle comunitarie, la coscienza singola o l’assetto giuridico degli stati. [...]
Testo integrale della lettera
lunedì 6 marzo 2006
Sprazzi di luce
Oggi ho avuto occasione di leggere una lettera di Don Andrea Santoro, ucciso un mese fa in Turchia. Riporto un piccolo stralcio, significativo dello spirito che lo animava:
"Tornando al discorso del sacrificio dell’agnello, penso che proprio a contatto con le usanze musulmane potremmo riscoprire certe cose tipiche della nostra fede cristiana. Gesù è l’Agnello. Noi stessi, uniti a Lui, siamo il suo corpo, cioè membra dell’Agnello. Allora dovrebbe diventare più evidente la nostra appartenenza totale a Dio. Appartenendo a Dio siamo chiamati ad essere suo dono di carità agli altri, proprio secondo quelle “tre parti” in cui i musulmani dividono le carni dell’agnello: apparteniamo ai “poveri” (ogni genere di poveri), apparteniamo ai “vicini” (cioè a quelli tra i quali Dio ci ha messo in stretto contatto a vivere), apparteniamo a “quelli di casa nostra”. " (Il primo dei quattro giorni della festa del “Kurban Bayram” [1 febbraio], in concomitanza col pellegrinaggio alla Mecca, i musulmani immolano un animale in ricordo del sacrificio di Abramo. Un terzo della carne viene dato ai poveri, un terzo ai vicini di casa, un terzo è consumato dalla famiglia che offre il sacrificio. È un segno di amicizia e di carità.)
Per chi ha interesse a leggere l'intera lettera
"Tornando al discorso del sacrificio dell’agnello, penso che proprio a contatto con le usanze musulmane potremmo riscoprire certe cose tipiche della nostra fede cristiana. Gesù è l’Agnello. Noi stessi, uniti a Lui, siamo il suo corpo, cioè membra dell’Agnello. Allora dovrebbe diventare più evidente la nostra appartenenza totale a Dio. Appartenendo a Dio siamo chiamati ad essere suo dono di carità agli altri, proprio secondo quelle “tre parti” in cui i musulmani dividono le carni dell’agnello: apparteniamo ai “poveri” (ogni genere di poveri), apparteniamo ai “vicini” (cioè a quelli tra i quali Dio ci ha messo in stretto contatto a vivere), apparteniamo a “quelli di casa nostra”. " (Il primo dei quattro giorni della festa del “Kurban Bayram” [1 febbraio], in concomitanza col pellegrinaggio alla Mecca, i musulmani immolano un animale in ricordo del sacrificio di Abramo. Un terzo della carne viene dato ai poveri, un terzo ai vicini di casa, un terzo è consumato dalla famiglia che offre il sacrificio. È un segno di amicizia e di carità.)
Per chi ha interesse a leggere l'intera lettera
mercoledì 1 marzo 2006
Io musulmano nell’Europa cristiana
E' interessante citare un commento di Khaled Fouad Allam che affronta direttamente il nodo della Convenzione Europea e delle radici cristiane.
Ed è particolarmente interessante che sia proprio un musulmano a sottolineare la necessità di mantenere vive le radici cristiane.
Scrive Fouad Allam: “la questione delle radici cristiane d’Europa, in un momento in cui tutti parlano di eterogeneità delle culture e di multietnicità, suscita altre problematiche: come accogliere l’altro se si nega se stessi? Come saldare un patto tra comunità umane se l’Europa rifiuta di riconoscersi?. Le radici affondano nella terra dove incontrano altre radici. Se le radici del cristianesimo affondano nel mondo ebraico e in quello greco, oggi esso incontra l’islam, domani l’Africa e l’Asia. L’incontro è possibile soltanto se si è consapevoli delle proprie radici. Pensare alle radici dell’Europa significa pensare ai possibili, a volte inediti, prolungamenti del continente”.
Ed è particolarmente interessante che sia proprio un musulmano a sottolineare la necessità di mantenere vive le radici cristiane.
