Frank TurnerEurope infos - Comece
All'inizio di novembre, il Parlamento europeo ha organizzato un'Agorà (in greco, una piazza del mercato, un pubblico foro), a cui erano attesi circa 500 rappresentanti della società civile per discutere sul tema: "Nuovi trattati: sfide, opportunità, strumenti". L'Agorà cittadina è stata concepita per rimediare al "deficit democratico" interno all'Unione europea, offrendo così un esempio di "democrazia partecipativa". Tale concetto merita una riflessione.Gli Stati membri dell'Unione costituiscono delle "democrazie rappresentative", in cui i cittadini eleggono coloro che ritengono più atti a governare. La "democrazia rappresentativa" è generalmente opposta alla "democrazia diretta", in cui gli elettori prendono decisioni politiche specifiche invece di eleggere a tal fine delle persone idonee. Votando per i propri rappresentanti, i cittadini rinunciano al potere decisionale diretto, per esempio tramite referendum. Un referendum può sembrare "più democratico" di una decisione parlamentare, in quanto consente alla voce dei cittadini di svolgere un ruolo decisivo. Ma si tratta di un meccanismo brutale. E' evidente che in questo caso colui che formula una domanda semplice su un problema inevitabilmente complesso si trova nelle mani un potere immenso. Questa procedura priva inoltre i rappresentanti eletti della loro funzione e delle loro competenze più preziose.La democrazia rappresentativa fa alternare il dominio dei cittadini, ogni quattro o cinque anni, con il dominio prolungato degli eletti rispetto ai cittadini. Questa alternanza comporta una relazione reciproca, e non semplicemente unilaterale, tra i cittadini e i loro rappresentanti. Ma essa crea anche una struttura vuota, in cui l'impegno dei cittadini può restare latente tra un'elezione e la successiva, cosa che favorisce l'allontanamento tra la classe politica e l'insieme della popolazione. Questo allontanamento è evidente in Europa occidentale, in cui si ritiene che la "democrazia" sia di per sé giusta, ma in cui essa è trascurata.Il pericolo va nella direzione del suo stesso rimedio. La democrazia partecipativa comporta un processo continuativo, tramite il quale i singoli cittadini e le comunità possono istruire i propri rappresentanti e informarli, portandoli così a rispondere delle proprie azioni, senza tuttavia controllarli. Ai giorni nostri, i forum online permettono ai gruppi interessati di comunicare idee di grande qualità ai parlamentari, ma manca ancora una struttura complementare tramite le quali tali idee possano venire prese sul serio. Uno dei miei colleghi ama citare l'esempio incoraggiante dell'enciclopedia online Wikipedia: vi si trova non soltanto una procedura chiara per la correzione degli errori e per il controllo degli abusi, ma gli articoli di base consentono dibattiti e "forum di discussione" a margine. La ricchezza di questa combinazione evita il rischio del fondamentalismo che consisterebbe nell'accettazione dei consigli e dei giudizi altrui senza preoccuparsi della qualità del pensiero che vi è sotteso.Grazie all'Agorà cittadina, l'Unione europea riconosce la necessità di istituzionalizzare questo processo di democrazia partecipativa. Come osserva un commentatore americano, James Fishkin, " ci troviamo di fronte al problema fondamentale e ricorrente della consultazione pubblica. Se facciamo appello alle élite, abbiamo le delibere senza l'uguaglianza politica. Se facciamo direttamente appello ai cittadini, abbiamo l'eguaglianza politica ma generalmente senza delibere". Poiché non è immaginabile una situazione in cui le élite politiche siano scomparse, l'arricchimento del dibattito pubblico è l'unica soluzione plausibile per il futuro.
