Nel vertice Nato in corso in queste ore a Londra, uno sguardo è stato dato ovviamente anche alla crisi libica. Impossibile non parlare di Libia quando, attorno ad uno stesso tavolo, sono seduti alcuni dei leader più importanti impegnati politicamente nel paese nordafricano.Per questo motivo, a margine del primo giorno di vertice dell’alleanza atlantica, è stato organizzato un mini incontro volto a lanciare un comune documento politico proprio sulla Libia. Ma il vero segnale di natura politica non è arrivato dal documento in sé, quanto invece da un’esclusione eccellente che ha fatto molto rumore: quella cioè dell’Italia.
Vertice a quattro senza l’Italia
Siria e Libia sono alcuni degli argomenti più importanti in esame nel summit Nato in corso nella capitale del Regno Unito. Per questo, a margine del primo giorno del vertice, è stata organizzata una riunione che ha visto la presenza di quattro capi di governo: il padrone di casa Boris Johnson, la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese Emmanuel Macron ed il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Un vertice a 4 in cui sono stati toccati i punti più salienti riguardanti la crisi siriana e libica. Escluso da questo mini summit il presidente del consiglio italiano Giuseppe Conte, che pure in quel momento era già a Londra.
Dalla riunione a 4, come detto, è uscito fuori un documento politico in cui viene espresso supporto all’azione dell’inviato delle Nazioni Unite, Ghassan Salamè, e nel quale è emerso l’auspicio di un processo politico interno alla Libia facilitato dalle azioni dell’Onu e del Format di Berlino, meglio noto anche come “gruppo 5 + 5”, visto che al suo interno sono compresi i cinque paesi con seggio permanente all’Onu con l’aggiunta di Germania, Italia, Turchia, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Sotto il profilo politico, viene quindi ribadita la volontà di giungere ad un percorso condiviso tra i vari attori maggiormente protagonisti in Libia. Ma il problema non secondario per l’Italia, è dato dal fatto che a margine del testo non vi è la firma di un nostro rappresentante. Un segnale molto negativo, un ennesimo campanello d’allarme: Roma, che fino a pochi mesi fa ancora perseguiva l’ambizione di guidare una cabina di regia sulla Libia, sta seriamente rischiando di essere sempre più marginale nel dossier che riguarda il paese nordafricano.
Perché l’Italia rischia la marginalizzazione
Come già sottolineato nei giorni scorsi, ad alimentare i rischi per il nostro paese è complessivamente la mancanza di una chiara visione strategica sulla Libia. A mancare è cioè l’incipit politico e questo principalmente per due motivi: da un lato continui cambi di governo che non favoriscono certamente l’individuazione di una strategia a lungo termine, dall’altro il fatto che l’attuale esecutivo è distratto da altri dossier interni. Lo stesso Giuseppe Conte, che lo scorso anno si è mostrato molto attivo andando ad incontrare personalmente sia a Roma che in Libia i principali attori politici e militari impegnati nel paese nordafricano, oggi appare impegnato nella gestione di altre situazioni politiche ed economiche afferenti alla sfera interna.
Così facendo però, l’Italia potrebbe seriamente rischiare di uscire di scena o comunque di apparire come un attore impegnato tra le linee secondarie e non più protagonista. Eppure Roma ha in Libia molti interessi nazionali da salvaguardare, a partire da quello inerente il settore petrolifero fino ad arrivare al discorso riguardante sicurezza ed immigrazione. Perdere di vista lo scacchiere libico equivarrebbe dunque ad un vero e proprio suicidio politico. L’Italia, ancora una volta, deve adesso cercare di mettere nuovamente le mani sul dossier più delicato per la sua politica estera.
(Mauro Indelicato, 4 dicembre 2019 - Fonte)
10 commenti:
A margine del summit londinese della Nato, si è tenuto un incontro tra i capi di Stato e di governo di Francia, Germania, Gran Bretagna e Turchia sul dossier Libia. Abbastanza inspiegabile l'assenza del Paese più interessato, e allo stesso tempo più colpito dalle ondate migratorie che da lì partono, ad una stabilizzazione della Libia. Si parla chiaramente dell'Italia e del suo primo ministro Giuseppe Conte, il quale non ha inviato nessuno a rappresentarci. Avrebbe potuto partecipare il nostro ministro degli Esteri, ma Luigi Di Maio è sempre più lontano dalle questioni internazionali, anche da quelle- come il caos libico- che ci riguardano più da vicino.