Scrive Fouad Allam: “la questione delle radici cristiane d’Europa, in un momento in cui tutti parlano di eterogeneità delle culture e di multietnicità, suscita altre problematiche: come accogliere l’altro se si nega se stessi? Come saldare un patto tra comunità umane se l’Europa rifiuta di riconoscersi?. Le radici affondano nella terra dove incontrano altre radici. Se le radici del cristianesimo affondano nel mondo ebraico e in quello greco, oggi esso incontra l’islam, domani l’Africa e l’Asia. L’incontro è possibile soltanto se si è consapevoli delle proprie radici. Pensare alle radici dell’Europa significa pensare ai possibili, a volte inediti, prolungamenti del continente”.
Da un'intervista a Le Goff
Testo tratto da un'intervista rilasciata a La Repubblica da uno dei più importanti studiosi del Medioevo: Jacques Le Goff.
“C’è una cosa particolarmente notevole in Europa, che bisogna assolutamente salvaguardare andando avanti nella costruzione dell’unità europea: l’unione nella diversità. Ci sono gli apporti delle antichità e delle culture dette barbariche, germaniche e slave, gli ebrei e i musulmani.”.
L’Europa, continua lo storico francese, “E’ stata cementata da una interpretazione aperta e progressista del cristianesimo, che si è spinta fino alla proclamazione della laicità. Non è un paradosso dire che l’Europa laica è uscita dal cristianesimo: se la laicità ha combattuto molti eccessi del cristianesimo, ha anche conservato molti dei suoi valori”.
“C’è una cosa particolarmente notevole in Europa, che bisogna assolutamente salvaguardare andando avanti nella costruzione dell’unità europea: l’unione nella diversità. Ci sono gli apporti delle antichità e delle culture dette barbariche, germaniche e slave, gli ebrei e i musulmani.”.
L’Europa, continua lo storico francese, “E’ stata cementata da una interpretazione aperta e progressista del cristianesimo, che si è spinta fino alla proclamazione della laicità. Non è un paradosso dire che l’Europa laica è uscita dal cristianesimo: se la laicità ha combattuto molti eccessi del cristianesimo, ha anche conservato molti dei suoi valori”.
lunedì 27 febbraio 2006
Senza radici
E' il titolo del libro scritto da Marcello Pera e Joseph Ratzinger.
Un uomo di Stato e un uomo di Chiesa confrontano le proprie analisi sulla situazione spirituale, culturale e politica dell'Occidente e in particolare dell'Europa. E, pur partendo da posizioni diverse, scoprono una sostanziale convergenza circa le cause di questa crisi e i rimedi che potrebbero correggerla. L'uno come laico e l'altro come pensatore religioso - concordano sulla necessità di un rinnovamento spirituale prima che politico: una crescita morale che dia senso allo sviluppo tecnologico, economico, sociale.
Il succo dell'analisi: l'Europa ha firmato un Trattato costituzionale che è un rebus fin dal titolo. Dopo tanta retorica sulla "riunificazione del continente", ha difficoltà anche solo ad allargarsi. I suoi membri sono divisi sul seggio all'Onu, sulla guerra in Iraq, sul dopoguerra, sulle relazioni con l'America, sui rapporti con Israele, sulle organizzazioni terroristiche, sulle politiche di difesa, di immigrazione, di sicurezza. Cala demograficamente e ha difficoltà a competere sui mercati globali. Chiamata a votare per il suo Parlamento, non si presenta alle urne. E chiamata a definire la propria identità, si rifiuta di declinare le proprie radici culturali e religiose. Sembra Babilonia, è l'Europa di oggi. Quella che predica l'idea relativistica che non esistono valori universali, neppure quei suoi grandi princìpi che hanno civilizzato il mondo. Quella che per non chiamare i problemi per nome usa il 'linguaggio politicamente corretto'. Quella che si dice laica mentre pratica una forma dogmatica e arrogante di ideologia laicista.
C'è qualcuno che l'ha letto e può inserire il suo commento? Se non l'avete letto, vale la pena farlo perché l'analisi è lucida, ampia e significativa.
