martedì 12 luglio 2011

San Benedetto «Patrono principale d'Europa». Sorgente di vita spirituale e civile.

Sorgente di vita spirituale e civile
di Roberto Nardin

Quando Paolo VI il 24 ottobre 1964 con il Breve Pacis nuntius proclamò come «Patrono principale d'Europa» san Benedetto, volle subito descrivere il santo quale «messaggero di pace (pacis nuntius), operatore di unità, maestro di civiltà, e soprattutto araldo della fede cristiana e iniziatore della vita monastica in Occidente».

Paolo VI motivò tale proclamazione: «Nel momento in cui, ormai al tramonto, l'Impero Romano crollava, mentre alcune regioni d'Europa sembravano precipitare nelle tenebre e altre erano ancora prive di civiltà e di valori spirituali, fu lui che, con impegno vigoroso e infaticabile, si adoperò perché su questo nostro continente sorgesse l'alba di un nuovo giorno».

In un momento di grande buio e di profondo smarrimento, quindi, Benedetto compare nella storia divenendovi portatore di luce. Il cammino del vecchio continente, infatti, scosso dal crollo di istituzioni secolari, dall'invasione di nuovi popoli e dalla decadenza morale, veniva illuminato dalla presenza dei monaci che si ispiravano alla Regola di san Benedetto, e l'Europa, gradualmente, costruiva la propria identità proprio attorno ai valori di «unità e di civiltà» concretamente vissuti nei monasteri, prima ancora che quegli stessi valori fossero teorizzati.

Lungo i secoli, tutta l'Europa venne coinvolta dalla presenza silenziosa ma penetrante dei figli di san Benedetto attraverso una modalità che sempre il Breve di Paolo VI descrive in forma incisiva: «Con la croce, il libro e l'aratro, egli e i suoi figli trasmisero la civiltà cristiana alle varie popolazioni sparse dal Mediterraneo alla Scandinavia, dall'Irlanda alle pianure della Polonia».

La croce, il libro e l'aratro -- ossia la preghiera, lo studio e il lavoro -- esprimono in sintesi la proposta di vita benedettina che ha permesso non solo la diffusione dei monasteri, ma l'unificazione spirituale dell'Europa centrata nella comune preghiera fondata su Cristo (croce); l'unificazione culturale del continente europeo a partire dall'amore alla cultura classica e biblica che ha reso possibile la fondamentale riscoperta del patrimonio umanistico (libro); e, infine, la rinascita economica e sociale dell'Europa nella valorizzazione del lavoro, anche manuale, che ha permesso di nobilitare l'opera delle mani, non più riservata agli schiavi, creando le condizioni per trasformare luoghi inospitali in fertili campagne.

Sembra opportuno, allora, sintetizzare la vita monastica non tanto nel recente e famoso ora et labora, quanto, invece, nell'espressione che ricorda il Liber de modo bene vivendi (1174) del cistercense Tommaso di Froidmont (cfr. pl, 184, 1272-1273): ora, lege et labora.

L'eredità benedettina, comunque, non si esaurisce nel quadro storico, seppur importante e decisivo, nella nascita dell'Europa e delle sue radici cristiane, ma offre anche all'uomo contemporaneo validi e concreti punti di riferimento in ordine alla vita personale e comunitaria.

Lo ha ricordato Benedetto XVI in modo incisivo presentando la figura di san Benedetto nell'udienza generale del 9 aprile 2008, in cui -- tra l'altro -- ha affermato: «In contrasto con una autorealizzazione facile ed egocentrica, oggi spesso esaltata, l'impegno primo e irrinunciabile del discepolo di san Benedetto è la sincera ricerca di Dio sulla via tracciata dal Cristo umile ed obbediente, all'amore del quale egli non deve anteporre alcunché e proprio così, nel servizio dell'altro, diventa uomo del servizio e della pace. (...) In questo modo l'uomo diventa sempre più conforme a Cristo e raggiunge la vera autorealizzazione come creatura ad immagine e somiglianza di Dio».