[Fonte: SIR Europa, dicembre 2007]
Le radici della civiltà dell'Occidente Europeo sono greco-romane e cristiane. La rinnovata contrapposizione con il mondo islamico non può essere l’occasione di cercare un’unità nella pseudo-cultura modernista o nei diritti dell’uomo che si fa Dio; ma in ciò che ci è proprio e che ha fatto la nostra forza: nella fedeltà alla tradizione della Chiesa Romana, la nostra vera Tradizione, che ha origine da Dio e dal suo Cristo.
lunedì 3 dicembre 2007
sabato 22 settembre 2007
Identità europea e dialogo interculturale
“L’Europa rischia di sprofondare in un melting pot imperfetto o di frammentarsi ancor più sul piano culturale e di allontanare così le sue istituzioni dalla società. Si pone dunque il problema – come spesso nella sua storia - di definire una identità europea sul piano delle sue dimensioni culturali e religiose, delle sue istituzioni e delle sue frontiere geografiche e politiche”. Con questa premessa é iniziato oggi all’Abbazia di Neumünster in Lussemburgo il colloquio su “Identità europea e sfide del dialogo interculturale” per iniziativa dell’Istituto di cultura italiano e dell’Istituto Werner dello stesso Lussemburgo, dalla Fondazione Schuman e dall’Istituto internazionale Maritain. Alla base del colloquio, che proseguirà domani, é la convinzione che “l’Ue malgrado i suoi limiti esprime un modello pluralista nel cui cuore si trovano la persona umana e i suoi diritti. Malgrado le sue tensioni interne, l’Europa comunitaria é consapevole del patrimonio spirituale e morale che riunisce i suoi popoli e fonda il loro destino comune”. In effetti, ha affermato Jacques Santer, presidente della Fondazione Schuman e già presidente della Commissione europea, “l’Ue non é una federazione di Stati come sono gli Usa, e la sua originalità ha bisogno oggi di un pensiero che senza rinunciare alla memoria si ponga sui nuovi sentieri della storia”.
giovedì 20 settembre 2007
Collaborazione tra cattolici e ortodossi per un'Europa migliore
“In Europa ci troviamo oggi a confrontarci con una scristianizzazione” che riguarda “la consistenza della famiglia, l’identità della persona, il venir meno di una coscienza dei doveri sociali del cristiano”, e sono tante le “questioni che potremmo affrontare con gli ortodossi a livello europeo”: lo ha detto in un’intervista al SIR mons. Antonio Mennini, nunzio apostolico presso la Federazione russa. “Ora che l’Europa si è allargata e ha incluso nazioni a maggioranza ortodossa come Romania e Bulgaria – prosegue mons. Mennini -, ci sono valori etici fondamentali che nel profondo si rifanno al cristianesimo, che possono essere difesi, ma anche integrati e riesplorati insieme”. Per il nunzio le “strade migliori” nel dialogo tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa sono “quelle dell’amore, della comprensione e della pazienza reciproca”, ma vi è anche un problema di “mancanza di mutua conoscenza”. Per questo, spiega, “il metropolita Kirill tempo fa ha proposto che “suore, sacerdoti, teologi cattolici scrivessero sulle riviste della Chiesa ortodossa” e “lo stesso avvenisse ad opera di ortodossi sulle riviste cattoliche”.
mercoledì 4 luglio 2007
Benedetto XVI: l'Europa deve tutelare la sua tradizione
Oggi l'Europa deve tutelare la sua antica tradizione e riappropriarsene, se desidera restare fedele alla sua vocazione di culla dell'umanità. La crisi attuale, comunque, ha meno a che fare con l'insistenza della modernità sulla centralità dell'uomo e delle sue ansie, che con i problemi sollevati da un "umanesimo" che pretende di edificare un regnum hominis alieno dal suo necessario fondamento ontologico. Una falsa dicotomia fra teismo e autentico umanesimo, spinta all'estrema conseguenza di creare un conflitto irrisolvibile fra diritto divino e libertà umana, ha condotto a una situazione in cui l'umanità, per tutti i suoi progressi economici e tecnici, si sente profondamente minacciata.