Un uomo di Stato e un uomo di Chiesa confrontano le proprie analisi sulla situazione spirituale, culturale e politica dell'Occidente e in particolare dell'Europa. E, pur partendo da posizioni diverse, scoprono una sostanziale convergenza circa le cause di questa crisi e i rimedi che potrebbero correggerla. L'uno come laico e l'altro come pensatore religioso - concordano sulla necessità di un rinnovamento spirituale prima che politico: una crescita morale che dia senso allo sviluppo tecnologico, economico, sociale.
Il succo dell'analisi: l'Europa ha firmato un Trattato costituzionale che è un rebus fin dal titolo. Dopo tanta retorica sulla "riunificazione del continente", ha difficoltà anche solo ad allargarsi. I suoi membri sono divisi sul seggio all'Onu, sulla guerra in Iraq, sul dopoguerra, sulle relazioni con l'America, sui rapporti con Israele, sulle organizzazioni terroristiche, sulle politiche di difesa, di immigrazione, di sicurezza. Cala demograficamente e ha difficoltà a competere sui mercati globali. Chiamata a votare per il suo Parlamento, non si presenta alle urne. E chiamata a definire la propria identità, si rifiuta di declinare le proprie radici culturali e religiose. Sembra Babilonia, è l'Europa di oggi. Quella che predica l'idea relativistica che non esistono valori universali, neppure quei suoi grandi princìpi che hanno civilizzato il mondo. Quella che per non chiamare i problemi per nome usa il 'linguaggio politicamente corretto'. Quella che si dice laica mentre pratica una forma dogmatica e arrogante di ideologia laicista.
C'è qualcuno che l'ha letto e può inserire il suo commento? Se non l'avete letto, vale la pena farlo perché l'analisi è lucida, ampia e significativa.
domenica 26 febbraio 2006
Dio punirà chi sparge sangue in suo nome
ROMA - «Dio, Creatore e Padre di tutti, chiederà conto ancor più severamente a chi sparge in suo nome il sangue del fratello». Un forte appello contro le violenze su base religiosa è stato lanciato oggi da Benedetto XVI alla recita dell'Angelus. Il Pontefice ha citato in particolare le «tragiche violenze» in Iraq, con gli attentati alle moschee, e gli scontri fra cristiani e musulmani in Nigeria, esprimendo «ferma condanna» per gli spargimenti di sangue e per «la violazione di luoghi di culto».
venerdì 24 febbraio 2006
A proposito di Europa
Alcuni passaggi significativi di uno scritto di Marcello Pera dell'agosto 2005:
[...]
Primo fatto. Come entità economico-politica, l'Occidente è una zona di alto benessere materiale, caratterizzato da elevato tenore di vita, larga produzione di beni e servizi, ampia ricerca scientifica, imponente progresso tecnologico, fenomeni di espansione e globalizzazione dei mercati. Ma questo benessere economico dell'Occidente non è un elemento indipendente da altri; esso è legato a modi specifici di convivenza civile, ordinamenti giuridici, costituzioni politiche, codici, carte o dichiarazioni dei diritti. La forma istituzionale tipica che la combinazione di questi elementi assume è quella che si chiama democrazia liberale o liberaldemocrazia.
Secondo fatto. Come entità etico-spirituale, l'Occidente è una civiltà, precisamente la civiltà caratterizzata da quei valori e princìpi che oggi le liberaldemocrazie affermano. Sotto questo profilo, le cose vanno diversamente. L'Occidente è da tempo avvolto in un ciclo di crisi ricorrenti. Le liberaldemocrazie si sono scontrate nella prima guerra mondiale; rinate dalla strage, produssero nel loro seno fascismo, nazismo, comunismo; risorte dal massacro della seconda guerra mondiale e vinta la guerra fredda, oggi si trovano alle prese con un indebolimento o una perdita della propria identità culturale, soffocata dall'opulenza materiale oltre che minacciata dal fondamentalismo islamico.
La combinazione di questi due fatti produce una contraddizione. Mentre come entità economico-istituzionale l'Occidente si espande, come entità etico-spirituale si contrae. Per un verso propone, per un altro s'interroga sulla bontà di ciò che propone. In questa scissione tra progresso materiale e crescita spirituale, risiede precisamente la crisi dell'Occidente.
[...]