Se volessimo sintetizzare il messaggio spirituale che san Benedetto ha consegnato alla vita della Chiesa, potremmo focalizzarlo in due elementi centrali. Il primo riguarda il criterio di verifica della vocazione alla vita monastica, ossia «cercare veramente Dio» (Regola, 58, 7). Il secondo è un invito pressante in cui si afferma che «non si deve anteporre nulla all'amore di Cristo» (4, 21; 72, 11).

Ricerca di Dio e amore di Cristo, quindi, sono i due assi portanti della spiritualità monastica, punti focali posti con costanza in rilievo anche da Papa Benedetto, si pensi solo al memorabile discorso tenuto a Parigi, il 12 settembre 2008, al Collège des Benardins, fino all'Angelus di domenica 10 luglio. Questi due assi portanti, Ricerca di Dio e amore di Cristo, san Benedetto vuole incarnati in alcune modalità specifiche. Ecco, allora, che si dovrà mostrare la ricerca di Dio nella sollecitudine alla preghiera, all'obbedienza e all'accettazione delle contrarietà (Regola, 58, 7) mentre l'amore a Cristo i monaci lo mostrano nel vedere e amare Cristo nel proprio abate (2, 2; 63, 13), negli infermi (36, 1), negli ospiti (53, 1-7), nei poveri e pellegrini (53, 15). Risulta chiaro che ricerca di Dio e amore di Cristo non sono astratti (solo la mente) o devozionali (solo il sentimento) o giuridici (solo l'osservanza della legge) ma, cercando Dio perché, in realtà, cercati da Dio e amando Cristo perché, in realtà, amati da Cristo, ricerca e amore hanno una valenza concreta, al punto che toccano profondamente la vita di ogni giorno nella quale si svolge la preghiera, l'accettazione delle contrarietà e l'amore per il prossimo come a Cristo.

Il primo messaggio che san Benedetto porta al mondo, oggi come ieri, è, in definitiva, l'invito a cercare Dio con assiduità, a permettere che Dio sia la presenza che orienta la vita dell'uomo, perché senza questa presenza l'uomo perde inesorabilmente il senso profondo della vita e dimentica il proprio autentico e unico valore di creatura amata da Dio in Cristo. Senza l'orientamento a Dio, l'uomo, inevitabilmente, trasforma se stesso in idolo, perdendo la libertà proprio quando si illude di conquistarla con le proprie forze, anziché accoglierla come dono del Creatore.

Il secondo messaggio di san Benedetto è riscoprire l'amore che diventa dono per l'altro, un amore che può essere radicale solo se nell'altro, per dono, riconosco la Presenza di Cristo. Se l'amore non è declinato «per l'altro», ripiega su se stesso e l'altro diventa strumento «per me». L'io del singolo diventa idolo di se stesso. Si tratta del rovescio della medaglia della mancanza di orientamento a Dio, l'Altro. Il comandamento dell'amore a Dio (cercato perché Presenza) e al prossimo (in cui riconosco Cristo), allora, diventa la sintesi intramontabile del messaggio benedettino, che è il nucleo stesso del Vangelo.

lunedì 11 luglio 2011

Così il monachesimo costruì l'Europa

San Benedetto gettò i semi per una trasformazione sociale e culturale
di TIMOTY VERDON

Normalmente le grandi chiese - le basiliche romane, le cattedrali diocesane e i più importanti santuari - sono espressioni universali della vita del popolo di Dio, accessibili a tutti. Ma il cristianesimo ha valorizzato anche forme di vita religiosa a cui non tutti sono chiamati, sapendo che "abbiamo doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi" (Romani, 12, 6). Così dal III-IV secolo è stata accolta la volontà di alcuni di condurre una vita cristiana più austera, in ideale prolungamento dell'era eroica dei martiri, chiusasi con l'Editto di Milano del 312. Prima in Egitto, poi in Italia e nel sud della Francia, singoli eremiti, gruppi di eremiti e comunità unite intorno a un padre spirituale, definirono man mano lo stile di un'esistenza focalizzata unicamente su Dio, le cui componenti principali erano la preghiera, lo studio e il lavoro agricolo o artigianale.

