Se non ci fossero state Polonia e Ungheria, la frittata sarebbe fatta ed ancora una volta l’Ue avrebbe tradito le radici ed i Valori, su cui per millenni il Continente è stato costruito. Come riferito dal quotidiano spagnolo Abc, grazie al loro intervento, invece, è stato bloccato il 3 dicembre l’accordo all’esame del consiglio dei ministri dell’Interno europei, accordo che avrebbe permesso di riconoscere i diritti patrimoniali di tutte le unioni registrate, comprese quindi le cosiddette "nozze" gay e le coppie di fatto, affidando al giudice la decisione ultima, caso per caso, anche di fronte a divorzi tra partner di diverse nazionalità. Ovviamente, col vincolo di riconoscere poi in qualunque Stato europeo, le sentenze emesse.
Chi ha proposto tutto questo, sapeva bene come ciò sforasse rispetto alle competenze dell’Unione, ma ha sperato di farla franca, contando sulla compiacente complicità di tutti e rassicurando i dubbiosi, suggerendone, a parole, un’applicazione «ampia e volontaria». E invece no: c’è chi nel tranello non è cascato, ha alzato la mano ed ha eccepito come tale provvedimento violi il principio fondamentale di sussidiarietà, interferisca con le identità nazionali e calpesti il diritto di famiglia dei singoli Stati membri, andando contro le loro «tradizioni ed i loro valori» in materia. È stato facile, per Polonia ed Ungheria, smontare il giocattolo, ma tanto di cappello per avere avuto il coraggio di farlo in aula.