La nostra storia, la storia dell'Europa e dell'Occidente, è storia giudaico-cristiana e greco-romana. Scendiamo da tre colline: il Sinai, il Golgota, l'Acropoli. E abbiamo tre capitali: Gerusalemme, Atene, Roma. Questa è la nostra tradizione. Da qui sono nati i nostri valori. Senza le leggi di Mosé, senza il sacrificio del Cristo, non avremmo quel sentimento morale che ci fa sentire tutti - credenti e non - fratelli, uguali, compassionevoli. Senza la ragione dei Greci e il diritto delle genti dei Romani, non avremmo quelle forme di pensiero che sorreggono le nostre istituzioni pubbliche. Lo so che, scesi da quelle colline, lasciate quelle capitali, abbiamo fatto tanto cammino grazie anche a tanti altri apporti. Ma lo abbiamo fatto a partire da lì, nutriti con ciò che abbiamo imparato lì, convinti che il senso della strada fosse ancora lì. Chi rinnega queste origini tradisce la propria storia e perde la propria identità. Noi non dovremo consentirlo.
[...]
Temo che chi antepone il dopo al prima non avverta la richiesta di identità, il bisogno di senso, la voglia di basi morali e di fede che milioni di uomini e donne stanno sollevando in Italia, in Europa, nel mondo. Un partito politico, specie se nuovo o unico o unitario, deve ascoltare questo bisogno di identità, deve rappresentarlo e tradurlo in programma e azione politica.
[...]
Si tratta di una lucida analisi; la difficile strada da percorrere è fare sintesi, sviluppare progettualità, darsi strumenti adeguati per attuarla. Sì, ma come e con chi?
[...]
Primo fatto. Come entità economico-politica, l'Occidente è una zona di alto benessere materiale, caratterizzato da elevato tenore di vita, larga produzione di beni e servizi, ampia ricerca scientifica, imponente progresso tecnologico, fenomeni di espansione e globalizzazione dei mercati. Ma questo benessere economico dell'Occidente non è un elemento indipendente da altri; esso è legato a modi specifici di convivenza civile, ordinamenti giuridici, costituzioni politiche, codici, carte o dichiarazioni dei diritti. La forma istituzionale tipica che la combinazione di questi elementi assume è quella che si chiama democrazia liberale o liberaldemocrazia.
Secondo fatto. Come entità etico-spirituale, l'Occidente è una civiltà, precisamente la civiltà caratterizzata da quei valori e princìpi che oggi le liberaldemocrazie affermano. Sotto questo profilo, le cose vanno diversamente. L'Occidente è da tempo avvolto in un ciclo di crisi ricorrenti. Le liberaldemocrazie si sono scontrate nella prima guerra mondiale; rinate dalla strage, produssero nel loro seno fascismo, nazismo, comunismo; risorte dal massacro della seconda guerra mondiale e vinta la guerra fredda, oggi si trovano alle prese con un indebolimento o una perdita della propria identità culturale, soffocata dall'opulenza materiale oltre che minacciata dal fondamentalismo islamico.
La combinazione di questi due fatti produce una contraddizione. Mentre come entità economico-istituzionale l'Occidente si espande, come entità etico-spirituale si contrae. Per un verso propone, per un altro s'interroga sulla bontà di ciò che propone. In questa scissione tra progresso materiale e crescita spirituale, risiede precisamente la crisi dell'Occidente.
[...]
La nostra storia, la storia dell'Europa e dell'Occidente, è storia giudaico-cristiana e greco-romana. Scendiamo da tre colline: il Sinai, il Golgota, l'Acropoli. E abbiamo tre capitali: Gerusalemme, Atene, Roma. Questa è la nostra tradizione. Da qui sono nati i nostri valori. Senza le leggi di Mosé, senza il sacrificio del Cristo, non avremmo quel sentimento morale che ci fa sentire tutti - credenti e non - fratelli, uguali, compassionevoli. Senza la ragione dei Greci e il diritto delle genti dei Romani, non avremmo quelle forme di pensiero che sorreggono le nostre istituzioni pubbliche. Lo so che, scesi da quelle colline, lasciate quelle capitali, abbiamo fatto tanto cammino grazie anche a tanti altri apporti. Ma lo abbiamo fatto a partire da lì, nutriti con ciò che abbiamo imparato lì, convinti che il senso della strada fosse ancora lì. Chi rinnega queste origini tradisce la propria storia e perde la propria identità. Noi non dovremo consentirlo.
