Sono rispettivamente i casi dello spygate, già noto come la bufala del Russiagate, e le email di Hillary Clinton che l’ex segretario di Stato ai tempi del suo mandato sotto l’amministrazione Obama ha ospitato sul suo server privato.
Successivamente la Clinton cancellò dal suo computer personale ben 33mila email che contenevano informazioni vitali per la sicurezza nazionale, in quella che è stata una violazione clamorosa delle leggi federali americane.
Ora Trump ha fatto capire chiaramente che non c’è più tempo e che è giunto il momento di fare luce su questi scandali e di portare a processo i responsabili.
Il giorno dopo il suo tweet, il presidente degli Stati Uniti in una conversazione telefonica con Maria Bartiromo, giornalista di Fox News, ha mandato un chiaro segnale agli uomini della sua amministrazione.
Il primo ad essere chiamato in causa da Trump è stato il procuratore generale, William Barr, che sta coordinando le indagini sullo spygate affidate al procuratore Durham.
Sono ormai circa due anni che procede l’inchiesta per fare luce sul piano per sabotare la campagna elettorale di Trump nel 2016 prima, e successivamente per tentare di mettere fine alla sua presidenza attraverso la falsa accusa di essere una sorta di agente del Cremlino.
La stessa commissione Mueller istituita dall’ex viceministro della Giustizia USA, Rod Rosenstein, ha stabilito che non c’è mai stata alcuna prova a sostegno della tesi che voleva Trump come un uomo telecomandato dall’amministrazione di Putin.
Ora è giunto il momento di fare giustizia, ha fatto capire chiaramente il presidente, e di consegnare alla giustizia i responsabili che hanno ordito un vero e proprio golpe.
“Se Bill Barr non rinvia a giudizio queste persone per questi crimini, il più grande crimine politico della storia della storia del nostro Paese, allora avremo poche soddisfazioni, se io non vinco. Perché non lo dimenticherò. Ma queste persone dovrebbero essere mandate a processo” continua Trump che ribadisce che lo spygate è stato il più grande crimine politico della storia d’America. Il presidente poi ha chiesto esplicitamente di mandare alla sbarra Obama e Biden “che hanno spiato la mia campagna, e abbiamo tutto per poterlo fare.”
Lo spygate: il golpe orchestrato tra USA e Italia contro Trump
Lo spygate è la l’intricata vicenda, di cui si è già parlato in diversi contribuiti, di spionaggio internazionale che vede coinvolta una rete eversiva che si intreccia tra Washington, Roma e Londra.
Sostanzialmente si è trattato di un tentativo orchestrato dalle agenzie di intelligence americane, l’FBI su tutte, e uomini vicini a Hillary Clinton di accusare Trump di collusione con la Russia.
Roma ha avuto un ruolo cruciale in questa storia, perché a marzo del 2016 George Papadopoulos, allora consigliere della campagna di Trump, si recò nella capitale per partecipare ad un evento della Link Campus presieduta da Vincenzo Scotti.
In quell’occasione, Papadopoulos incontrò l’enigmatico professore maltese dell’ateneo in questione, Joseph Mifsud, definitosi lui stesso un clintoniano, che prospettò al consulente americano la possibilità di avere del materiale compromettente su Hillary Clinton ricevuto direttamente dal Cremlino.
In realtà, Mifsud non aveva nulla da offrire sulla Clinton. Il suo scopo era solo tendere una trappola a Papadopoulos per poter associare in qualche modo Trump ai russi.
Il tranello poi funzionò perché successivamente Papadopoulos rivelò incautamente ad un diplomatico australiano di stanza a Londra, Joseph Downer vicino ai Clinton, di avere la possibilità di ricevere del materiale scottante sull’ex segretario di Stato americano.
Downer passò l’informazione all’FBI che aprì un’inchiesta formale nota come “Crossfire Hurricane.” Così è nato lo spygate, e le agenzie investigative americane hanno avuto l’occasione che cercavano per poter spiare illegalmente Donald Trump.
Nel frattempo, il misterioso personaggio di Mifsud da allora è sparito nel nulla, e secondo alcuni si troverebbe nascosto in Italia protetto da apparati degli stessi servizi italiani coinvolti nello scandalo.
Le prove del complotto contro Trump
Sempre a proposito di questo intrigo internazionale, la settimana scorsa è uscito un documento clamoroso che conferma, ancora una volta, il tentativo di incastrare Donald Trump.
L’allora direttore della CIA, Joseph Brennan, scrisse delle note a mano che riportavano di un suo incontro con l’allora presidente Obama nel settembre del 2016.
In quell’occasione, Brennan disse chiaramente al presidente che c’era in corso un piano orchestrato dalla stessa Hillary Clinton per “screditare Donald Trump gonfiando uno scandalo basato sull’interferenza dei servizi segreti russi.”
