martedì 14 aprile 2020

Il Covid-19 non è la peste del terzo millennio

Mi batterò fino all’ultima stilla di energia per consentire a chiunque di esprimere la propria opinione, tuttavia quando sento definire il Covid-19 come la peste del nostro tempo la mia già forte preoccupazione per il nostro disgraziatissimo Paese cresce ulteriormente.
Occorre a mio avviso che le persone più serie, responsabili e lungimiranti evitino di trasmettere agli italiani, popolo in testa alle classifiche dell’analfabetismo funzionale, messaggi sbagliati e devastanti. Tanto per intenderci, la famosa peste della prima metà del 1300, da cui prende spunto la principale opera letteraria del Boccaccio, si stima che abbia ucciso 20 milioni di persone, cioè un terzo della popolazione europea dell’epoca. Mentre quella descritta da Manzoni ne “I Promessi Sposi”, diffusasi nella nostra Penisola intorno al 1630, provocò la morte di un quarto degli abitanti dell’Italia settentrionale. La famigerata influenza spagnola, il cui virus continua a circolare nel mondo, avrebbe causato dai 50 ai 100 milioni di morti, su una popolazione mondiale di circa 2 miliardi di individui. Ma anche in quest’ultimo caso, così come sembra si stia riscontrando per il coronavirus, fattori estremamente soggettivi e particolari, secondo gli esperti, aumentarono in maniera esponenziale i decessi. Eravamo infatti alla fine della Prima guerra mondiale e la malnutrizione, i campi medici sovraffollati e la scarsa igiene trasformarono quella che molti virologi considerano ancor oggi una normale influenza in un vero e proprio flagello.

Ma possiamo paragonare ai citati cataclismi sanitari il Covid-19, un virus che lascia praticamente indenne l’85 per cento dei contagiati (stima che potrebbe salire enormemente se si scoprisse che la platea degli infettati reali è enormemente più vasta), e che colpisce in modo grave le persone più anziane, con la metà dei poveretti che non ce la fanno affetti da 3 barra 4 patologie gravi?

Io credo che su questo terreno scivolosissimo del catastrofismo, che molte categorie stanno manifestamente utilizzando in modo strumentale per i loro interessi di bottega, a cominciare da chi tiene le redini del Paese e per finire con alcuni santoni della scienza medica patria, dalle cui labbra restano appesi milioni di cittadini sempre più terrorizzati, rischia di diventare assai più nocivo del tanto temuto virus. Un virus, mi permetto di segnalare, le cui probabili modalità di propagazione, almeno secondo la maggior parte degli studiosi mondiali, sono state illustrate in maniera illuminante dalla virologa Ilaria Capua nel corso dell’ultima puntata del talk-show televisivo condotto da Giovanni Floris. In particolare l’illustre studiosa, molto stimata a livello internazionale, ha definito con estrema nitidezza il concetto di dose infettiva. Concetto secondo cui un singolo virus, o una “manciata” di essi, non sarebbe assolutamente sufficiente ad infettare una persona, ma occorrerebbe un contatto relativamente prolungato con chi elimina una notevole quantità di tali virus. In questo senso, ha aggiunto la Capua, l’esperienza di altri analoghi agenti patogeni che si trasmettono per via respiratoria tenderebbe a far ritenere i soggetti sintomatici ben più contagiosi rispetto ai cosiddetti asintomatici.

Infine per la studiosa romana le mascherine, che attualmente alcune Regioni hanno reso obbligatorie non appena si mette piede fuori di casa, rappresentano una barriera protettiva molto incerta, tant’è la stessa scienziata ha dichiarato di non indossarle nella vita normale. Mascherine sulla quali l’Organizzazione mondiale della sanità ha inviato in questi giorni un documento erga omnes, dichiarando che l’utilizzo di esse può generare false sicurezze tra la popolazione. Uno strumento utile in determinati casi e in alcune particolari tipologie, che però rischia di trasformarsi in un feticcio simile agli amuleti magici dei popoli primitivi, insomma, visto che la stessa Oms scrive “che l’uso esteso delle mascherine da parte di persone sane nell’ambiente della comunità non è supportato da prove e comporta incertezze e rischi”.

Rischi e incertezze a mio avviso ancor più gravi dal lato delle libertà democratiche che un insensato catastrofismo, il quale né i numeri e né le poche evidenze scientifiche che stanno man mano emergendo sembra confermare, sta contribuendo ad aumentare, con lo sviluppo assolutamente pernicioso di una sorta di onnipotente partito unico del virus che da qui in avanti minaccia di organizzare a tempo indeterminato e fino all’ultimo bottone la nostra esistenza di comuni mortali. Io non ci sto, e voi?  (Claudio Romiti - Fonte)

3 commenti:

Anonimo ha detto...

https://infosannio.wordpress.com/2020/04/12/filippo-facci-io-da-martedi-usciro-liberamente-e-sfacciatamente-per-le-strade-del-mio-paese/

Anonimo ha detto...

Io lo sto facendo dal principio, ma non sfacciatamente. Lo faccio responsabilmente e lo ho documentato ogni giorno.
Io non metto a rischio gli altri, ma gli altri non hanno diritto di toccare la mia libertà.

Anonimo ha detto...

Analisi risibile. Innanzitutto bisogna considerare che siamo nel XXI sec. ed oggi esistono farmaci, respiratori e terapie intensive, che certamente non esistevano nè nel '300 nè nel 600 e neppure all'epoca della spagnola. Per cui, se non ci fossero state e ci fossero stati i mezzi che oggi avremmo avuto che quelli in terapia intensiva sarebbero sicuramente deceduti. Tutti. Nessuno escluso. Se tuttosommato il bilancio è piuttosto contenuto, beh ciò lo dobbiamo ai mezzi a nostra disposizione. Diversamente, il bilancio sarebbe stato molto ma molto più tragico. Non solo. Ma c'è anche da dire che ci sono oggi concetti e conoscenze del tutto ignote al passato, come ad es., quello di virus e batteri (nozioni che senz'altro non esistevano nel '300 e nel '600) o quello di distanziamento sociale (che certamente non esisteva all'epoca della spagnola, anche perché non c'erano studi ed esperimenti sulla modalità di diffusione del vibrione nell'aria). Può dirsi che sia la peste odierna per il semplice motivo che, nonostante le conoscenze, che comunque aiutano a contenere, vi è in ogni caso un bilancio tragico. La minimizzazione ed il confronto della letalità va vista in quest'ottica. Inoltre bisogna considerare la durata: la peste nera del 300, quella del Boccaccio, durò quasi 7 anni e quella manzoniana per circa 4 anni. La spagnola durò circa 3 anni. Da noi il covid è durato, sino ad oggi, circa un paio di mesi. E se in un paio di mesi ha comportato un così elevato numero di decessi ....... Ecco perché l'analisi del Romiti è risibile. Per dire ..... la peste di S. Gregorio Magno, secondo gli storici, comportava circa un centinaio di morti al giorno nella città di Roma. In molte città del Nord, come Bergamo o altrove, i morti sono stati ben più di 100 al giorno ......