[...]
Temo che chi antepone il dopo al prima non avverta la richiesta di identità, il bisogno di senso, la voglia di basi morali e di fede che milioni di uomini e donne stanno sollevando in Italia, in Europa, nel mondo. Un partito politico, specie se nuovo o unico o unitario, deve ascoltare questo bisogno di identità, deve rappresentarlo e tradurlo in programma e azione politica.
[...]
Si tratta di una lucida analisi; la difficile strada da percorrere è fare sintesi, sviluppare progettualità, darsi strumenti adeguati per attuarla. Sì, ma come e con chi?
mercoledì 22 febbraio 2006
Più che scontro, vuoto di civiltà
Da quanto si muove nel mondo musulmano emerge l'idea che l’Occidente è il nemico che cerca di aggredire il mondo islamico, il quale si sente vittima dell’Occidente: a causa del potere dell’Occidente, a causa di tutto ciò che viviamo dall’11 settembre in poi, ma anche prima c’era questo. E questo è un punto grave perché, da una parte l’Occidente per un kamikaze generalizza e dice “i musulmani”, e il mondo musulmano, per un fatto privato, come la recente pubbliazione delle vignette, dice “l’Occidente”. E questo innesca rischi di conflitti gravi a livello internazionale, e perciò si deve arrivare ad una percezione più esatta e consapevole della realtà. Il punto fondamentale è, da entrambe le parti, imparare a distinguere tra il privato e il pubblico, la religione e la politica.
Conosco e riconosco molti valori dell'Islàm; ma credo che tutti temiamo che prevalgano i fondamentalismi sulla moderazione. In ogni caso non entra in campo solo il fondamentalismo islamico, ma anche quello di quelle forze di pensiero e di potere occidentali, che hanno deciso di voler combattere il male con la guerra; altre forme di fondamentalismo, con implicazioni di contrapposizione imprevedibili, potrebbero svilupparsi nella malaugurata ipotesi dovesse ingenerarsi uno scontro di religioni o di civiltà. Non nascondo la mia paura di fronte all'odio che c'è dietro e continua ad alimentarsi attraverso tutte le odierne forme di contrapposizione di cui purtroppo è teatro la nostra realtà a livello planetario. Mi sostiene tuttavia la speranza, che è attesa piena di impegno e di fiducia.
Proseguendo nell'analisi, noto che lo sfaldamento dell’Occidente, in una emancipazione che tende a cancellare i valori fondanti di un vivere ed un convivere umano e umanizzante prima ancora che civile, rischia di prestare il fianco all’imporsi di un tipo di Islam, che non è un monolite ed ha tante sfaccettature, portatore di valori senza emancipazione.
È pur vero che la laicità impostasi nel nostro Occidente, ormai quasi completamente secolarizzato, portando fino alle estreme conseguenze la separazione tra religione e politica, tende a far scomparire la dimensione trascendente dalla vita pubblica. Il fatto è che in molti si sentono in diritto di rifiutare questa dimensione; il che è comunque possibile per effetto della libertà che tutti abbiamo ricevuto da Dio. Sembra trattarsi di una sorta di accecamento determinato dai disvalori innescati da un secolarismo portato alle estreme conseguenze; ma se ne stanno vedendo i frutti: vuoto, smarrimento, sfaldamento dei principi fondanti di un autentico umanesimo, foriero di emancipazione e crescita individuale e collettiva, ma nell'orizzonte della responsabilità.
Ed è quando si perde l'aggancio alla trascendenza che può farsi strada il disprezzo per la libertà e la dignità umane, che degenerano in licenza e manipolazione. Tuttavia, per uno Stato laico, la sfida consiste nell'essere davvero aperto al Trascendente: cioè fondarsi su una visione della persona umana creata a immagine di Dio e portatrice dunque di diritti inalienabili ed universali. Esistono infatti alcuni diritti che sono universali, perché sono radicati nella natura della persona umana, piuttosto che sulle particolarità di una cultura o di una religione.