Donald Trump pochi giorni prima della sua intervista a Fox News aveva mostrato apertamente la sua indignazione riguardo a questo documento che dimostra senza ombra di dubbio come l’amministrazione Obama fosse informata sin dal principio dei piani per compromettere Trump, e non solo non aveva mostrato alcuna opposizione a queste manovre illegali, ma piuttosto aveva dato il suo assenso e decisivo sostegno.
Trump nel suo tweet si è chiesto, non a torto, “dove sono gli arresti” degli uomini che ai massimi vertici dello Stato hanno tramato contro di lui.
Ed è quello che si stanno chiedendo in molti anche da quest’altra parte dell’Atlantico, perché lo spygate è uno scandalo così grosso e vasto che non solo può dare un colpo definitivo alla palude del deep state americano, ma potrebbe trascinare a fondo anche l’establishment politico italiano che si è prestato al piano contro Donald Trump.
Roma infatti è coinvolta fino al collo, perché mentre Brennan informava Obama del tentativo di far fuori Trump in questo modo, in Italia i servizi segreti italiani mettevano nel mirino l’ingegnere Giulio Occhionero vicino ad ambienti repubblicani americani, per cercare di piazzare sui server della sua società negli USA, la Westlands Security, le email della Clinton nel successivo tentativo, secondo Occhionero, di accusare Trump di avere un qualche rapporto con questa società.
I servizi segreti italiani, allora sotto la diretta responsabilità di Renzi prima e di Gentiloni poi, avrebbero avuto così un ruolo decisivo nel complotto contro Trump.
Da tempo, si sta aspettando che lo spygate finalmente esploda con tutta la sua forza e assesti un colpo definitivo ai grandi poteri mondialisti che hanno tentato di impedire a Trump di mettere piede nella Casa Bianca e di accusarlo di tradimento successivamente in base a delle accuse completamente false.
Trump nella conversazione con Fox News ha fatto capire chiaramente che il deep state sta facendo di tutto per impedire che questo enorme scandalo venga alla luce.
In particolare, ha lanciato un vero e proprio ultimatum a Bill Barr quando ha detto che “sarà ricordato come il più grande procuratore generale della storia del Paese, oppure sarà ricordato come colui che si troverà in una situazione molto triste.”
Il messaggio sembra essere chiaro. Se si continua con i tentennamenti, e non si procede quanto prima agli arresti, Barr potrebbe lasciare presto la posizione che attualmente ricopre da ministro della Giustizia.
La potenza di questa inchiesta è tale che potrebbe portare a processo per la prima volta nella storia degli Stati Uniti d’America un ex presidente, Barack Obama, e il suo vicepresidente e attuale candidato democratico per la presidenza, Joe Biden, per aver tentato di rovesciare le elezioni americane.
La cabina di regia di questo colpo di Stato internazionale è stata la Casa Bianca dove Obama si trovava nell’ultimo anno del suo mandato presidenziale.
La presunta ingerenza russa non è stata altro che una campagna di menzogne fondate su falsi dossier pubblicati e divulgati per anni dai media internazionali, e poi puntualmente rivelatasi delle patacche piene di fango.
È il caso del famigerato dossier Steele, preparato da un ex agente dei servizi britannici, secondo il quale Trump era ricattato dal Cremlino che avrebbe avuto informazioni compromettenti su di lui.
Il dossier si rivelò un falso clamoroso e si scoprì che Steele in realtà era stato retribuito dalla stessa campagna della Clinton per screditare Donald Trump.
Fu proprio Hillary Clinton, come dimostra il documento declassificato di Brennan, ad aver avuto un ruolo cruciale sin dall’inizio di questa vicenda.
La Clinton, come spiega lo stesso Brennan, doveva creare un falso scandalo per poter distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica “dal suo utilizzo di un server di email privato.”
L’altro grande vero scandalo è proprio questo.
Hillary Clinton ha maneggiato informazioni sensibili per la sicurezza dell’America in maniera illecita e poi per rimuovere le tracce di questo comportamento illegale, ha cancellato tutto. Ed è questo che Trump vuole portare all’attenzione del pubblico americano.
L’altro bersaglio da lui colpito nel corso della sua intervista a Fox News è stato Mike Pompeo, segretario di Stato USA, perché giudicato responsabile di non essere stato in grado “di far uscire fuori le email”, circostanza definita da Trump “molto triste.” Il presidente ha voluto aggiungere che non è “affatto soddisfatto di Pompeo per questa ragione.”
L’indomani il segretario di Stato americano ha prontamente rassicurato che le email verranno fuori, ma l’aspetto più rilevante in questi ultimi fondamentali sviluppi è come la pazienza di Trump nei confronti degli uomini della sua amministrazione, che non stanno facendo quanto avrebbero dovuto già fare da tempo, sia praticamente giunta al limite.