Nasce il monachesimo cristiano e con esso un nuovo tipo di architettura ecclesiastica, il monastero, composto di una chiesa, di abitazioni per i monaci, e di ambienti funzionali alla vita comunitaria. E negli stessi secoli in cui le città dell'antico impero si spopolano per l'avanzata di popolazioni nomadi provenienti dall'Europa settentrionale e dalla Persia, nel deserto vengono fondate vere e proprie cittadelle monastiche: centri non solo spirituali ma anche intellettuali e artistici che conservavano ed elaboravano in senso cristiano quanto era rimasto della cultura classica.

Di fondamentale importanza in questo processo fu il contributo dell'Italia, dove vide la luce intorno al 480 l'uomo che la Chiesa considera il patrono d'Europa, san Benedetto da Norcia. Autore della Regula monachorum - che nel primo medioevo, era il più diffuso codice di comportamenti religiosi dopo il Vangelo - Benedetto non solo fondò numerosi monasteri, ma gettò le fondamenta di un sistema sociale e culturale destinato a plasmare l'identità cristiana di intere popolazioni, soprattutto nelle campagne. Mentre infatti nelle città del IV-V secolo esistevano già comunità cristiane stabili, con una storia alle spalle e un senso della propria dignità, la conversione delle zone rurali era ancora incompleta duecento anni dopo.

Per capire il ruolo del monachesimo nella penisola, è importante cogliere le condizioni dell'Italia cristiana all'epoca di Benedetto e nei secoli successivi. Le devastazioni della guerra tra due popoli invasori, i bizantini e i goti (540-568), nonché la violenza degli invasori longobardi (568-650) e le depredazioni saracene lungo le coste meridionali e occidentali (IX-X secolo), lasciarono la memoria ma non più la realtà dell'Italia romana. Cambiò perfino la secolare rete viaria: scendendo dal nord per i valichi appenninici, i longobardi crearono nuove direttrici legate ai loro centri di potere in Lombardia. Le nuove vie longobarde permettevano ai messi reali di muoversi senza sconfinare nel vasto territorio a est controllato dai bizantini. Al servizio della nuova rete viaria, i re longobardi fondarono monasteri lungo i nuovi percorsi tracciati per l'esercito e per i messaggeri reali, completando così il lavoro dei vescovi locali che, dal V al VI secolo avevano creato sistemi di chiese e collegiate rurali dotate di patrimoni terrieri. Dopo la conversione alla fede cattolica della regina Teodolinda nel VII secolo, la nuova rete viaria si orientò verso Roma, e venne a formarsi il nucleo di ciò che in seguito verrà chiamata la Via Romea o Francigena, che nei suoi molteplici percorsi costituirà la strada maestra di principi, mercanti e pellegrini tra il X e il XIV secolo. Lungo tutto il percorso, annessi ad abbazie "regie" o autonome, nacquero xenodochia e "spedali" che favorirono la ripresa di scambi culturali e commerciali. I diari di viaggio dell'arcivescovo di Canterbury Sigerico, dell'abate islandese Nikulas di Munkathvera, del re Filippo Augusto di Francia fanno intuire i motivi per cui, ad esempio, troviamo riflessi d'architettura borgognona in Lombardia e Toscana, tedesca a Molfetta, pisana a Siponto e Troia.

La conquista del regno longobardo da Carlomagno, sigillata con la presa di Pavia nel 773-74, rafforzerà l'orientamento monastico dello sviluppo religioso nei secoli IX-XII, nell'Italia settentrionale e centrale come in tutto l'impero affidato al re dei Franchi da Papa Leone III nell'anno 800. Prescindendo dall'attribuzione a Carlo Magno in persona di numerose abbazie, rimane vero che l'organizzazione amministrativa del Sacro Romano Impero favoriva l'espansione della rete monastica: i carolingi e, dopo di loro, gli ottoniani si servirono dei monaci nell'estendere il nascente sistema feudale su cui poggiava il loro potere.