L'unica soluzione positiva è quella di promuovere e realizzare un vero dialogo ed un impegno comune sui problemi veramente importanti del nostro tempo, possibile solo se c'è conoscenza e rispetto reciproci, riconoscendo e accettando anche le differenze, senza volerle abolire perché sono ineliminabili, ma proprio nel dialogo si trasformano in arricchimento reciproco.
Se il dialogo è l'unica soluzione praticabile, bisogna tuttavia essere consapevoli che esso, quando è autentico, nasce da identità mature: solo la forza della nostra identità può permetterci di aprirci all'altro senza paura, ed eventualmente cambiare insieme, arricchendoci di altre visioni del mondo senza buttare a mare le nostre. Per dialogare, però, oltre a riconoscere e rispettare l'altro, c'è bisogno di essere riconosciuti e rispettati a nostra volta.
Ma siamo ed abbiamo interlocutori davvero così maturi?
Conosco e riconosco molti valori dell'Islàm; ma credo che tutti temiamo che prevalgano i fondamentalismi sulla moderazione. In ogni caso non entra in campo solo il fondamentalismo islamico, ma anche quello di quelle forze di pensiero e di potere occidentali, che hanno deciso di voler combattere il male con la guerra; altre forme di fondamentalismo, con implicazioni di contrapposizione imprevedibili, potrebbero svilupparsi nella malaugurata ipotesi dovesse ingenerarsi uno scontro di religioni o di civiltà. Non nascondo la mia paura di fronte all'odio che c'è dietro e continua ad alimentarsi attraverso tutte le odierne forme di contrapposizione di cui purtroppo è teatro la nostra realtà a livello planetario. Mi sostiene tuttavia la speranza, che è attesa piena di impegno e di fiducia.
Proseguendo nell'analisi, noto che lo sfaldamento dell’Occidente, in una emancipazione che tende a cancellare i valori fondanti di un vivere ed un convivere umano e umanizzante prima ancora che civile, rischia di prestare il fianco all’imporsi di un tipo di Islam, che non è un monolite ed ha tante sfaccettature, portatore di valori senza emancipazione.
È pur vero che la laicità impostasi nel nostro Occidente, ormai quasi completamente secolarizzato, portando fino alle estreme conseguenze la separazione tra religione e politica, tende a far scomparire la dimensione trascendente dalla vita pubblica. Il fatto è che in molti si sentono in diritto di rifiutare questa dimensione; il che è comunque possibile per effetto della libertà che tutti abbiamo ricevuto da Dio. Sembra trattarsi di una sorta di accecamento determinato dai disvalori innescati da un secolarismo portato alle estreme conseguenze; ma se ne stanno vedendo i frutti: vuoto, smarrimento, sfaldamento dei principi fondanti di un autentico umanesimo, foriero di emancipazione e crescita individuale e collettiva, ma nell'orizzonte della responsabilità.
Ed è quando si perde l'aggancio alla trascendenza che può farsi strada il disprezzo per la libertà e la dignità umane, che degenerano in licenza e manipolazione. Tuttavia, per uno Stato laico, la sfida consiste nell'essere davvero aperto al Trascendente: cioè fondarsi su una visione della persona umana creata a immagine di Dio e portatrice dunque di diritti inalienabili ed universali. Esistono infatti alcuni diritti che sono universali, perché sono radicati nella natura della persona umana, piuttosto che sulle particolarità di una cultura o di una religione.
L'unica soluzione positiva è quella di promuovere e realizzare un vero dialogo ed un impegno comune sui problemi veramente importanti del nostro tempo, possibile solo se c'è conoscenza e rispetto reciproci, riconoscendo e accettando anche le differenze, senza volerle abolire perché sono ineliminabili, ma proprio nel dialogo si trasformano in arricchimento reciproco.
Se il dialogo è l'unica soluzione praticabile, bisogna tuttavia essere consapevoli che esso, quando è autentico, nasce da identità mature: solo la forza della nostra identità può permetterci di aprirci all'altro senza paura, ed eventualmente cambiare insieme, arricchendoci di altre visioni del mondo senza buttare a mare le nostre. Per dialogare, però, oltre a riconoscere e rispettare l'altro, c'è bisogno di essere riconosciuti e rispettati a nostra volta.