In passato, c’erano state già delle frizioni tra Barr e Trump sui ritardi dello spygate, così come ci furono con lo stesso Pompeo, un neocon molto vicino alla lobby militare del Pentagono, che voleva spingere il presidente americano ad un attacco contro l’Iran.
Trump deve colpire il deep state prima che il deep state colpisca lui
Non sorprende comunque il fatto che Trump non voglia più aspettare ulteriormente. Semplicemente non ha altra scelta.
Se non procede ora con gli arresti degli uomini del deep state, il deep state dopo le elezioni del 3 novembre lancerà l’attacco nei suoi confronti.
Da tempo, a Washington, gli ambienti militari vicini alla lobby sionista dei neocon, hanno parlato apertamente della necessità di un golpe militare per rimuovere Trump in caso di una sua rielezione.
Questa elezione è troppo importante per i destini del mondo ed è troppo importante per il mondialismo perché senza l’America dalla sua parte non ci sono possibilità di arrivare al compimento del Nuovo Ordine Mondiale.
L’operazione terroristica del coronavirus è stata concepita per aprire quella crisi di massime proporzioni aspirata da David Rockefeller già nel 1994, tale da portare il mondo verso il nuovo totalitarismo globale.
Se Trump resta dove si trova per altri quattro anni, quella crisi potrebbe chiudersi con un esito diverso da quello desiderato dalla cabala mondialista.
Trump ha infatti già iniziato a smontare la paura alimentata dal sistema e lo ha fatto dimostrando che attraverso il suo contagio, il virus non è invincibile.
Si può recuperare con dei farmaci che verranno messi a disposizione gratuitamente, e che non contengono cellule staminali umane né tantomeno tessuti fetali abortiti come aveva falsamente scritto la stampa internazionale, subito ripresa da quella italiana.
In questo modo, Trump ha anche ridotto l’inesistente imprescindibilità del vaccino, mettendo in risalto piuttosto la disponibilità di una cura che potesse spegnere una volta per tutte l’isterica corsa all’immunizzazione di massa, che in realtà nasconde un obiettivo ancora più grande, ovvero quello del controllo della popolazione mondiale attraverso ID2020, un’iniziativa finanziata da Rockefeller e da Bill Gates per sottoporre tutti all’innesto di un microchip sottocutaneo.
Adesso dunque viene la parte più difficile.
Ora è giunto il momento di colpire al cuore il deep state e mettere fine una volta per tutte allo spauracchio del virus.
La scorsa domenica, Trump è tornato di nuovo sull’argomento dello spygate e ha detto chiaramente che stanno per essere pubblicati documenti esplosivi tali da “togliere il fiato“.
Lo spygate potrebbe essere l’innesco per far saltare il sistema.
Se Trump andrà fino in fondo in questa storia, l’Italia sarà inevitabilmente coinvolta.
Se Gentiloni e Renzi dovessero essere rinviati a giudizio negli Stati Uniti, gli effetti dell’onda d’urto sarebbero così devastanti da travolgere l’intera corrotta classe dirigente del Paese da tempo asservita alle grandi lobby del globalismo e della massoneria.
Sarebbe una sorta di riedizione della vecchia Tangentopoli del 1992, con la sostanziale differenza di fondo che quelle inchieste furono il risultato di un golpe giudiziario orchestrato da ambienti del deep state di Washington per togliere di mezzo una classe dirigente potenzialmente d’intralcio per i piani del mondialismo, mentre questa Tangentopoli servirebbe per ripulire il Paese dalla palude di partiti nelle mani del potere globalista che da decenni infesta la politica italiana.
Se Trump dunque preme il bottone dello spygate, non fa saltare solo il deep state a Washington, ma lo fa saltare anche a Roma.
Un fatto appare certo. In quest’autunno si stanno scontrando in campo delle forze che hanno due visioni del mondo opposte e in completa contraddizione.
Da un lato, il mondialismo che vuole attraverso la crisi da Covid arrivare alla dittatura globale ispirato da una neo-religione misterica e luciferina.
Dall’altro, la visione di Trump di un mondo fondato sulla imprescindibilità delle nazioni e soprattutto della civiltà cristiana.
Sarà l’esito di questo scontro a decidere le sorti dell’umanità e del mondo.
Dopo il 3 novembre, si saprà se sta per iniziare un domani nel quale è ancora possibile sperare nella prosperità e nella libertà dei popoli, oppure uno nel quale non ci saranno altro che schiavi assoggettati, purtroppo sempre più volontariamente, alla nuova nascente tirannia globale.
L’autunno del 2020 continua ad essere uno dei momenti più importanti per la storia dell’umanità.
Cesare Sacchetti - Fonte
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https://www.iltimone.org/news-timone/il-candidato-biden-a-favore-dei-diritti-transgender-dei-bambini/
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