domenica 18 agosto 2019

Il segreto della crisi di governo è tra il Quirinale e gli usa.

Situazione per nulla rassicurante. Per lo meno da questa visuale evidentemente di sinistra.

“Subordinazione totale alle politiche europee dell’austerità, accelerazione del processo di deindustrializzazione, svendita degli asset strategici del paese. Una cura greca, cura si fa per dire; esattamente l’antitesi delle riforme di cui l’Italia avrebbe bisogno”. Così Giulio Sapelli, accademico di lungo corso ed economista di primo piano, boccia in un’intervista a Il Sussidiario l’ipotesi di un ribaltone che, in caso di interruzione dell’esperienza di governo di Giuseppe Conte targata Lega e Movimento Cinque Stelle, porti a un’alleanza tra i pentastellati e il Partito democratico. 
Sapelli non usa mezze parole per criticare un’ipotesi che a suo parere vincolerebbe il destino del Paese a un destino già scritto e alla “liquidazione totale del Paese”: la nuova coalizione di governo, infatti, ricalcherebbe l’asse con cui Pd e M5S hanno sostenuto l’elezione alla presidenza della Commissione europea di Ursula von der Leyen, paladina dell’austerità che, insieme a Christine Lagarde, sarà dall’autunno la donna simbolo del Vecchio continente.
Un punto di partenza per un’espansione dell’influenza franco-tedesca in Italia con Parigi che, secondo Sapelli, data la crisi industriale di Berlino, avrebbe il maggiore margine di manovra. In che è modo è facile intuirlo, stante la profonda penetrazione strategica della Francia nel nostro sistema economico e finanziario. Ma anche uno schiaffo alle ambizioni degli Stati Uniti, che Giuseppe Conte ha più volte indicato come alleati strategici fondamentali ma che Lega e Movimento Cinque Stelle, nella loro comune azione di governo, non hanno conquistato fino in fondo. E che non passerebbe inosservato agli occhi del Quirinale.

Per Sapelli Mattarella tutelerà i legami con gli Usa 

Lo svolgimento dell’insolita crisi di mezza estate che ha interrotto il sonnolento agosto italiano avrà il suo culmine quando la palla passerà a Sergio Mattarella. Vero decisore di ultima istanza in contesti in cui può esercitare la discrezione che la Costituzione, non codificando esplicitamente i poteri presidenziali, gli attribuisce. E che, secondo Sapelli, nonostante il suo forte afflato europeista, non potrà negare il suo aperto sostegno agli Stati Uniti. “Se Mattarella varasse un governo M5s-Pd, per la prima volta andrebbe contro i suoi legami di profonda amicizia verso gli Stati Uniti, la stessa che ha ispirato il suo dovere quando è stato ministro della Difesa (governi D’Alema II e Amato II, ndr). D’altra parte, consentendo la parlamentarizzazione della crisi e il patto M5s-Pd, darebbe vita a un governo contrario agli interessi americani attuali in Italia. E a mio modo di vedere, a quelli dell’Italia stessa”, sottolinea Sapelli.
In che punto gli interessi dell’Italia e degli Usa coinciderebbero, secondo Sapelli? In primo luogo, nel contenimento dell’ideologia dell’austerità; in secondo luogo, nel rafforzamento dei legami transatlantici; infine, nella messa in discussione del memorandum siglato a marzo con la Cina di Xi Jinping. Il ritorno alle urne, che spianerebbe la strada a un governo di centrodestra a trazione leghista, potrebbe risolvere questa contraddizione, sebbene sulle credenziali atlantiche del Carroccio gli Stati Uniti nutrano ancora diverse perplessità.

L’opinione di Pelanda: Mattarella pro-Francia? 

Di diverso avviso un altro analista di spessore, Carlo Pelanda, che parlando con StartMag,ha affermato che, a suo parere, le simpatie di Mattarella sono attualmente più orientate verso l’integrazione europea e, in particolare, la Francia: “L’Italia governata dalla destra non ha la possibilità di allearsi con gli altri europei che contano, in particolare Francia e Germania. Pertanto, deve accordarsi con l’America facendo uno scambio su punti molto concreticome gli F-35, la stazione d’ascolto globale Muos in Sicilia e, soprattutto, una posizione d’interferenza dell’Italia contro il tentativo di creare in Europa una difesa post-Nato. L’Italia diventerebbe dunque il grimaldello statunitense per evitare il distacco totale tra Europa e Usa. Se l’Italia vuole evitare l’autoannessione all’impero franco-tedesco, deve fare per forza questo scambio con l’America. È una sfida anche interna perché in Italia esiste una maggioranza auto-annnessionista fondata dalle élite politiche residue e, soprattutto, dal Quirinale”. 

L’asimmetria e le questioni globali 

Quel che è certo è che proprio nelle stanze del colle più alto della Repubblica si giocherà la partita cruciale. E che le crisi in grado di investire il ruolo internazionale dell’Italia abbiano proprio nel Quirinale l’arbitro più importante. Merito della percepita continuità del potere presidenziale, del suo ruolo di vero e proprio “Stato profondo“, della percepita caducità delle élite partitiche. Ma soprattutto dell’asimmetria tra i poteri informali del Capo dello Stato e quelli, codificati e bilanciati, delle altre istituzioni, che fa del presidente il vero rappresentante dell’Italia rispetto al mondo e, in certi casi, del mondo rispetto all’Italia.
Il silenzio di Mattarella è valso come assenso nel momento in cui il governo Conte ha firmato il memorandum con la Cina; la sua discesa in campo ha ammonito sulla sua preferenza per la fedeltà atlantica in casi come la discussione sul braccio di ferro Maduro-Guaidò in Venezuela o sul suo sostegno alla continuità europeista nell’affaire Savona del maggio 2018. Declinare da questi casi un orientamento netto e una preferenza univoca, come fanno Pelanda e  Sapelli, può risultare fuorviante. Quel che è certo è che le conseguenze internazionali della crisi italiana saranno frutto delle azioni di Mattarella e, dunque, conseguenza delle sue percepite priorità. Elaborate nei centri di definizione informali, ma decisivi, della nostra politica di lungo periodo. (Andrea Muratore - Fonte)

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