martedì 6 luglio 2021

Il Grillo e la cicala - Marcello Veneziani

L’unica cosa che finora siamo riusciti a dire nella contesa tra EgoConte ed EgoGrillo è che hanno pienamente ragione tutti e due nel giudizio (pessimo) che uno ha dell’altro. Ma prima che il Grillo canti, ovvero prima che avvenga la conta dei parricidi o degli infanticidi, o la sospensione del conflitto, è possibile rintracciare una linea politica che distingua le due posizioni? Il lato prevalente, schiacciante di questa contesa, si sa, è la volontà di dominio di ambedue, la lotta tra un Megalomane e un Mitomane, due narcisisti patologici. Solo che uno lo fa di mestiere, facendo l’Istrione e il Buffone; l’altro invece di mestiere farebbe il Professore, l’Avvocato. E poi, uno quel movimento l’ha davvero fondato, l’altro ci è arrivato a cose fatte, già da presidente del consiglio, quando quel movimento era già il primo nel paese e andava al governo.

L’unica differenza politica che si nota tra i due, a parte i maldipancia affini e diversi sul governo Draghi, è che Conte è inginocchiato al Pd, organico e prono al centro-sinistra, mentre Grillo va per conto suo, a corrente alternata, a volte con, a volte senza. È questa la ragione del migliore trattamento mediatico nei confronti dell’Imbucato dauno.

Nel delirio di onnipotenza di ambedue ravviso una residua ragione “ideale” nel Fondatore, che almeno un’Idea ce l’ha avuta, almeno agli inizi, che lui chiama Visione; ha dato voce a una rabbia diffusa, ha dato passione a un sentimento di odio e antipolitica, ha inventato dal nulla un movimento che non si è molto discostato dall’origine (cioè dal nulla) ma ha preso un sacco di voti; si è inventato un profilo di democrazia diretta con autocrate in veste di Ayatollah, ha cavalcato un eco-populismo radicale e assistenziale, di egualitarismo cinese-giacobino: uno vale uno, ma nessuno vale il suo Uno; si diventa ministri e sindaci a caso, anche se più confacente sarebbe un’espressione simile.

Insomma, Grillo è lo spirito delle origini, il senso genuino del movimento, l’istinto e l’astio, il sentimento e il risentimento che lo ha generato. Senza quella “motivazione” i grillini sono solo pura nullità; solo una collezione di casi personali, di nullità in carriera che si appoggiano al primo palo che trovano, il Pd. Poi, magari fanno anche la pipì sul palo, ma è per marcare il territorio e lasciare una traccia del loro passaggio.

A questa seconda versione dei grillini in carriera, Giuseppe Conte dà un nome, un titolo, un programma e una nota di finta professionalità e addirittura “un progetto politico”. Passare dal rumore grillino al nulla con pochette, dalla Grande Trasformazione al Piccolo Trasformismo, farsi l’ala “movimentista” del Pd, per apparire ora più a sinistra ora più a destra dei dem; europeisti ma anti-draghisti, progressisti ma democristiani, totalmente inginocchiati al politically correct in versione arrampicata personale. Primum campare. Dopo il grillismo, monarchico e plebiscitario, arriva il contismo, monoporzione e multiuso, dove il collante è Il Fatto Personale. Questo i giornaloni lo traducono con espressioni lusinghiere: realismo, ragionevolezza, moderazione, capacità di coalizione (leggi: dar man forte al centro-sinistra); si tratta di un puro convergere di ambizioni personali in un contenitore senza contenuto, però riempito di volta in volta con liquidi o liquami di passaggio, e dunque fluido, ondeggiante.

Per certi versi, l’opposizione tra Conte e Grillo drammatizza e ingigantisce la contesa tra Movimento e Istituzione già figurata dai dioscuri Dibba e Di Maio. Ma stavolta non si tratta di due cuori in una capanna, ma di due capanne senza cuori, ormai incompatibili.

I 5Stelle sono stati un’altra piaga biblica mandata a questo Paese per distruggerlo, non so se la peggiore o la finale, certo la più ridicola e patetica, un colpo di grazia e forse di disgrazia; ma lo scontro tra i due egocrati è in fondo un fatto positivo, perché comunque dimezza e disperde il potenziale numerico già ridotto dei grillini.

Ma non sappiamo come andrà a finire, non lo sanno nemmeno loro, ed è prematuro azzardare pronostici.

Diciamo che nella contesa gioca a favore di Grillo il residuo carisma del Fondatore, uno straccio di identità e forse di dignità nello spirito delle origini. Mentre pesa in favore di Conte la bella immagine che ne danno i media, favorevoli a uno sgabello rococò per il Pd; l’apparenza di statista che si è dato con la sua supercazzola continua del suo faticoso periodare senza dire nulla; a suo favore rispetto a Grillo è poi l’anagrafe e soprattutto la convinzione di avere con lui più spazi in carriera, più sostegni e più possibilità di sopravvivere a livello personale.

Sappiamo poi che la vicenda giudiziaria di casa Grillo stranamente segue l’altalena delle esternazioni di Beppe a favore dell’alleanza col Pd. Pura coincidenza, naturalmente, ma le cose si mettono bene quando Grillo sostiene di allearsi con la sinistra, si mettono male appena si vuole liberare da ogni patto stabile con loro. Diciamo che la sinistra gli porta fortuna o sfortuna, a seconda dei casi.

Devo per amor di verità, una confessione: mi è capitato negli anni di criticare anche aspramente tanti leader politici, non solo di sinistra; ma non mi è mai capitato di avvertire una totale percezione di impostura, vacuità e malafede in un politico, come nel caso di Conte. Peggio dei grillini ci sono solo i grillini in malafede, come lui.

Fedro racconterebbe la loro favola come il Grillo e la Cicala, ove il Grillo sta per Beppe e la Cicala sta per Conte col suo infinito cicalare, monotono e vacuo, sul nulla, del nulla. Fino a che non scoppia, aggiunge perfido il Grillo Padrone.
Marcello Veneziani, La Verità (4 luglio 2021)

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