venerdì 8 febbraio 2013

Quid opus est gentibus Europae? Paucis sed optimis hominibus

Agostino - Ars docendi
Pubblico il testo più recente della rubrica in latino curata ogni martedì su “Avvenire” da p. Roberto Spataro osb, primo segretario della neocostituita Pontificia Academia Latinitatis, col Motu proprio Latina Lingua del 10 novembre 2012.
Il giovane salesiano infatti ogni martedì affronta nella lingua dei padri temi di attualità e non. Il suo stile è semplice (come lo è sempre stato quello del latino ecclesiastico), agevole anche per i non studiosi di professione, e aiuta a veicolare il messaggio, che risulta quindi di facile comprensione.
Di seguito un'interessante intervista che riprendo dal Blog Messa in Latino

Acerbissimas difficultates nostris temporibus Europaeas gentes pati liquide patet. Res oeconomicae funditus excutiuntur, civiles institutiones minus aptae esse videntur, insignis cultus humanitatis qui quodam tempore magnam fecit Europam oblivione obruitur, magistratus modo strepitantes modo tacentes quid agendum sit semper ambiguunt. Quo in discrimine versantes homines, magnis curis vexati, taetro afficiuntur angore.

Nihilominus spes fore ut res in melius vertant ab animis eripi nec potest nec debet quoadusque viri mulieres sint, quamquam perpauci, qui operam suam iugiter navent ut, quisque in sua provincia actionis, novam rationem aedificandae societatis ordinent atque redigant. Sunt pauci sed optimi homines quibus cordi est libertatem componendam esse cum veritate.
Qui inspirati a variis vel religiosis vel culturalibus opinionibus ad inviolabilem humanam dignitatem tuendam ad aequam iustitiam faciendam ad firmam pacem potiendam operantur.
Utinam stabile foedus sanciatur inter eiusmodi homines! Qui enim idonei habentur ad illum inaestimabilem thesaurum rursum accipiendum quem populi Europaei saeculis exactis auxerunt addiderunt cumulaverunt coniungentes concinne triplicem hereditatem receptam a Graecorum philosophia, a Christianorum praeceptis, a Romanorum iure. Quae autem hereditas accommodanda est nostrae aetatis adiunctis et postulationibus.

Hoc igitur nobis exoptandum est ut hae “minoritates creativae” quodammodo renovent opus quod praeclari homines patrarunt post atrocissimum alterum bellum saeculo elapso toto orbe terrarum confectum. Qui, maceriis materialibus moralibus iam tunc congestis, inter gentes Europaeas tam novum pepigerunt foedus ut Europam unitam condiderint, moti tantum nobilissimis rebus propositis quae procul dubio nunc restauranda esse videntur.

Ideoque Europae nostrae aetatis opus est quoque, quin potissimum, viris mulieribus qui, sua vitae  sanctitate, in animis spem reducant.
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Sursum corda, il latino torna in vita
di Roberto Carnero, da Famiglia Cristiana del 07.12.2012

Per non disperdere il ricco patrimonio teologico e culturale che nella storia si è espresso nella lingua di Cicerone, il Papa ha istituito la Pontificia Accademia di Latinità.
Don Roberto Spataro: «Nessun contrasto con il Vaticano II»

Don Roberto Spataro, salesiano, insegna Letteratura cristiana antica greca presso la Facoltà di Lettere cristiane e classiche dell’Università Pontificia Salesiana. È stato nominato segretario dell’Accademia Pontificia “Latinitatis”. Ogni settimana scrive in latino di argomenti di attualità per i lettori del quotidiano “Avvenire”.

- Professor Spataro, da dove nasce l’idea, da parte del Santo Padre, di istituire una Pontificia Accademia di Latinità? E con quali obiettivi?
“Anzitutto, promuovere la conoscenza della lingua latina all’interno della Chiesa, soprattutto tra i sacerdoti, perché siano in grado di accedere alle fonti della teologia, della liturgia, del diritto, dell’agiografia, in una sola parola a quel ricchissimo patrimonio di fede e di scienza che è stato espresso in latino. In secondo luogo, il Papa auspica il recupero dell’humanitas, quell’armonioso concerto di valori etici e spirituali elaborato nei secoli, dal mondo antico fino all’epoca umanistica, frutto della ragione e della fede in dialogo tra loro, che storicamente è stato forgiato e comunicato in latino”.

