venerdì 5 giugno 2020

Il patriottismo dei mascalzoni

Su, finitela con questa mascherata. Da quando, il 1° giugno, Sergio Mattarella ha invocato l’unità del paese allo scopo di delegittimare la manifestazione dell’opposizione del giorno dopo, la Cupola italiana – quell’intreccio di poteri che occupa istituzioni, governo, scena politica, media di stato e giornaloni, poteri giudiziari e sanitari – ripete ogni giorno il mantra di restare uniti contro il virus, la destra e la piazza, che poi ai loro occhi coincidono. La chiamano unità ma intendono uniformità. La chiamano comunità ma intendono conformità.
Ho speso una vita a difendere l’unità d’Italia e a cercare, al di là delle ragioni di parte, quell’essenza nazionale e comunitaria che ci porta bene o male, a sentirci uniti in uno stesso destino di popolo. Erano idee forti, fino a qualche tempo fa, la comunità come destino, l’unità del popolo; e chi le usava – come me – veniva guardato con sospetto di fascioreazionario e nazionalpopulista: oggi vengono usate, anzi sbandierate, per salvare il governo Conte, il regime sanitario in vigore e gli assetti di potere vigenti. Quelle parole del gergo identitario le usa perfino il presidente Mattarella e i suoi organi di stampa e di riproduzione (della sua voce) le ripetono a pappagallo.

Gli stessi che per la difficoltà del momento ci prescrivono di non guardare in faccia ai colori e alla faccia di chi governa, al grado di simpatia o di antipatia per chi è al potere; gli stessi, dicevo, nelle stesse ore, di fronte a un altro Paese squassato come il nostro dalla pandemia e dalle violenze incendiarie di piazza sorte ovunque per l’uccisione di un manifestante nero da parte di un poliziotto, adottano in questo caso il criterio opposto: e sostengono le manifestazioni di piazza, perfino quelle più violente degli antifa, auspicano la spaccatura del paese e chiedono in piena pandemia cinese e in piena lacerazione del paese, di cacciare il governo in carica e il suo presidente, eletto democraticamente dal suo popolo. Sto parlando degli Stati Uniti e di Donald Trump, di cui vi ho detto molte volte di non nutrire affatto simpatia. Perché il principio di unirsi davanti alle calamità vale in Italia e non vale negli Usa? Perché qui c’è va difeso comunque il governo grillocomunista, là va cacciato comunque il presidente in carica. Un popolo viene schiacciato da un regime totalitario a Hong Kong, ma attori, cantanti e pagliacci vari, inclusi i nostrani, insorgono contro la “dittatura” di Trump che chiede di ripristinare l’ordine democratico e la sicurezza delle città.

In Italia, invece, la situazione disastrosa, gli aiuti che non arrivano nonostante il diluvio di parole, la caricatura grottesca di commissioni speciali, task force, ministri inadeguati, faide tra magistrati indecenti, e potrei a lungo continuare, non autorizza l’opposizione a fare neanche il primo e più elementare dei suoi doveri: fare l’opposizione, contestare in modo civile il governo in carica, rappresentare il disagio e il disgusto degli italiani nel giorno della repubblica. Magari evitando che quella rabbia diffusa diventi livida più che arancione, e sfoci in vera e propria insurrezione.

E invece, per la Cupola mediatico-governativa, il compito dell’opposizione è di stare dalla parte del governo, di stringersi a Conte nel nome dell’Italia e accettare ogni errore, sopruso, demenza, malgoverno, incapacità, sciampismo di governo, per carità di patria. La stessa carità naturalmente non valeva ai tempi dei governi di centro-destra, o ai tempi più recenti di Salvini al Viminale… E la stessa patria è stracciata dai medesimi “patrioti” a Bruxelles, a Pechino, sulle nostre coste, ai nostri confini.

Non ho molta fiducia nell’opposizione e l’ho scritto tante volte, ma poi senti che persino i finti perbenini – cerchiobottisti di una volta e oggi più grillosinistri dei sinistri – reputano scomposta, per definizione, ogni forma di opposizione al governo in carica. E poi vedi che in mancanza di atti e linguaggi cruenti e volgari dell’opposizione i suddetti si attaccano al mancato distanziamento o alle mascherine, pur di disprezzarla e negarle il diritto di manifestare. Allora non puoi restare indifferente, reagisci. E insorgi con una rabbia in più, quella di chi è costretto a mettere da parte analisi e riflessioni, per difendere l’opposizione che fa il suo mestiere, e andare, a tuo modo, all’assalto del governo (auto)reggente.

