lunedì 1 luglio 2019

Sei tesi sui porti aperti

Vorrei dire sei cose oltre la vicenda Sea Watch, la retorica, gli odi e gli slogan.

La prima: se si stabilisce il principio che ogni uomo ha diritto di decidere unilateralmente quando, come e dove vivere senza considerare norme, confini, stati e popolazioni, salta ogni ordinamento giuridico, si polverizza ogni sovranità nazionale e statale, si cancella ogni limite e frontiera, ogni tutela e ogni garanzia per i cittadini regolari di quei paesi che hanno diritti e doveri, lavorano e pagano le tasse. Il sottinteso di quella pretesa è che non va applicata una procedura eccezionale per dare asilo a profughi che fuggono da guerre e da acclarate situazioni d’emergenza ma va accolto chiunque decida di mettersi in viaggio, in navigazione. E nemmeno “una tantum” ma ogni volta che accade.

La seconda. È assurdo riconoscere a un’organizzazione privata, a una Ong, come la Sea Watch, il privilegio extraterritoriale e sovrastatale di decidere verso quale paese dirigersi per far sbarcare i migranti raccolti e di assegnarli così ai paesi con decisione autonoma, unilaterale, in virtù di un imperativo umanitario, assumendo di propria iniziativa e senza alcun titolo per farlo, il ruolo di tutori e mediatori dei migranti. Anche in questo caso non si tratta di una situazione eccezionale, di un’emergenza fortuita da fronteggiare, ma di una prassi ormai consolidata, programmata e reiterata. Non è un imprevisto capitato sulla rotta ma è il “mestiere” che alcune imbarcazioni hanno deciso di ingaggiare, a prescindere dagli stati, dai popoli e dai territori.

La terza: non c’è nessun potere legittimato democraticamente, consolidato dall’esperienza storica e dalla vita dei popoli, che risponde direttamente alla cittadinanza, la rappresenta e la tutela, oltre lo Stato nazionale libero e sovrano. Ed è giusto che sia lo Stato nazionale sovrano a decidere in ultima istanza, sulla base dei suoi ordinamenti, come ha coerentemente fatto il governo italiano, a partire dal ministro dell’interno fino al presidente del consiglio; e a negare nella fattispecie che una nave battente bandiera olandese, diretta da una comandante di nazionalità tedesca, possa attraccare non nel primo porto incontrato sulla rotta, che era poi in Tunisia, ma decida di far rotta sull’Italia e imponga di fatto al nostro Paese l’obbligo di accoglierli, trasformando un già discutibile diritto d’accoglienza in un inderogabile dovere d’accoglienza, ovunque e comunque. Chi mina gli stati e li scavalca, nel nome dell’ideologia no border, lavora per il caos e la fine del diritto internazionale.

La quarta. Siamo stati abituati da una propaganda ideologica, moralistica ed emozionale a non sottrarci ad accogliere il singolo caso pietoso, il bambino denutrito e senza adulti, il malato da curare, la donna incinta in balia delle onde o della miseria. Ma dietro il singolo caso, su cui inevitabilmente ci si appella alla nostra umanità, si vuol far passare un flusso ben più massiccio e duraturo. Ovvero si vuol usare il singolo caso come cavallo di Troia per legittimare in realtà la trasmigrazione di popoli e di chiunque voglia lasciare il proprio paese e venire a vivere da noi. In un mondo in cui i benestanti si contano in milioni e i poveri in miliardi, non si può pensare che gli uni possano caricarsi degli altri, che la piccola Italia si debba caricare sulle sue fragili spalle la grande Africa, che la piccola Europa si carichi i flussi di popolazioni venute dal sud o dall’est del pianeta. Certo, il fenomeno per ora ha numeri non impressionanti; però col passare del tempo e col lasciapassare che si vorrebbe imporre, il fenomeno rischia di ingrossarsi fino a raggiungere dimensioni insostenibili.

La quinta. Dietro il principio d’accoglienza umanitaria, si nasconde un gigantesco business a due facce: da un verso riguarda gli impresari politici dei flussi migratori per gestirne poi l’assistenza e gli effetti politici; e dall’altro verso interessa quanti usano manovalanza sottopagata da sfruttare, senza tutele (salvo dare agli speculatori di cui sopra ulteriore motivo di rappresentanza degli interessi sindacali e lavorativi dei migranti). Sinistra e padronato soci in affare, sotto copertura umanitaria. È un business immenso e vergognoso che si nasconde dietro la carità e sfrutta, strumentalizza e schiavizza i migranti. A tale proposito è stato penoso lo spirito demagogico e illegale, anti-italiano e anti-europeo della sinistra e del suo circo di “anime belle”.