- Come possiamo spiegare che la promozione del recupero del latino nella vita ecclesiale non è in contrasto con il rinnovamento liturgico voluto dal Concilio Vaticano II?
“La riforma liturgica non ha voluto abolire il latino: lo afferma la costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium. Pensiamo alla nobiltà del canto gregoriano che rende la liturgia carica di bellezza nell’elevare l’anima a Dio. La lettera Redemptionis Sacramentum auspica che nelle liturgie internazionali fedeli e sacerdoti possano usare per le parti ordinarie della Messa una lingua comune, il latino”.

- Parlando più in generale del latino oggi, in quali Paesi del mondo lo studio della lingua di Cicerone è più diffuso?
“In Cina è attivissima un’organizzazione interuniversitaria, Latinitas sinica. Segnali interessanti vengono dagli Stati Uniti. In Germania sono numerosi i giovani che scelgono lo studio del latino”.

- Che cosa c’è di insostituibile nello studio del latino, rispetto a quello di una lingua moderna?
“Il latino, non essendo soggetto ai mutamenti di una lingua moderna, può esprimere il pensiero in quegli ambiti della comunicazione dove non si ammettono ambiguità, per esempio la teologia dogmatica. Il latino è una lingua sobria che generalmente usa un numero minore di parole rispetto alle lingue moderne e così semplifica i processi interpretativi. È una lingua sovranazionale che non veicola la cultura nazionale di un particolare idioma. In tal senso, è una lingua più democratica. Infine, direi che il latino è una lingua bella: come non ammirare il periodare di Seneca che ci invita a meditare con le sue frasi brevi ed incalzanti o lo scavo psicologico di Agostino operato dalle figure retoriche? E che cosa dire della poesia latina, un canto che in versi metricamente sonori narra i miti che racchiudono i significati dell’esistenza umana?”.

- E in Italia secondo lei lo studio del latino è sufficientemente promosso?
“L’Italia è, per ragioni geografiche e storiche, la patria del latino. Ancora oggi, eccellenti studiosi, pregevoli istituzioni, pubblicazioni di elevato livello corrispondono a questa vocazione dell’Italia. Il liceo classico italiano ha ancora un impianto umanistico di tutto rispetto. Auspicherei, però, una maggiore diffusione del cosiddetto ‘metodo-natura’ nelle scuole italiane, che, se praticato con serietà, dà ottimi risultati: gli studenti apprendono il latino in modo da leggere con gusto, senza l’affanno del vocabolario, gli autori latini per coglierne il messaggio in lingua originale, senza ricorrere alle traduzioni altrui. In questo senso, l’esperienza dell’Accademia Vivarium Novum a Roma è esemplare”.

- Ultima domanda: lei scrive ogni settimana in latino per i lettori di “Avvenire”. Qual è lo scopo della sua rubrica?
“Il latino è una lingua in cui si può scrivere per comunicare delle riflessioni sulla vita. Infatti, la letteratura neolatina ha prodotto capolavori fino al secolo scorso, basti pensare a Pascoli. Anche oggi non mancano coloro che scrivono e parlano in latino, anche alla radio. I lettori hanno manifestato benevolo apprezzamento per l’iniziativa”.

1 commento:

dal Web ha detto...

"- Come possiamo spiegare che la promozione del recupero del latino nella vita ecclesiale non è in contrasto con il rinnovamento liturgico voluto dal Concilio Vaticano II? "
Una domanda che spira intelligenza da ogni lettera.

Non vorrei che FC sposasse la linea: "...non possiamo più tirare stallàtico sul latino? Allora releghiamolo a elemento culturale, come il canto gregoriano riesumato nei (pesantissimi) concerti di formazioni specialistiche che s'arrovellano sulla filologia e la semiologia. Non possiamo dire che fa schifo? Ok, diciamo che è bello il latino, bello il gregoriano, belle le suppellettili e i paramenti! Ecco, detto questo chiudiamo il tutto nelle teche dei musei così tutti capiranno che è roba del passato...".