domenica 28 dicembre 2008

Quando l'attacco alla Chiesa arriva dalla Chiesa

Non è un dogma, è un fatto. La Chiesa è al centro di un attacco concentrico. E, in mezzo a questo attacco, ci finiscono tutti i nostri valori, le nostre tradizioni, le nostre radici, la nostra cultura, la nostra fede. In un tritacarne che non risparmia niente e nessuno e distorce tutto per attaccare il clero: dal Papa, in giù.
Ma, proprio perché la Chiesa e le nostre radici sono al centro di questo attacco fortissimo e trasparente - che parte dall’Onu, per arrivare all’Unione Europea, per finire ai media e al politicamente corretto come unico metro di valore e di pensiero - sarebbe il caso che la Chiesa e il clero non si accodassero a quest’opera di demolizione sistematica delle nostre radici e delle nostre tradizioni.
E invece. Invece, spesso, quell’opera parte direttamente dai pulpiti, dalle sacrestie, dagli altari. In una specie di ansia di anticlericalismo clericale che distrugge tutto e tutti. Spesso, spessissimo in buona fede. Ma, altrettanto spesso, spessissimo alla disperata ricerca di visibilità che distrugge le fondamenta su cui sono costruiti quegli altari.
Il caso del rappresentante islamico di Ravenna che si è detto favorevole ai presepi aboliti anche dai cattolici ravennati «per non urtare la sensibilità degli islamici», è la cartina di tornasole di ciò che sta succedendo. Un crescendo che ogni giorno si arricchisce di nuovi episodi: le moschee nei presepi, ormai, sono la normalità. Quando abbiamo dato per primi la notizia del sacerdote genovese che aveva messo una moschea nel suo presepe, non avremmo mai pensato che non si trattasse di un caso isolato.
E invece. Invece, in pochi giorni, la moschea all’interno del presepe è diventata una specie di simpatica tradizione. Ce n’è una a Venezia, un’altra a Sestri Levante, un’altra ancora chissà dove. Come se, insieme a buoi, asinelli, pastori, don Giuseppe e Marie, fosse obbligatorio metterci anche un minareto. Ma è mai possibile che non ci sia una via di mezzo fra dire che non è obbligatorio dichiarare guerra all’Islam e partire per una nuova Crociata alla ricerca di una nuova battaglia di Lepanto e piazzare una moschea in ogni presepe?
A Bergamo, invece, sono più tradizionalisti e la moschea non c’è. Ma, in compenso, non c’è neppure il bambinello. O, meglio, c’è ma è fuori dalla grotta, per provocazione nei confronti dei fedeli che non si prendono cura degli immigrati: «Gesù non ha paura di avvicinarsi agli emarginati, agli ultimi. E se non si sa accogliere lo straniero, non si può accogliere Gesù Bambino». Quindi, niente bambinello nella grotta.
Ora, si può discutere di tutto. Ma resta un fatto: se la Chiesa e la religione sono sotto attacco, forse varrebbe la pena di non minarle dall’interno, anche in buonissima fede.Forse, varrebbe la pena di non abdicare al politicamente corretto, sempre e comunque. Non vorremmo leggere che la prossima persona licenziata perché risponde al telefono «Buon Natale» anziché «Buone Feste», come è capitato in Florida, è la perpetua di un parroco.
Massimiliano Lussana
© Copyright Il Giornale, 28 dicembre 2008

sabato 20 dicembre 2008

Intensificare la ricerca delle radici cristiane per edificare una società più umana

Il Papa ha espresso il suo “vivo apprezzamento per la preziosa e feconda attività culturale, letteraria ed accademica” che svolge il Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana “a servizio della Chiesa e, più in generale, della cultura”. Un istituto che “si propone di far conoscere i monumenti paleocristiani soprattutto di Roma”, cercando di “venire incontro alle attese di quanti hanno a cuore la conoscenza e lo studio delle ricche memorie storiche della comunità cristiana”.

Si tratta di far “comprendere il passato rendendolo presente agli uomini di oggi” affrontando “una realtà complessa” come quella della Chiesa dei primi secoli. “Quando si tratta di descrivere la storia della Chiesa, che è “segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (LG 1) – ha affermato il Papa - la paziente ricerca dell’archeologo non può prescindere dal penetrare pure le realtà soprannaturali, senza tuttavia rinunciare all’analisi rigorosa dei reperti archeologici”:“Non è possibile una completa visione della realtà di una comunità cristiana, antica o recente che essa sia, se non si tiene conto che la Chiesa è composta di un elemento umano e di un elemento divino. Cristo, il suo Signore, abita in essa e l’ha voluta come ‘comunità di fede, di speranza, di carità, quale organismo visibile, attraverso il quale diffonde per tutti la verità e la grazia’ (LG 8).
In questa pre-comprensione teologica, il criterio di fondo non può che essere quello di lasciarsi conquistare dalla verità ricercata nelle sue autentiche fonti, con un animo sgombro da passioni e pregiudizi, essendo l’archeologia cristiana una scienza storica, e come tale basata sullo studio metodico delle fonti”.“La diffusione della cultura artistica e storica in tutti i settori della società – ha proseguito il Papa - fornisce agli uomini del nostro tempo i mezzi per ritrovare le proprie radici e per attingervi gli elementi culturali e spirituali che li aiutino ad edificare una società a dimensione veramente umana”:“Ogni uomo, ogni società, ha bisogno di una cultura aperta alla dimensione antropologica, morale e spirituale dell’esistenza.
E' pertanto mio fervido auspicio che, grazie anche al lavoro del vostro benemerito Istituto, prosegua ed anzi si intensifichi la ricerca delle radici cristiane della nostra società. L’esperienza del vostro Istituto prova che lo studio dell’archeologia, specialmente dei monumenti paleocristiani, consente di approfondire la conoscenza della verità evangelica che ci è stata trasmessa, ed offre l’opportunità di seguire i maestri e testimoni della fede che ci hanno preceduto”.“Conoscere l'eredità delle generazioni cristiane passate – ha concluso Benedetto XVI - permette a quelle successive di mantenersi fedeli al depositum fidei della prima comunità cristiana e, proseguendo sullo stesso cammino, continuare a far risuonare in ogni tempo e in ogni luogo l'immutabile Vangelo di Cristo”.
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