Infine, la sesta. Non ci sono nel mondo d’oggi situazioni aggravate rispetto a qualche anno fa – guerre, genocidi, carestie – da costringere ad aprire le frontiere e i porti. Se vogliamo, era molto peggio dieci anni fa. E in ogni caso chi se la passa peggio non è chi riesce a partire, chi riesce a procurarsi i soldi per pagare la fuga o gli scafisti, chi ha la forza, i contatti, i mezzi per poter andar via; ma la vera miseria, la vera priorità è di quelli che non hanno la forza e le risorse per poter partire e restano a casa. E vedono i loro paesi impoverirsi di energie giovanili che migrano altrove, abbandonando donne,vecchi e bambini. Se davvero dovessimo dare la precedenza agli ultimi, come dice il Papa, gli ultimi non sono quelli che vengono da noi ma quelli condannati a restare a casa loro in condizioni di vera miseria. Ma la vera finalità di chi sostiene le migrazioni è lo sradicamento dei popoli dalle loro terre e noi dalle nostre.
Marcello Veneziani, La Verità 30 giugno 2019

4 commenti:

Maria Guarini ha detto...

Paolo Becchi e Giuseppe Palma su Libero, 30/06/2019

Si parla tanto di Unione europea e di partner europei, ma poi ognuno fa i cavoli suoi e ti pugnalano pure alle spalle. L’ultima testimonianza è rappresentata dalla totale assenza della Ue nella gestione di quaranta migranti sulla nave Sea Watch. Ma fosse solo questo il problema. Ormai ci siamo abituati. C’è di peggio. Ieri, dopo l’arresto sacrosanto di Carola Rackete – capitano della Ong “pirata” che ha violato tutte le leggi possibili ed immaginabili – il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas ha twittato: «Salvare la vita umana è un dovere umanitario. Il soccorso in mare non può venire criminalizzato. La giustizia italiana chiarisca velocemente queste accuse».

Un’ingerenza indebita e inaccettabile, almeno per tre motivi. Il primo riguarda la giurisdizione, che è esclusivamente italiana per via del principio generale “locus commissi delicti” (art. 8 del codice di procedura penale). Il reato più grave (tentata strage quando la “capitana” ha schiacciato la motovedetta della nostra Guardia di Finanza), è quello che determina la competenza giurisdizionale in materia penale, che quindi è senza dubbio italiana.

Secondo aspetto è quello del presunto carattere umanitario con cui il ministro degli Esteri tedesco vorrebbe proteggere la sua connazionale. Non regge. Umanitario è semmai il tentativo di salvare le vite di persone che stanno annegando, non di violare tutte le leggi nazionali e del diritto internazionale per costruirsi l’immagine di eroina. La capitana ha violato le norme italiane in materia di sicurezza e tutte le convenzioni internazionali che, al di là di quanto ne dicano gli intellettuali sinistrati di casa nostra, impediscono a qualunque tipo di imbarcazione di violare le acque territoriali, senza il consenso dello Stato titolare del confine marittimo. Sul punto, la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare stabilisce che una qualsiasi imbarcazione battente bandiera straniera non può entrare in acque territoriali senza il consenso dello Stato che detiene la sovranità su quelle acque, altrimenti è atto ostile.

Il terzo aspetto è ancor più grave. Quando si oltrepassano i confini di uno Stato sovrano senza il suo consenso, tentando addirittura di abbattere un mezzo di navigazione militare, si può configurare addirittura un atto di guerra verso lo Stato. Dunque, quando il tedesco Maas giustifica il comandante della nave, intende giustificare anche un atto di guerra contro lo Stato italiano? Alla faccia di chi dice che la Ue garantisce la pace. Ma vi è di più. Il ministro si rivolge addirittura alla magistratura italiana, calpestando i nostri principi costituzionali di autonomia e indipendenza dell’ordine giudiziario (art. 104 della Costituzione). Ci manca solamente che un tedesco ci scriva pure le sentenze, dopo che già il suo Paese ci condiziona sul debito pubblico.

Ora il governo italiano convochi l’ambasciatore tedesco a Roma e chieda spiegazioni. In questa vicenda la grande assente è il nostro ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, che non ha pensato neppure un secondo a difendere la sovranità italiana.

Anonimo ha detto...

https://www.startmag.it/economia/vi-spiego-verita-e-bugie-sui-mini-bot-parla-borghi-lega/

Maria Guarini ha detto...

https://scenarieconomici.it/congiura-quasi-perfetta-per-trasformare-litalia-nel-campo-profughi-deuropa/

Maria Guarini ha detto...

http://www.marcelloveneziani.com/articoli/arriva-putin-e-alleuropa-manca-un-leader/