L'Italia sembra vivere sempre più una realtà distopica, una schizofrenia senza precedenti tra fatti e propaganda di regime.
I fatti dicono che l'epidemia di Covid-19 in Italia da due mesi a oggi è in calo costante, ed è ridotta ormai ad un fenomeno residuale. Dal 21 marzo diminuiscono i nuovi contagi. Da 50 giorni calano ovunque ricoverati, in generale e in terapia intensiva. In un mese si sono dimezzati i casi attualmente positivi, segno che i nuovi contagiati, oltre ad essere in numero minore, hanno contratto la malattia in forma più lieve e guariscono prima.
Insomma, un quadro decisamente positivo sul piano sanitario, che andrebbe commentato con grande sollievo - per quanto cauto e responsabile, incoraggiando la popolazione a non avere paura, e a riprendere in sicurezza tutte le attività pubbliche e private.
Fattore essenziale, quest'ultimo, per rianimare un'economia che nel primo trimestre ha visto la produzione crollare del 28,4% e ha perso il 4% del Pil, che si stima a fine anno potrebbe cedere dai 6 ai 15 punti, che potrebbe vedere la disoccupazione crescere di un ulteriore 10%; che vede i settori del commercio al dettaglio, turistico-alberghiero, della ristorazione sull'orlo del tracollo, con un'incombente ondata di chiusure e fallimenti se nell'estate imminente non torneranno ad un livello di affari almeno pari a quello pre-epidemia.
Sarebbe il momento di una decisa spinta ottimistica alla produzione, all'impresa, ai consumi.
Eppure, i media generalisti sono disseminati di messaggi allarmistici, quando non catastrofistici, subito ripresi a ruota da ministri, esponenti di comitati tecnico scientifici e task force, governatori regionali, sindaci, che fanno a gara per produrre terrorismo psicologico. Additano continuamente presunte riprese e anzi "impennate" di contagi, addebitandole senza alcuna logica alle parziali riaperture delle scorse settimane, e cercando nuovi "untori": dopo i runner e i passeggiatori dei mesi scorsi, ora la catastrofe sono i giovani della "movida", cioè la gente che prima delle 11 di sera esce legalmente per andare al bar all'aperto. Pericolosi "criminali" a cui viene addebitata in anticipo, in blocco e senza appello la responsabilità di nuove ondate epidemiche, reparti rianimazione al collasso, intubazioni, stragi apocalittiche future.
Su questo sottofondo plumbeo, il governo (soprattutto gli ineffabili ministri Boccia e Speranza) e alcuni governatori minacciano un giorno sì e l'altro pure nuove chiusure, nuovi lockdown, se i cittadini continueranno a fare i "cattivi". Fino al grottesco annuncio, dato dal già citato Boccia, dell'assunzione dei 60.000 "assistenti civici", una specie di "guardie della rivoluzione", incaricate di fare i delatori su presunti comportamenti pericolosi delle persone in strada.
Come se non fosse ormai inequivocabilmente accertato dalle statistiche dell'Istituto Superiore di Sanità il fatto che il 49,5% degli ammalati ha contratto la malattia in una RSA o in una residenza per disabili, il 7,2% in ospedali o ambulatori (un decimo dei casi circa è costituito da operatori sanitari) e il 24,3% in ambito familiare (cioè trasmettendo il virus in casa - e sarebbe interessante sapere quanti tra questi avevano in casa un operatore sanitario), mentre solo il 2,4 per cento si è ammalato sul luogo di lavoro - e, si direbbe, pochi, quasi nessuno, correndo, passeggiando, o seduti al tavolino di un bar all'aperto. Ma la logica qui non vale. Solo la propaganda degli "imprenditori della paura", come avrebbe detto qualcuno qualche tempo fa.
Il governo, e tanti governatori, sembrano solo voler rimanere aggrappati all'emergenza, al terrore, il più possibile: forse ritenendo che questo assicuri loro consenso a tempo indeterminato, e incuranti del fatto che l'ondata di esasperazione sociale provocata da una paralisi del paese prolungata oltre ogni limite ragionevole potrebbe in breve tempo travolgere anche loro.
Ora, mentre in 17 regioni su 20 ormai i contagi si contano sulle dita di una o due mani e sembrano sempre più innocui, governo e governatori cercano di fare ostruzionismo fino all'ultimo contro la riapertura dei confini tra le regioni stesse, che restituisca finalmente agli italiani la libertà costituzionale di circolazione negata da quasi tre mesi, e che rappresenta una condizione indispensabile per la ripresa di quei settori economici - turismo in primis - sopra citati. Confondono le idee, usano indici astrusi incomprensibili ai più, rimandano ad un comitato di virologi che a quanto pare fosse per lui terrebbe la gente chiusa in casa in perpetuo perché è l'unico mezzo per stare sicuri.
Ucciderebbero un paese, per sopravvivere al potere qualche altra settimana, spacciarsi come indispensabili, allontanare il giudizio dell'opinione pubblica dai clamorosi errori, dalle omissioni, dai ritardi, dai pasticci che hanno trasformato l'Italia nel paese che ancora ha i tassi più alti di ammalati e di morti nel continente europeo, e uno tra i primi nel mondo.
E i media mainstream continuano in gran parte a spalleggiarli, a fare il loro gioco, ad alzare loro la palla, ad alimentare le loro campagne, a sostenere una propaganda di paranoia collettiva permanente.
Perché sono servi nell'animo. E anche perché hanno constatato che il terrorismo psicologico vende, fa audience e visualizzazioni in quella parte della società che ha interiorizzato la paura indotta dal potere, e vorrebbe rimanere prigioniera all'infinito per sopravvivere.
Quei media sono ormai drogati di pandemia. Terrorizzano un paese per riconquistare una centralità che avevano giustamente perso, a vantaggio di una informazione meno omologata e più libera.
Ma anche l'effetto della droga più potente prima o poi finisce. E arriva la resa dei conti della ragione, del pensiero. Speriamo che nel frattempo il paziente Italia non sia morto di fame e miseria, e abbia risvegliato i suoi spiriti vitali, cominciando, fuori dai condizionamenti di un potere deleterio, una nuova rinascita.
Eugenio Capozzi
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