Nella Alabama degli anni Cinquanta, dove gli atti razzisti si commettevano, i giornali li nascondevano. Nell’Italia di fine 2019, dove il razzismo non esiste, i media invece se li inventano. Guardiamo per esempio alla prima del Riformista di oggi diretto da Piero Sansonetti: “Siamo tutti Nigeriani. La storia della madre insultata in ospedale”. Con un piccolo particolare, l’evento che, giustamente, avrebbe dovuto far urlare di indignazione se fosse avvenuto, non sarebbe mai accaduto. Niente insulti alla madre nigeriana che aveva appena perso la figlia di 5 mesi, come raccontano sempre il 19 dicembre, sia pure titolando in maniera ambigua, fonti insospettabili come Repubblica e La Stampa.
Eppure nella tarda mattinata del giorno prima, l’hashtag Sondrio era in trend topic, con commenti indignati (vedete, cosa produce la destra?) del sinistrismo vario e quelli di alcuni leader di destra, un po’ sulla difensiva, a condannare ovviamente l’accaduto. Che però non era accaduto. Qualche sospetto noi l’avevamo nutrito subito. Che una dozzina di persone, nella civilissima Sondrio, insultasse una signora di colore, soprattutto dopo un così grave lutto, ci pareva inverosimile. E una lampadina ci si era accesa quando avevamo letto (sul sito online del Corriere) che l’unica testimone era una consigliera comunale del Pd, che aveva riportato l’accaduto su Facebook per poi andarlo a denunciare in piazza con le sardine. E infatti, nessuno ha sentito insulti, neanche la povera mamma nigeriana, intervistata da Repubblica. Ma prima che questo si sapesse è scattata la solita muta di cani democratici sui social a ululare contro il razzismo immaginario. Tre lezioni dobbiamo trarre.
La prima lezione è che, come aveva scritto quasi un secolo fa Marc Bloch nel suo saggio sulle false notizie di guerra, esse si propagano anche quando l’evidenza empirica e il senso comune le contraddicono e che fermarne il decorso e la diffusione è pressoché impossibile.
Seconda lezione. I giornali riportano le notizie ma a rimorchio dell’emozionalismo imposto dai sentimenti della folla si trasformano anch’essi in attori rafforzativi della falsa notizia. Nessun giornale che a caldo, si chiedesse se un solo testimone, per di più cosi particolare, non rendesse perlomeno tutta da verificare la vicenda.
Terza lezione. La fanciulla da cui è partito il caso non ha purtroppo costruito la vicenda in modo freddo e cinico per visibilità politica e per dimostrare che Salvini e Meloni sono nemici da abbattere. E diciamo purtroppo perché se fosse così saremmo nell’orizzonte del normale orrore del politico. Orrore ma politico, quindi in qualche modo razionale.
No, guardando la pagina fb della fanciulla, che pure è consigliere comunale, nulla traspare di pensiero politico, è tutto un florilegio di buoni sentimenti e di moralismo, e probabilmente si è convinta di aver visto quelle scene e di aver sentito quelle voci. Con il fuoco nella mente della ideologia apparentemente debole ma in realtà totalitaria dell’anti razzismo, le deve essere apparso naturale ingigantire quello che forse è stato il commento a bassa voce di un tizio e trasformarlo in una sorta di mob razzista contro una madre sconvolta dal dolore.
E se le sardine sono queste, altro che amore: il loro totale impoliticismo si sposa con una ideologia talmente radicale da far costruire nelle loro menti un mondo inesistente. Nel quale vorrebbero probabilmente vederci tutti morti. - fonte
La Sardina del caso Sondrio voleva la Gelmini morta
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Scusate scusate, fatemi capire. Quindi la Sardina che ha confezionato l’affaire inesistente sull’inesistente razzismo di Sondrio ha anche, anni fa, augurato la morte a Maria Stella Gelmini. Di più, ha proprio scritto e condiviso che la voleva vedere stecchita, sul proprio profilo Facebook. Era il 23 settembre 2010, Francesca Gugiatti (questo il nome dell’autrice di un’uscita nient’affatto intrisa fin nelle virgole di quell’odio che lei e i suoi compagni di scampagnate ittiche dicono di voler combattere) era una liceale in sciopero oltranzista contro l’allora ministro dell’Istruzione del Pdl. Ed entusiasticamente sottolineava: “E poi dicono che noi giovani non abbiamo ideali né valori”. Macché, erano traboccanti di idealità, Francesca et similia: “Noi vogliamo morta Maria Stella Gelmini!!!” (i tre punti esclamativi probabilmente servivano per chi poteva scambiare un desiderio concreto per un’iperbole infelice). Fonte
2 commenti:
https://scenarieconomici.it/conte-rischia-una-condanna-a-5-anni-la-vergogna-del-mes/
https://loccidentale.it/intervista-a-francesco-agnoli-le-sardine-hanno-70-anni-e-meriterebbero-il-premio-stalin-per-la-pace/
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