domenica 24 giugno 2007
Università: un nuovo umanesimo per l'Europa
L’Università “non può sfuggire alla necessità di trovare nuove risposte al problema basilare del rapporto tra etica e scienza”. Lo ha detto Renato Guarini, rettore dell’Università “La Sapienza” di Roma, salutando oggi il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, che ha presenziato all’incontro dei rettori delle Università europee, svoltosi nell’ambito dell’incontro europeo dei docenti universitari, in corso a Roma (fino a domenica, 24 giugno), sul tema: “Un nuovo umanesimo per l’Europa”. Rivolgendo un “particolare ringraziamento” al capo dello Stato per aver dimostrato “ancora una volta attenzione istituzionale e sensibilità personale verso i temi della cultura e della formazione nella cornice europea”, Guarini ha sottolineato come le Università oggi siamo “chiamate a essere protagoniste attive della costruzione dell’universalità europea basata sul valore della conoscenza”, contribuendo ad essa “attraverso la qualità della ricerca, la formazione di eccellenza e la cooperazione internazionale”. Tra le “questioni fondamentali” da affrontare, per il rettore della Sapienza, “la ricerca dell’identità dell’Europa in una visione unitaria, per costruire l’Europa della cultura; l’esigenza irrinunciabile di un’apertura totale e solidale alle tradizioni culturali diverse”.
“Sarebbe disumanizzante lasciare lo studente, con i suoi desideri infiniti, ridotti dalla tecnica, senza anche illuminare la sua intelligenza e insegnargli a gestirli con misura”. Ne è convinto il card. Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica, che intervenendo oggi all’incontro dei rettori delle Università europee, organizzato nell’ambito del Convegno promosso dal Ccee su “Un nuovo umanesimo per l’Europa”, ha esortato gli atenei del nostro continente a “unire la formazione professionale a una formazione etica”. “L’Università deve dare una formazione etica proporzionata alla formazione professionale che comunque rimane il suo scopo istituzionale”, ha ammonito il porporato, secondo il quale “di fronte alla tentazione centrifuga dello studente che tende a collocare la sua anima nei mezzi di accesso al sapere, l’Università è chiamata a mostrargli che egli non si prepara a inserirsi nel mondo esterno – il mondo professionale, la società – se non formando la sua interiorità”. Di qui la necessità di una “integrazione delle conoscenze”, per scongiurare “il rischio, oggi sempre più crescente, di una specializzazione unilaterale e del crescente frazionamento delle conoscenze”.
“Sarebbe disumanizzante lasciare lo studente, con i suoi desideri infiniti, ridotti dalla tecnica, senza anche illuminare la sua intelligenza e insegnargli a gestirli con misura”. Ne è convinto il card. Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica, che intervenendo oggi all’incontro dei rettori delle Università europee, organizzato nell’ambito del Convegno promosso dal Ccee su “Un nuovo umanesimo per l’Europa”, ha esortato gli atenei del nostro continente a “unire la formazione professionale a una formazione etica”. “L’Università deve dare una formazione etica proporzionata alla formazione professionale che comunque rimane il suo scopo istituzionale”, ha ammonito il porporato, secondo il quale “di fronte alla tentazione centrifuga dello studente che tende a collocare la sua anima nei mezzi di accesso al sapere, l’Università è chiamata a mostrargli che egli non si prepara a inserirsi nel mondo esterno – il mondo professionale, la società – se non formando la sua interiorità”. Di qui la necessità di una “integrazione delle conoscenze”, per scongiurare “il rischio, oggi sempre più crescente, di una specializzazione unilaterale e del crescente frazionamento delle conoscenze”.