Soprattutto con la diffusione di un'unica "regola" monastica, l'influsso dei monaci sulla vita spirituale d'Europa si fece determinante. L'equilibrio benedettino tra preghiera e lavoro venne comunicato ai feudatari imperiali con terre confinanti e ai contadini; in Italia, il silenzio e la laboriosità della vita rurale ne echeggiava lo spirito fino all'inizio del XX secolo.

L'indole comunitaria del monachesimo benedettino ha poi favorito lo sviluppo di precise caratteristiche umane e sociali nella popolazione. L'aiuto fraterno, l'ospitalità ai viaggiatori, l'attenzione ai poveri di ogni tipo, sono tra gli elementi della Regola di san Benedetto che in Italia come altrove si tradussero anche in cultura popolare.

In modo analogo, i laboratoria monastici gettarono le basi di quella "rivoluzione industriale" che, insieme all'embrionale attività bancaria, dal secolo XIII in poi farà di alcune città lombarde e toscane centri propulsori di vita economica e culturale al livello europeo.

Nei secoli intorno al Mille predominava l'influsso dei monasteri, che in alcuni casi erano, di fatto, delle vere e proprie città. L'abate islandese Niklaus, scendendo la penisola verso 1154, descrive "Montakassìn" (Montecassino) come "un grande monastero con una fortificazione tutt'intorno, e, all'interno, dieci chiese": era l'abbazia ricostruita tra il 1066-1071 dall'abate, Desiderio, figura di singolare peso ecclesiale e politico all'epoca. Dal 1059 cardinale e vicario pontificio presso i monasteri dell'Italia meridionale, Desiderio infatti lavorò per riconciliare i Papi con l'imperatore Enrico IV (umiliato da Gregorio VII a Canossa nel 1077), arruolando a questo scopo principi normanni quale Roberto Guiscardo, duca d'Apulia, con cui godeva di buoni rapporti. Ma il suo vero obiettivo rimase la riforma della Chiesa promossa sin dall'inizio del secolo da santi monaci quali Giovanni Gualberto e Pietro Damiani nonché dai Papi Vittore II (1055-1057), Stefano IX (1057-1058), Niccolò II (1058-1061), Alessandro II (1061-1073) e Gregorio VII (1073-1085).

(©L'Osservatore Romano 11-12 luglio 2011)

mercoledì 6 luglio 2011

La rifondazione dell’Europa comincia dall’Ungheria?

Una rondine non fa primavera, ma uno Stato europeo, e non dei minori, che si dà una Costituzione eurocompatibile che rispetta sia la Carta europea dei diritti fondamentali sia la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo è un esempio da seguire.


Lunedì 18 aprile 2011, in conformità con gli impegni presi dal primo ministro Viktor Orban quando nell’aprile 2010 vinse in modo eclatante le elezioni politiche (2/3 dei seggi alla Camera dei deputati), la Costituzione ungherese è stata modificata nello spirito e nella lettera. Il testo del 1990, adottato subito dopo la caduta del Muro di Berlino, è stato giudicato troppo liberale e ancora caratterizzato da residui comunisti.

Il potere è stato ripartito tra i tre principali partiti: La Fidesz, partito di centro destra, i cui rappresentanti nel Parlamento europeo fanno parte del Partito Popolare Europeo; I Socialisti, completamente screditati dopo la gesione disastrosa del Primo ministro Ferenc Gyurcsany che aveva mentito sull’entità del deficit del blancio dello Stato, cosa che nel 2008 lo aveva spinto a chiedere al fondo Monetario Internazionale un aiuto di 20 miliardi di euro per salvare il Paese dalla bancarotta; Il partito Jobbik, di estrema destra, che ha come obiettivo la difesa dei valori e dell’identà dell’Ungheria.

