Se Internet è “un oceano da navigare”, come spesso si dice, allora, serve una legislazione che lo regolamenti sul “modello di accordi internazionali come, per esempio, le leggi marittime”. È intervenuto così, oggi, il giurista Stefano Rodotà, docente all’Università La Sapienza di Roma, al convegno “Internet, informazione e democrazia” promosso dall’Unione cattolica della stampa italiana (Ucsi) presso la Sala conferenza dell’Enel. Siamo “ancora nella fase della self-regulation”. Ma, “l’idea che sia sufficiente un’auto-regolamentazione è insostenibile, contraria ad ogni evidenza di quanto accade nel web”, ha detto Rodotà. Infatti, “anche i vecchi sostenitori di una concezione libertaria di Internet riconoscono che occorre definire regole condivise per riconoscere quali comportamenti sociali su web siano accettabili e quali no”. E “queste regole – ha aggiunto Rodotà – non possono essere affidate ai soggetti che operano in una logica mercantile e di interesse”. È “un problema di democrazia”. Da qui è nato “un movimento per una Internet Bill of Rights, una Carta dei diritti per l’era digitale, alla quale sta lavorando il Parlamento europeo”. Si tratta di “un’impresa multilivello”, ha concluso il giurista, cioè, “l’applicazione di accordi generali che possono diventare operativi ove è presente un’autorità sopranazionale”.
[Fonte: SIR 14 maggio 2008]
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