Ma quali sono le guide istituzionali, spirituali, morali, civili e intellettuali dell’Italia di oggi? Quali sono i modelli positivi, gli esempi, le figure al di sopra delle parti in grado di rappresentare solidi punti di riferimento per gli italiani? È una domanda che cade nel nulla e nel vuoto, e non è affatto una cosa secondaria, irrilevante, perché l’assenza di guide spiega e rispecchia l’assenza d’Italia su tutti i piani. E non sto facendo paragoni col mondo antico, coi classici e i grandi del passato, mi limito alla più modesta storia dell’Italia repubblicana.
Chi rappresenta oggi l’Italia nel mondo, qual è la figura istituzionale o morale che ha l’autorevolezza di farsi riconoscere e rispettare nel mondo, qualcuno che sia il simbolo del nostro paese, della sua millenaria civiltà? Nessuno, mi pare.
Per cominciare da un ambito extraterritoriale, partendo dall’alto anzi dall’Altissimo, da svariati decenni l’Italia non esprime un Papa, come è stato invece per millenni; l’ultimo Papa italiano fu una meteora scomparsa misteriosamente dopo poche settimane, quarantadue anni fa, Albino Luciani. Da allora solo stranieri, e ora extraeuropei. E non ci sono santi in Italia, dopo Padre Pio. Dov’è il popolo di santi, poeti, eroi, navigatori?
Ma non abbiamo nemmeno un Papa laico, come i tanti che abbiamo avuto nel Novecento, da Benedetto Croce a Giovanni Gentile ad Antonio Gramsci. Sul piano culturale non vi sono stati più intellettuali di forte influenza civile dopo Pierpaolo Pasolini o Leonardo Sciascia, o anche Norberto Bobbio; o altri maitre a penser in ambiti più ristretti.
Da decenni le nuove generazioni non hanno maestri. Solo campioni di parte, palloni gonfiati, autori momentanei di cassetta o gladiatori da video; ma niente più, nulla di più alto, sovrastante e duraturo. Chi si distingue o meriterebbe forse qualche attenzione non viene riconosciuto come figura di riferimento.
Non s’intravedono padri della patria, figure super partes, punti di riferimento nazionali, leadership morali riconosciute. Anche i Capi dello Stato da troppi anni sono divisivi più che unitari o sono figure sbiadite, marginali, parrucconi e custodi del birignao istituzionale, dei formalismi e delle ovvietà.
Sono lontani anche i tempi in cui i magistrati e gli uomini delle istituzioni assurgevano al ruolo di esempi, se non di eroi: i tempi di Falcone e Borsellino, per intenderci, o del generale Dalla Chiesa. Oggi i magistrati, dopo il purgatorio di Mani pulite e le infelici esperienze di taluni togati in politica, sono sprofondati nel giudizio pubblico: considerati troppo ideologizzati, troppo politicizzati, di parte, malati di protagonismo, indulgenti più verso chi commette i crimini che verso le forze dell’ordine, inclini ad abusare del loro potere e delle loro prerogative. Molto Casta, poco Garanti. Le loro sentenze, anche quelle che hanno ricadute sulla vita pubblica e privata, civile e famigliare, suscitano più indignazione che approvazione. Anche le corti supreme, i consessi superiori sono ormai percepiti come di parte, pedine di un gioco politico, non garanti ma lottizzati e partigiani.
Per indicare figure simboliche di riferimento unitario dobbiamo cercarle nello spazio, tra gli astronauti, come Samantha Cristoforetti o Luca Parmitano, vaghe stelle dell’orsa, e in ambito intellettuale astrofisici come Carlo Rovelli e Guido Tonelli. Ma si tratta di sfere così remote dal vivere quotidiano sulla terra, da costituire punti di fuga cosmica, stelle remote.
Tornando con i piedi per terra, anche nel regno della stampa, alla morte del Principe, Indro Montanelli, non è subentrato nessuno sul trono. Sede vacante, più tante parrocchiette. Ma la disamina si fa perfino più sconsolante se si allarga ad altri ambiti artistici dove si raschia il fondo, si cercano surrettizie genialità di passaggio o si rimestano figure del passato. C’è qualcuno che abbia preso il posto regale, per citare il teatro e l’opera, di Giorgio Albertazzi, di Carmelo Bene, di Luciano Pavarotti? Resiste nell’ambito musicale la reputazione per il direttore d’orchestra Riccardo Muti, rara avis con spiccato senso della cultura nazionale.