Al termine della riunione, i quattro capi di stato avrebbero firmato una dichiarazione comune: "I nostri Paesi appoggiano il lavoro dell'inviato del segretario generale Onu, Ghassan Salamè, perché venga favorito un processo politico fra i libici, facilitato dall'Onu". Conte dovrebbe parlare di Libia nel bilaterale con Donald Trump, che però oltre a promettere al premier una vuota "cabina di regia" nel Mediterraneo non ha fatto alcunché di concreto; anzi sta mostrando un atteggiamento ondivago sui reiterati attacchi di Haftar. Un'Italia inoperosa, che assiste impassibile all'avanzata di Haftar verso Tripoli e al deterioramento del governo Al-Sarraj riconosciuto dall'Onu, e da noi stessi finanziato.
https://www.liberoquotidiano.it/news/politica/13540435/vertice-nato-libia-luigi-di-maio-giuseppe-conte-assenti-esclusi-incontro.html
Un documento inviato a tutti i ministri da Paolo Savona, oggi presidente Consob ma allora titolare degli Affari Ue, metteva in guardia il governo dai rischi delle modifiche del Mes. Quel documento, Una politeia per un’ Europa diversa, aveva spaventato molto il mondo politico e finanziario dell’Unione ma aveva centrato il punto: “La proposta in discussione di creare un fondo europeo per gli interventi, comunque lo si chiami – metteva nero su bianco Savona, come ricorda oggi Il Messaggero – oltre a disporre di risorse insufficienti, ha il duplice difetto di riproporre la parametrizzazione degli interventi, invece di valutare caso per caso secondo una visione politica comune. Essa inoltre ripropone i difetti della condizionalità restrittiva per la politica fiscale dei paesi che a esso ricorreranno, rendendo il meccanismo rigido nell’applicazione e con effetti deflazionistici”.
Che vuol dire? Traduzione: il Mes avrebbe peggiorato, e non risolto i problemi degli Stati costretti a ricorrervi. Il guaio è che oggi, dopo la trattativa, nel testo è rimasta la valutazione della sostenibilità dei debiti e della capacità dello Stato che chiede un prestito di poterlo restituire ed è un punto che difficilmente sarà oggetto di negoziazione ulteriore. Al premier Giuseppe Conte e al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, spiega il quotidiano romano, rimane la carta della modifica degli allegati, per correggere parzialmente un tiro destinato a fare malissimo all’Italia.
"... Italia esclusa dal vertice a 4 sulla Libia..."
Sono molti anni che accettiamo il fatto di essere guidati da persone che di mestiere sono comparse. I grandi protagonisti dei nostri governi neanche li conosciamo e se li conosciamo non sappiamo se sono al soldo di qualcuno o se sono interpreti di altri personaggi magari stranieri. Possiamo dunque dire, pur tenendo conto delle eccezioni, che mediamente siamo governati da maschere, facce di cartone, dietro le quali ignoriamo quali pensieri e sentimenti e volontà alberghino. Ora la faccia di cartone è vuota di amor patrio, è vuota di sentimenti e valori che affondano nella conoscenza che rende bello e grande il natio borgo selvaggio. Esistono al mondo cose che non si vedono ma, si capiscono, si sentono, un po' come accade agli animali che spesso in questo tipo di percezione avvertono il qualcosa più di noi raziocinanti. Ora esistono due tipi di persone che hanno sicuramente queste percezioni più sviluppate degli altri, quelli rotti a tutto e quelli puri. Mediamente i politici sono rotti a tutto e d'istinto capiscono se davanti a loro è un essere o un non essere. Le maschere di cartone che mandiamo in giro per il mondo, ben vestite, ben parlanti, conformi al modo di comportarsi d'obbligo nei consessi internazionali, non hanno l'autorevolezza che nasce dall'essere italiano integrale; primo, perché non sono; secondo, perché non si sentono italiane ma, cittadine del mondo; terzo, perché avendo vergogna dei loro cafoni italiani si fingono internazionali. Ora sarà chiaro che queste comparse, queste maschere, queste facce di cartone non hanno la forza né di dire sì, né di dire no, si attestano su un politicamente corretto ni...e chi passa, passa, vomita loro in faccia.
Cesare Sacchetti:
Francia, Germania, Gran Bretagna e Turchia hanno fatto un vertice a 4 sulla Libia senza l'Italia. È strano. Solamente un anno fa, con il governo gialloverde c'erano i titoli a 9 colonne sull'Italia "isolata". L'Italia ora viene umiliata ma i media non dicono una parola.
Quando si formò il governo Lega-5S e fu fatto il nome di Conte, lo dissi subito che era inadatto , ma fui costretta a zittirmi, e a farmelo pure piacere, perchè tutti a dirmi che "dovevo lasciare che provassero a governare".