E in tutto questo, sento dire da chi disprezza l’Italia da una vita, ha sempre scelto gli interessi e i punti di vista di chi si oppone agli italiani, in Europa, in Africa, in Cina, nel mondo, che devo unirmi a loro e trasformare il Canto degli Italiani nel peana il Conte degli italiani. E devo sentirmi orgogliosamente italiano anche se il governo concede miliardi a un’azienda che se n’è andata all’estero per non pagare qui le tasse, ma non trova ancora i soldi per aiutare la gente messa in ginocchio dalla dittatura sanitaria. E scatena i suoi house organ contro la destra che identifica col virus e l’eversione. Reductio ad pappalardum…

No, farabutti, usate il patriottismo nelle vostre mascherate di carnevale, non usate l’amor patrio come una museruola e un guinzaglio per gli altri. No, mascalzoni, tenetevi il comunitarismo identitario nelle vostre latrine, dove l’avevate chiuso fino a ieri. Perché chi ama l’Italia davvero sa che voi con l’amor patrio e l’appartenenza nazionale non c’entrate nulla. E se davvero la legge suprema di una repubblica è la salute del suo popolo, allora la salute del popolo italiano ha una priorità assoluta: si tutela cacciando il governo in carica, la cupola e la sua greppia di affaristi e cicisbei.
Marcello Veneziani, La Verità 4 giugno 2020

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Parole severe ma che colgono nel segno

Anonimo ha detto...

RINASCITA

"Non so chi abbia avuto l'infelice idea di chiamarlo piano "Rinascita". Se è stato Giuseppe Conte, viene da dire che l'uomo con la pochette avrà anche fatto progressi, cercando di piacere a tutti. Ma non sa niente della storia italiana, perchè il piano "Rinascita" fu messo a punto da Licio Gelli contro i comunisti: un programma che per anni è stato agitato sui giornali come l'anticamera del golpe piduista. Dunque, se non ci fossero giornali adoranti che descrivono il capo del governo come una "forza tranquilla e riformista" (sì, mi è capitato di vedere anche questo lecca lecca ieri), dopo la conferenza stampa di mercoledì il presidente del Consiglio sarebbe stato sbranato a mezzo stampa, per l'incloncludenza delle sue chiacchiere.
Conte ha infatti parlato una buona mezz'ora senza dire nulla, se non PROMESSE SPROVVISTE DELLA DATA DI SCADENZA.

Vedrò, rafforzerò, valuterò.

L'uomo del farò domani dice di aver fretta, ma si dà il caso che non si capisca per fare che cosa. Al momento l'unica decisione presa dal suo esecutivo è una sanatoria per 600.000 immigrati, talmente urgente che da quando è stata varata solo poche centinaia di persone ne avrebbero usufruito.
Per il resto il governo procede tranquillo su un BINARIO MORTO".

Maurizio Belpietro, La Verità 5 giugno 2020

Anonimo ha detto...

Sergio Mattarella è il punto fermo nel nostro convulso universo politico e istituzionale. Tutto si agita nei poteri, nei partiti, nel paese, le toghe svolazzano nere sui Palazzi; tutto si muove, eccetto lui, il Primo Motore Immobile delle Istituzioni. Un punto fermo ci vuole nel caos; ma che sia troppo fermo?

No, rispondono, è solo apparenza, Mattarella muove le fila, parla anche da muto, agisce sobrio, silente, allusivo, suggerisce, si muove come un sommergibile, non si esibisce. Sarà, ma troppe volte avremmo voluto che l’arbitro della Repubblica arbitrasse, che il Garante dello Stato garantisse. Troppi nodi irrisolti, troppe storture, troppi sfregi alla Costituzione, alla libertà, alla democrazia, alla divisione dei poteri… Dalla pandemia al pandemonio. E invece, dal Colle solo sermoni congelati, messaggi come moduli prestampati, predicozzi e rituali ovvietà. Più il solito politically correct, il solito antifascismo rituale, il solito luogocomunismo in apparenza ecumenico. Niente sugli abusi compiuti nel nome della salute, nessun appello di nessun tipo alla nazione alle prese col momento peggiore della nostra storia repubblicana.

Conte e Bergoglio gli rubano non solo la scena ma anche il ruolo. Da un lato il Conte Vanesio si mostra al Paese come Unica Voce del Palazzo, col suo protagonismo istituzionale e i suoi continui messaggi alla nazione: Mattarella ne fa uno a fine anno, i restanti giorni li fa Conte con la regia del suo puparo Rocco Casalino. Dall’altro lato Bergoglio troppo spesso parla da presidente, si occupa in modo laico, tra cornici secolari, di temi sociali, economici, sanitari, politici, migratori, internazionali, come se fosse al Quirinale. Mattarella, schiacciato nella morsa, appare come il vicario dei due, o l’intervallo, la pausa. Tace.