La nuova Costituzione proposta dal Premier e dalla Fidesz è stata approvata con 262 voti contro 44 e una astensione. Il testo è stato approvato dal Presidente della Repubblica ungherese, Pal Schmitt, il 25 aprile scorso ed entrerà in vigore il 1 gennaio 2012. Durante il dibattito in aula l’opposizione non ha espresso alcun intervento. Il che non le ha impedito finora di sostenere gli oppositori a questa nuova legge fondamentale.

Quali sono i cambiamenti della Costituzione :
  1. Il primo riguarda il riferimento alle radici cristiane dell’Ungheria. Il Preambolo dice infatti che «La Costituzione si inscrive nella continuità della Santa Corona» e ricorda «il ruolo del cristianesimo» nella «sua storia millenaria ».
    Ci si stupisce delle reazioni negative a questo testo, dato che al momento della redazione del Trattato costituzionale dell’Unione Europea, tutti i paesi membri hanno approvato il riferimento alla nostra eredità cristiana, tranne la Francia.
    La petizione europea, promossa dalla Fondation de Service politique con qualche deputato europeo aveva ottenuto nel 2004 1,4 millioni di firme ed era stata sostenuta da circa 60 associazioni in rappresentanza di 50 milioni di aderenti. Un primato nella storia europea. Questa petizione era stata registrata dalla Commissione sulle petizioni, ma la Commissione europea non si è degnata di darle corso come avviene di solito quando le petizioni vengono registrate.
    Il riferimento alle radici cristiane non è una questione di opinione, ma una verità storica. Bisogna ricordare che la nazione ungherese si è organizzata a partire dal battesimo di Santo Stefano, incoronato re di Ungheria, al punto che chi detiene la sua corona detiene anche il potere. E’ questo il motivo per cui la Corona di Santo Stefano si trova oggi al Parlamento ungherese, il che gli dà la legittimità di fare le leggi.
  2. La seconda modifica riguarda l’unione tra due persone: «La Costituzione protegge l’istituzione del matrimonio, considerato come l’unione naturale tra un maschio e una femmina e come il fondamento della famiglia».
    Questo riferimento riprende, nel suo spirito, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che, nonostante le pressioni per introdurre l’unione tra due persone dello stesso sesso, rimane un testo di riferimento per tutti gli Stati. La nuova Costituzione ungherese non rimette in questione l’unione tra persone dello stesso sesso e non le considera equivalenti al matrimonio.
  3. La terza modifica riguarda la vita di tutti gli esseri umani prima della nascita: «Dal momento del concepimento, la vita merita di essere protetta come un diritto umano fondamentale» e «la vita e la dignità sono inviolabili », riprendendo in un certo modo il primo articolo della Carta europea dei diritti fondamentali: «la dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e protetta».
    Alcuni si sono indignati di questo ritorno all’ordine morale. Dobbiamo dedurne che l’ordine umano è un ordine amorale? La nuova Costituzione ungherese è eurocompatibile? si chiedono gli oppositori. Se non lo fosse, allora vorrebbe dire che tutti i testi di riferimento sono lettera morta, considerato che l’Unione europea si è costruita a partire dal rispetto dei diritti dell’uomo la cui universalità è espressa nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1948, riconosciuta come patrimonio comune dell’umanità, e non sui diritti astratti e soggettivi rivendicati senza riferimento ad un patrimonio comune.
Certo, la decisione appartiene ai legislatori. Ma questi votano in nostro nome. Tacere sarebbe da parte nostra un atto di irresponsabilità. Le leggi ci riguardano tutti. E’ nostro dovere incontrare i nostri deputati e senatori per dire loro che teniamo al rispetto dei nostri principi fondamentali.
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di Élizabeth Montfort, già Deputata al Parlamento Europeo, è portavoce dellaFondation de Service Politique (Paris), su Zenit.org del 25.05.2011