domenica 25 marzo 2007
Benedetto XVI, 50 anni dal Trattato di Roma (COMECE)
24 marzo 2007. Il papa ha ricevuto in udienza i partecipanti al Congresso "I 50 anni dei Trattati di Roma - Valori e prospettive per l’Europa di domani", promosso dalla Commissione degli Episcopati della Comunità Europea. Uno stralcio dal discorso:
"... Da tutto ciò emerge chiaramente che non si può pensare di edificare un’autentica "casa comune" europea trascurando l’identità propria dei popoli di questo nostro Continente. Si tratta infatti di un’identità storica, culturale e morale, prima ancora che geografica, economica o politica; un’identità costituita da un insieme di valori universali, che il Cristianesimo ha contribuito a forgiare, acquisendo così un ruolo non soltanto storico, ma fondativo nei confronti dell’Europa. Tali valori, che costituiscono l’anima del Continente, devono restare nell’Europa del terzo millennio come "fermento" di civiltà. Se infatti essi dovessero venir meno, come potrebbe il "vecchio" Continente continuare a svolgere la funzione di "lievito" per il mondo intero? Se, in occasione del 50.mo dei Trattati di Roma, i Governi dell’Unione desiderano "avvicinarsi" ai loro cittadini, come potrebbero escludere un elemento essenziale dell’identità europea qual è il Cristianesimo, in cui una vasta maggioranza di loro continua ad identificarsi? Non è motivo di sorpresa che l’Europa odierna, mentre ambisce di porsi come una comunità di valori, sembri sempre più spesso contestare che ci siano valori universali ed assoluti? Questa singolare forma di "apostasia" da se stessa, prima ancora che da Dio, non la induce forse a dubitare della sua stessa identità? Si finisce in questo modo per diffondere la convinzione che la "ponderazione dei beni" sia l’unica via per il discernimento morale e che il bene comune sia sinonimo di compromesso. In realtà, se il compromesso può costituire un legittimo bilanciamento di interessi particolari diversi, si trasforma in male comune ogniqualvolta comporti accordi lesivi della natura dell’uomo. ..."
"... Da tutto ciò emerge chiaramente che non si può pensare di edificare un’autentica "casa comune" europea trascurando l’identità propria dei popoli di questo nostro Continente. Si tratta infatti di un’identità storica, culturale e morale, prima ancora che geografica, economica o politica; un’identità costituita da un insieme di valori universali, che il Cristianesimo ha contribuito a forgiare, acquisendo così un ruolo non soltanto storico, ma fondativo nei confronti dell’Europa. Tali valori, che costituiscono l’anima del Continente, devono restare nell’Europa del terzo millennio come "fermento" di civiltà. Se infatti essi dovessero venir meno, come potrebbe il "vecchio" Continente continuare a svolgere la funzione di "lievito" per il mondo intero? Se, in occasione del 50.mo dei Trattati di Roma, i Governi dell’Unione desiderano "avvicinarsi" ai loro cittadini, come potrebbero escludere un elemento essenziale dell’identità europea qual è il Cristianesimo, in cui una vasta maggioranza di loro continua ad identificarsi? Non è motivo di sorpresa che l’Europa odierna, mentre ambisce di porsi come una comunità di valori, sembri sempre più spesso contestare che ci siano valori universali ed assoluti? Questa singolare forma di "apostasia" da se stessa, prima ancora che da Dio, non la induce forse a dubitare della sua stessa identità? Si finisce in questo modo per diffondere la convinzione che la "ponderazione dei beni" sia l’unica via per il discernimento morale e che il bene comune sia sinonimo di compromesso. In realtà, se il compromesso può costituire un legittimo bilanciamento di interessi particolari diversi, si trasforma in male comune ogniqualvolta comporti accordi lesivi della natura dell’uomo. ..."
mercoledì 21 marzo 2007
Oggi è San Benedetto. "Europa attingi alla tua fonte!"
"Se oggi daremo forma all'Europa attingendo alla fonte della spiritualità benedettina, potremo essere certi che la convivenza pacifica in Europa e il modo in cui l'Europa opera nel mondo potranno essere il lievito per tutto il mondo. E allora diverrà realtà il significato del nome Benedetto: che l'Europa diventi una benedizione per questo mondo". E’ quanto afferma Anselm Grün, monaco dell’abbazia benedettina di Münsterschwarzach, autore cristiano tra i più letti oggi, in una nota per SIR Europa (on line su www.agensir.it), in occasione dell’odierna festa di san Benedetto da Norcia, patrono d’Europa. "La spiritualità di Benedetto è una spiritualità terrena, che forgia questa terra, legandosi al modo in cui viviamo e lavoriamo – si legge nel testo -. Scrisse una regola per la sua comunità, una regola caratterizzata dalla saggezza e dall'amore per la persona. Esteriormente, Benedetto non ha cambiato il mondo. Ma la comunità che fondò nel mezzo di un periodo turbolento di migrazioni di popoli, divenne un fattore di stabilizzazione per il periodo del VI secolo. Si tratta innanzitutto della cultura della convivenza. Questo condusse ad un nuovo approccio con la persona in Europa, a quel riconoscimento della dignità di ciascuno e al rispetto del mistero che ogni essere umano porta dentro di sé".