Ma siamo ed abbiamo interlocutori davvero così maturi?
«Rispettare le religioni. No a reazioni violente»
È «necessario e urgente» che «le religioni e i loro simboli siano rispettati». Così come che «i credenti non siano l'oggetto di provocazioni che feriscono le loro iniziative e i loro sentimenti religiosi». Sono parole nette ed esplicite quelle con cui Benedetto XVI, rivolgendosi al nuovo ambasciatore del Marocco Ali Achour, ha condannato cause e conseguenze della crisi che sta attraversando nelle ultime settimane le relazioni tra Europa e Paesi islamici. Discorso che Papa Ratzinger, tuttavia, ha esteso in tutti suoi aspetti, sollevando la questione di un diritto alla libertà religiosa che deve essere ovunque rispettato: «...l'intolleranza e la violenza non possono mai giustificarsi come risposte alle offese, poiché esse non sono risposte compatibili con i principi sacri della religione; per questo non si può che deplorare le azioni di quanti approfittano deliberatamente dell'offesa causata ai sentimenti religiosi per fomentare atti violenti, tanto più che ciò avviene a fini estranei alla religione. Per i credenti come per tutti gli uomini di buona volontà, l'unica via che può condurre alla pace e alla fratellanza è quella del rispetto delle altrui convinzioni e pratiche religiose, affinché, in maniera reciproca in tutte le società, sia realmente assicurato a ciascuno l'esercizio della religione liberamente scelta.»
Finalmente un parlar chiaro, che traccia un cammino percorribile; ma quante 'buone volonta' vi si rispecchieranno?
Finalmente un parlar chiaro, che traccia un cammino percorribile; ma quante 'buone volonta' vi si rispecchieranno?
lunedì 20 febbraio 2006
Da una nota del S.I.R.
Assassinii di massa, martirio di sacerdoti: cominciate come anti-occidentali le manifestazioni che hanno preso a pretesto le vignette dello Jyllands-Posten non tardano a degenerare come anti-cristiane. E non c’è, né ci può essere reciprocità: le manifestazioni e le violenze, che hanno scosso decine e decine di paesi non possono essere oggetto di contro-manifestazioni nei paesi pure a maggioranza cristiana. Di mezzo c’è l’essenza stessa del cristianesimo, il semplice ammonimento di Gesù a dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio, ci sono secoli di storia, c’è la grande lezione che promana dal cristianesimo, che è alla base dello straordinario dinamismo dell’occidente nella sua identità cristiana. Eppure la situazione in prospettiva rischia di degenerare. Sta venendo al pettine la necessità che oggi ha l’Islam, nelle sue varie denominazioni e manifestazioni, di una chiara affermazione anti-integralista, che purifichi e faccia risplendere l’ispirazione religiosa. Il punto è: sono le democrazie occidentali in grado di prendere l’iniziativa? È il momento di reagire e reagire bene, così da condurre non allo scontro, ma allo sviluppo della civiltà. Benedetto XVI, ricevendo le credenziali del nuovo ambasciatore del Regno del Marocco, uno degli Stati più avanzati dal punto di vista del rispetto e del dialogo, ha dato alcune indicazioni, a partire da una ferma condanna dell’intolleranza e della violenza. “Per i credenti come per tutti gli uomini di buona volontà la sola via che può condurre alla pace ed alla fraternità è quella del rispetto delle convinzioni e delle pratiche religiose altrui, affinché, in modo reciproco in tutte le società, sia realmente assicurato per ciascuno l’esercizio della religione liberamente scelta”. È stato ancora una volta chiaro, il Papa, chiedendo la libertà religiosa e la reciprocità: due elementari diritti dell’uomo, gravemente misconosciuti da troppi paesi integralisti per convinzione o per calcolo. Ecco allora la sfida. La Chiesa continuerà a fare la sua parte, cioè a pagare di persona, ma anche a mettere ciascuno di fronte alle proprie responsabilità. Innanzi tutto i governanti, le leadership religiose e l’opinione pubblica dei paesi islamici, che devono uscire dalla spirale integralista. Per fare questo c’è bisogno però anche di una forte iniziativa dei paesi democratici. Per prendere finalmente l’iniziativa a loro volta i governi, le leadership e l’opinione pubblica delle democrazie occidentali e in particolare proprio di quelle europee e dell’Unione Europea, devono sbarazzarsi una volta per tutte dell’antico e sempre insinuante assioma, per cui la secolarizzazione rappresenterebbe il compimento della democrazia. È vero invece il contrario. Senza identità non si può dialogare. E oggi bisogna muoversi in fretta.
