I primissimi passi nel 1951
L'Europa supera la boa dei sessant'anni. E, come si dovrebbe fare in occasione di un anniversario, si formulano gli auguri, si volta fugacemente lo sguardo al cammino percorso e si torna a guardare avanti con fiducia. Il battesimo ufficiale della prima esperienza di concertazione sovranazionale fra sei nazioni del vecchio continente (Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo) risale al 18 aprile 1951: con la firma del Trattato di Parigi nasceva la Ceca, Comunità europea del carbone e dell'acciaio, alla quale avevano tenacemente lavorato gli statisti dell'epoca, trascinati dai francesi Robert Schuman e Jean Monnet, dal tedesco Konrad Adenauer e dall'italiano Alcide De Gasperi.
La via era stata indicata un anno prima, il 9 maggio 1950, con la Dichiarazione Schuman, che aveva affermato: "La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano…. L'Europa non potrà farsi un una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto… Il governo francese propone di mettere l'insieme della produzione franco-tedesca di carbone e di acciaio sotto una comune Alta autorità, nel quadro di un'organizzazione alla quale possono aderire gli altri Paesi europei". Ciò "assicurerà subito la costituzione di basi comuni per lo sviluppo economico, prima tappa della federazione europea".
La Ceca entrerà in funzione il 23 luglio 1952 e di fatto fungerà da modello per un ampliamento della collaborazione tra i Paesi fondatori, fino ai Trattati di Roma del 25 marzo 1957, costitutivi della Cee, Comunità economica europea, e dell'Euratom, la comunità per l'utilizzo a scopi pacifici dell'energia atomica. Dagli ulteriori sviluppi di queste tre comunità, e dalla successiva revisione dei trattati nascerà, nel 1992, l'attuale Unione europea, che oggi, con 27 Stati aderenti e 500 milioni di cittadini, è uno dei principali protagonisti sulla scena mondiale, assicurando pace e democrazia all'interno dei suoi confini e proponendosi di affrontare le sfide dell'era globale con i criteri guida della solidarietà e della sussidiarietà, sanciti dal Trattato di Lisbona.
Fin qui la storia. Ma il sessantesimo compleanno impone all'Ue scelte e impegni nel segno della "piena maturità". Gli auguri, allora, si accompagnano ad alcuni auspici.
Visto che la Ceca era nata con una forte connotazione di "concretezza", dall'Ue, sua legittima erede, ci si attende che produca risultati visibili a vantaggio dei cittadini. Obiettivi da perseguire in vari campi: economia, lavoro, approvvigionamento energetico, tutela dei consumatori, sviluppo territoriale, ambiente, ricerca, cultura, sicurezza, e negli altri settori di competenza, tenuto conto che gli Stati aderenti hanno trasferito alle istituzioni di Bruxelles e Strasburgo una parte della loro autorità legislativa e politica. I risultati - già sperimentabili in tanti campi - potranno convincere l'opinione pubblica che l'Europa è necessaria, soprattutto in una realtà internazionale sempre più complessa e interdipendente.
Per fare tutto questo è però doveroso che le istituzioni comuni si rafforzino e migliorino la propria capacità decisionale. A tale scopo era stato scritto il Trattato di Lisbona, entrato in vigore un anno fa, del quale è già stata decisa una limitata revisione allo scopo di costituire il Meccanismo europeo di stabilità, orientato appunto alla stabilità finanziaria e alla governance economica. Il consolidamento dell'Ue e delle sue istituzioni dipende, però, in gran parte dai governi nazionali: l'Europa comunitaria vede ancora prevalere il carattere "intergovernativo", per cui i governi dei 27, riuniti nel Consiglio, detengono un elevatissimo potere decisionale rispetto a quello dell'Europarlamento e della Commissione, le due istituzioni "più comunitarie". Se i premier europei deporranno l'arma dei nazionalismi e degli interessi di parte, che da alcuni anni frenano l'integrazione, per l'Ue si apriranno nuove prospettive di sviluppo e operatività.
C'è poi da augurarsi che l'Ue sappia coinvolgere maggiormente i cittadini per una vera democrazia partecipativa. In questa direzione si muove, ad esempio, l'"iniziativa dei cittadini" definita dal Trattato di Lisbona, grazie alla quale un milione di persone di 7 Stati possono chiedere una legge europea. Allo stesso modo il nuovo Trattato ha sancito il coinvolgimento delle chiese e delle comunità religiose nel processo di integrazione, riconoscendone la vasta rappresentatività, l'autorevolezza morale e la radicata presenza nella storia e nell'oggi dell'Europa. Un impegno - e una sfida - che le comunità cristiane hanno da tempo mostrato di raccogliere con determinazione.
Non da ultimo, ci si attende che l'Unione possa affermarsi quale protagonista sulla scena mondiale, per la promozione della pace, della democrazia, dei diritti umani e delle libertà fondamentali (si pensi alla libertà di religione, duramente minacciata e offesa anche in questi giorni), valori inscritti nel dna dell'Europa comunitaria.
[Fonte: SIR Europa]
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