Il domino è un gioco che per sua natura non si ferma. Secondo l'abilità e/o la fortuna dei giocatori, finisce quando tutte le tessere sono a terra, o comunque quando lo sono la maggior parte. Per poi, volendo, ricominciare con la certezza che tempo e impegno per rimetterle in piedi sono molto maggiori dei pochi istanti necessari per la loro caduta.
Per alcuni, non certo da oggi, domino è anche il gioco speculativo che fa crollare economie pericolanti, gonfiare e sgonfiare le borse, fallire e risorgere imprese grandi e medie. Più che un gioco, un lavoro, che garantisce guadagni (e perdite) enormi via telematica. Negli ultimi mesi assistiamo a quella che ha tutta l'aria di essere una grande partita di domino con le economie europee al posto delle tessere, con al centro i Paesi senza tradizione industriale e con in palio la testa dell'Euro. La Grecia annaspa per sopravvivere con un salvagente firmato Fondo monetario internazionale sulla cui tenuta nessuno scommette. Il Portogallo la segue a breve distanza, e le voci circa la situazione analoga di Spagna, Italia e Regno Unito stanno aumentando di volume e plausibilità.
Intendiamoci: il domino - per quanto speculativo e scorretto sia - non si imbastisce su economie sane. La Repubblica greca da circa vent'anni presenta a Bruxelles bilanci maquillage per buona pace del Patto di Stabilità e della virtuosità della moneta unica. "Furbi" da un lato, ma "furbi" anche dall'altro se si pensa che l'Unione europea (Commissione, Consiglio, Banca centrale) ha sempre preso per buoni i dati ellenici. Triste è rendersi conto che nessuno ha mai pensato che il domino silenzioso che oggi è in prima pagina colpisce milioni di persone che vivono e lavorano onestamente e che ora (sic!) sono chiamate a pagare colpe altrui sulle quali ovviamente gli speculatori si buttano a pesce. Punire i responsabili politici e bancari della bancarotta sarebbe opportuno oltre che giusto, ma è politicamente realistico? Una raddrizzata si impone, ma attenzione a "farla pagare" a chi sopravvive con 1.200 euro al mese vedendo a destra e a sinistra sprechi, illegalità e ostentazioni di ricchezza di dubbia provenienza. E attenzione a concentrarsi solo sul recupero del debito senza porre basi salde per politiche di sviluppo.
Il domino, dicevamo, si annuncia in espansione. Portogallo e Spagna non sono da meno della Grecia: certo, hanno un servizio pubblico più efficiente, ma le bolle borsistiche e le sovraesposizioni debitorie delle banche sono un dato di fatto. Un sentimento umano di solidarietà impone preoccupazione per la sorte di milioni e milioni di famiglie.
Ma vi è un altro elemento da prendere in considerazione. La zona dell'Euro annovera tuttora tra i propri principi fondamentali la protezione delle economie che vi partecipano dagli attacchi esterni: per la stabilità finanziaria e la tenuta economica. Così è stato fino ad oggi, con discreto successo malgrado l'aumento dei prezzi non sia stato mai accompagnato da un aumento corrispondente del potere d'acquisto. Ora però gli attacchi speculativi ai Paesi euro sono eclatanti, aperti… e vengono in gran parte dall'interno di Eurolandia. Un domino impazzito, senza capo e senza coda. Oppure qualcos'altro? Ed ora che le tessere potrebbero crollare anche nella parte occidentale del Mediterraneo, o addirittura anche oltremanica, cosa dobbiamo attenderci?
Risposte non facili. Facile è però individuare le vere vittime di tutto questo: l'onestà e la dignità di chi è estraneo ai giochi ma ne paga le conseguenze. La maggioranza dei cittadini. Nel sessantesimo anniversario della Dichiarazione Schuman è a loro che dobbiamo pensare, che devono pensare governanti, finanzieri ed economisti: le statistiche non hanno famiglia, le persone sì.
Gian Andrea P.Garancini
Bruxelles
[Fonte: SIR 10 maggio 2010]
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