Un' Europa sempre più calabrache
Londra non batte ciglio di fronte a manifestazioni di migliaia di musulmani ai quali è consentito portare avanti la predicazione dell'odio e brandire cartelli inquietanti. Riporto una delle tante scritte minacciose: "preparatevi al vero olocausto".
E che dire delle moltitudini umane forsennate e invasate che pigliano d'assalto ambasciate anche di paesi rispettosi della loro religione? Non vorranno mica farci credere che è la loro permalosità e suscettibilità a renderli così isterici e dannati? Tuttavia mi stupisce che anche a fronte di queste palesi "dichiarazioni" di guerra (poiché assaltare ambasciate e devastarle nel linguaggio diplomatico significa questo) l'Ue non mostri la giusta fermezza. Anzi, si prepara a sborsare quattrini e non si mostra solidale con un paese fratello come la Danimarca. Ecco l'elenco delle sue codardie e viltà più recenti:
1) Ha già messo all'ordine del giorno una norma comunitaria per regolare il rapporto mass media-religioni.
2) Ha negato una seduta in Parlamento per il povero don Andrea Santoro, vittima dell'intolleranza religiosa islamica.
3) Ha avviato (tramite la Francia) trattative separate con Hamas e magari anche invio di denari prossimi venturi.
4) Gli hanno messo in fuga a colpi di mitraglie e armi da fuoco i suoi osservatori in MO, ma i denari li pretendono ugualmente. E l'Europa li darà.
Queste sono manovre di ordinaria viltà di un multiculturalismo a senso unico che non mi piace affatto.
E che dire delle moltitudini umane forsennate e invasate che pigliano d'assalto ambasciate anche di paesi rispettosi della loro religione? Non vorranno mica farci credere che è la loro permalosità e suscettibilità a renderli così isterici e dannati? Tuttavia mi stupisce che anche a fronte di queste palesi "dichiarazioni" di guerra (poiché assaltare ambasciate e devastarle nel linguaggio diplomatico significa questo) l'Ue non mostri la giusta fermezza. Anzi, si prepara a sborsare quattrini e non si mostra solidale con un paese fratello come la Danimarca. Ecco l'elenco delle sue codardie e viltà più recenti:
1) Ha già messo all'ordine del giorno una norma comunitaria per regolare il rapporto mass media-religioni.
2) Ha negato una seduta in Parlamento per il povero don Andrea Santoro, vittima dell'intolleranza religiosa islamica.
3) Ha avviato (tramite la Francia) trattative separate con Hamas e magari anche invio di denari prossimi venturi.
4) Gli hanno messo in fuga a colpi di mitraglie e armi da fuoco i suoi osservatori in MO, ma i denari li pretendono ugualmente. E l'Europa li darà.
Queste sono manovre di ordinaria viltà di un multiculturalismo a senso unico che non mi piace affatto.
giovedì 16 febbraio 2006
Partiamo da qui
Ho appena completato la procedura per la creazione del blog e, con questo messaggio, inizio un percorso nuovo nel quale spero di incontrare e confrontarmi con persone e idee, ascoltare ed esprimermi e condividere...
Vi dico subito che per 'nostre radici' intendo le radici greco-romane e poi ebraico-cristiane della nostra fede e della nostra civiltà. Su questo argomento avremo molto da dirci e anche da costruire insieme. Per ulteriore documentazione, vi rimando ai blog http://chiesaepostconcilio.blpgspot.com e http://roma-perenne.blogspot.com
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