E oggi tutto dimostra che avevo ragione.
Chi mal comincia mal finisce, diceva mia nonna.
Ora noi siamo estromessi da una summit che per noi è vitale, visto che ci affacciamo sul Mediterraneo e che abbiamo interessi in Libia.
Tutto tace. Ci fosse un moto di orgoglio , anche dallo stesso Conte, dato che il principale umiliato è proprio lui.
Non parliamo di Di Maio, dei parlamentari del 5 stelle e del pd, stanno pensando a cose più importanti, tipo vietare le decorazioni natalizie.
https://www.liberopensiero.eu/04/12/2019/esteri/vertice-sulla-libia-al-tavolo-turchia-e-non-italia/
.....
L’inserimento della Turchia sullo scenario libico
Nel frattempo, altri soggetti si sono fatti avanti per reclamare lo spazio lasciato libero dall’Italia. In primis la Russia, interessata alla destabilizzazione della Libia a vantaggio del suo favorito, il generale Haftar, anche attraverso l’impiego di contractors privati dalla dubbia reputazione. In secondo luogo la Turchia, che invece si è proposta come interlocutore più autorevole e “ufficiale”: alla vigilia del vertice NATO di Londra (e dunque dell’incontro ristretto sulla Libia), ha concluso persino un accordo in cui si comprende una più forte cooperazione militare con Tripoli, nonché una definizione, da parte dei due governi, dei confini marittimi a est delle coste libiche. Quest’ultimo aspetto pare assumere una specifica rilevanza per gli equilibri del Mediterraneo orientale.
https://it.insideover.com/politica/la-marina-italiana-sfida-erdogan-una-fregata-arriva-a-cipro.html
Purtroppo il seguito (anche dopo la crisi con l'Iran) non è stato da meno.
da noi l’unico tema internazionale che desta interesse e interventi, dal Papa ai magistrati, è l’accoglienza dei migranti e la condanna per razzismo di chi vi si oppone… Stiamo seduti sull’orlo di una polveriera e continuiamo a ripetere: prego, accomodatevi, ingresso libero, pace pace.
https://www.maurizioblondet.it/italia-invertebrata-di-marcello-veneziani/
Qualche settimana fa molti salutavano con gioia l'assassinio del generale iraniano Soliemani, una delle punte di lancia contro i tagliagole jihadisti che hanno devastato la Siria per 10 lunghi anni. Oggi però, con notevole faccia di bronzo, glissano elegantemente sul fatto che il sultano neo-ottomano Erdoğan abbia inviato più di 2mila uomini, reclutati dai turchi fra i ribelli anti Assad, sul fronte libico che appoggia l'uomo di paglia Fayez al-Serray. Non è un caso che ieri, al parlamento europeo, il re di Giordania Abdullah II si sia chiesto: «Che cosa succede se la Libia crolla in una guerra globale e diventa la nuova Siria, ma molto più vicina al continente che voi chiamate casa?». I difensori di Tripoli contano sull'aiuto militare turco, che infatti ha già inviato 35 consiglieri militari promettendo un contingente di 5mila uomini. «Se gli attacchi di Haftar continueranno, la Turchia non si risparmierà dal dargli una lezione» ha minacciato il presidente Erdoğan. Nel frattempo i turchi, piazzandosi così a poche miglia dalle coste italiane, hanno inviato in Libia i loro giannizzeri siriani. Tutti reclutati nel cosiddetto Jaish al-Watani (esercito nazionale) messo in piedi dal MIT, l'intelligence turca, per combattere in Siria soprattutto i curdi. L'«esercito» è un cartello di gruppi di stampo jihadista, come la divisione Sultan Murad, la brigata Mutassim, la divisione Hamza, al-Jabha al-Shamiyyah, Aylaq al-Sham e Suqour al-Sham. Ai siriani verrebbero pagati 1500 dollari al mese e garantita la cittadinanza turca alla fine dell'avventura. I cannibali jihadisti spediti in Libia sono inquadrati nell'unità Omar al-Mukhtar, l'eroe libico impiccato dagli italiani nel 1931. Un'operazione, questa, fortemente avallata dai Fratelli Musulmani che appoggiano e influenzano il governo di al-Serraj con l'obiettivo di mettere le mani sulla Libia. Ma tanti, troppi furbacchioni del giornalismo e della politica nostrana - anche tra i cosiddetti «sovranisti» - girano la testa dall'altra parte, facendosi così docile strumento di coloro che prosperano da sempre sul caos...
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