"Oggi, nel mondo economico – prosegue Anselm Grün - si scorge un nuovo interesse a dirigere le persone secondo il modello guida di San Benedetto. Molti manager e imprenditori hanno scoperto che un semplice orientamento al profitto non apre la porta al futuro: ciò è possibile solo con il rispetto delle persone e la capacità di destare la vita in ciascuno". E ricordando come papa Gregorio Magno "lodava soprattutto il dono della saggezza e della misura" il monaco scrive: "nei nostri tempi in cui non solo usiamo il Creato senza alcuna misura, ma in cui anche le pretese verso noi stessi e la società sono senza misura, proprio la virtù della misura sarebbe un rimedio per le persone e per la convivenza. La spiritualità umile e allo stesso ottimista di Benedetto sarebbe un rimedio anche per i nostri tempi". Da qui l’esortazione, "se oggi daremo forma all'Europa attingendo alla fonte della spiritualità benedettina, potremo essere certi che la convivenza pacifica in Europa e il modo in cui l'Europa opera nel mondo potranno essere il lievito per tutto il mondo".
... E allora diverrà realtà il significato del nome Benedetto: che l'Europa diventi una benedizione per questo mondo.
"Oggi, nel mondo economico – prosegue Anselm Grün - si scorge un nuovo interesse a dirigere le persone secondo il modello guida di San Benedetto. Molti manager e imprenditori hanno scoperto che un semplice orientamento al profitto non apre la porta al futuro: ciò è possibile solo con il rispetto delle persone e la capacità di destare la vita in ciascuno". E ricordando come papa Gregorio Magno "lodava soprattutto il dono della saggezza e della misura" il monaco scrive: "nei nostri tempi in cui non solo usiamo il Creato senza alcuna misura, ma in cui anche le pretese verso noi stessi e la società sono senza misura, proprio la virtù della misura sarebbe un rimedio per le persone e per la convivenza. La spiritualità umile e allo stesso ottimista di Benedetto sarebbe un rimedio anche per i nostri tempi". Da qui l’esortazione, "se oggi daremo forma all'Europa attingendo alla fonte della spiritualità benedettina, potremo essere certi che la convivenza pacifica in Europa e il modo in cui l'Europa opera nel mondo potranno essere il lievito per tutto il mondo".
... E allora diverrà realtà il significato del nome Benedetto: che l'Europa diventi una benedizione per questo mondo.
giovedì 15 febbraio 2007
Poettering richiama le "Radici"
“L’allargamento dell’Unione europea” fino a 27 Stati, “insieme alla riunificazione della Germania, rimangono per me il miracolo di questa generazione”. Hans-Gert Poettering, eletto a gennaio presidente del Parlamento, ha rivolto questa mattina all’emiciclo di Strasburgo il suo discorso programmatico: il politico tedesco resterà in carica fino alle prossime elezioni del giugno 2009. Nell’intervento Poettering ha inserito citazioni di Delors, Bartoszewski, Schuman, Kohl; ha fatto riferimento ai cinquant’anni di integrazione comunitaria, ha rilanciato la Costituzione quale “strumento per superare i deficit attuali dell’Unione”. Ha ribadito la centralità del Parlamento nell’architettura istituzionale Ue, preannunciando una riforma dell’organizzazione interna. Ma il presidente si è soffermato anche sulla “necessità di rispondere, insieme, alle sfide della globalizzazione”, di “riscoprire le radici dell’Europa e i suoi valori”, per poterli “testimoniare” e “condividere” con il resto del mondo. “Le nostre radici risiedono nella filosofia greca, nel diritto romano e nella tradizione giudaico-cristiana”, ha affermato; esse hanno modellato l’Europa di oggi, che “è un continente multiculturale e multireligioso”.
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