Sul pasticciaccio del Csm Mattarella si è trincerato dietro il formalismo giuridico, dicendo che non è in suo potere scioglierlo: ma basterebbe a un presidente esternare il suo parere o rifiutarsi di presiederlo per delegittimarlo e spingerlo alle dimissioni.

Ho vanamente sperato in tutti questi anni che Mattarella uscisse dal sarcofago, si dimettesse dal ruolo egizio di Mummiarella a cui era stato destinato dal suo Grande Elettore, Matteo Renzi; che ci stupisse, come fece anni fa il rimpianto Cossiga, che ci spiazzasse e ci facesse capire che è pure il nostro presidente, anche di noi che idealmente non lo avremmo votato. Insomma che fosse il presidente di tutti gli italiani e il Custode Supremo dello Stato, della Patria, della Costituzione. E invece, l’unico suo messaggio di questi ultimi mesi è che se cade Conte non si fanno altri governi, si va subito al voto: così spaventando i tre quarti dei Parlamentari ha donato una polizza salvavita all’indecente governo in carica e al premier che vende fumo in piena disgrazia.

Ricostruiamo la parabola di Mattarella. Per decenni era stato coricato nell’oblio, nel frigorifero, nelle seconde file della prima repubblica. Poi un bel giorno per un gioco di prestigio di Renzi, a sorpresa, un reperto old style della canuta Dc e del vecchio notabilato, apparve d’un tratto come la risorsa segreta della Repubblica. Appena eletto, tutti presero a vantarlo: quanto è santo, saggio e prestigioso, ecco l’uomo necessario all’Italia. E noi increduli chiedevamo: ma in tutti questi anni non vi eravate mai accorti di quanto fosse necessario Mattarella, visto che non avevate mai pensato a lui a proposito di niente? D’improvviso Mattarella passò per statista, via di mezzo tra Moro e Andreotti; la sua flemma, il suo aplomb, la sua bocca cucita, i suoi discorsi biascicati come rosari, la sua lieve gibbosità senza collo che fissava la testa sulle spalle, la nuvola bianca sul capo, furono i segni visibili della sua saggezza e della sua felpata prudenza.

Anonimo ha detto...

...segue
Per carità, Mattarella è persona ammodo, corretta sul piano formale, dignitosa. Ma è forse il garbo il primo requisito per il capo di qualunque impresa, pubblica o privata? Figuratevi il Capo dello Stato.

Lo Zar Matteo partorì Mattarella al Quirinale per circondarsi di ombre e rifulgere come il Re Sole del sistema politico. Mattarella era una figura minore della prima repubblica, un gregario della corrente demitiana, aveva qualche notorietà perché proveniva dalla Famiglia Mattarella, figlio di quel Bernardo e soprattuto fratello di quel Piersanti ucciso dalla mafia. Il suo nome era legato al Mattarellum che non è un suo antenato ma uno dei tanti artifici elettorali della seconda repubblica, come il porcellum, il tatarellum o qualche altro pasticcellum parlamentare. Mentre il suo capocorrente Ciriaco De Mita diventava sindaco di Nusco, l’affiliato siculo diventava Presidente della Repubblica. Eccolo, il presidente ideale, la figura mosciarella che non fa ombra a nessuno, non parla ma sibila, non si muove ma fruscia; il capo dello statico. I suoi primi messaggi tavor di fine anno narcotizzavano gli italiani che dopo averlo sentito non aspettavano nemmeno la mezzanotte perché cadevano nel sonno… Mattarella appariva come un regnante assiro-babilonese, frutto di altre epoche e altri mondi e lo confermava il suo stile, il suo linguaggio, il suo incedere, il sontuoso copricapo bianco, suo e del suo inseparabile alter ego. Poi avvennero due cose impreviste: il crollo verticale di Renzi e la calata dei barbari, incapaci e ignoranti al potere. A quel punto Mattarella è apparso al paragone un eccelso statista, un illuminato giurista, un gigante della repubblica, quasi un messia.

Nella grave situazione anche noi cominciavamo a guardare a lui con disperata speranza. Prima o poi interverrà, lancerà segnali di vita… E invece Mattarella non ci sta traghettando verso alcun porto, non indica alcuna rotta, si limita al ruolo di guardiano del faro. Scruta di giorno e lampeggia di notte. Troppo poco per un paese che rischia di esplodere e poi di affondare.

Marcello Veneziani, Panorama n.24 (2020)

Anonimo ha detto...

L'unità da loro invocata assomiglia alla "pax massonica".