Sparirono pure le dinastie, non solo regali ma anche industriali, come gli Agnelli e tante altre dinastie industriali, i cui marchi e imperi sono finiti all’estero o sono sfumati. Il ricorso a figure tratte dall’economia, di tecnici e gran commis di stato, è tramontato: l’unica figura che resiste è Mario Draghi ma è usata più come alibi tattico che come reale prospettiva; non viene percepito come super partes quanto extra partes, anzi extraterritoriale, una specie di papa straniero, riferito all’establishment euro-globale.
E dire che a questo paese anche nella decadenza non erano mai mancate eccellenze individuali, figure singole di spicco. Ora invece appare un paese decapitato, senza leadership né maestri, a parte i tribuni politici del momento, con le loro veloci parabole, e le antipatie che suscitano, fino all’odio, o le simpatie, i consensi e i followers che raccolgono. Brevi entusiasmi e acute insofferenze.
Non è un caso se sui giornali e nei telegiornali crescono a vista d’occhio necrologi e anniversari di leader storici e personaggi trapassati; io stesso mi sono scoperto a scrivere una lunga fila di rievocazioni di leader del passato, per carenza di figure rilevanti nel presente.
Può vivere a lungo un paese senza guide morali e spirituali, senza riferimenti alti, senza maestri, padri della patria, figure super partes, neanche nella magistratura, nelle sedi più rappresentative dello Stato, nell’episcopato e nella cultura? Quando vediamo la decadenza del nostro paese, siamo soliti riferirci al declino demografico, anagrafico e sociale del popolo italiano. Ancora una volta il pesce puzza dalla testa.
Marcello Veneziani, La Verità 25 gennaio 2020
Marcello Veneziani, La Verità 25 gennaio 2020
5 commenti:
http://www.imolaoggi.it/2019/09/25/italia-jungla-infernale-mafie-piu-sanguinarie-del-mondo/
Dottor Giuseppe e Mister Conte si palesano nuovamente in occasione del post-voto in Emilia Romagna. C'è da commentare la vittoria di Stefano Bonaccini e il premier Giuseppe Conte indossa la maschera giallorossa, sputando nel piatto in cui ha mangiato fino alla scorsa estate. Questo Conte è lo stesso uomo che era stato suggerito dal Movimento 5 Stelle e condivideva l'operazione porti chiusi dell'allora ministro degli Interni. Il "dettaglio" non è sfuggito a Nicola Porro, che ha lanciato una frecciatina al presidente del Consiglio con un tweet: "Va bene tutto ma Conte scandalizzato dai modi e dai citofoni di Matteo Salvini è il Conte che lo appoggiava agli Interni e soprattutto eletto grazie agli insulti e i vaffa ignobili di Beppe Grillo?". Una considerazione che non fa una piega sulle due facce del premier, capace di governare il lunedì con la Lega e il martedì con Pd e LeU. Da uomo dalla coerenza incrollabile, Conte ha anche già cambiato idea sul valore del voto: prima non aveva valenza nazionale, ora si tratta di un referendum su Salvini.
Ospite a Otto e Mezzo di Lilli Gruber, su La7 nel lunedì post-regionali, ecco il premier, Giuseppe Conte, baldanzoso e un poco tracotante, forte del fatto che la sua poltrona, per ora, regge. Niente spallata dall'Emilia Romagna, insomma. Peccato però che poi ci sia da parlare anche di contenuti, dell'azione di governo. E su quello, il presunto avvocato del popolo, desta parecchie perplessità. E tra i perplessi si schiera Annalisa Chirico, la quale picchia duro su Twitter contro il presidente del Consiglio: "Su La7 l'inconsistenza del premier Conte che si atteggia a leader (di cosa?), non prende una posizione, non si sbilancia sui provvedimenti (essendo alla mercé dei suoi alleati) e ravvisa un fantomatico crollo della Lega. L’avvocato del popolo senza popolo, e senza la faccia", conclude la Chirico in un pesantissimo tweet che non ha bisogno di particolari esegesi.
http://www.affaritaliani.it/politica/emilia-analisi-flussi-motivi-sconfitta-perche-salvini-lega-hanno-perso-649387.html
http://www.atlanticoquotidiano.it/quotidiano/insulti-e-disinformatia-da-orvieto-a-bologna-la-vera-macchina-del-fango-e-della-sinistra/
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